Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se per la profezia si richieda la bontà dei costumi

De Verit., q. 12, a. 5; In Ioan., c. 11, lect. 7

Pare che per la profezia si richieda la bontà dei costumi.

Infatti:

1. Nella Scrittura [ Sap 7,27 ] si legge che la Sapienza di Dio, « entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti ».

Ma la santità non si concepisce senza la bontà dei costumi e senza la grazia santificante.

Quindi la profezia è inconcepibile senza tali cose.

2. I segreti non si rivelano che agli amici, secondo quelle parole [ Gv 15,15 ]: « Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi ».

Ora, secondo Amos [ Am 3,7 ], « Dio rivela i suoi segreti ai profeti ».

Quindi i profeti sono amici di Dio.

Ma ciò è impossibile senza la carità.

Quindi la profezia non può concepirsi senza la carità, la quale a sua volta non può sussistere senza la grazia santificante.

3. Nel Vangelo [ Mt 7,15 ] si legge: « Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci ».

Ora, chiunque è interiormente privo della grazia è un lupo rapace, e quindi un falso profeta.

Perciò nessuno è un vero profeta senza essere interiormente buono mediante la grazia.

4. Il Filosofo [ De div. per somn. 1 ] afferma che « se la divinazione mediante il sogno viene da Dio, non è ammissibile che sia concessa a chiunque, ma solo agli uomini migliori ».

Ora, è certo che la profezia viene da Dio.

Quindi il dono profetico non viene concesso che agli uomini migliori.

In contrario:

Nel Vangelo [ Mt 7,22s ] si legge che a quanti si difendevano col dire: « Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome? », viene risposto: « Non vi ho mai conosciuti ».

Ora, S. Paolo [ 2 Tm 2,19 ] afferma che « il Signore conosce i suoi ».

Quindi la profezia può trovarsi anche in coloro che non appartengono a Dio mediante la grazia.

Dimostrazione:

La bontà dei costumi può essere considerata da due punti di vista: primo nella sua intima radice, che è la grazia santificante; secondo, nelle passioni dell'anima e negli atti esterni.

Ora, la grazia santificante viene data principalmente allo scopo di unire l'anima con Dio mediante la carità.

Scrive infatti S. Agostino [ De Trin. 15,18.32 ]: « Colui al quale non viene dato lo Spirito Santo per farne un amante di Dio e del prossimo, non può passare da sinistra a destra ».

Quindi tutto ciò che può sussistere senza la carità può trovarsi [ in un soggetto ] senza la grazia santificante, e quindi senza la bontà dei costumi.

Ora, la profezia può sussistere senza la carità.

Il che è reso evidente da due cose.

Primo, dai rispettivi atti: poiché la profezia appartiene all'intelletto, il cui atto precede quello della volontà, che ha la sua perfezione nella carità.

L'Apostolo [ 1 Cor 13,1s ] infatti enumera la profezia tra gli altri carismi riguardanti l'intelletto, e che si possono avere anche senza la carità.

Secondo, dal fine dell'una e dell'altra: poiché la profezia è data per il bene della Chiesa, come anche gli altri carismi, secondo l'affermazione dell'Apostolo [ 1 Cor 12,7 ]: « A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune », e non è ordinata direttamente, come la carità, a unire a Dio gli affetti del profeta.

Perciò la profezia può sussistere indipendentemente dalla bontà dei costumi, quanto alla prima radice di tale bontà.

Se invece consideriamo la bontà dei costumi rispetto alle passioni e agli atti esterni, allora la malvagità dei costumi è incompatibile con la profezia.

Questa infatti richiede la massima elevazione dell'intelletto alla contemplazione delle realtà spirituali, il che è impedito dalla violenza delle passioni e dalla preoccupazione delle cose esterne.

Si legge infatti [ 2 Re 4,38 ] a proposito dei « figli dei profeti » che « essi abitavano assieme ad Eliseo »: facendo così una vita quasi solitaria, per non essere privati del dono profetico a motivo delle occupazioni mondane.

Analisi delle obiezioni:

1. Talora il dono della profezia viene concesso sia per l'utilità degli altri, sia per illuminare le anime dei profeti.

E queste sono le anime nelle quali la Sapienza divina « entra, formando di esse amici di Dio e profeti ».

- Altri invece ricevono il dono della profezia solo per il bene del prossimo.

E questi sono dei semplici strumenti dell'azione divina.

Da cui le parole di S. Girolamo [ In Mt 1, su 7,22 ]: « Profetare, fare miracoli e cacciare i demoni talora non dipende dal merito di chi fa tali cose, ma o ciò è operato dall'invocazione del nome di Cristo, oppure viene concesso o a condanna di coloro che lo invocano, o a vantaggio di coloro che vedono e ascoltano ».

2. S. Gregorio [ In Evang. hom. 27 ] così spiega quel testo evangelico [ Gv 15,15 ]: « Quando amiamo le cose celesti che ascoltiamo, già le conosciamo: poiché l'amore stesso è una forma di conoscenza.

Perciò egli già le aveva fatte loro conoscere per il fatto che i discepoli, spogliati degli affetti terreni, sentivano la fiamma dell'amore divino ».

Ora, non sempre i segreti divini sono rivolti ai profeti in questa maniera.

3. Non tutti i peccatori sono lupi rapaci, ma quelli soltanto che cercano di nuocere agli altri; infatti il Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 19 ] spiega che « i maestri cattolici, anche se peccatori, possono chiamarsi servi della carne, ma non lupi rapaci: poiché non hanno l'intenzione di corrompere i cristiani ».

Siccome invece la profezia è ordinata al bene degli altri, è chiaro che sono tali i falsi profeti: poiché non sono inviati da Dio per questo.

4. I doni di Dio non sempre sono accordati ai migliori in senso assoluto, ma talvolta ai meglio disposti per ricevere un dato dono.

Perciò Dio dà il dono della profezia a coloro che egli giudica più adatti a riceverlo.

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