Filotea |
Gen 2,21-23; Gen 24,22; Gen 25,21; Gen 26,8-9; Gen 30,38-39; Es 1,21; 1 Sam 1,11.20-28; Est 8,8; Pr 17,6.30; Dn 6,17; Dn 14,10; 1 Cor 7,14; Ef 5,25.32; 1 Ts 4,4; Eb 13,4; 1 Pt 3,7
Il Matrimonio è un grande Sacramento, lo dico in Gesù Cristo e nella sua Chiesa; e deve essere onorato da tutti, in tutti e nella sua totalità, ossia in tutte le sue componenti.
Da tutti, perché anche le nubili devono onorarlo con umiltà; in tutti, perché è ugualmente santo tra i poveri e tra i ricchi; nella sua totalità, perché la sua origine, il suo fine, i suoi vantaggi, la sua forma e la sua materia sono santi.
È il vivaio del cristianesimo, che popola la terra di fedeli per completare il numero degli eletti in cielo; ne consegue che la difesa del bene del Matrimonio è molto importante per la società perché è l'origine e la sorgente di tutti i ruscelli che le danno vita.
Piacesse a Dio che il suo amatissimo Figlio fosse invitato a tutte le nozze come lo fu a quelle di Cana!
Il vino della gioia e della benedizione non mancherebbe mai; e invece ce n'è appena un po' per cominciare: il motivo è che è stato invitato Adone al posto di Nostro Signore e Venere al posto di Maria Santissima.
Chi vuole avere degli agnelli molto belli e pezzati, come Giacobbe, deve agire come lui: offriva alla vista delle pecore che stavano per partorire dei bastoncini colorati in vario modo; similmente chi vuole che il matrimonio sia felice, durante le nozze deve pensare alla santità e alla dignità di questo Sacramento; se poi invece di pensare alla santità ci si lascia andare a mille distrazioni, a feste, a banchetti e a chiacchiere e tutto finisce lì, nessuna meraviglia che i risultati siano poi diversi da quelli attesi.
Esorto soprattutto gli sposi all'amore reciproco che lo Spirito Santo tanto insistentemente raccomanda loro nella Scrittura.
Sposi cari, se vi amate reciprocamente soltanto di amore naturale, non fate gran che: anche le coppie di tortore si amano così.
Se vi amate di un amore umano, non aggiungete gran che: anche i pagani si amavano in tal modo.
Ma io vi dico con il grande Apostolo: Mariti, amate le vostre mogli come Gesù Cristo ama la sua Chiesa; mogli, amate i vostri mariti come la Chiesa ama il suo Salvatore.
È stato Dio a presentare Eva al nostro primo padre Adamo e a dargliela in moglie: amici miei, è Dio che con la sua mano invisibile, ha stretto il nodo del sacro vincolo del vostro matrimonio e vi ha consegnato uno all'altra e viceversa.
Come potete allora amarvi di un amore che non sia santo, sacro e divino?
Il primo effetto di questo amore è l'unione indissolubile dei vostri cuori.
Se incolli tra loro due tavolette di abete, servendoti di una buona colla, si uniranno in modo tale che ti sarà più facile spaccarle altrove che nel punto nel quale le hai incollate; Dio unisce l'uomo e la donna con il proprio sangue; ecco perché questa unione è così forte che sarà più facile che l'anima si separi dal corpo che il marito dalla moglie.
Questa unione va intesa in primo luogo riferita al cuore, all'affetto, all'amore e non al corpo.
Il secondo effetto di questo amore deve essere la fedeltà inviolabile di uno per l'altra.
Anticamente i sigilli erano incisi negli anelli che si portavano al dito, cosa che del resto afferma anche la Sacra Scrittura: ecco la ragione della cerimonia degli anelli, che si compie alle nozze.
La Chiesa, tramite il sacerdote, benedice un anello e in primo luogo lo consegna all'uomo, per significare che in questo modo marca e sigilla il suo cuore con questo Sacramento, perché in esso non entri mai più il nome o l'amore di un'altra donna, finché vivrà colei che gli è stata data; poi lo sposo mette l'anello nella mano della sposa perché anche lei sappia che mai più in seguito il suo cuore dovrà accogliere affetto per un altro uomo diverso da quello che il Signore le ha dato, finché vivrà su questa terra.
Il terzo frutto del matrimonio è la legittima generazione dei figli e la loro crescita.
Voi, sposi, godete di un onore molto grande, giacché Dio, volendo moltiplicare le anime che lo lodino e lo benedicano per l'eternità, vi ha scelto per cooperare a un così grande disegno, affidandovi la generazione dei corpi nei quali egli fa scendere come gocce celesti le anime che crea appositamente per infonderle in quei corpi.
Per tutto questo, voi mariti dovete nutrire per le vostre mogli un amore tenero, costante e profondo: per questo la donna è stata tratta dalla costola più vicina al cuore del primo uomo: perché egli l'amasse profondamente e teneramente.
Le debolezze e le infermità delle vostre donne, sia di corpo che di spirito, non devono provocare nessun genere di disprezzo, ma piuttosto una dolce e amorevole comprensione, perché è Dio che le ha create così; infatti per tale condizione dipendono da voi e a voi ne viene maggiore onore e rispetto; sono per tale motivo strettamente legate a voi quali compagne e voi ne siete i capi responsabili.
E voi, mogli, amate con tenerezza e cordialità i mariti che Dio vi ha dato, ma non dimenticate di mettere nel vostro amore anche rispetto e cortesia; è per questo che Dio li ha creati più vigorosi e risoluti, e ha voluto che la donna dipendesse dall'uomo, ossa delle sue ossa, carne della sua carne, e fosse generata da una sua costola, presa sotto il suo braccio, per indicare che deve stare sotto la protezione ed essere guidata dal marito.
In tutta la Sacra Scrittura si raccomanda insistentemente questa sottomissione, che poi la stessa Scrittura rende dolce, non solo perché vi chiede di accettarla con amore, ma perché raccomanda ai vostri mariti di fare la loro parte, con grande amore, tenerezza e dolcezza: Mariti, dice S. Pietro, abbiate un comportamento discreto con le vostre mogli, perché sono fragili come vasi di cristallo; e portate loro onore.
Vi esorto a rendere sempre più forte questo amore reciproco, ma fate attenzione che non si muti in alcuna forma di gelosia; capita spesso che le mele più delicate e più mature abbiano il verme; la stessa cosa può capitare tra gli sposi; dall'amore più ardente e premuroso può nascere il verme della gelosia che guasta e fa marcire tutto
Comincia con le discussioni, poi le discordie e infine le divisioni.
La gelosia non potrà mai entrare dove c'è un'amicizia reciproca fondata sulla virtù sincera; infatti la gelosia è segno di un amore sensuale e che cresce dove trova una virtù manchevole, incostante e diffidente.
Ed è per questo che è una sciocca pretesa voler esaltare l'amicizia con la gelosia; la gelosia è soltanto segno dell'ampiezza e dello spessore dell'amicizia; ma non della sua buona qualità, della sua bellezza, della sua perfezione.
La perfezione dell'amicizia esige certezza nella presenza di virtù in colui che si ama; la gelosia presuppone invece l'incertezza sulla presenza di tali virtù.
Se voi, mariti, volete che le vostre donne siano fedeli, insegnatelo loro con il vostro esempio.
Dice S. Gregorio Nazianzeno: « Con che faccia pretendete la pudicizia dalle vostre mogli, se poi siete voi a vivere nell'impudicizia?
Come potete domandare loro ciò che non fate voi? ».
Volete che siano caste? Comportatevi castamente con loro e, come dice S. Paolo: Ciascuno sappia possedere il proprio vaso in santità.
Se al contrario, voi insegnate loro cose disoneste, non meravigliatevi poi se le perderete e con disonore.
Voi, mogli, il cui onore è legato inseparabilmente alla pudicizia e all'onestà, conservate gelosamente la vostra gloria e non permettete che alcun genere di dissolutezza offuschi la bellezza del vostro buon nome.
Temete ogni sorta di attacco, per piccolo che sia, non tollerate alcun corteggiamento nei vostri confronti.
Dovete sospettare di chi viene a lodare la vostra bellezza e la vostra gentilezza, perché chi loda una mercé che non può acquistare per lo più è fortemente tentato di rubarla.
Se poi alla lode delle tue qualità aggiunge il disprezzo per tuo marito, ti offende gravemente perché è evidente che, non solo vuole perderti, ma ti considera già a metà perduta; infatti il contratto è mezzo concluso con il secondo acquirente quando si è stanchi del primo!
Ci sono donne, sia dell'antichità che dei nostri tempi, che hanno l'abitudine di portare pendagli con un certo numero di perle alle orecchie, per il piacere di sentirle tintinnare, una contro l'altra, almeno così dice Plinio!
Ed ora, se permetti, ti dico il mio parere: io so che Isacco, grande amico di Dio, mandò a Rebecca, come primo segno del suo amore, degli orecchini; penso che quell'ornamento mistico voglia significare che la prima cosa che un marito ha il diritto di aspettarsi dalla moglie, e che la moglie deve gelosamente conservare per lui, è l'orecchio; non deve lasciarvi entrare alcuna parola o altro, al di fuori dèi dolce tintinnio pieno d'amore, fatto di parole caste e pudiche, figurate nelle perle orientali del Vangelo: bisogna ricordarsi sempre che le anime sono avvelenate per le orecchie, come il corpo per la bocca.
L'amore e la fedeltà unite insieme generano sempre libertà e confidenza; ecco perché i Santi e le Sante nel matrimonio hanno usato di molte reciproche carezze, carezze piene d'amore, ma caste; tenere, ma sincere.
Isacco e Rebecca, la coppia più casta dell'antichità, furono visti dalla finestra mentre si accarezzavano in tale maniera che, benché non ci fosse nulla di disonesto, Abimelech concluse che non potevano essere che marito e moglie.
Il grande S. Luigi re, rigorosissimo con se stesso, era tenerissimo con la moglie, tanto da meritare quasi di essere richiamato per le carezze eccessive; penso che piuttosto avrebbe meritato una lode per il modo con il quale sapeva dimenticare il suo spirito militare e coraggioso per far posto a quelle piccole attenzioni che hanno il pregio di conservare l'amore coniugale; infatti, benché quelle piccole dimostrazioni di semplice e schietta amicizia non leghino i nostri cuori, servono tuttavia ad avvicinarli e sono un piacevole complemento della reciproca conservazione.
S. Monica, quand'era incinta del grande S. Agostino, lo consacrò con rinnovate offerte, alla religione cristiana e al servizio della gloria di Dio, come ci riferisce egli stesso confessandoci che aveva già assaporato « il sale di Dio nel seno di sua madre ».
È un grande esempio per le donne cristiane: offrire alla maestà divina il frutto del loro seno, anche prima che veda la luce, perché Dio, che accetta le offerte di un cuore umile e pieno di buona volontà, abitualmente asseconda gli affetti delle madri in tali condizioni.
Ne sono testimoni Samuele, S. Tommaso d'Aquino, S. Andrea da Fiesole e molti altri.
La madre di S. Bernardo, degna madre di così grande figlio, prendeva in braccio i figli appena nati e li offriva a Gesù Cristo, e da quel momento voleva loro bene come a cosa consacrata a Dio e che da Lui le era stata affidata; cosa che le riuscì così perfettamente che tutti e sette divennero grandi santi.
Ma una volta venuti al mondo, quando cominciano ad avere l'uso di ragione, i papa e le mamme devono avere grande cura di imprimere nel cuore dei loro figli il timore di Dio.
La buona regina Bianca compì particolarmente bene questo dovere nei confronti del Re S. Luigi, suo figlio, dicendogli spesso: « Caro figlio, preferirei vederti morto sotto i miei occhi, che vederti commettere un sol peccato mortale »; la qual cosa rimase talmente impressa nel cuore di quel santo figlio, che, come raccontava egli stesso, non ci fu mai giorno della sua vita nel quale non se ne ricordasse, e si impegnasse con tutte le sue forze, a restare fedele a quella raccomandazione.
Nel nostro modo di parlare, le stirpi e le generazioni sono chiamate 'casa'; gli Ebrei chiamano anche la generazione dei figli 'costruzione della casa', perché è in questo senso che si dice che Dio edificò delle case per mezzo delle levatrici d'Egitto.
Questo per dimostrare che impiegare molti beni mondani non equivale a costruire una buona casa; ma allevare i figli nel timore di Dio e nella virtù, quello sì che è costruire una casa solida.
In questo campo non ci si deve risparmiare nessun genere di fatica e di lavoro, perché i figli sono la corona del padre e della madre.
S. Monica contrastò con tanto amore e costanza le cattive inclinazioni di S. Agostino, che, dopo averlo seguito per terra e per mare, si può dire che lo rese felicemente suo figlio con la conversione, più di quanto non lo fosse stato per la generazione del corpo.
S. Paolo lascia alle donne la cura e la responsabilità della casa; molti sono di questa opinione e sostengono che la devozione della donna porta più frutto alla famiglia di quella del marito; il motivo è che i mariti conducono una vita molto più fuori dalle pareti domestiche, per cui non possono avere tanta influenza nell'indirizzare i figli alla virtù.
È questa considerazione che fa dire a Salomone, nei Proverbi, che tutta la felicità di una casa dipende dalla cura e dall'attività di quella donna forte che egli ci descrive.
Nella Genesi si dice che Isacco vedendo che sua moglie Rebecca era sterile, pregò il Signore per lei o, com'è detto nel testo ebraico, pregò il Signore di fronte a lei, perché pregavano uno da un lato e uno dall'altro del luogo di preghiera: e la preghiera del marito fatta in questo modo fu esaudita.
L'unione che si realizza tra marito e moglie nella santa devozione è la più fruttuosa che si possa dare; per questo devono, a gara, incoraggiarsi reciprocamente ad acquisirla.
Ci sono dei frutti, come la mela cotogna, che, per la loro asprezza, sono buoni soltanto in marmellata; altri frutti poi sono talmente teneri e delicati che non possono essere conservati se non canditi, come le ciliege e le albicocche.
Similmente le mogli devono augurarsi che i loro mariti siano canditi con lo zucchero della devozione, perché l'uomo senza devozione è un animale spietato, aspro e rude; i mariti devono augurarsi che le loro donne siano devote, perché senza la devozione, la donna è molto fragile e predisposta a lasciare la virtù o a permettere che venga offuscata.
S. Paolo ha detto che l'uomo infedele è santificato dalla donna fedele, e la donna infedele dall'uomo fedele, perché nella stretta alleanza del matrimonio, facilmente l'uno può attrarre l'altro alla virtù e viceversa.
È una vera benedizione quando l'uomo e la donna fedele si santificano reciprocamente in un autentico timore del Signore.
L'aiuto reciproco deve essere così grande che mai avvenga che entrambi siano adirati contemporaneamente e improvvisamente, perché tra loro non si devono vedere dissensi e litigi.
Le mosche da miele non possono fermarsi dove c'è eco, rimbombo o clamore di voci; lo stesso è dello Spirito Santo che non entra in una casa dove ci sono dispute, contese, urla che si accavallano e litigi.
S. Gregorio Nazianzeno dice che già al suo tempo gli sposi festeggiavano l'anniversario del matrimonio.
Mi piacerebbe che si introducesse questa abitudine, purché non fosse la copertura per divertimenti mondani e sensuali, ma che i mariti e le mogli, confessati e comunicati in quel giorno, raccomandassero a Dio, con un fervore più intenso che d'abitudine, il progresso del loro matrimonio, e rinnovassero i buoni propositi di santificarlo sempre più con un'amicizia e una fedeltà reciproca; sarebbe il modo di riprendere fiato in Nostro Signore per sopportare sempre meglio il peso della loro vocazione.
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