Un apostolo di Gesù Crocifisso

A Torino

Quando Luigi lasciò la sua casa e il suo paese per recarsi a Vercelli aveva il cuore pieno di amarezza perché si allontanava da affetti cari, ma era cosa naturale e facilmente superabile.

A Vercelli aveva avuto delle grandi soddisfazioni umane e sovrannaturali, ma terminarono in dolori ben più gravi.

Lasciando quella città per avviarsi a Torino il cuore sanguinava e solo la sua virtù di santo poté lenirlo.

Ognuno lo può immaginare.

Quando giunse a Torino nel 1890 nessuno si accorse che era arrivato un nuovo santo ad accrescere la schiera dei tanti che la metropoli del Piemonte ha avuto anche nei tempi moderni.

Neppure lo immaginò la nobile famiglia del Conti Caisotti di Chiusano, che lo aveva accettato come cuoco.

Era un semplice cuoco, ma si conobbe subito di qual valore fosse in tale arte.

In essa si era perfezionato a Vercelli e ben pochi seppero come lui dimostrarsi artista di cucina, specialmente quando l'arte doveva supplire alla mancanza della materia prima, le sue mani parevano fatate.

Ma alle volte l'arte non bastava e vi suppliva la santità.

Un testimonio che conobbe bene Luigi Musso ed ebbe amicizia con lui a Torino narra che « essendo la spesa giornaliera per il vitto fissa per ognuno delle persone della famiglia ( padroni e personale di servizio ) dovendo accontentare i padroni e trovandosi qualche volta nel pericolo di scontentare gli altri famigli, egli, in tali circostanze, sacrificava la parte sua e si nutriva del solo stretto necessario per aver modo di accontentare le persone di servizio ».

A Torino trovò presto amici, direzione spirituale adatta, persone che lo compresero, lo aiutarono e lo seguirono nei suoi propositi di bene e finalmente trovò la realizzazione dei suoi desideri di rendersi religioso.

Torino era il campo che Dio gli affidava per il suo apostolato, che durò 32 anni.

Fino al 1890 tutto era stato soltanto preparazione.

In principio egli affittò una camera in via Mazzini 44 e poté subito occuparsi nelle ore libere dal servizio di un ufficio che a lui stette sempre molto a cuore e che aveva già tentato a Vercelli quando si trovava nel Collegio Dal Pozzo, ma che era riuscito a lui doloroso, come dicemmo.

Egli radunava nella sua camera i ragazzi del vicinato e li faceva pregare e ripassare il catechismo, secondo le lezioni loro assegnate dal Parroco di S. Massimo.

La sua cultura non andava oltre il catechismo, ma come è di tutti i santi, alla scienza acquisita vengono in aiuto lo zelo, la fede viva, e una intelligenza delle cose divine attinte dalle meditazioni, letture adatte e da Dio stesso, che si fa loro Maestro.

Luigi Musso, pur non avendo mal avuto nella sua profonda umiltà, pretese di sapere umano e non, uscendo mai dal suo campo di uomo incolto, insegnò per tutta la vita e raggiunse una sapienza altissima.

Verrà tempo che non saranno più soltanto i ragazzi che ascoltano le sue lezioni catechistiche, le sue esortazioni, i suoi consigli, ma uomini di ogni condizione sociale.

Sacerdoti, Professori ricorreranno ai lumi e alle lezioni dell'umile cuoco e del modesto fabbricatore di fiori artificiali.

Dopo tre anni di apostolato tra i piccoli della parrocchia di S. Massimo Luigi si trasportò in via della Consolata n. 1 presso la Famiglia Vacca.

Fu una fortuna, perché i Vacca, monferrini, erano ottimi cristiani, e la madre Carolina esercitava un santo apostolato tra la gioventù monferrina stanziata a Torino.

Di più trovandosi sotto la giurisdizione della Parrocchia di S. Dalmazzo, Luigi trovò un sapiente Direttore spirituale nella persona del P. Giulio Giuseppe Cozzi, dell'Ordine dei Barnabiti, ai quali è affidata la cura di quella Parrocchia.

Verso il P. Cozzi, che fu poi Provinciale del suo Ordine, il Musso ebbe sempre stima e venerazione somma.

Egli si mise completamente nelle mani di lui che seppe guidarlo sapientemente nella via della perfezione e della santità.

Dietro consiglio del Cozzi, Luigi prese a comunicarsi quotidianamente, ciò che fino allora non aveva osato.

Ne aveva il desiderio, confessa nel suo diario, ma al consiglio del Direttore suo aveva risposto da principio: « Sono tanto peccatore che non avrei osato ».

Ma fu felice di poter finalmente ogni giorno unirsi a Gesù in Sacramento e non tralascerà mai più la pia pratica, se non impedito da malattia.

Sotto la direzione sapiente del Cozzi, non solo si perfezionò nella devozione eucaristica, ma anche in quella del SS. Crocifisso.

L'Illustre Barnabita si accorse ben presto quale anima aveva tra le mani e ne prese cura con amore.

Vedendolo assiduo alla chiesa e servizievole in tutto, finì di considerarlo quasi uno della casa.

Luigi Musso serviva sempre la prima Messa che si celebrava in S. Dalmazzo alle ore 5 di mattino, e si prestava anche per altri servizi di culto.

Una mattina il sagrestano F. Giuseppe, lo pregò di portare l'ombrello sacro per accompagnare il S. Viatico ad una ammalata.

( In quel tempo si portava ancora solennemente il Viatico agli infermi ).

Cosa strana! Luigi Musso che non ebbe mal rispetto umano, all'invito del sagrestano, scrive egli stesso nel suo Diario, ebbe un momento di titubanza.

« Restai lì muto quasi che il rispetto umano mi volesse sorprendere, ma subito feci l'ubbidienza ».

Strada facendo e recitando le preghiere di rito la sua mente piena sempre di fede viva, si elevò e rivolse al Dio Sacramentato presso il quale si trovava questa invocazione: « Gesù dolcissimo, per la tua infinita misericordia, fa che dopo la mia morte io mi trovi vicino a tè lassù nel bei paradiso, come mi trovo presentemente ».

È ancora nella chiesa di S. Dalmazzo che Luigi Musso, secondo quanto egli narra, provò delizie ineffabili durante la Comunione e la preghiera, che sentì i misteriosi inviti ad un'intimità di colloquio con Dio e che udì la prima volta la parola del SS. Crocifisso.

Crocifisso della Chiesa di S. Dalmazzo in Torino

Ecco quanto si legge nel suo Diario: « Un giorno attratto dolcemente ai piedi di un gran Crocifisso, scolpito in legno, nel coro della chiesa di S. Dalmazzo, là solo col mio Gesù, e inebriata la mente nei gaudi del paradiso, mi scioglievo tutto in lacrime, né sapevo come allontanarmi dalla Croce.

In quel momento il buon Gesù crocifisso mi disse: « Va a servire la Santa Messa.

Non ti fare aspettare ... Non era ancora passato un minuto che il P. Cozzi si presenta dicendomi di andare a servire subito la S. Messa, e mi fece come un dolce rimprovero del mio ritardo ».

Questi favori divini lo spinsero a darsi interamente al Signore e di mettere sotto i piedi il rispetto umano, le derisioni e le beffe degli uomini, « pensando, scrive, che non sono essi che devono giudicarmi in punto di morte, ma Dio solo ».

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