Concilio di Costanza |
Nel nome del Signore, amen.
Cristo, nostro Dio e salvatore, vite vera, di cui il Padre è agricoltore, spiegando ai suoi discepoli e agli altri fedeli queste immagini, dice: Se qualcuno non rimarrà in me, sarà gettato via conte tralcio e seccherà! ( Gv 15,6 )
Di questo sommo dottore e maestro il santo sinodo di Costanza intende seguire la dottrina e praticare i precetti nella questione dell'inquisizione dell'eresia, che questo stesso sinodo ha promosso, - date le voci della pubblica fama e le clamorose accuse - contro Gerolamo da Praga, maestro nelle arti, laico, dai cui atti e processi risulta che ha ritenuto, affermato e insegnato alcuni articoli eretici ed erronei, già da tempo riprovati dai santi padri; altri blasfemi, altri scandalosi, altri offensivi per persone pie, temerari e sediziosi, già ritenuti, predicati e insegnati da Giovanni Wicleff e Giovanni Huss, di dannata memoria, e disseminati in alcuni loro libri ed opuscoli.
Questi articoli, questa dottrina e questi libri di Giovanni Wicleff e di Giovanni Huss sono stati condannati per eresia dallo stesso sinodo con sua sentenza: quelli di Wicleff in memoria, quelli di Huss nella sua persona.
Gerolarno in seguito, durante la causa di inquisizione, approvò questa sentenza e aderì ad essa, riconoscendo e professando nello stesso santo sinodo la vera fede cattolica e apostolica.
Abiurò anche ogni eresia, specialmente quella di cui era infamato e quella che in passato avevano insegnato e ritenuto Giovanni Wicleff e Giovanni Huss, nei loro opuscoli, discorsi e libelli, e per cui Wicleff ed Huss erano stati condannati come eretici dallo stesso santo sinodo con i loro dommi ed errori; e ugualmente la loro dottrina.
Egli proferì la condanna assoluta di quanto abbiamo premesso, e giurò che sarebbe rimasto in questa verità della fede, e che se, per caso, avesse presunto qualche volta di credere o predicare qualche cosa in contrario non avrebbe rifiutato di sottostare alla severità dei canoni, e volle obbligarsi all'eterna pena.
Sottoscritta poi di suo pugno tale professione di fede la presentò e consegnò al santo sinodo.
Passati però molti giorni da questa professione e da questa abiura, come cane che torna al suo vomito, ( Pr 26,11; 2 Pt 2,22 ) per poter diffondere il veleno dannosissimo che celava nel suo petto, chiese che gli venisse concessa una pubblica udienza nel sinodo.
Concessagli questa udienza asserì, in pieno sinodo pubblicamente radunato, e confessò che iniquamente aveva aderito alla sentenza di condanna di Wicleff e di Giovanni Huss, e che aveva mentito, approvando quella sentenza.
E non temeva di confessare che aveva mentito; e che anzi revocava la sua confessione, approvazione e dichiarazione della loro condanna, ora e in eterno.
Diceva infatti, di non aver letto mai nei libri di Wicleff e di Giovanni Huss cosa che sapesse di eresia o di errore, quantunque prima della sentenza avesse affermato e sia stato dimostrato all'evidenza che egli esaminato, letto, insegnato i loro libri, nei quali è noto esser contenuti molti errori ed eresie.
Quanto al sacramento dell'altare e alla transustanziazione, però, Gerolamo ha detto di ritenere e credere quello che crede e ritiene la chiesa, dicendo di credere più ad Agostino e agli altri dottori della chiesa che a Wicleff e Huss.
È chiaro, dunque, da quanto precede, che Gerolamo aderisce a Wicleff ed Huss, che sono stati condannati, e ai loro errori; e che è stato ed è loro fautore.
Perciò il santo sinodo ha stabilito e deciso che egli, quale tralcio guasto, secco e separato dalla vite, debba esser cacciato fuori; ( Gv 15,6 ) e lo proclama, dichiara e condanna come eretico, recidivo nell'eresia, scomunicato, anatematizzato.
Questo giudizio proceda dal volto ( Sal 17,2 ) di colui che siede nel trono ( Ap 4,10; Ap 5,7; Ap 7,15; Ap 21,5 ) e dalla cui bocca procede una spada dal doppio taglio ( Ap 1,16; Ap 19,15 ) la cui bilancia è giusta, i cui pesi esatti; ( Lv 19,36 ) di colui, che deve venire a giudicare i vivi e i morti, cioè del nostro signore Gesù Cristo. Amen.
Giusto è il Signore e ama la giustizia; il suo volto scorge l'equità. ( Sal 10,8 )
La faccia del Signore si rivolge a quelli che operano il male, per disperdere dalla terra la loro memoria. ( Sal 34,17 )
Perisca, dice il santo profeta, la memoria di colui che non si è ricordato di usare misericordia, e che ha perseguitato il povero e il mendicante. ( Sal 109,15-17 )
Quanto maggiormente deve perire allora la memoria di chi ha perseguitato e turbato tutti gli uomini e la chiesa universale, Pietro de Luna, chiamato da alcuni Benedetto XIII?
Quanto, infatti, questi ha mancato contro la chiesa di Dio e tutto il popolo cristiano, favorendo, alimentando e protraendo lo scisma e la divisione della chiesa di Dio; con quante frequenti, devote, umili preghiere di re, principi e prelati, con quante esortazioni e richieste è stato caritatevolmente ammonito secondo la dottrina evangelica, perché desse pace alla chiesa, sanasse le sue ferite e riunisse le sue parti divise in una sola compagine e in un solo corpo come aveva giurato e com'era e fu a lungo in suo potere!
Ma egli non volle in nessun modo ascoltare quelli che con cristiana carità lo riprendevano; quanti testimoni sono stati inviati e non furono in nessun modo ascoltati; fu necessario, conforme alla dottrina di Cristo nel Vangelo, dirlo alla chiesa e, non avendo ascoltato neppure questa, dev'essere considerato come un eretico e un pubblicano. ( Mt 18,15-17 )
Tutto ciò lo dicono chiaramente i capitoli addotti contro di lui nella causa di inquisizione della fede e dello scisma alla presenza di questo santo sinodo generale.
Dopo aver quindi proceduto a norma delle leggi canoniche, dopo aver esaminato ogni cosa con la dovuta diligenza e dopo matura deliberazione su questo soggetto, lo stesso sinodo generale, in rappresentanza della chiesa universale, sedendo come tribunale per la suddetta causa di inquisizione proclama, stabilisce, dichiara con la presente sentenza definitiva, inclusa in questi atti, che Pietro de Luna, chiamato, come abbiamo detto sopra, Benedetto XIII, è stato ed è spergiuro, causa di scandalo alla chiesa universale, fautore e alimentatore del vecchio scisma, della vecchia rottura e divisione della chiesa di Dio, ostacolo alla pace e all'unione di essa, perturbatore scismatico, eretico, fuorviato dalla fede, violatore incallito dell'articolo della fede "Unam sanctam catholicam ecclesiam", incorreggibile, con scandalo della chiesa di Dio, notorio e manifesto.
Egli si è reso indegno di qualsiasi titolo, grado, onore e dignità, è stato rigettato e tagliato fuori da Dio e viene ipso iure privato di qualsiasi diritto che potesse spettargli nel papato o che compete in qualsiasi modo al romano pontefice e alla chiesa di Roma; e, come membro secco, viene messo fuori della chiesa cattolica.
E poiché lo stesso Pietro sostiene di avere di fatto il possesso del papato, questo santo sinodo per maggior cautela lo priva, lo depone e lo allontana dal papato, dal sommo pontificato della chiesa Romania, da ogni titolo, grado, onore, dignità; e da qualsiasi beneficio e ufficio.
Gli proibisce di comportarsi in seguito come se fosse papa o romano pontefice; libera tutti i cristiani dalla sua obbedienza e da ogni dovere verso di lui, dai giuramenti e dagli obblighi a lui in qualsiasi modo prestati, e li dichiara liberi; proibisce a tutti e singoli i cristiani, sotto pena di considerarli fautori dello scisma e dell'eresia e di privarli di tutti i benefici, dignità e onori sia nel campo ecclesiastico che civile, e sotto le altre pene del diritto, anche se si tratti di dignità vescovile e patriarcale, cardinalizia, regale, ed imperiale - di cui, se agissero contro questa proibizione, siano, in forza di questo decreto e di questa sentenza, ipso facto privati - di obbedire, come a papa, a Pietro de Luna, scismatico ed eretico incorreggibile, notorio, dichiarato, deposto; di stare dalla sua parte, di sostenerlo in qualsiasi modo contro la proibizione fatta, di ricettarlo, di prestargli aiuto, di dargli consigli, di favorirlo.
Dichiara, inoltre, e stabilisce che tutte e singole le proibizioni, tutti i processi, le sentenze, le costituzioni, le censure, e ogni altro atto da lui compiuto che potessero in qualche modo contrastare con le cose da noi stabilite, sono irriti e vani; li rende vani, li revoca, li annulla, salve, naturalmente, le pene che le leggi stabiliscono per i casi predetti.
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