Concilio di Nicea II |
Il banditore della verità, il divino apostolo Paolo, stabilendo quasi una norma per i presbiteri di Efeso, o meglio, per tutto il clero, dice con estrema libertà: io non ho desiderato né l'argento, né l'oro, né la veste di nessuno.
Vi ho mostrato in ogni maniera che cosi, lavorando, bisogna aiutare i deboli, stimando più felice il dare. ( At 20,33.35 )
Anche noi, quindi, istruiti da lui, stabiliamo che in nessun modo per turpe lucro un vescovo adducendo scuse ai suoi peccati ( Sal 141,4 ) possa chiedere oro, argento, o altra cosa, ai vescovi, ai chierici, o ai monaci che sono sotto di lui.
Dice, infatti, l'apostolo: Gli ingiusti non avranno in sorte il regno di Dio ( 1 Cor 6,9 ) e: I figli non devono accumulare per i genitori, sono piuttosto questi che devono metter da parte per i figli. ( 2 Cor 12,14 )
Se, perciò, qualcuno, volendo denaro o qualsiasi altra cosa, o per innata passione allontanasse o escludesse qualcuno dei suoi chierici dal suo ministero, o chiudesse il tempio venerando, cosi che non potesse più tenersi in esso il divino servizio, spingendo la sua pazzia a cose insensate, poiché si mostra davvero insensato, sarà soggetto a pena analoga, che ricadrà sul sito stesso capo ( Sal 7,17 ) poiché si rende trasgressore di un precetto di Dio e delle prescrizioni apostoliche.
Comanda, infatti, anche Pietro, il principale tra gli apostoli: Pascete il gregge di Dio, che è in mezzo a voi, non forzatamente, ma volentieri, conforme alla volontà di Dio, non per volgare desiderio di guadagno, ma con zelo, non come chi vuole signoreggiare il clero, ma trasformandosi in modelli del gregge,e quando apparirà il Pastore dei pastori, riceverete la corona di gloria che non marcisce. ( 1 Pt 5,2-4 )
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