Concilio di Costantinopoli II

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Sentenza contro i "tre capitoli"

Il grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, secondo la parabola riferita dai Vangeli, ( Mt 25,14-30 ) distribuisce i talenti secondo le capacità di ciascuno, ed esige a suo tempo da essi il frutto proporzionato.

Se, quindi, chi ha ricevuto un talento e l'ha conservato senza alcuna perdita, per non averlo trafficato e per non aver aumentato quanto aveva ricevuto viene condannato, come non sarà soggetto a più grave e terribile giudizio chi non solo l'avrà trascurato, ma sarà stato causa di scandalo anche per gli altri?

È chiaro, infatti, a tutti i fedeli che quando si tratta della fede, non solo l'empio è condannato, ma anche colui, che, potendo impedire l'empietà, trascura la correzione degli altri.

È per questo che noi, a cui è stato affidato il compito di governare la chiesa di Dio ( At 20,28 ) temendo la maledizione minacciata a coloro che fanno con negligenza le cose di Dio, ( Ger 48,10 ) facciamo di tutto per conservare puro il buon seme della fede dalla zizzania dell'empietà, che viene seminata dal nemico. ( Mt 13,36-43 )

Vedendo, dunque, che i seguaci di Nestorio hanno tentato di gettare sulla chiesa di Dio la loro empietà per mezzo dell'empio Teodoro, che fu vescovo di Mopsuestia, ed i suoi empi scritti, ed inoltre per mezzo di ciò che empiamente scrisse Teodoreto, e della infame lettera, che si dice essere stata scritta da Iba al persiano Mari, siamo sorti prontamente per correggere quanto è accaduto, e per volontà di Dio e per comando del nostro piissimo imperatore, ci siamo riuniti in questa città imperiale.

E poiché il piissimo Vigilio è presente in questa imperiale città, si sta occupando di tutto ciò che è stato scritto su questi tre capitoli, e li ha spesso condannati sia a voce che per iscritto; e poiché in seguito ha anche acconsentito a partecipare al concilio e a discutere su di essi insieme con noi, il piissimo imperatore - come si era convenuto - ha esortato sia lui che noi a radunarci insieme, dicendo che era conveniente che i sacerdoti portassero insieme a conclusione le questioni comuni.

Fummo quindi costretti a chiedere che la sua riverenza volesse adempiere le sue promesse scritte, non sembrando giusto che dovesse lo scandalo dei tre capitoli crescere sempre più, con turbamento della chiesa.

A favore di ciò gli ricordammo i grandi esempi degli apostoli, e le tradizioni dei padri.

Quantunque, infatti, la grazia dello Spirito santo abbondasse in ognuno degli apostoli, e non avessero bisogno del consiglio degli altri per sapere ciò che dovessero fare, tuttavia sulla questione che allora si agitava, cioè se i pagani dovessero essere circoncisi, non vollero pronunciarsi prima di essersi riuniti in comune e aver confermato con le testimonianze delle divine Scritture ciascuno la propria opinione.

Pertanto emisero su ciò una sentenza comune, scrivendo alle genti: È sembrato bene allo Spirito Santo e a noi non imporvi altro peso che quello che è necessario, e cioè: che vi asteniate dalle carni immolate dinanzi ai simulacri ( degli dèi ), dal sangue, dagli animali soffocati, e dalla fornicazione. ( At 15,28-29 )

Anche i santi padri, lungo i secoli, si radunarono nei quattro santi concili, e, seguendo gli esempi degli antichi, presero insieme le decisioni relative alle eresie che erano sorte e ad altre questioni, avendo per certo, che nelle discussioni comuni, quando cioè si affrontano problemi che interessano l'una e l'altra parte, la luce della verità fuga le tenebre della menzogna.

Nelle comuni dispute sulla fede, infatti, non è possibile che la verità si manifesti in modo diverso; perché ciascuno ha bisogno del suo prossimo, come afferma Salomone nei suoi Proverbi: Il fratello che aiuta il fratello, sarà esaltato come una città fortificata, ed è saldo come un regno dalle solide fondamenta. ( Pr 18,19 )

Dice ancora nell'Ecclesiaste: Due sono assai meglio che uno, - ed avranno abbondante compenso per il loro lavoro. ( Qo 4,9 )

Del resto, il Signore stesso dice: In verità, in verità, vi dico: se due di voi si raccoglieranno, sulla terra, qualsiasi cosa chiederanno, verrà loro concessa dal Padre mio che sta nei cieli.

Dovunque, infatti, due o tre saranno radunati in mio nome, sarò con loro, in mezzo ad essi. ( Mt 18,19-20 )

Da noi tutti spesso invitato, mandati a lui dal nostro piissimo imperatore dei messi nobilissimi, Vigilio promise di esprimere personalmente il suo parere sulla questione dei tre capitoli.

A questa risposta noi, memori, in cuor nostro, dell'ammonimento dell'Apostolo che ciascuno renderà ragione a Dio di se stesso, ( Rm 14,12 ) e temendo, nello stesso tempo, anche il giudizio che sovrasta coloro che scandalizzano anche uno solo dei più piccoli ( Mt 18,6 ) - e quanto più, dunque, un imperatore così profondamente cristiano e popoli e chiese intere - memori anche di quanto fu detto da Dio a Paolo: Non temere; parla e non tacere, perché io sono con te, e nessuno potrà nuocerti, ( At 18,9-10 ) noi, radunati insieme, prima di tutto ci siamo proposti di attenerci a quella fede che il signore nostro Gesù Cristo, vero Dio, ha trasmesso ai suoi santi apostoli, e, per mezzo di loro, alle sante chiese, e che i santi padri e dottori della chiesa, che vennero dopo di essi, trasmisero a loro volta ai popoli loro affidati.

Abbiamo dichiarato di conservare intatta e di predicare alle sante chiese questa fede che hanno esposto più abbondantemente i 318 santi padri raccolti a Nicea, i quali ci hanno trasmesso il santo simbolo.

Anche 150 radunati a Costantinopoli lo professarono e seguirono anch'essi la stessa fede e la chiarirono.

Professiamo quella fede in cui convennero perfettamente i 200 santi padri raccolti la prima volta ad Efeso; e ciò che fu definito dai 630 a Calcedonia, intorno all'unica e medesima fede, che essi seguirono e predicarono.

Abbiamo dichiarato, inoltre, di considerare condannati e anatematizzati quelli che, secondo le circostanze, sono stati condannati e anatematizzati dalla chiesa cattolica e dai quattro concilii ricordati.

Fatta questa generale professione di fede, abbiamo iniziato l'esame dei tre capitoli [ ... ].

Richiamate, dunque, le cose da noi fatte, dichiariamo ancora che accettiamo i quattro santi concili: Niceno, Costantinopolitano, Efesino primo, Calcedonese e che quello che essi definirono della stessa e medesima fede, noi abbiamo predicato e predichiamo. Giudichiamo estranei alla chiesa cattolica quelli che non accettano queste cose.

Condanniamo e scomunichiamo, con tutti gli altri eretici che sono stati condannati e scomunicati dai predetti quattro concili e dalla santa e apostolica chiesa, Teodoro, che fu vescovo di Mopsuestia e i suoi empi scritti; condanniamo e scomunichiamo quello che Teodoreto ha scritto ampiamente contro la retta fede, contro i dodici capitoli di s. Cirillo contro il primo concilio di Efeso, e quanto ha scritto a difesa di Teodoro e di Nestorio.

Anatematizziamo, inoltre, l'empia lettera che si dice Iba abbia scritto a Mari, persiano: essa nega che Dio Verbo, incarnatosi dalla S. Madre di Dio e sempre vergine Maria, si sia fatto uomo; essa accusa di eresia Cirillo, di santa memoria, che invece insegna rettamente, anche quando scrive ad Apollinare.

Questa lettera mentre accusa il primo concilio Efesino di aver deposto Nestorio senza sufficiente esame e discussione e chiama empi e contrari alla sacra fede i dodici capitoli di Cirillo, difende poi Teodoro e Nestorio e i loro dogmi scellerati e i loro scritti.

Noi, dunque, anatematizziamo i tre predetti capitoli, cioè: l'empio Teodoro di Mopsuestia con i suoi scritti malvagi, quello che scrisse empiamente Teodoreto, l'iniqua lettera attribuita ad Iba, i loro difensori e quelli che scrissero o scrivono a loro difesa, o si peritano di definire rette le loro dottrine, o hanno preso o prendono addirittura le difese della loro empietà, adducendo l'autorità dei padri o del santo concilio di Calcedonia [ ... ].

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