Annientamento
1) Distruzione, abbattimento
2) fig. Dissoluzione, perdita totale
È annientandoci, spogliandoci del nostro "di più": superficialità, contraddizioni, egoismi, pretese che possiamo vivere la duplice unione totale: l'amore per Dio e l'amore per il caro prossimo.
L'annientamento di Gesù per noi possiamo viverlo nell' Eucaristia.
Questo è un momento di incontro forte, che ogni volta ci ricorda che siamo suoi figli e che Lui è lì sempre pronto ad accoglierci.
Ogni volta è come se ci richiamasse e ci risalvasse.
Gesù offre tutto se stesso, si mette a servizio, ci viene incontro: è questo forse il senso incredibile dell'Eucarestia.
Vivere l'Eucarestia significa sentirsi amati sempre e, pertanto, cercare di amare sempre gli altri.
Inoltre, come Gesù si mette a nostro servizio, noi potremmo cercare di metterci a servizio del prossimo che è parte del nostro quotidiano.
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Parlare dell'annientamento di Gesù è davvero osare l'impossibile.
L'uomo Gesù vince perdendo.
Vince negando a se stesso come uomo il potere di dominare, di affermarsi di fronte agli altri e sugli altri.
Ne aveva una lucidissima consapevolezza che traspariva da tutto il suo insegnamento e da tutta la sua vita.
Curiosi investigatori o gente bramosa di conoscenza e di esperienze eccezionali, alcuni Greci lo volevano accostare negli ultimi suoi giorni a Gerusalemme.
Egli esce con quella bellissima immagine che richiama così da vicino la parabola del regno dei cieli: « In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore, produce molto frutto » ( Gv 12,24 ).
Il chicco di frumento è lui stesso: Gesù.
L' abbassamento dell'incarnazione raggiungerà infatti il suo estremo limite nella passione e nella morte sulla croce.
Ma l'immagine del chicco di grano, che muore e dà la spiga e poi il pane, ha pure un nesso molto evidente con il mistero dell'eucaristia.
La vitalità di quel seme sepolto è prodigiosa.
La legge del seme è quella di morire per moltiplicarsi: non ha altro senso, altra funzione che questa: è un servizio alla vita.
Così l'annientamento di Gesù Cristo: seme di vita sepolto nella terra.
Per Gesù amare è servire e servire è scomparire nella vita degli altri, morire per far vivere.
Ogni dono di sé è una semina di amore che fa nascere amore.
Là dove è più difficile accettare l'annientamento di essere servi degli altri e di essere mangiati dagli altri, là si raccoglie più abbondante il frutto della carità.
Ecco, ci conceda il Signore di arrivare a questa resa totale del nostro essere ogni volta che ci troviamo a fargli le nostre rimostranze con discorsi da ragazzi petulanti e sconsiderati.
Ci conceda di immergerci nel suo mistero di umiltà e di gloria malgrado la nostra incapacità a capirlo.
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Poiché " Dio ci manifesta una libertà sovrana", unendosi alla sua creatura pure se distante da Lui.
Dio manifesta dunque la sua grandezza in uno straordinario abbassamento e annientamento che è la base stessa del mistero dell'incarnazione.
Ciascuno dei misteri terrestri di Gesù è un'espressione di questo annientamento e rinvia al mistero centrale dell'incarnazione.
Il mistero della sua nascita, della sua infanzia esprime l'abbassamento del Verbo.
Il mistero della Croce segna il compimento del cammino d'annientamento del Verbo.
Ma Bérulle vede la radice "ontologica" dell'annientamento nel fatto che, nell'unione ipostatica, il Verbo incarnato non è una persona umana.
Nel Cristo, non c'è dualismo di persone; c'è una persona divina in due nature, divina e umana.
Per onorare il mistero centrale dell'incarnazione, Bérulle aveva istituito la festa della Solennità di Gesù per "guardare, amare e adorare il Figlio di Dio secondo quello che è in se stesso, nelle due nature, nella sua persona divina, in tutte le sue grandezze."
Dio si rivela nell'incarnazione come il Dio d'amore la cui potenza è come trasformata in amore: "Dio è uomo, ma non è la sua natura ma il suo amore che lo fa uomo.
Poiché la natura divina è infinitamente distante dalla natura umana, e sarebbe sempre distante, se l'amore, così potente e infinito quanto la natura, non univa così intimamente la natura divina alla natura umana, e non le univa in unità di sussistenza, di esistenza e di persona".
Per adorare e amare il Padre perfettamente entrando nell'adorazione e nell'amore del Figlio, l'uomo deve dunque a sua volta abbassarsi, annientarsi; là egli trova la sua verità di uomo improntandone il cammino che ha preso lui stesso, il Figlio per rivelare l'amore del Padre e innalzare fino a Lui l'umanità.
Per esprimere questo atteggiamento, Bérulle utilizza anche la parola di servitù.
La servitù evoca la schiavitù.
Infatti si tratta dell'appartenenza dell'uomo a Dio.
Questa schiavitù non ha niente a vedere evidentemente con la schiavitù umana.
Al contrario è abbandono, rimessa libera e confidente nelle mani di Dio.
Per la sua servitù volontaria l'uomo imita il Cristo " che non si è avvalso della sua uguaglianza con Dio, ma si è annientato lui – stesso, assumendo la condizione di schiavo".
Ma il cristiano si mette dapprima in stato di servitù volontaria di fronte a Gesù stesso nel quale riconosce la grandezza e l'amore di Dio.
Da li il voto di servitù, destinato a facilitare nei cristiani questa servitù volontaria.
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Perché l'annientamento di Gesù, Verbo fatto uomo?
Perché la salvezza di Dio voleva raggiungere l'uomo dal suo interno.
Dio vuole che l'uomo non sia soltanto giustificato e santificato dall'esterno diventando "cosa sacra", eppure intimamente non cambiato.
Come sono sacre le pietre dedicate al tempio, le quali tuttavia rimangono pietre.
Dio vuole che l'uomo sia santo nella sua struttura intima, perché così può essere partecipe di Dio.
"Siate santi, poiché io sono santo" ricorda la Scrittura.
Proprio nell'annientamento ( kénosi ) di Gesù, troviamo la chiave del nostro annientamento.
Annientarci in quanto uomini, per trasformarci in Dio.
Poiché Lui si è annientato in quanto Dio, per trasformarsi in uomo.
L'annientamento non è di indole metafisica né di indole fisica, ma nella struttura della fede e della grazia.
Ossia nell'arcano gorgo del mistero, che Dio solo conosce e che chiede a noi di conoscere nella fede.
Il procedimento della santificazione attraverso l'annientamento, è una dinamica che occupa quella regione nella struttura dell'uomo, che il Padre ha riservata alla propria attività.
A noi resta la meraviglia, innescata e suscitata dalla fede, nel riconoscere l'opera magnifica e misteriosa di Dio in noi.
E sbrigliare il cuore nella dolcezza silenziosa e felice della contemplazione ( almeno per alcuni attimi ) e nell'esplosione dell'esultare per la riconoscenza.
L'annientamento di Gesù e nostro - anche della pretesa di capire l'opera di Dio, perché solo "Dio vuole e fu fatto"! - è fonte di gioia.
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1. La perfetta unione con Dio di cui parlano i cristiani non è un'unione di ordine materiale, analoga a quella dell'acqua che viene unita al vino e si perde nel vino.
Una simile unione richiama il dissolvimento dell'io con il tutto o con il nulla ( l'entrare nel nirvana ) come direbbero i buddisti.
2. La perfetta unione con Dio di cui parlano i cristiani è la perfetta unione nella carità.
La carità, secondo San Tommaso, è amicizia di ordine soprannaturale con Dio.
3. L'unione perfetta tra due amici non estingue gli individui, ma li unisce nella perfetta concordia della volontà.
Già il filosofo pagano Aristotele diceva che gli amici hanno un identico volere e un identico disvolere ( hanno far di loro un'idem velle e un idem nolle ).
4. La perfetta unione con Dio è dunque la perfezione della carità, dell'amicizia con Dio.
Gesù ha detto: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama" ( Gv 14,21 ).
5. La perfetta unione tra la nostra volontà e quella di Dio è ordinata a questo: che Dio si possa comunicare il maggiormente possibile con colui che lo ama.
Fin che siamo nella vita presente la massima unione con Dio è quella che si realizza nella grazia.
Infatti "la grazia santificante viene data principalmente allo scopo di unire l'anima con Dio mediante la carità" ( San Tommaso, Somma teologica, II-II 172,4 )
Di là l'unione perfetta sarà realizzata nella gloria, mediante la visione beatifica, nella fruizione perfetta di Dio conosciuto e amato perfettamente.
La perfezione della carità e cioè dell'amicizia non consiste nell'annientare o nel dissolvere l'amico, ma nel volere che l'amico viva per sempre e possa godere eternamente di tutto ciò di cui gode Dio.
ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo | Fil 2,7 |
Magistero |
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Meditazione Francesco | 29-2-2016 |
l'unica via della salvezza è la pazzia della croce, cioè l'annientamento del Figlio di Dio | |
Meditazione Francesco | 15-3-2016 |
guardare il Crocifisso e guardare proprio questo mistero: un Dio "svuotato" della sua divinità - totalmente! - per salvarci | |
Padri |
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Agostino - I benefizi della passione di Cristo | Esp Sal 62,22 |
Summa Teologica |
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v. Annichilazione | |
v. Anticristo | III, q. 8, a. 8 |