Etica nella pubblicità

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III - I danni prodotti dalla pubblicità

9. Non vi è nulla di intrinsecamente buono o di intrinsecamente cattivo nella pubblicità.

È un mezzo, uno strumento: se ne può fare un retto uso o un cattivo uso.

Se può avere, e talvolta ha, effetti positivi come quelli appena illustrati, può avere anche, e spesso ha, un impatto negativo, dannoso sugli individui e la società.

La Communio et Progressio ne ha fatto un rapido bilancio: « I pubblicitari che reclamizzino prodotti e servizi nocivi o del tutto inutili, che vantino false qualità delle merci in vendita, o che sfruttino le tendenze più basse dell'uomo, danneggiano la società umana e finiscono col perdere essi stessi in credibilità e reputazione.

Ma recano pregiudizio alle persone ed alle famiglie anche i pubblicitari che creino bisogni fittizi, o che continuino ad inculcare l'acquisto di beni voluttuari, privando così gli acquirenti dei mezzi per provvedere alle loro necessità primarie.

Inoltre occorre che essi evitino gli annunci pubblicitari che spudoratamente sfruttino a scopo di lucro richiami erotico sessuali, o che ricorrano alle tecniche dell'inconscio che attentino alla libertà degli acquirenti ».13

a) Effetti dannosi della pubblicità per l'economia

10. La pubblicità tradisce il suo ruolo di fonte di informazione quando travisa e nasconde fatti pertinenti.

Talvolta la funzione informativa dei media può essere sovvertita anche dalla pressione esercitata dai pubblicitari sulle pubblicazioni o sui programmi perché non trattino questioni che potrebbero rivelarsi imbarazzanti o scomode.

Il più delle volte la pubblicità viene usata tuttavia non solamente per informare ma per persuadere e stimolare, per convincere le persone ad agire in un certo modo: acquistare certi prodotti o servizi, sostenere certe istituzioni e così via.

È qui che si possono verificare particolari abusi.

La pratica della pubblicità legata alla marca può sollevare seri problemi.

Spesso ci sono solo delle differenze trascurabili tra prodotti simili di marche diverse, e la pubblicità può tentare di indurre le persone a decidere sulla base di motivi irrazionali ( fedeltà alla marca, prestigio, moda, sex appeal, ecc. ), invece di illustrare le differenze nella qualità e nel prezzo del prodotto quali basi per una scelta razionale.

La pubblicità può essere, e spesso è, uno strumento del fenomeno del consumismo, come Papa Giovanni Paolo II rileva quando afferma: « Non è male desiderare di vivere meglio, ma è sbagliato lo stile di vita che si presume essere migliore, quando è orientato all'avere non all'essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l'esistenza in un godimento fine a se stesso ».14

Talvolta i pubblicitari sostengono che creare bisogni per prodotti e servizi, cioè indurre le persone a sentire e agire in base al forte desiderio di articoli e servizi di cui non hanno bisogno, è una parte del loro compito.

« Rivolgendosi direttamente agli istinti dell'uomo, prescindendo, in diverso modo, dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale ».15

Questo è un grave abuso, un affronto alla dignità umana e al bene comune quando avviene nelle società opulente.

Ma l'abuso è ancor più grave quando gli atteggiamenti e i valori consumistici vengono trasmessi, attraverso gli strumenti di comunicazione e la pubblicità, ai paesi in via di sviluppo, dove aggravano le crisi socioeconomiche e danneggiano i poveri.

« Un uso oculato della pubblicità può stimolare i paesi in via di sviluppo a migliorare il proprio tenore di vita; mentre opererebbe a loro danno una pubblicità ed una pressione commerciale svolta senza discernimento, a spese di paesi che stentano a passare dall'indigenza ad un minimo di benessere; i quali potrebbero persuadersi che il progresso si riduca tutto nel soddisfare i bisogni creati artificialmente, e s'indurrebbero perciò a dilapidare in questi la maggior parte delle loro risorse, a scapito dei loro bisogni reali e del progresso autentico ».16

Analogamente, l'impegno dei paesi che, dopo decenni dominati da sistemi centralizzati, sotto uno stretto controllo dello Stato, cercano di sviluppare economie di mercato rispondenti alle esigenze e agli interessi delle persone, è reso più difficile dalla pubblicità che promuove atteggiamenti e valori consumistici offensivi della dignità umana e del bene comune.

Il problema è particolarmente grave quando, come spesso capita, sono in gioco la dignità e il benessere dei membri più poveri e più deboli della società.

È necessario tenere sempre presente che ci sono « beni che, in base alla loro natura, non si possono e non si devono vendere e comprare » ed evitare « una "idolatria" del mercato » che, avendo come complice la pubblicità, ignora questo fatto cruciale.17

b) Effetti dannosi della pubblicità per la politica

11. La pubblicità politica può sostenere e aiutare lo sviluppo del processo democratico, ma può anche intralciarlo.

Ciò avviene quando, per esempio, i costi della pubblicità limitano la competizione politica a candidati o a gruppi facoltosi, o richiedono che gli aspiranti a una carica pubblica compromettano la loro integrità e autonomia, dipendendo pesantemente dai fondi di gruppi d'interesse.

Tale intralcio del processo democratico si verifica anche quando, la pubblicità politica, invece di essere un veicolo per l'esposizione onesta delle idee e dei precedenti dei candidati, cerca di distorcere le idee e i precedenti degli avversari e scredita ingiustamente la loro reputazione.

Ciò accade quando la pubblicità fa leva più sulle emozioni e sui bassi istinti della gente, sull'egoismo, sulla prevenzione e sull'ostilità nei confronti degli altri, sul pregiudizio raziale ed etnico e simili, piuttosto che su un forte senso di giustizia e sul bene di tutti.

c) Effetti dannosi della pubblicità per la cultura

12. La pubblicità può avere anche un'influenza corruttrice sulla cultura e i valori culturali.

Abbiamo parlato dei danni economici che possono essere arrecati alle nazioni in via di sviluppo dalla pubblicità che promuove il consumismo e rovinosi modelli di consumo.

Si consideri anche l'offesa culturale fatta a queste nazioni e alle loro genti dalla pubblicità il cui contenuto e i cui metodi, riflettendo quelli prevalenti nelle società avanzate, sono in conflitto con sani valori tradizionali delle culture locali.

Oggi questo tipo di dominio e manipolazione attraverso i media è giustamente una preoccupazione delle nazioni in via di sviluppo di fronte ai paesi sviluppati, così come una « preoccupazione delle minoranze di certe nazioni ».18

L'indiretta ma potente influenza esercitata dalla pubblicità sugli strumenti di comunicazione sociale, che dipendono dai proventi di questa fonte, è motivo di un altro tipo di preoccupazione culturale.

Nella concorrenza, per attrarre un pubblico sempre più vasto e consegnarlo ai pubblicitari, i comunicatori possono trovarsi tentati, sottoposti in realtà a pressioni più o meno sottili, di lasciare da parte gli alti valori artistici e morali e di cadere nella superficialità, nella volgarità e nello squallore morale.

I comunicatori possono anche cadere nella tentazione di ignorare i bisogni educativi e sociali di certe categorie di pubblico: i giovanissimi, gli anziani, i poveri, che non corrispondono ai modelli demografici ( età, istruzione, reddito, abitudini di acquisto e di consumo, ecc. ) del tipo di pubblico che i pubblicitari vogliono raggiungere.

In questo modo tono e livello della responsabilità morale dei media calano nettamente.

Troppo di frequente la pubblicità tende a configurare in modo odioso certi gruppi, ponendoli in condizioni di svantaggio rispetto agli altri.

Ciò vale spesso per la maniera in cui la pubblicità tratta le donne; il loro sfruttamento nella pubblicità è un abuso frequente e deplorevole.

« Quante volte le vediamo trattate non come persone con una dignità inviolabile ma come oggetti destinati a soddisfare il desiderio di piacere o di potere di altri?

Quante volte vediamo sottovalutato e perfino ridicolizzato il ruolo della donna come moglie e madre?

Quante volte il ruolo della donna nel lavoro o nella vita professionale viene dipinto come una caricatura dell'uomo con il rifiuto delle qualità specifiche dell'intuito femminile, la compassione e la comprensione, contributo essenziale alla "civiltà dell'amore"? ».19

d) Effetti dannosi della pubblicità per la morale e la religione

13. La pubblicità può essere di buon gusto e conforme ad elevati principi morali; talvolta può essere persino moralmente edificante; ma può essere anche volgare e moralmente degradante.

Spesso si appella deliberatamente a motivi quali l'invidia, l'arrivismo e la concupiscenza.

Oggi inoltre certi pubblicitari cercano consapevolmente di scioccare ed eccitare sfruttando contenuti di natura morbosa, perversa e pornografica.

Ciò che questo Pontificio Consiglio affermò diversi anni fa riguardo alla pornografia e alla violenza nei media è non meno valido per talune forme di pubblicità: « L'esaltazione della violenza e la pornografia sono attitudini ancestrali dell'esperienza umana, là dove essa esprime la dimensione più buia della natura ferita dal peccato.

Nell'ultimo quarto di secolo, comunque, esse hanno acquistato più ampia dimensione e pongono seri problemi sociali.

Mentre aumenta la confusione circa le norme morali, le comunicazioni hanno reso pornografia e violenza accessibili ad un vasto pubblico ivi compresi i giovani e i bambini.

Questa degradazione era un tempo confinata nei Paesi ricchi.

A causa dei mezzi di comunicazione, essa comincia ora a corrompere i valori morali delle Nazioni in via di sviluppo ».20

Rileviamo inoltre alcuni particolari problemi relativi alla pubblicità quando tratta della religione o di particolari questioni che hanno una dimensione morale.

In casi del primo tipo, i pubblicitari commerciali utilizzano talvolta temi religiosi o si servono di immagini o personaggi religiosi per vendere prodotti.

È possibile farlo in modo rispettoso ed accettabile, ma la prassi è riprovevole e offensiva quando strumentalizza la religione o la tratta in modo irriverente.

In casi del secondo tipo, la pubblicità viene utilizzata talvolta per reclamizzare prodotti e inculcare atteggiamenti e forme di comportamento contrari alla morale.

Citiamo, ad esempio, la pubblicità di contraccettivi, di abortivi e di prodotti che nuociono alla salute e le campagne pubblicitarie sostenute dai governi per il controllo artificiale delle nascite, o per il cosiddetto sesso sicuro o per prassi simili.

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13 Communio et Progressio, n. 60
14 Giovanni Paolo II, Centesimus Annus, n. 36
15 Ibid.
16 Communio et Progressio, n. 61
17 Giovanni Paolo II, Centesimus Annus, n. 40
18 Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istruzione Pastorale Aetatis Novae, n. 16
19 Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1996
20 Pont. Cons. delle Comunicazioni Sociali, Pornografia e violenza nei mezzi di comunicazione sociale: una risposta pastorale, n. 6