Dialogo della Divina Provvidenza |
- Sappi, figliuola carissima, che ne l'orazione umile e continua e fedele, con vera perseveranzia acquista l'anima ogni virtú.
E però debba perseverare e non lassarla mai, né per illusione di dimonio né per propria fragilitá ( cioè per pensiero o movimento che venisse nella propria carne sua ) né per decto di creatura, ché spesse volte si pone il dimonio sopra le lingue loro, facendo lo' favellare parole che hanno a impedire la sua orazione.
Tucte le debba passare con la virtú della perseveranzia.
Oh! quanto è dolce a quella anima, e a me è piacevole la sancta orazione facta nella casa del cognoscimento di sé e nel cognoscimento di me, aprendo l'occhio de l'intellecto col lume della fede e con l'affecto ne l'abbondanzia della mia caritá!
La quale caritá v'è facta visibile per lo visibile unigenito mio Figliuolo, avendovela mostrata col sangue suo.
El quale sangue inebbria l'anima e vestela del fuoco della divina caritá, e dálle il cibo del sacramento ( el quale v'ho posto nella bottiga del corpo mistico della sancta Chiesa ) del Corpo e del Sangue del mio Figliuolo tucto Dio e tucto uomo, dandolo a ministrare per le mani del mio vicario, el quale tiene la chiave di questo sangue.
Questa è quella bottiga, della quale ti feci menzione, che stava in sul ponte per dare il cibo e confortare e' viandanti e perregrini che passano per la doctrina della mia Veritá, acciò che per debilezza non vengano meno.
Questo cibo conforta poco e assai, secondo el desiderio di colui che 'l piglia, in qualunque modo el piglia, o sacramentalmente o virtualmente.
Sacramentalmente è quando si comunica del sancto Sacramento; virtualmente è comunicandosi per sancto desiderio: sí per desiderio della comunione, e sí per considerazione del sangue di Cristo crocifixo, cioè comunicandosi sacramentalmente de l'affecto della caritá, la quale ha gustata e trovata nel Sangue, el quale vede che per amore fu sparto.
E però vi s'inebria e vi s'accende per sancto desiderio, e vi si sazia trovandosi piena solo della caritá mia e del proximo suo.
Questo dove l'acquistò?
Nella casa del cognoscimento di sé, con sancta orazione, dove perdé la imperfeczione.
Sí come i discepoli e Pietro perdêro ( stando dentro in vigilia e orazione ) la imperfeczione loro e acquistâro la perfeczione.
Con che? con la perseveranzia condita con la sanctissima fede.
Ma non pensare che riceva tanto ardore e nutrimento da questa orazione solamente con orazione vocale, sí come fanno molte anime, che la loro orazione è di parole piú che d'affecto.
Le quali non pare che actendano ad altro se none in compire e' molti salmi e dire i molti paternostri.
E compíto el numero che si sonno proposti di dire, non pare che pensino piú oltre.
Pare che pongano affecto e actenzione a l'orazione solo nel dire vocalmente: ed egli non si vuole fare cosí; però che, non facendo altro, poco fructo ne tragono, e poco è piacevole a me.
Ma se tu mi dici:
- Debbasi lassare stare questa, ché tucti non pare che siano tracti a l'orazione mentale?
- No, ma debba andare col modo, ché Io so bene che, come l'anima è prima imperfecta che perfecta, cosí è imperfecta la sua orazione.
Debba bene, per non cadere ne l'ozio, quando è ancora imperfecta, andare con l'orazione vocale; ma non debba fare l'orazione vocale senza la mentale: cioè che, mentre che dice, s'ingegni di levare e dirizzare la mente sua ne l'affecto mio, con la considerazione comunemente de' difecti suoi e del sangue de l'unigenito mio Figliuolo, dove truova la larghezza della mia caritá e la remissione de' peccati suoi.
E questo debba fare acciò che 'l cognoscimento di sé e la considerazione de' difecti suoi le faccia cognoscere la mia bontá in sé e continuare l'exercizio suo con vera umilitá.
Non voglio che siano considerati e' difecti in particulare, ma in comune, acciò che la mente non sia contaminata per lo ricordamento de' particulari e ladi peccati.
Dicevo che Io non voglio; e non debba avere solo la considerazione de' peccati in comune né in particulare senza la considerazione e memoria del Sangue e larghezza della misericordia, acciò che non venga a confusione.
Ché se 'l cognoscimento di sé e considerazione del peccato non fusse condito con la memoria del Sangue e speranza della misericordia, starebbe in essa confusione: e con essa, insieme col dimonio che l'ha guidato socto colore di contrizione e dispiacimento del peccato, giognerebbe a l'etterna dannazione; non solamente per questo, ma perché da questo, non pigliando el braccio della misericordia mia, verrebbe a disperazione.
Questo è uno de' soctili inganni che 'l dimonio faccia a' servi miei.
E però conviene, per vostra utilitá e per campare l'inganno del dimonio e per essere piacevoli a me, che sempre vi dilarghiate il cuore e l'affecto nella smisurata misericordia mia con vera umilitá.
Ché sai che la superbia del dimonio non può sostenere la mente umile; né la sua confusione la larghezza della mia bontá e misericordia, dove l'anima in veritá speri.
E però, se ben ti ricorda, quando el dimonio ti voleva aterrare per confusione, volendoti mostrare che la vita tua fusse stata inganno e non avere seguitata né facta la volontá mia, tu allora facesti quel che tu dovevi fare e che la mia bontá ti die' di potere fare ( la quale bontá non è nascosa a chi la vuole ricevere ), cioè che t'innalzasti nella misericordia mia con umilitá, dicendo:
- Io confesso al mio Creatore che la vita mia non è passata altro che in tenebre; ma io mi nascondarò nelle piaghe di Cristo crocifixo e bagnarommi nel sangue suo; e cosí avarò consumate le iniquitá mie e godarommi, per desiderio, nel mio Creatore.
Sai che alora el dimonio fuggí.
E tornando poi con l'altra, cioè di volerti levare in alto per superbia, dicendo:
- Tu se' perfecta e piacevole a Dio; non bisogna piú che t'affliga né che pianga e' difecti tuoi;
- donandoti Io alora el lume, vedesti la via che ti conveniva fare, cioè d'umiliarti; e rispondesti al dimonio, dicendo:
- Miserabile a me!
Giovanni Baptista non fece mai peccato e fu sanctificato nel ventre della madre, e nondimeno fece tanta penitenzia!
E io ho commessi cotanti difecti, e non cominciai mai a cognoscerlo con pianto e vera contrizione, vedendo chi è Dio che è offeso da me, e chi so' io che l'offendo!
- Allora el dimonio non potendo sostenere l'umilitá della mente né la speranza della mia bontá, disse a te:
- Maladecta sia tu, ché modo non posso trovare con teco!
Se io ti pongo abasso per confusione, e tu ti levi in alto a la misericordia.
E se io ti pongo in alto, e tu ti poni abasso, venendo ne l'inferno per umilitá, e intro lo 'nferno mi perseguiti.
Sí che io non tornarò piú a te, però che tu mi percuoti col bastone della caritá.
- Debba dunque l'anima condire col cognoscimento della mia bontá el cognoscimento di sé, e il cognoscimento di me col cognoscimento di sé.
A questo modo l'orazione vocale sará utile a l'anima che la fará, e a me sará piacevole.
E da l'orazione vocale imperfecta giognará, perseverando con l'exercizio, a l'orazione mentale perfecta.
Ma se semplicemente mira di compire el numero suo, o se per la orazione vocale lassasse l'orazione mentale, non vi giogne mai.
Alcuna volta sará l'anima sí ignorante che, factosi el suo proponimento di dire cotanta orazione con la lingua ( e io alcuna volta visitarò la mente sua, quando in uno modo e quando in uno altro:
alcuna volta in uno lume di cognoscimento di sé con una contrizione del difecto suo;
alcuna volta nella larghezza della mia caritá;
alcuna volta ponendole dinanzi a la mente sua in diversi modi, secondo che piace a me, la presenzia della mia Veritá, e secondo che essa anima avesse desiderato ), ed ella, per compire il suo numero, lassa la visitazione di me che sente nella mente, quasi per coscienzia che si fará di lassare quello che ha cominciato.
Non debba fare cosí, però che, facendolo, sarebbe inganno di dimonio; ma subbito che sente disponere la mente per mia visitazione ( per molti modi, come detto è ), debba abandonare l'orazione vocale.
Poi, passata la mentale, se ha tempo, può ripigliare quello che proposto s'aveva di dire; non avendo tenpo non se ne debba curare, né venirne a tedio né confusione di mente.
Cosí debba fare.
Guarda giá che non fusse l'offizio divino, el quale i cherici e religiosi sonno tenuti e obligati di dire; e non dicendolo, offendono.
Essi debbono infino a la morte dire l'offizio suo.
E se essi si sentissero, all'ora debita che si debba dire, la mente tracta e levata per desiderio, si debbano provedere di dirlo innanzi o dirlo poi, sí che non trapassi che il debito de l'offizio non sia renduto.
D'ogni altra cosa che l'anima cominciasse, la debba cominciare vocalmente per giognere a la mentale.
E sentendosi la mente disposta, la debba lassare per la cagione decta.
Questa orazione vocale, facta nel modo che decto t'ho, giognerá ad perfeczione; e però non debba lassare l'orazione vocale, per qualunque modo ella è facta, ma debba andare col modo che decto t'ho.
E cosí con l'essercizio e perseveranzia gustará l'orazione in veritá e il cibo del sangue de l'unigenito mio Figliuolo.
E però ti dixi che alcuno si comunicava virtualmente del Corpo e del sangue di Cristo, benché non sacramentalmente, cioè comunicandosi de l'affecto della caritá, la quale gusta col mezzo della sancta orazione, poco e assai, secondo l'affecto di colui che òra.
Chi va con poca prudenzia, e non con modo, poco truova; chi con assai, assai truova; perché quanto l'anima piú s'ingegna di sciogliere l'affecto suo e legarlo in me col lume de l'intellecto, piú cognosce: chi piú cognosce piú ama; piú amando, piú gusta.
Adunque vedi che l'orazione perfecta non s'acquista con molte parole, ma con affecto di desiderio, levandosi in me con cognoscimento di sé, condito insieme l'uno con l'altro.
Cosí insiememente avará la vocale e la mentale, perché elle stanno insieme sí come la vita activa e la vita contemplativa.
Benché in molti e in diversi modi s'intenda orazione vocale o vuoli mentale: perché posto t'ho che 'l desiderio sancto è continua orazione, cioè d'avere buona e sancta volontá.
La quale volontá e desiderio si leva al luogo e al tempo ordinato actualmente, agionto a quella continua orazione del sancto desiderio.
E cosí l'orazione vocale, stando l'anima nella sancta volontá, la fará al tempo ordinato; o alcuna volta fuore del tempo ordinato la fa continua, secondo che gli richiede la caritá in salute del proximo ( sí come vede il bisogno e la necessitá ) e secondo lo stato che Io l'ho posto.
Ogniuno, secondo lo stato suo, debba adoperare in salute de l'anime secondo el principio della sancta volontá.
Ciò che aduopera vocalmente e actualmente nella salute del proximo è uno orare virtuale: poniamo che actualmente, a luogo debito, la facci per sé.
E fuore della debita orazione sua, ciò che egli fa nella caritá del proximo suo, o in sé per exercizio che egli facesse actualmente di qualunque cosa si fusse, è uno orare.
Sí come disse il glorioso mio banditore di Pavolo, cioè che « non cessa d'orare chi non cessa di bene adoperare ».
E però ti dixi che l'orazione si faceva in molti modi se si vede l'actuale unita con la mentale, perché l'actuale orazione facta per lo modo decto è facta con l'affecto della caritá.
El quale affecto di caritá è la continua orazione.
Ora t'ho decto in che modo si giogne a l'orazione mentale, cioè con l'essercizio e perseveranzia e lassando la vocale per la mentale quando Io visito l'anima.
E hotti decto quale è l'orazione comune e la vocale comunemente fuore del tempo ordinato, e l'orazione della buona e sancta volontá; e come ogni exercizio in sé e nel proximo, che fa con buona volontá, fuore de l'ordinato tempo, è orazione.
Adunque virilmente l'anima debba speronare se medesima con questa madre de l'orazione.
Questo è quello che fa l'anima che è rinchiusa in casa del cognoscimento di sé, gionta a l'amore de l'amico e filiale.
E se essa anima non tiene i modi decti, sempre rimarrebbe nella tiepidezza e imperfeczione sua.
E tanto amarebbe, quanto sentisse dilecto o utilitá in me o nel proximo suo.
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