Vita seconda

L'umiltà

Capitolo CII

Umiltà di Francesco nel contegno, nel sentire e nei suoi costumi contro l'amor proprio

[724] 140. Di tutte le virtù è custode e decoro l'umiltà.

Se questa non è messa come fondamento dell'edificio spirituale, quando esso sembra innalzarsi si avvia alla rovina.

Francesco ne era provvisto con particolare abbondanza, affinché non mancasse nulla ad uno già ricco di tanti doni.

Nella stima di sé non era altro che un peccatore, mentre in realtà era onore e splendore di ogni santità.

Sulla virtù dell'umiltà cercò di edificare se stesso, per gettare un fondamento secondo l'insegnamento di Cristo.

Dimentico dei meriti, aveva davanti agli occhi solo i difetti, mentre rifletteva che erano assai più le virtù che gli mancavano di quelle che aveva.

Unica sua grande ambizione, diventare migliore in modo da aggiungere nuove virtù, non essendo soddisfatto di quelle già acquisite.

Umile nel contegno, più umile nel sentimento, umilissimo nella propria stima.

Da nulla si poteva distinguere che questo principe di Dio aveva la carica di superiore, se non da questa fulgidissima gemma, che cioè era il minimo tra i minori.

Questa la virtù, questo il titolo, questo il distintivo che lo indicava ministro generale.

La sua bocca non conosceva alcuna alterigia, i suoi gesti nessuna pompa, i suoi atti nessuna ostentazione.

Pur conoscendo per rivelazione divina la soluzione di molti problemi controversi, quando li esponeva metteva innanzi il parere degli altri.

Credeva che il consiglio dei compagni fosse più sicuro ed il loro modo di vedere più saggio

E affermava che non ha lasciato tutto per il Signore, chi mantiene il gruzzolo del proprio modo di pensare.

Infine, per sé preferiva il biasimo alla lode, perché questa lo spingeva a cadere, la disapprovazione invece lo obbligava ad emendarsi.

Capitolo CIII

Sua umiltà col Vescovo di Terni e con un contadino

[725] 141. Aveva predicato una volta al popolo di Terni ed il vescovo della città, mentre alla fine della predicazione gli rivolgeva parole di elogio davanti a tutti, si espresse così: « In questa ultima ora Dio ha illuminato la sua Chiesa con questo uomo poverello e di nessun pregio, semplice e senza cultura.

Perciò siamo tenuti a lodare sempre il Signore, ben sapendo che non ha fatto così con nessun altro popolo ».

Udite queste parole, il Santo accettò con incredibile piacere che il vescovo lo avesse indicato spregevole con parole tanto chiare, ed entrati in chiesa, si gettò ai suoi piedi, dicendo: « In verità, signor vescovo, mi hai fatto grande onore, perché mentre altri me lo tolgono, tu solo hai lasciato intatto ciò che è mio.

Hai separato, voglio dire, il prezioso dal vile, da uomo prudente come sei, dando lode a Dio e a me la mia miseria ».

[726] 142. Non soltanto con i maggiori di lui si mostrava umile il servo di Dio, ma anche con i pari e gli inferiori, più disposto ad essere ammonito e corretto, che ad ammonire gli altri.

Un giorno, montato su un asinello, perché debole e infermo non poteva andare a piedi, attraversava il campo di un contadino, che stava lavorando.

Questi gli corse incontro e gli chiese premuroso se fosse frate Francesco.

Avendogli risposto umilmente che era proprio lui quello che cercava: « Guarda - disse il contadino - di essere tanto buono quanto tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te.

Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera ».

Francesco, a queste parole, scese dall'asino e, prostratosi, davanti al contadino, più volte gli baciò i piedi umilmente ringraziandolo che si era degnato di ammonirlo.

In conclusione, aveva raggiunto tanta celebrità da essere ritenuto da moltissimi santo, eppure si riteneva vile davanti a Dio e agli uomini.

Non insuperbiva né della fama né della santità, che lo distingueva, ma neppure dei così numerosi e santi frati e figli che gli erano stati dati come inizio della ricompensa per i suoi meriti.

Capitolo CIV

In un Capitolo rinuncia al governo dell'Ordine e sua preghiera

[727] 143. Per conservare la virtù della santa umiltà, pochi anni dopo la sua conversione, rinunciò in un Capitolo alla presenza di tutti, all'ufficio di governo dell'Ordine: « Da oggi avanti sono morto per voi.

Ma ecco fra Pietro di Cattanio, al quale io e voi tutti dobbiamo obbedire ».

E inchinatosi subito davanti a lui, promise « obbedienza e riverenza ».

I frati piangevano, prorompendo per il dolore in alti gemiti, vedendosi come divenuti orfani di tanto padre.

Francesco si alzò, e con le mani giunte e gli occhi elevati al cielo: « O Signore, - pregò - ti raccomando la famiglia, che sino ad ora tu mi hai affidata.

Ed ora, non potendo io averne cura per le infermità che tu sai, dolcissimo Signore l'affido ai ministri.

Siano tenuti a renderne ragione a te o Signore, nel giorno del giudizio, se qualche frate o per loro negligenza o cattivo esempio oppure anche per una severità eccessiva, sarà perito ».

Da quel momento rimase suddito sino alla morte, comportandosi più umilmente di qualsiasi altro frate.

Capitolo CV

Rinuncia ai suoi compagni

[728] 144. In altra circostanza rinunciò, mettendoli a disposizione del vicario, a tutti i suoi compagni con queste parole: « Non voglio sembrare singolare con questo privilegio di libertà, ma i frati mi accompagnino di luogo in luogo, come il Signore li ispirerà ».

E aggiunse: « Ho visto tempo fa un cieco che aveva come guida di viaggio un cagnolino ».

Questa era appunto la sua gloria: mettere da parte ogni apparenza di singolarità e ostentazione, perché abitasse in lui la virtù di Cristo.

Capitolo CVI

Contro quelli che ambiscono le cariche

Descrizione del Frate minore

[729] 145. Vedeva che alcuni desideravano ardentemente le cariche dell'Ordine, delle quali si rendevano indegni, oltre al resto, anche per la sola ambizione di governare.

E diceva che questi non erano frati minori, ma avevano dimenticato la loro vocazione ed erano decaduti dalla gloria.

Confutava poi con abbondanza di argomenti alcuni miserabili, che sopportavano a malincuore di essere rimossi dai vari uffici, perché più che l'onere cercavano l'onore.

Un giorno disse al suo compagno: « Non mi sembrerebbe di essere frate minore se non fossi nella disposizione che ti descriverò.

Ecco - spiegò - essendo superiore dei frati vado al Capitolo, predico, li ammonisco, e alla fine si grida contro di me: - Non è adatto per noi un uomo senza cultura e dappoco.

Perciò non vogliamo che tu regni su di noi, perché non sei eloquente, sei semplice ed ignorante.

Alla fine sono scacciato con obbrobrio, vilipeso da tutti.

Ti dico: se non ascolterò queste parole conservando lo stesso volto, la stessa letizia di animo, lo stesso proposito di santità, non sono per niente frate minore ».

E aggiungeva: « Il superiorato è occasione di caduta, la lode di precipizio.

L'umiltà del suddito invece porta alla salvezza dell'anima.

Perché allora volgiamo l'animo più ai pericoli che ai vantaggi, quando abbiamo la vita per acquistarci meriti? ».

Capitolo CVII

Vuole che i Frati siano soggeti al clero e ne spiega il motivo

[730] 146. Francesco voleva che i suoi figli vivessero in pace con tutti e verso tutti senza eccezione si mostrassero piccoli.

Ma insegnò con le parole e con l'esempio ad essere particolarmente umili coi sacerdoti secolari.

« Noi - ripeteva - siamo stati mandati in aiuto del clero per la salvezza delle anime, in modo da supplire le loro deficienze.

Ognuno riceverà la mercede non secondo l'autorità, ma secondo il lavoro svolto.

Sappiate - continuava - che il bene delle anime è graditissimo al Signore, e ciò si può raggiungere meglio se si è in pace che in discordia con il clero.

« Se poi essi ostacolano la salvezza dei popoli, a Dio spetta la vendetta, ed egli darà a ciascuno la paga a suo tempo.

Perciò siate sottomessi all'autorità, affinché, per quanto sta in voi, non sorga qualche gelosia.

Se sarete figli della pace, guadagnerete al Signore clero e popolo.

Questo è più gradito a Dio, che guadagnare solo la gente, con scandalo del clero ».

E concludeva: « Coprite i loro falli, supplite i vari difetti, e quando avrete fatto questo, siate più umili ancora ».

Capitolo CVIII

Rispetto dimostrato al Vescovo di Imola

[731] 147. Essendosi recato a Imola, città della Romagna, si presentò al vescovo della diocesi per chiedergli il permesso di predicare.

« Basto io - rispose il vescovo - a predicare al mio popolo ».

Francesco chinò il capo e uscì umilmente.

Ma poco dopo, eccolo dentro di nuovo.

« Che vuoi, frate? - riprese il vescovo -. Cosa domandi ancora? ».

« Signore, - rispose Francesco - se un padre scaccia il figlio da una porta, deve necessariamente entrare da una altra ».

Vinto dalla sua umiltà, il vescovo con volto lieto lo abbracciò, esclamando: « D'ora in poi tu e i tuoi frati predicate pure nella mia diocesi, con mio generale permesso, perché la tua santa umiltà lo ha meritato ».

Capitolo CIX

Il suo contegno umile con San Domenico e viceversa

Il loro reciproco amore

[732] 148. Si trovarono insieme a Roma, in casa del cardinale d'Ostia che poi fu Sommo Pontefice, le fulgide luci del mondo san Francesco e san Domenico.

Sentendoli parlare fra loro del Signore con tanta dolcezza, alla fine il vescovo disse: « Nella Chiesa primitiva i pastori erano poveri e persone di carità, senza cupidigia.

Perché - chiese - tra i vostri frati quelli che emergono per dottrina e buon esempio, non li facciamo vescovi e prelati? ».

Fra i due Santi sorse una gara, non per precedersi nella risposta, ma perché l'uno proponeva all'altro l'onore ed anzi voleva costringerlo a parlare per primo.

In realtà si superavano a vicenda nella venerazione che nutrivano reciprocamente.

Alla fine vinse l'umiltà in Francesco, perché non si mise avanti e vinse pure in Domenico, perché ubbidì umilmente e rispose per primo.

Disse dunque Domenico al vescovo: « Signore, i miei frati, se lo capiscono, sono già posti in alto grado, e per quanto sta in me non permetterò che ottengano altra dignità ».

Dopo questa breve e convinta risposta, Francesco si inchinò al vescovo e disse a sua volta: « Signore, i miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori.

Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell'umiltà di Cristo, per essere alla fine innalzati più degli altri al cospetto dei Santi.

Se volete - continuò - che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà.

Per questo, Padre, ti prego: affinché non siano tanto più superbi quanto più poveri e non si mostrino arroganti verso gli altri, non permettere in nessun modo che ottengano cariche ».

Queste furono le risposte dei Santi.

[733] 149 Cosa ne dite, voi figli di santi?

La gelosia e l'invidia provano che siete figli degeneri, e non meno l'ambizione degli onori dimostra che siete spuri.

Vi mordete e divorate a vicenda.

Ma la guerra e le liti non provengono che dalle passioni.

Voi dovete lottare contro le potenze delle tenebre, avete una dura battaglia contro gli eserciti dei demoni, e invece vi combattete a vicenda.

I Padri si guardano con affetto, pieni di saggezza, con la faccia rivolta verso il propiziatorio.

I figli invece trovano gravoso anche solo vedersi.

Cosa farà il corpo, se ha il cuore diviso?

Certamente, l'insegnamento della pietà cristiana porterebbe nel mondo intiero maggior frutto, se un più forte vincolo di carità unisse i ministri della parola di Dio.

Perché a dir vero, ciò che diciamo o insegniamo è reso sospetto da questo soprattutto, che in noi segni evidenti rendono palese un certo lievito di odio.

So pure che non sono in causa i giusti, che vi sono dall'una e dall'altra parte, ma i malvagi.

E a buon diritto crederei che si dovrebbero estirpare perché non corrompano i Santi.

Cosa dovrei poi dire di quelli che hanno grandi aspirazioni?

I Padri hanno raggiunto il regno non per la via della grandezza, ma dell'umiltà.

I figli invece si aggirano nel cerchio dell'ambizione e non cercano neppure la via della città loro dimora.

Ma cosa ne deriva?

Se non seguiamo la loro via, non ne conseguiremo neppure la gloria.

Non sia mai, Signore!

Fa` che siamo umili sotto le ali di umili maestri, fa' che si vogliano bene quelli che sono consanguinei di spirito, e possa tu vedere i figli dei tuoi figli, la pace in Israele.

Capitolo CX

I due Santi si raccomandano a vicenda

[734] 150. Terminate le risposte dei servi di Dio, come abbiamo riferito, il Signor di Ostia rimase molto edificato del loro parere e ringraziò di cuore Dio.

Al momento di separarsi, Domenico pregò Francesco che si degnasse di cedergli la corda di cui era cinto.

Francesco si mostrava restio, rifiutando con umiltà pari alla carità con cui Domenico insisteva.

Tuttavia vinse la santa perseveranza del richiedente, che cinse la corda sotto la tunica interiore con grandissima devozione.

Poi si presero la mano e si raccomandarono caldamente a vicenda.

E il Santo disse al Santo: « Frate Francesco vorrei che il mio e il tuo diventassero un solo Ordine e che noi vivessimo nella Chiesa con la stessa regola ».

Da ultimo, quando si lasciarono, san Domenico disse ai molti che erano lì presenti: « In verità vi dico, che gli altri religiosi dovrebbero seguire questo santo uomo, Francesco, tanta è la perfezione della sua santità ».

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