Dialogo della Divina Provvidenza |
- Ora hai veduto gli stati delle lagrime e la differenzia loro, secondo che è piaciuto a la mia veritá di satisfare al desiderio tuo.
Delle prime, di coloro che sonno in stato di morte ( di colpa di peccato mortale ), vedesti che 'l pianto loro procede dal cuore generalmente, perché 'l principio de l'affecto, unde venne la lagrima, era corrocto, e però n'esce corrocto e miserabile pianto e ogni loro operazione.
El secondo stato è di coloro che cominciano a conoscere i loro mali per la propria pena che lo' séguita doppo la colpa.
Questo è uno comincio generale buonamente dato da me a' fragili, che, come ignoranti, s'anniegano giú per lo fiume, schifando la doctrina della mia veritá; ma molti e molti sonno quegli che conoscono loro senza timore servile, cioè di propria pena, e vannosene chi, di subbito, con uno grande odio di sé, per lo quale odio si reputa degno della pena; alcuni con una buona simplicitá si dánno servire me, loro Creatore, dolendosi de l'offesa che hanno facta a me.
È vero che egli è piú apto a giognere a lo stato perfecto colui che va con grandissimo odio che gli altri, bene che, exercitandosi, l'uno e l'altro giogne; ma questo giogne prima.
Debba guardare l'uno di non rimanere nel timore servile, e l'altro nella tiepidezza sua, cioè che in quella simplicitá, non exercitandola, non vi s'intepidisse dentro.
Sí che questo è uno chiamare comune.
El terzo e il quarto è di coloro che, levati dal timore, sono gionti a l'amore e a speranza, gustando la divina mia misericordia, ricevendo molti doni e consolazioni da me, per le quali l'occhio, che satisfa al sentimento del cuore, piagne; ma perché ancora è imperfecto, mescolato col pianto sensitivo spirituale, come decto è, giogne, exercitandosi in virtú, al quarto, dove l'anima, cresciuta in desiderio, uniscesi e conformasi con la mia volontá, in tanto che non può volere né desiderare se non quel ch'Io voglio, vestito della caritá del proximo, unde traie uno pianto d'amore in sé e dolore de l'offesa mia e danno del proximo suo.
Questo è unito con la quinta e ultima perfeczione, dove egli si unisce in veritá, dove è cresciuto el fuoco del sancto desiderio, dal quale desiderio el dimonio fugge e non può percuotere l'anima, né per ingiuria che le fusse facta, perché ella è facta paziente nella caritá del proximo, non per consolazione né spirituale né temporale, però che per odio e vera umilitá le spregia.
Egli è ben vero che 'l dimonio da la parte sua non dorme mai, ma insegna a voi negligenti che nel tempo del guadagno state a dormire.
Ma la sua vigilia a questi cotali non può nuocere, perché non può sostenere il calore della caritá loro né l'odore de l'unione che ha facta in me, mare pacifico, dove l'anima non può essere ingannata mentre che stará unita in me.
Sí che fugge come fa la mosca da la pignacta che bolle, per paura che ha del fuoco: se fusse tiepida, non temarebbe, ma andarebbevi dentro, benché spesse volte egli vi perisce, trovandovi piú caldo che non si imaginava.
E cosí diviene de l'anima prima che venga a lo stato perfecto: el dimonio, perché gli pare tiepida, v'entra dentro con molte diverse temptazioni; ma, essendovi ponto di cognoscimento e di calore e dispiacimento della colpa, resiste, legando la volontá, che non consenta, col legame de l'odio del peccato e amore della virtú.
Rallegrisi ogni anima che sente le molte molestie, perché quella è la via da giognere a questo dolce e glorioso stato.
Perché giá ti dixi che per lo conoscimento e odio di voi e per conoscimento della mia bontá voi venivate a perfeczione.
Veruno tempo è che si conosca tanto bene l'anima se Io so' in lei, quanto nel tempo delle molte bactaglie.
In che modo? Dicotelo: sé conosce bene, vedendosi nelle bactaglie e non si può liberare né resistere che non l'abbia; può bene resistere a la volontá a non consentire, ma in altro no.
Alora può conoscere sé non essere: ché se ella fusse alcuna cosa per se medesima, si levarebbe quelle che ella non vuole.
Cosí per questo modo s'aumilia con vero conoscimento di sé, e col lume della sanctissima fede corre a me, Dio etterno, per la cui bontá si truova conservare la buona e sancta volontá che non consente, al tempo delle molte bactaglie, ad andare dietro a le miserie nelle quali si sente molestare.
Bene avete dunque ragione di confortarvi con la doctrina del dolce e amoroso Verbo, unigenito mio Figliuolo, nel tempo delle molte molestie e pene, adversitá e temptazioni dagli uomini e dal demonio, poi che aumentano la virtú e fanvi giognere a la grande perfeczione.
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