Studio Dottrina Soc. Chiesa nella formaz. sacerdotale |
La dottrina sociale della Chiesa ha lo scopo di comunicare un sapere non solo teorico, ma anche pratico e orientativo dell'azione pastorale.
Ecco perché essa, oltre ai principi permanenti di riflessione, offre anche dei criteri di giudizio sulle situazioni, le strutture, le istituzioni che organizzano la vita economica, sociale, politica, culturale, tecnologica e sugli stessi sistemi sociali.103
A questo proposito, non vi è dubbio che il pronunciarsi circa le condizioni di vita più umane o meno umane delle persone, circa il valore etico delle strutture e dei sistemi sociali, economici, politici e culturali, in rapporto alle esigenze della giustizia sociale, fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa.
Per poter dare in modo corretto il suo giudizio a tale riguardo, la Chiesa ha bisogno di conoscere le situazioni storiche locali, nazionali e internazionali, e l'identità culturale di ogni comunità e popolo.
Anche se qui essa s'avvale di tutti i mezzi forniti dalle scienze, rimane tuttavia fermo che il suo riferimento principale all'approccio della realtà sociale sono sempre i summenzionati valori fondamentali, che forniscono ben precise « norme di giudizio » per il discernimento cristiano.
Queste, che si trovano incluse, secondo le dichiarazioni ufficiali, nella dottrina sociale, sono irrinunciabili, e devono essere pertanto fatte conoscere ed apprezzare nell'insegnamento impartito nei Seminari e nelle Facoltà teologiche.
Il diritto-dovere della Chiesa di emettere giudizi morali richiede la capacità di tutti gli operatori pastorali, ecclesiastici e laici, di giudicare oggettivamente le diverse situazioni e strutture e i diversi sistemi economico-sociali.
Già la conoscenza dei problemi sociali e la loro interpretazione etica alla luce del messaggio evangelico, come viene espresso nella dottrina sociale della Chiesa, offrono orientamenti per questo giudizio, da cui devono essere guidati i comportamenti e le scelte cristiane.
Però il passaggio dal dottrinale al pratico suppone mediazioni di natura culturale, sociale, economica e politica, per le quali sono competenti particolarmente, anche se non esclusivamente, i laici, ai quali spetta di sviluppare le attività temporali di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità.
Di fatto l'esame dei documenti fa rilevare che la dottrina sociale della Chiesa contiene numerosi giudizi sulle situazioni concrete, le strutture, i sistemi sociali e le ideologie.
Si possono citare alcuni casi a modo di esempio:
la Rerum novarum parla delle cause del malessere degli operai, riferendosi al « giogo » imposto ad essi da « un piccolissimo numero di straricchi »;104
la Quadragesimo anno giudica che lo stato della società umana del tempo è tale da favorire violenza e lotte;105
il Concilio Vaticano II, descrivendo gli squilibri del mondo moderno, termina con l'affermazione che essi conducono a sfiducie, conflitti e disgrazie dirette contro l'uomo;106
la Populorum progressio non dubita di denunciare come ingiuste le relazioni tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo;107
la Laborem exercens dice che anche oggi diversi sistemi ideologici sono causa di flagranti ingiustizie;108
la Sollicitudo rei socialis critica la divisione del mondo in due blocchi ( Est-Ovest ) e le conseguenze negative che ne derivano per le nazioni in via di sviluppo.109
È ovvio che la formulazione di giudizi morali su situazioni, strutture e sistemi sociali non riveste lo stesso grado di autorità che è proprio del Magistero della Chiesa quando si pronuncia in merito ai principi fondamentali.
Tuttavia, tra i vari giudizi, quelli riguardanti le prevaricazioni contro la dignità umana hanno grande autorità, perché legati a principi e valori fondati sulla stessa legge divina.
Ai fini di un dialogo più realistico con gli uomini, di una giusta apertura alle differenti circostanze della convivenza sociale, e di una conoscenza oggettiva delle situazioni, delle strutture e dei sistemi, la Chiesa, quando emette un giudizio, può avvalersi di tutti « gli aiuti che possono offrire le scienze »,110 per esempio dei dati empirici criticamente avvalorati, sapendo bene tuttavia che non è suo compito analizzare scientificamente la realtà e le possibili conseguenze dei cambiamenti sociali.111
Ciò vale sia per la Chiesa universale come per le Chiese particolari.
Un criterio importante per l'uso dei mezzi che offrono le scienze sociali è il ricordare che l'analisi sociologica non sempre offre un'elaborazione oggettiva dei dati e dei fatti, in quanto essa, già in partenza può trovarsi soggetta ad una determinata visione ideologica o ad una ben precisa strategia politica, come si verifica nell'analisi marxista.
Com'è noto, il Magistero non ha mancato di pronunciarsi ufficialmente circa il pericolo che da questo tipo di analisi può venire per la fede cristiana e per la vita della Chiesa.112
Questo pericolo dell'influsso ideologico sull'analisi sociologica esiste anche nell'ideologia liberale che ispira il sistema capitalistico; in esso i dati empirici sono spesso sottomessi per principio a una visione individualistica del rapporto economico-sociale, in contrasto con la concezione cristiana.113
Non si può certo rinchiudere il destino dell'uomo tra questi due progetti storici contrapposti, perché ciò sarebbe contrario alla libertà e alla creatività dell'uomo.
E infatti la storia degli uomini, dei popoli e delle comunità si è rivelata sempre ricca e articolata e i progetti dei modelli sociali sono stati sempre molteplici nelle diverse epoche.
A questo proposito, è importante precisare che molte variazioni del principio del liberismo economico, come sono rappresentate dai partiti cristiano-democratici o social-democratici, possono essere considerate non più come espressione di « liberalismo » in senso stretto, ma come nuove alternative di organizzazione sociale.
Speciale attenzione merita il dialogo della Chiesa con i movimenti storici che hanno cercato di superare il dilemma acuto esistente tra il capitalismo e il socialismo.
Tuttavia, la Chiesa, con il suo insegnamento sociale, non pretende incoraggiare un sistema socio-economico e politico alternativo, né formulare un suo progetto ben definito di società, in quanto questo compito spetta ai gruppi e alle comunità a cui sono assegnati ruoli sociali e politici.
In essi comunque i cristiani sono chiamati ad esercitare un discernimento permanente.
Inoltre il dialogo e l'eventuale impegno dei cristiani nei movimenti « che sono nati da diverse ideologie ma che, d'altra parte, sono differenti da esse », dovranno sempre svolgersi con l'attenzione e con il discernimento critico dovuti, e sempre con il riferimento al giudizio morale pronunciato dal Magistero della Chiesa.114
La missione salvifica della Chiesa scaturita dagli insegnamenti, dalla testimonianza e dalla vita stessa di Gesù Cristo, il Salvatoré, implica due scelte ineludibili: una per l'uomo secondo il Vangelo e l'altra per l'immagine evangelica della società.
Senza ipotizzare una « terza via » 115 di fronte all'« utopia liberale » e all'« utopia socialista », i credenti devono optare sempre per un modello umanizzante delle relazioni socio-economiche, che sia conforme alla scala dei valori menzionata più sopra.
In questa prospettiva, i pilastri di ogni modello veramente umano, cioè conforme alla dignità della persona, sono la verità, la libertà, la giustizia, l'amore, la responsabilità, la solidarietà, e la pace.
La realizzazione di questi valori nelle strutture della società comporta il primato dell'uomo sulle cose, la priorità del lavoro sul capitale, il superamento dell'antinomia lavoro-capitale.116
Queste scelte in se stesse non sono politiche, però toccano la sfera politica, e particolarmente il rapporto Chiesa-politica; non sono neppure socio-economiche, ma interessano anche questa dimensione nel rapporto uomo-società e Chiesa-società.
Cosi è chiaro che non si può fare a meno del giudizio etico della Chiesa circa i fondamenti del sistema sociale che si vuole costruire, e circa i progetti e i programmi concreti della convivenza, in cui deve confluire anche l'immagine dell'uomo e della società offerta dal Vangelo.
Le Chiese particolari sono, nei rispettivi territori, centri di pensiero, di riflessione morale e di azione pastorale anche nel campo sociale.
Esse infatti non possono prescindere dalle particolari problematiche locali, che richiedono opportuni adattamenti, come dimostrano numerose lettere dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali.
Per valutare però giustamente le situazioni e le realtà socio-economiche, politiche e culturali nelle quali si trovano, come anche per contribuire efficacemente al loro progresso e, se necessario, alla loro trasformazione, molto importa che esse attingano i principi ed i criteri di giudizio dalle fonti dell'insegnamento sociale che sono validi per la Chiesa universale.117
Può darsi che il cambiamento delle situazioni postuli la modifica di un precedente giudizio, espresso in una situazione diversa.
Ciò spiega perché realmente nella dottrina sociale della Chiesa si abbiano oggi giudizi differenti da quelli di un tempo, pur nella continuità di una linea imposta dai principi.
Ad ogni modo, è evidente che un giudizio maturo sulle nuove situazioni, sui nuovi modelli della società e sui nuovi programmi, non dipende solo dalla dottrina sociale, ma anche dalla formazione filosofico-teologica, dal senso politico e dal discernimento delle mutazioni del mondo.
Tutto ciò richiede preparazione remota e prossima, studio e riflessione, come viene raccomandato in questi « Orientamenti ».
Indice |
103 | Congr. Dottrina della fede, Istruzione Libertatis conscientia sulla libertà cristiana e la liberazione, n. 74 ( 22 marzo 1986 ). |
104 | Leone XIII, Lett. Encicl. Rerum novarum ( 15 maggio 1891 ). |
105 | Pio XI, Lett. Encicl. Quadragesimo anno ( 15 maggio 1931 ). |
106 | Gaudium et spes, n. 8. |
107 | Paolo VI, Lett. Encicl. Populorum progressio, nn. 48-49 ( 26 marzo 1967 ). |
108 | Giovanni Paolo II, Lett. Encicl. Laborem exercens, n. 8 ( 14 settembre 1981 ). |
109 | Id., Lett. Encicl. Sollicitudo rei socialis, n. 21 ( 30 dicembre 1987 ). |
110 | Optatam totius, n. 20. |
111 | Giovanni Paolo II, Lett. Encicl. Laborem exercens, n. 1 ( 14 settembre 1981 ). |
112 | Paolo VI, Lett. Apost.
Octogesima adveniens, n. 34 ( 14 maggio 1971 ); Congr. Dottrina della fede, Istruzione Libertatis nuntius su alcuni aspetti della « Teologia della liberazione », parte VII, n. 6 ( 6 agosto 1984 ). |
113 | Paolo VI, Lett. Apost. Octogesima adveniens, n. 26 ( 14 maggio 1971 ). |
114 | Giovanni XXIII, Lett. Encicl.
Pacem in terris ( 11 aprile 1963 ); Documento di Puebla, nn. 554-557. |
115 | Giovanni Paolo II, Lett. Encicl. Sollicitudo rei socialis, n. 41 ( 30 dicembre 1987 ). |
116 | Id., Lett. Encicl. Laborem exercens, n. 12, n. 14s. ( 14 settembre 1981 ). |
117 | Paolo VI, Lett. Apost. Octogesima adveniens, n. 36 ( 14 maggio 1971 ). |