Cantico spirituale Manoscritto B |
1 - In questo tempo l'anima sentendosi spinta verso Dio con grande veemenza, come la pietra quando si avvicina al suo centro, accorgendosi di essere come la cera che ha incominciato, ma non finito, di ricevere l'impressione del sigillo o come un'immagine abbozzata di prima mano grida a colui che l'ha dipinta affinché termini di disegnarla e di plasmarla.
Poiché ora possiede una fede cosi illuminata che le fa trasparire alcuni raggi molto chiari dell'altezza del suo Dio non sa fare altro che rivolgersi alla stessa fede, come a colei la quale rinchiude e copre la bella immagine dell'Amato, da cui anch'essa riceve gli abbozzi e i pegni di amore.
Perciò parlando con essa dice:
O fonte cristallina,
se in questi tuoi sembianti inargentati,
formassi all'improvviso
gli occhi desiati,
che tengo nel mio interno disegnati!
2 - Poiché l'anima desidera con tanto ardore l'unione con lo Sposo e vede che nessuna creatura può esserle di mezzo per essa, si rivolge alla fede, come colei che più vivamente le può comunicare la luce dell'Amato, prendendola come mezzo per raggiungere lo scopo ( giacché in verità non ne esiste nessun altro che possa condurre alla vera unione del fidanzamento spirituale con Dio, secondo quannto fa intendere il Signore per le labbra di Osea: Io ti sposerò nella fede ( Os 2,20 ).
Le dice con desiderio ardente: O fede di Cristo, mio Sposo, volesse il cielo che tu ormai mi manifestassi con chiarezza le verità del mio Sposo da te infuse nell'anima mia, ma avvolte in oscurità e in tenebre ( poiché la fede, secondo i teologi, è un abito oscuro ), in maniera che tu mi mostrassi svelatamente in un attimo quello che mi comunichi con notizie informi e oscure, allontanandoti da queste verità ( poiché la fede è il velo delle verità di Dio ), cambiandole formatamente e perfettamente in manifestazioni di gloria!
Dice pertanto il verso:
O fonte cristallina!
3 - L'anima chiama cristallina la fede per due ragioni e cioè perché appartiene a Cristo suo Sposo e perché ha le proprietà del cristallo essendo pura, forte, chiara, limpida da errori e da forme naturali nelle sue verità.
Le dà poi il nome di fonte perché emanano da essa le acque di ogni bene spirituale.
Per questo Cristo, Nostro Signore, la chiamò fonte nel colloquio con la Samaritana affermando che in coloro che avrebbero creduto in Lui sarebbe sgorgata una fonte, le cui acque sarebbero salite fino alla vita eterna ( Gv 4,14 ).
Si tratta dello spirito che avrebbero ricevuto coloro che credono in Lui ( Gv 7,39 ).
Se in questi tuoi sembianti inargentati.
4 - Le proposizioni e gli articoli della fede vengono chiamati dall'anima con il nome di sembianti inargentati.
Per intendere questo e gli altri versi è necessario notare come la fede sia paragonata all'argento per gli articoli che ci insegna, mentre la verità sostanziale che contiene in sé viene assomigliata all'oro, poiché nell'altra vita una volta scoperto l'oro vedremo e godremo svelatamente questa stessa sostanza a cui ora crediamo, perché nascosta sotto l'argento della fede.
Perciò David parlando di questa virtù dice: Se dormirete fra i due cori, le penne della colomba saranno inargentate e le estremità del suo dorso saranno del colore dell'oro ( Sal 68,14 ).
Con queste parole egli vuol dire che, se chiuderemo gli occhi dell'intelletto alle cose del cielo e della terra, azione indicata dall'espressione « dormire fra », rimarremo ancorati solo nella fede, che chiama « colomba », le cui penne, cioè le verità che ci manifesta, saranno inargentate, poiché in vita ci vengono proposte oscure e nascoste, per cui le chiama sembianze inargentate.
Ma al termine di questa fede, cioè quando essa cesserà a causa della chiara visione di Dio, rimarrà sola la sua sostanza, colore oro, libera dal velo dell'argento.
In tal modo questa virtù ci comunica Dio stesso, ma nascosto dall'argento; per tale ragione non bisogna credere che non ce lo dia veramente, perché il regalo di un vaso d'oro mantiene il suo valore anche se esso è coperto d'argento.
Perciò quando la sposa dei Cantici desiderava questo possesso di Dio, il Signore gliene promise quanto è possibile in questa vita dicendo che le avrebbe fatto alcuni orecchini d'oro, smaltati però d'argento ( Ct 1,10 ), promettendo così di darsi a lei nascosto nella fede.
L'anima dice dunque ora alla fede: Se in questi tuoi sembianti inargentati, che sono gli articoli della fede di cui si è parlato, con i quali tiene ricoperto l'oro dei raggi divini ( cioè gli occhi desiderati di cui parla subito dicendo )
formassi all'improvviso
gli occhi desiati!
5 - Per occhi si intendono i raggi e le verità divine che la fede ci propone nascoste e informi nei suoi articoli.
E così è come se dicesse: Oh! volesse il cielo che come chiede il mio desiderio, tu finissi di darmi chiaramente e formatamente svelate nei tuoi articoli quelle verità che in maniera informe e oscura mi mostri nascoste negli articoli della fede!
Dà il nome di occhi a queste verità, perché vi percepisce grandemente la presenza dell'Amato, che le sembra stia sempre a guardarla.
Per questo dice:
che tengo nel mio interno disegnati.
6 - L'anima afferma di averli nel suo interno disegnati vale a dire in sé secondo l'intelletto e la volontà.
Infatti secondo l'intelletto, ella possiede queste verità infuse per fede.
Poiché la loro cognizione non è perfetta, afferma che sono disegnate: come il disegno non è una pittura perfetta, cosi la cognizione della fede non è conoscenza perfetta.
Pertanto le verità infuse della fede stanno nell'anima come in un disegno, mentre quando saranno poste in visione chiara, staranno in lei come in una pittura perfetta e rifinita, secondo quanto dice l'Apostolo: Cum autem venerit quod perfectum est, evacuabitur quod ex parte est ( 1 Cor 13,10 ), che vuol dire: Quando verrà ciò che è perfetto, cioè la chiara visione, finirà ciò che è in parte, ossia la conoscenza per mezzo della fede.
7 - Ma nell'anima di chi ama, oltre a quello della fede, vi è un altro disegno, quello dell'amore, secondo la volontà, in cui quando si è raggiunta l'unione, l'immagine dell'Amato viene riprodotta in maniera cosi viva e perfetta da poter dire con verità che l'Amato vive nell'amante e questi in quello.
È tanta la somiglianza che l'amore produce nella trasformazione delle persone amate, che si può affermare che l'uno è l'altro e ambedue sono una cosa sola.
La ragione va ricercata nel fatto che nell'unione e nella trasformazione di amore l'uno si dà in possesso e si muta nell'altro e cosi ciascuno vive nell'altro, l'uno è l'altro, e tutti e due sono una cosa sola per trasformazione di amore.
A ciò allude S. Paolo quando afferma: Vivo autem, iam non ego, vivit vero in me Christus ( Gal 2,20 ) vale a dire: Vivo io, ma non sono io; è Cristo che vive in me.
Dicendo « vivo io, ma non sono io » vuole far comprendere come, pur vivendo, la vita non era più sua, poiché era trasformato in Cristo e quindi la sua vita era più divina che umana.
Perciò afferma che non era più lui, ma Cristo che viveva in lui.
Secondo questa somiglianza di trasformazione possiamo dunque affermare che la vita di S. Paolo e quella di Cristo, per l'unione di amore, erano un'unica cosa.
8 - Ciò si compirà perfettamente nella vita divina in cielo in tutti coloro che meriteranno di vedersi in Dio: trasformati in Lui vivranno non la propria, ma la vita divina, anche se parrà il contrario, perché la vita di Dio sarà vita loro.
Allora diranno con verità: « Viviamo noi, ma non siamo noi è Dio che vive in noi ».
Anche se ciò può avvenire in questa vita come accadde a S. Paolo, tuttavia non si verifica in maniera perfetta e completa, quantunque anima pervenga a quella trasformazione di amore, quale è il matrimonio spirituale, che è lo stato più sublime che si può raggiungere in terra.
Infatti tutto ciò si può considerare un abbozzo in confronto con l'immagine perfetta della trasformazione gloriosa.
La sorte di chi in vita raggiunge questo abbozzo di trasformazione è veramente felice, perché rallegra grandemente l'Amato.
Perciò, desiderando di essere posto come un disegno nell'anima, il Signore dice alla sposa dei Cantici: Mettimi come segno sul tuo cuore, come segno sul tuo braccio ( Ct 8,6 ).
Il « cuore » è simbolo dell'anima in cui Dio qui in terra si trova come un segno di un disegno di fede; il « braccio » simboleggia la volontà forte nella quale Egli sta come un segno di un disegno dell'amore.
9 - Non voglio tralasciare di parlare almeno brevemente di ciò che avviene all'anima in questo tempo, benché sia tale da non potersi esprimere a parole.
Le sembra che la sostanza corporea e spirituale le si dissecchi per la sete dell'acqua che sgorga dalla fonte viva di Dio, sete simile a quella sofferta da David quando dice:
Come il cervo desidera la sorgente dell'acqua, così l'anima mia desidera te, Dio mio.
La mia anima è assetata di Dio, fonte viva: quando verrò e apparirò dinanzi alla faccia del Signore? ( Sal 42,2-3 ).
Essa è tanto angustiata da questa sete che, come fecero i forti di David, non si permetterebbe di irrompere in mezzo ai Filistei per riempire di acqua il suo vaso nelle cisterne di Bethlehem ( 1 Cr 11,18 ), cioè di Cristo.
Infatti sarebbe pronta a disprezzare tutte le difficoltà del mondo, le furie del demonio e le pene dell'inferno pur di immergersi in questa fonte abissale di amore.
A tale proposito si legge nel Cantico: L'amore è forte come la morte e la sua tenacia è dura come l'inferno ( Ct 8,6 ).
Non si può credere quanto siano veementi le pene ansiose che l'anima soffre quando si vede prossima a gustare quel bene che invece le viene negato.
Infatti quanto più si accorge di essere vicina e, per dire cosi, vede alla porta ciò che desidera, che invece le viene negato, tanto maggior pena e tormento prova.
A tal proposito in senso spirituale Giobbe dice: Prima di mangiare, sospiro e il ruggito dell'anima mia è come la piena delle acque ( Gb 3,24 ), a causa dell'avidità del cibo, per il quale qui si intende Dio, poiché la pena per un cibo è proporzionale all'avidità e alla conoscenza che se ne ha.
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