Lumen gentium |
Con i voti o altri impegni sacri simili ai voti secondo il modo loro proprio, il fedele si obbliga all'osservanza dei tre predetti consigli evangelici; egli si dona totalmente a Dio amato al di sopra di tutto, così da essere con nuovo e speciale titolo destinato al servizio e all'onore di Dio.
Già col battesimo è morto al peccato e consacrato a Dio; ma per poter raccogliere in più grande abbondanza i frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa intende liberarsi dagli impedimenti che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra più intimamente al servizio di Dio.4
La consacrazione poi sarà più perfetta, in quanto legami più solidi e stabili riproducono di più l'immagine del Cristo unito alla Chiesa sua sposa da un legame indissolubile.
Siccome quindi i consigli evangelici, per mezzo della carità alla quale conducono5 congiungono in modo speciale coloro che li praticano alla Chiesa e al suo mistero, la loro vita spirituale deve pure essere consacrata al bene di tutta la Chiesa.
Di qui deriva il dovere di lavorare, secondo le forze e la forma della propria vocazione, sia con la preghiera, sia anche con l'attività effettiva, a radicare e consolidare negli animi il regno di Cristo e a dilatarlo in ogni parte della terra.
Per questo la Chiesa difende e sostiene l'indole propria dei vari istituti religiosi.
Perciò la professione dei consigli evangelici appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana.
Poiché infatti il popolo di Dio non ha qui città permanente, ma va in cerca della futura, lo stato religioso, il quale rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio anche manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo tempo, meglio testimonia l'esistenza di una vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria del regno celeste.
Parimenti, lo stato religioso imita più fedelmente e rappresenta continuamente nella Chiesa la forma di vita che il Figlio di Dio abbracciò venendo nel mondo per fare la volontà del Padre e che propose ai discepoli che lo seguivano.
Infine, in modo speciale manifesta l'elevazione del regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza della potenza di Cristo-Re e la infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa.
Lo stato di vita dunque costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur non concernendo la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia inseparabilmente alla sua vita e alla sua santità.
Indice |
4 | Paolo VI, 1. c., p. 567 |
5 | S. Tommaso, Summa Theol.
II-II, q. 184, a. 3 e
q. 188, a. 2 S. Bonaventura, Opusc. XI, Apologia Pauperum, c. 3, 3: ed. Opera, Quaracchi, t. 8, 1898, p. 245 a |