Architettura
1) Scienza e arte del progettare e del costruire
2) Insieme degli elementi che costituiscono una costruzione
Sinonimo: struttura
estens. schema, piano, disegno
3) Opera architettonica; gruppo di opere che presentano analoghe caratteristiche di stile
4) inform. Struttura e organizzazione logica e funzionale di un sistema informatico
L'architettura è la disciplina che ha come scopo l'organizzazione dello spazio a qualsiasi scala, ma principalmente quella in cui vive l'essere umano.
Semplificando si può dire che essa attiene principalmente alla progettazione e costruzione di un immobile o dell'ambiente costruito.
In essa concorrono aspetti tecnici ed artistici.
Insieme alla scultura, fa parte delle cosiddette arti visive plastiche.
Da quando l'uomo ha avuto capacità cognitive tali da potersi organizzare in civiltà, l'architettura è sempre esistita.
L'architettura è nata anzitutto per soddisfare le necessità biologiche dell'uomo quali la protezione dagli agenti atmosferici, e proprio per questo è tra le discipline maggiormente presenti in tutte le civiltà.
Solo in un secondo momento, con lo sviluppo della divisione del lavoro nella società, alla funzione primaria vennero aggiunte funzioni secondarie in numero sempre crescente.
Con la comparsa di caratteri estetici si ebbe la nascita dell'architettura anche come arte visiva, dotata però di proprie caratteristiche peculiari.
Sarebbe riduttivo anche parlare di valori estetici in quanto una buona architettura è spesso frutto di valori etici e di uno studio antropologico.
Definire l'architettura risulta difficile in quanto il fenomeno architettonico è stato sempre presente nella cultura dell'uomo, acquistando caratteristiche, definizioni, funzioni, aspetti spaziali e costruttivi spesso differenti o addirittura contrastanti da civiltà a civiltà o da epoca ad epoca.
L'inizio dell'architettura cristiana si fa datare dal 313, anno di emanazione dell'Editto di Milano voluto da Costantino.
L'editto sanciva la fine della clandestinità per le comunità cristiane e, di conseguenza, permetteva l'edificazione di specifici luoghi di culto.
Prima di allora i riti e gli incontri di preghiera, le cosiddette agapi si svolgevano nelle domus ecclesiae, case-chiese messe a disposizione dai convertiti ai fratelli nella fede.
Le domus ecclesiae non si distinguevano dalle abitazioni pagane se non per il significato di cui venivano investite alcune ricorrenti immagini decorative, quali il sole, il pesce, la colomba, la vite, Apollo e il carro del sole, comunemente riferite al mondo mitologico e naturalistico della cultura pagana ed ellenistica e rilette come attributi e personificazioni di Cristo o come figurazioni di concetti riferibili alla nuova dottrina cristiana.
La necessità di seppellire i defunti in cimiteri distinti fu risolta utilizzando precedenti strutture sotterranee, ormai da tempo inutilizzate dai cittadini comuni, le cosiddette catacombe ( da katà: presso; kùmbas: avvallamento, con riferimento alla depressione del terreno dove erano situate le catacombe di s. Sebastiano ), che furono ampliate dai cristiani fino a costituire una vastissima rete sotto il suolo della città di Roma.
( Per una descrizione delle catacombe si veda la voce relativa ).
La pace tra impero e cristianità, segnò l'avvio, oltre che di una espressività figurativa propriamente cristiana, anche di un'architettura finalizzata alla celebrazione del culto con la codificazione dell'edificio cristiano per eccellenza, cioè la basilica.
Giacché la tipologia aperta del tempio pagano non si prestava alle necessità di un culto misterico, lo schema della chiesa venne elaborato su quello della basilica romana, ampia aula rettangolare, funzionale alle assemblee di carattere non religioso.
Caratteristica fondamentale della basilica romana era l'ingresso lungo uno dei lati lunghi dell'aula.
Al contrario la basilica cristiana si sviluppa longitudinalmente, lungo un asse che dall'ingresso posto su uno dei lati brevi ( e talvolta caratterizzato all'esterno dalla presenza del nartece, spazio colonnato coperto ), si conclude nella cavità dell'abside, definendo un percorso reale e simbolico insieme dall'ingresso all'altare.
Lo spazio interno è suddiviso in tre o cinque navate da file di colonne che reggono arcate a tutto sesto al di sopra delle quali ampie finestre illuminano diretta'mente la navata principale.
Tale schema viene a volte modificato con l'inserzione di un transetto, cioè di un corpo trasversale che conferisce la tipica pianta "a croce latina" o a "T", nel caso in cui il transetto sia posto a conclusione dell'aula longitudinale.
La copertura esterna è a capanna; all'interno è a vista, in genere a capriate.
L'organizzazione dello spazio interno della basilica comporta una separazione tra la zona del clero, detta presbiterio, e la zona riservata ai fedeli.
Il presbiterio appare spesso rialzato da alcuni gradini.
Al di sotto dell'altare si sviluppa la cripta, luogo di sepoltura di santi e martiri, fondamenta ideali della chiesa.
Spesso, soprattutto nelle chiese orientali, il presbiterio appare separato più nettamente dalle navate tramite l'iconostasi, una parete decorata e retta da colonne.
Al centro del presbiterio si eleva l'altare, talvolta evidenziato da un ciborio, che in forma di baldacchino costituisce memoria simbolica delle tende piantate nel deserto durante l'esodo degli ebrei dall'Egitto.
L'altare, originalmente semplicissimo, a imitazione della mensa, presentava un'apertura detta fenestella confessionis, dove erano riposte sacre reliquie.
Attorno al presbiterio si sviluppa il coro in scranni marmorei o lignei.
Esternamente, la basilica è preceduta da un quadriportico riservato ai catecumeni e provvisto di una vasca per le abluzioni purificatrici.
Il carattere della costruzione nel suo insieme è improntato ad una sobrietà essenziale, volta a condurre l'attenzione e la devozione del fedele sul significato del mistero che in esso si celebra.
Le soluzioni strutturali, oltre che morfologiche e iconografiche sono, dunque, strettamente legate alla simbologia cristiana.
Le prime basiliche sorsero a Roma subito dopo l'editto di Costantino.
Nessuna di esse conserva oggi le sembianze originarie eccetto la basilica di S. Sabina.
Nel 319 venne edificata la basilica mater et caput omnium ecclesiarum ( madre e capo di tutte le Chiese ), oggi S. Giovanni in Laterano, dedicata in origine a Cristo Salvatore; circa cinque anni dopo fu la volta di S. Pietro, eretta sul luogo di sepoltura dell'apostolo e completamente ricostruita in epoca rinascimentale.
Accanto a questi edifici, la cui tipologia andò rapidamente sviluppandosi nelle province dell'impero, si diffuse un altro tipo di costruzione cristiana, anche questa ispirata all'architettura classica e cioè l'edificio a schema centrale, utilizzato inizialmente solo per i battisteri o i cosiddetti martyria e successivamente anche per le chiese.
A Roma, il Mausoleo di S. Costanza, fatto erigere da Costantino per la figlia alla metà del IV sec., presenta uno spazio centrale circolare più alto e illuminato da finestre oltre che dall'oculo della chiave di volta della cupola di copertura, collegato da un maestoso giro di doppie colonne a un corridoio circolare, detto deambulatorio.
Simile schema venne utilizzato anche per battisteri e chiese e conobbe particolare fortuna a Ravenna nel periodo più brillante della sua storia e cioè nei secc. V e VI.
Lo stretto rapporto di Ravenna con la parte orientale dell'impero spiega l'influenza dell'architettura costantinopolitana su quella locale.
Alla chiesa di S. Sofia, edificata negli anni '30 del '500 a Costantinopoli si ispira S. Vitale a Ravenna.
Di essa ripropone la struttura accentrata, il senso di preziosità e luminosità, la tendenza ad un progressivo alleggerimento delle masse fino ad una vera e propria rarefazione dello spazio.
Nel corso dei secoli queste due principali tipologie architettoniche - cioè lo schema longitudinale, o basilicale, e lo schema centrale -, pur assumendo i caratteri stilistici delle diverse epoche storielle, rimasero sostanzialmente immodificate fino al '900 quando l'architettura, con l'inclusione di quella sacra, venne fortemente caratterizzata e connotata dal razionalismo, che impose scelte di materiali fortemente innovativi e parallelamente concezioni spaziali inedite.
Oltre alla chiesa, l'architettura cristiana comprende altri tipi di edificio.
Cattedrale gotica la mistica e le sue forme
I monasteri, cioè i luoghi in cui vivono le comunità monastiche, sorsero fin dagli albori del cristianesimo nelle zone nordafricana, mediorientale e irlandese e si diffusero in tutto l'Occidente, con caratteri simili, di estrema semplicità, che si andarono definendo secondo due essenziali tipologie: quella orientale e quella occidentale.
Il monastero di tipo orientale consiste in un organismo autonomo chiuso da una cinta muraria provvista di un unico ingresso e costituito da una serie di ambienti ( refettorio, dormitori in forma di celle, biblioteca e scriptorium ) che si susseguono attorno a un cortile centrale dove si trova la chiesa isolata, detta catholicon.
Così si configurano i monasteri del Monte Athos e della Grecia in genere, come quello di S. Caterina sul monte Sinai.
Il modello di monastero, tipico di tutta l'area europea, si precisa nella struttura verso l'VIII sec. e propone una dislocazione attorno a uno o più chiostri di ambienti principali analoghi a quelli del monastero orientale; la chiesa non è isolata, bensì in successione con gli altri ambienti.
Questo monastero prende anche il nome di abbazia ( v. ).
Per quanto riguarda l'aspetto più propriamente decorativo dei monasteri, esso interessa solo quelli orientali.
In Grecia i complessi monastici vengono costruiti su dirupi e strapiombi, con murature esterne caratterizzate da singolari elaborazioni di tipo cromatico e plastico.
In età paleocristiana e romanica il sacramento del battesimo veniva impartito al di fuori della chiesa, in un edificio specificamente ideato.
A pianta centrale, circolare, esagonale o più spesso ottagonale, il battistero, coperto a cupola, era occupato al centro da una vasca ampia e profonda, il fonte battesimale, dove i battezzandi venivano immersi.
Dal XIV sec., il fonte battesimale è stato progressivamente inglobato nella chiesa in una zona che ne mantiene la specifica denominazione.
Dal più antico battistero romano, quello lateranense, deriva il tipo dei battisteri ravennati, degli ariani e degli ortodossi, risalenti alla prima metà del V sec.
Analogamente alle basiliche, i battisteri di Ravenna presentano un accentuato contrasto tra l'esterno dell'edificio, semplice e disadorno, scandito da finestre a tutto sesto e l'interno riccamente decorato da celebri cicli musivi.
In quest'ambito va ricordata la raffigurazione del battesimo di Cristo al centro della cupola, circondata dai dodici apostoli disposti a raggerà.
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L'arte è sempre un dono
Nel suo esistere, l'uomo vive in due coordinate fondamentali: lo spazio e il tempo, due realtà che non si costruiscono, ma che gli sono date.
In altre parole, l'uomo è legato allo spazio e al tempo in tutte le sue azioni, e lo è anche nella preghiera che rivolge a Dio.
Quando si invoca Dio, la preghiera ha bisogno, per così dire, di essere incarnata e di conseguenza anche il culto cristiano richiede un luogo, dove si può realizzare come rito sacro.
Tale luogo non è il corrispettivo del tempio pagano nella Grecia antica, dove la cella era considerata l'abitazione della divinità.
Come dice san Paolo agli Ateniesi che « Dio non abita in templi costruiti dall'uomo » ( At 17,24 ).
C'è un rapporto stretto fra il luogo del culto cristiano e la tenda del convegno, ovvero il Tempio di Gerusalemme, che è concepito come luogo dove il Dio trascendente si rende presente nella sua gloria ( Es 25,22; Es 40,34 ).
Comunque, già Salomone, dopo avere costruito il Tempio di Gerusalemme, esclama: « Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?
Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita! » ( 1 Re 8,27 ).
Nell'Antico Testamento si osserva un movimento verso una spiritualizzazione del culto, che si riflette anche nel canto dei serafini nel libro del profeta Isaia: « Tutta la terra è piena della sua gloria » ( Is 6,3; cfr. Ger 23,24; Sal 139,1‐18; Sap 1,7 ) – un passo che è stato incluso nel Sanctus della liturgia eucaristica.
Pertanto, tutta la terra è piena della presenza di Dio e da Lui affidata agli uomini ( cfr. Vincenzo Gatti, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione, Bologna, EDB, 2001, ristampa 2005, pp. 49‐50 e 67‐68 ).
Nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù durante il suo incontro con la donna di Samaria dichiara che « è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori » ( Gv 4,23 ).
Bisogna tenere conto che ci sono vari livelli di significato: nel contesto storico, il culto cristiano è contrapposto al culto dei Samaritani e degli Ebrei, perché esso è « in spirito », cioè non è limitato a un singolo santuario, come il monte Garizim per i samaritani e il tempio di Gerusalemme per gli Ebrei.
Questo non significa che, alla luce del Vangelo, non ci dovrebbero essere riti e cerimonie, nessun culto pubblico o nessuno edificio sacro.
Una tal conclusione sarebbe sbagliata, fosse soltanto perché quasi duemila anni di tradizione cristiana parlano in senso contrario.
Gesù non ha detto alla donna samaritana che non ci dovrebbero essere luoghi ed edifici per il culto nella Nuova Alleanza; allo stesso modo, nella profezia sulla distruzione del Tempio, non afferma che non ci debba essere più alcuna casa costruita in onore di Dio, ma piuttosto che ci debbano essere molte case.
John Henry Newman, il grande teologo inglese convertito, ha espresso questa verità in un'omelia: « La gloria del Vangelo non è l'abolizione dei riti, ma la loro diffusione; non la loro assenza, ma la loro presenza viva ed efficace per la grazia di Cristo ». ( Parochial and Plain Sermons, San Francisco, Ignatius Press, 1997, vi, 19: « The Gospel Palaces », p. 1355 ).
Nel suo libro fondamentale sullo spirito della Liturgia, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, metteva in relazione « il nuovo universalismo » del culto « in spirito e verità » della Nuova Alleanza, che non è legato a un luogo esclusivo, e la profezia di Gesù sulla distruzione del tempio: « Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere » ( Mt 26,61 ).
Riprendendo la precisazione dell'evangelista Giovanni: « Egli parlava del tempio del suo corpo » ( Gv 2,21 ), Ratzinger prendeva le parole di Gesù come « una profezia della croce; la fine della sua vita terrena sarà al tempo stesso la fine del tempio: è questo ciò che egli lascia intendere ».
Allo stesso tempo, è anche una profezia della sua Risurrezione, con la quale « comincerà il nuovo tempio: il corpo vivente di Gesù Cristo, che allora sarà al cospetto di Dio e che sarà il luogo di ogni culto.
In questo corpo egli abbraccia tutti gli uomini; non è la tenda eretta da mani d'uomo, è il luogo della vera adorazione di Dio, che dissolve le tenebre e le sostituisce con la realtà ».
Questa profezia quindi diventa eucaristica, perché « vi si annuncia il mistero del corpo di Cristo, sacrificato e proprio per questo vivente, che si comunica a noi e conduce in tal modo al legame reale con il Dio vivente » ( Joseph Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2001, pp. 39‐40 ).
Cristo stesso, il suo corpo vivo, risorto e glorificato, è il nuovo tempio dove Dio dimora e dove si svolge il suo culto « in spirito e verità ».
Il vero tempio in cui Dio abita è il corpo che la Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo, offriva al Verbo di Dio, Gesù Cristo.
Come scrive san Paolo ai Colossesi: « È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete in lui parte alla sua pienezza » ( Col 2,9‐10 ).
Poi, per partecipazione, in forza del Battesimo, anche il corpo del cristiano diventa tempio di Dio.
Christus totus, per usare una frase cara a sant'Agostino, il Cristo intero è il vero luogo di culto cristiano, cioè Cristo in quanto capo e noi in quanto membra del suo corpo mistico.
I fedeli che si riuniscono in uno stesso luogo per il culto divino costituiscono le « pietre vive », messe insieme « per la costruzione di un edificio spirituale » ( 1 Pt 2,4‐5 ).
Infatti, è significativo che la parola che prima indicava l'azione del riunirsi dei cristiani, cioè ecclesia, è passata a indicare anche il luogo stesso in cui la riunione si realizza.
Perciò, possiamo dire che la liturgia stessa, la solenne celebrazione del mistero pasquale della passione, morte e risurrezione del Signore, è costitutiva del tempio cristiano, inteso come luogo della presenza divina.
In questo senso Benedetto XVI scrive nella sua Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis ( 22 febbraio 2007 ): « Lo scopo dell'architettura sacra è di offrire alla Chiesa che celebra i misteri della fede, in particolare l'Eucaristia, lo spazio più adatto all'adeguato svolgimento della sua azione liturgica.
Infatti, la natura del tempio cristiano è definita dall'azione liturgica stessa » ( n. 41 ).
Va riletta anche l'apposita sezione del Catechismo della Chiesa cattolica.
Questo documento autorevole del magistero insiste che le chiese ( come edifici ) « non sono luoghi di riunione », ma « dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo » ( n. 1180 ).
Questo passo ricorda inoltre il fatto che la liturgia eucaristica è per gli « iniziati » e per questo motivo in molte tradizioni cristiane, soprattutto in Oriente, si conclude « la liturgia della Parola » con il congedo dei catecumeni, dei penitenti e delle altre persone che non possono essere ammessi alla parte più sacra della celebrazione liturgica.
Ancora più specifico è il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato nel 2005.
In risposta alla domanda « Che cosa sono gli edifici sacri? » ( n. 245 ), il Compendio dice: « Essi sono le case di Dio, simbolo della Chiesa che vive in quel luogo, nonché della dimora celeste.
Sono luoghi di preghiera, nei quali la Chiesa celebra soprattutto l'Eucaristia e adora Cristo realmente presente nel tabernacolo ».
L'architettura e l'arte non compiono una funzione puramente decorativa, sono piuttosto parti integranti del culto.
Il punto di partenza per costruire le chiese deve essere uno teologico e liturgico, e da questo risulta una grande responsabilità sia dei progettisti sia dei committenti.
Oggi si sente l'esigenza urgente di una formazione adeguata che va al di là di una visione solo « normativa » della progettazione.
Nel suo libro sopra citato Ratzinger ha dato voce al desiderio di un'arte « rinnovata nella fede », ma ha ricordato anche che l'arte – come la liturgia – « non può essere prodotta, così come si commissionano, si producono delle apparecchiature tecniche.
Essa è sempre un dono ».
Le epoche di grande creatività artistica nella storia della Chiesa sono state contrassegnate da « una fede capace di vedere ».
Se giungiamo di nuovo a questa, « anche l'arte trova la sua giusta espressione ».
* * *
Nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo del 2005, Papa Benedetto XVI ha presentato alla Chiesa universale un Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Il "mini catechismo", tra le prime pubblicazioni del suo pontificato, contiene 14 immagini di arte sacra.
Nell'introduzione al nuovo Compendio, il Papa sottolinea il significato catechetico delle opere di arte sacra.
"Anche l'immagine, egli scrive, è predicazione evangelica, e oggi più che mai, nella civiltà dell'immagine, l'immagine sacra può esprimere molto più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico".
Negli ultimi decenni, soprattutto nel mondo occidentale, abbiamo assistito a un impoverimento e a una spogliazione di immagini sacre dalle Cattedrali, dalle Chiese e dalle Cappelle, e parlare del valore catechetico dell'arte e dell'architettura sacre sembra irrilevante, stravagante o una perdita di tempo.
Assume quindi un grande significato l'inserimento delle sacre immagini nel nuovo Compendio, poiché invita architetti, artisti, catechisti, parroci, Vescovi, genitori e insegnanti a riflettere in modo nuovo sul rapporto tra arte e catechesi.
La presenza di immagini sacre all'interno di un catechismo solleva domande specifiche sulle quali questo articolo intende riflettere:
Qual è il valore catechetico delle sacre immagini?
Perché l'arte e l'architettura sacre sono indispensabili per una completa istruzione nella fede?
Può l'immagine sacra essere un potente mezzo di evangelizzazione e catechesi anche ai nostri giorni?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che l'arte sacra "è vera e bella quando, nella sua forma, corrisponde alla vocazione che le è propria: evocare e glorificare, nella fede e nella adorazione, il Mistero trascendente di Dio, Bellezza eccelsa di Verità e di Amore, apparsa in Cristo 'irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza' ( Eb 1,3 ), nel quale 'abita corporalmente tutta la pienezza della divinità' ( Col 2,9 )
L'autentica arte sacra conduce l'uomo all'adorazione, alla preghiera e all'amore di Dio Creatore e Salvatore, Santo e Santificatore" ( CCC 2502 ).
La funzione di catechesi svolta dall'architettura e dall'arte sacra ribadita dal Catechismo, conduce i fedeli dalla semplice visione alla contemplazione, e dalla contemplazione all'adorazione di Dio.
Da un punto di vista pedagogico, un'immagine sacra di Cristo, della Santissima Madre di Dio o di un santo è un affacciarsi sulle realtà eterne, "una finestra sul cielo", per così dire.
Il Catechismo specifica inoltre che "la catechesi liturgica ( mistagogia ) mira a introdurre nel Mistero di Cristo, in quanto procede dal visibile all'invisibile, dal significante a ciò che è significato, dai 'sacramenti' ai 'misteri'" ( CCC 1075 ).
I sacramenti, istituiti da Cristo, sono i mezzi privilegiati con i quali i fedeli partecipano al suo mistero salvifico mediante il ministero della Chiesa.
All'interno dell'economia sacramentale, le immagini e l'architettura sacra, predisponendo alla presenza sacramentale di Dio, sono quasi un 'pre-sacramento', termine usato dal Beato Papa Giovanni Paolo II per descrivere l'arte e l'architettura sacra della Cappella Sistina.
Se si riducesse la sacra immagine a rappresentazione meramente decorativa o estetica di ideali socio-culturali, si perderebbe una nota alta nella sinfonia liturgica composta infatti di immagini sacre, architettura, musica e riti.
Sicuramente, le sacre immagini esprimono realtà umane, sociali e culturali ed aggiungono valore estetico agli spazi interni ed esterni di Cattedrali, Chiese e Cappelle, ma sono altresì mezzi indispensabili per istruire i fedeli sul contenuto della Divina Rivelazione e per riaccenderne e nutrirne la fede.
Con l'aiuto delle sacre immagini, i catechisti, i predicatori e i maestri della fede danno risonanza alla pedagogia divina della storia della salvezza in cui la testimonianza delle "parole" e dei "segni" divini sono indissolubilmente legati a "parola" e "immagine".
Il Beato Giovanni Paolo II ha sottolineato il valore pedagogico delle immagini sacre nella sua Lettera agli Artisti del 1999, scrivendo che "in un certo senso, l'arte è una sorta di Vangelo visivo, un modo concreto di fare catechesi".
In effetti i fedeli, ascoltando ogni domenica la verità del vangelo proclamato e professando la fede con le parole del Credo, vedono quelle stesse verità di fede assumere la forma del Bello nelle immagini sacre che li circondano.
Gli insegnamenti e la dottrina della Chiesa condensati nella pagina di un catechismo trovano forme complementari di espressione nell'architettura e arte sacre.
In questo modo, dipinti, mosaici, vetrate, sculture e musica sacra diventano un "vangelo visivo" con il quale i fedeli vedono, sentono e toccano i misteri della fede perché si incarnino nella santità della vita e nella testimonianza cristiana.
Uno dei primi ad affermare questo ruolo delle sacre immagini fu il Papa San Gregorio Magno.
In una lettera del 599 a Serenus, vescovo di Marsiglia, scriveva: "Gli affreschi nelle chiese si usano affinché coloro che non sanno leggere o scrivere possano almeno leggere sulle pareti ciò che non possono decifrare sulla pagina" ( Epistulae IX, 209 ).
Il processo che si compie dalla visione alla contemplazione, e dalla contemplazione alla adorazione di Dio si realizza con le parole dette o scritte e con le sacre immagini.
È stato giustamente detto che si apprezza il significato delle immagini sacre nella misura in cui vi sia la capacità, anche minima, di "leggere" i segni e i simboli espressi.
Alcuni hanno quindi giustificato l'impoverimento dell'architettura e dell'arte sacra asserendo che i fedeli non hanno familiarità con i simboli cristiani.
Il fedele della domenica, sostengono, non può capire, né tanto meno essere istruito dalle sacre immagini.
In altre parole, dal momento che le immagini sacre sono significative solo per chi è attrezzato intellettualmente a "leggerle", chi invece non è artisticamente iniziato non può accrescere granché la formazione nella propria fede con le sacre immagini.
Le immagini sacre per secoli sono state indirizzate precisamente ai fedeli illetterati.
Certamente, appropriarsi dei segni e simboli presenti nelle sacre immagini dipendeva dalla predicazione efficace e dall'insegnamento in comunione con la "fede visiva della Chiesa", ma il fine pedagogico di un'immagine non consiste soltanto in un esercizio didattico o intellettuale.
Consiste soprattutto nel condurre allo stupore e alla meraviglia, perfino a un rapimento dell'anima mediante un lampo o un accenno della divina bellezza, e affidare così la propria vita alla bellezza della fede.
I fedeli giungono a percepire l'Invisibile nel visibile, ad apprendere un modo nuovo di vedere e di ascoltare che conduce alla contemplazione, al culto e all'adorazione di Dio.
Che la persona in Chiesa comprenda o non comprenda gli elementi simbolici in un'opera d'arte o architettura sacra, dipende da una convergenza di fattori molteplici.
Ma la sola presenza di autentiche immagini sacre che trasmettono il contenuto della Rivelazione cristiana mediante i sensi, conduce il fedele a una ben distinta modalità catechetica.
E le pareti vuote hanno un messaggio altrettanto pedagogico, comprensibile anche ai meno iniziati!
L'affermazione di Papa Gregorio avrebbe ricevuto una forma di grande visibilità nell'enorme ricchezza di arte e architettura cristiane del Medio Evo.
Una Cattedrale gotica come quella di Chartres costituiva un catechismo nella pietra, un'omelia attraverso una vetrata istoriata, esprimendo nell'architettura e nell'arte la fede professata nel Credo e udita proclamare nelle Scritture.
Gli artigiani medievali, ponendo una sull'altra le pietre scolpite, visibili a chilometri di distanza con la luminosità delle vetrate colorate, scolpivano e affrescavano infatti il messaggio salvifico della storia biblica, tanto esplicito e bello quanto la loro fede.
Un pellegrino che entrava nella Cattedrale non era soltanto attratto a "leggere" la storia biblica resa visibile nell'architettura e nell'arte sacra ma, attraverso la vista e l'udito, era contemporaneamente inserito in un presente sacramentale pienamente realizzato nella liturgia.
Soetsu Yanagi, il padre del movimento giapponese di arti e mestieri nei primi anni del XX secolo, visitando la Cattedrale di Chartres durante gli anni '50, rimase a lungo in silenzio davanti alla grande facciata in pietra.
Poi, volgendosi verso un amico cristiano, disse semplicemente: "Ecco cosa avete perduto oggi".
Osservava inoltre che l'Occidente aveva bisogno forse di una nuova evangelizzazione, quale era espressa nell'eloquente perfezione artistica e bellezza di Chartres.
Le opere d'architettura e di arte sacra possono di nuovo servire oggi da catechismo e da mezzo di evangelizzazione come lo furono per le passate generazioni?
O, tornando al punto di partenza, le immagini sacre inserite in un catechismo quale scopo catechetico hanno?
Dirò ora alcune delle ragioni della indispensabilità dell'architettura e dell'arte sacra come "modalità concrete di catechesi" oggi.
Una prima ragione a favore del ruolo catechetico dell'immagine sacra è necessariamente teologica.
San Giovanni Damasceno, strenuo difensore delle sacre immagini contro gli iconoclasti dell'VIII secolo, l'ha così sintetizzata: "Nei tempi antichi, Dio non poteva in alcun modo essere rappresentato, poiché egli è senza forma o corpo.
Ma ora che Dio si vede nella carne conversare con gli uomini, io mi faccio un'immagine del Dio che vedo.
Non adoro la materia, io adoro il Creatore della materia che si è fatto materia per me, che ha operato la salvezza mediante la materia" ( Sulle Immagini Sacre, 17 ).
San Paolo riassume il principio dell'Incarnazione che ispira le autentiche immagini sacre, scrivendo: "Cristo è l'immagine ( eikon ) del Dio invisibile" ( Col 1,15 ).
Dio ha agito nella storia umana nella persona del Figlio, che è venuto nel nostro mondo sensibile rendendolo trasparente per Dio.
Le immagini di bellezza - attraverso la quale l'invisibile mistero di Dio si è fatto visibile - costituiscono ora parte essenziale del culto cristiano.
Osserva Papa Benedetto nel suo libro 'Lo Spirito della Liturgia': "Una completa assenza di immagini è incompatibile con la fede nell'Incarnazione di Dio".
La seconda ragione è la testimonianza della storia, massiccia e innegabile.
Dall'arte delle prime catacombe alle basiliche romaniche e all'iconografia bizantina, dal gotico elevante fino al fiume creativo del Rinascimento, dall'età del Barocco e oltre, la storia della cristianità è saldamente legata al suo patrimonio artistico costruito nei secoli.
Certamente, la ricchezza storica dei secoli precedenti riflette gli stili artistici-sociali e le realtà culturali di quei tempi.
Eppure vi sono educatori, artisti, parroci e perfino nazioni ( come hanno dimostrato le recenti polemiche sul Preambolo della Costituzione europea ) che minimizzano o ignorano il tesoro accumulato nei secoli della storia cristiana artistica e architetturale e non si fanno interpreti della più fondamentale delle esperienze umane: l'immaginazione radicata nella memoria.
La terza ragione è che esiste una base umana o antropologica per l'uso delle sacre immagini nella formazione della fede.
Il Catechismo parla della fede come risposta di tutta la persona umana che implica intelletto, cuore, sensi, emozione, memoria e volontà.
Una formazione sistematica nella fede conduce a un assenso nozionale ( per usare un'espressione del Beato Cardinal Newman ) al mistero dell'Incarnazione, ma non si deve fermare e non si ferma lì.
Una catechesi e una evangelizzazione realmente efficaci sono dirette al vero e proprio assenso che comprende intelletto, cuore, volontà, sensi ed emozioni.
L'arte e l'architettura sacra coinvolgono i sensi a tal punto che la formazione catechetica coinvolge e muove l'intera persona umana a una conversione permanente e al discepolato.
San Tommaso d'Aquino delinea questo fondamento logico quando scrive nelle Sentenze: "Vi furono tre ragioni per l'introduzione dell'uso delle arti visive nella Chiesa:
la prima, per l'istruzione dei non letterati, che imparano da esse come fossero libri;
la seconda, perché il mistero dell'Incarnazione e gli esempi dei santi siano impressi più fermamente nella nostra memoria rappresentandoli quotidianamente dinanzi ai nostri occhi;
e la terza, per ravvivare la pietà, che viene più efficacemente evocata da ciò che vede che non da ciò che sente".
Una quarta e ultima ragione per porre le autentiche immagini sacre a servizio dell'evangelizzazione e della catechesi, è di ordine culturale.
Pochi contesteranno il fatto che viviamo nel mezzo di una cultura globale nella quale dominano molteplici immagini che formano e definiscono i valori e l'identità delle persone.
Spot televisivi, cartelloni pubblicitari, Internet, blogs, videogiochi - tutti mezzi visivi che esprimono, riflettono e comunicano in forme sensoriali il contenuto e i valori della cultura, per il bene o per il male.
È una cultura sensoriale che ogni giorno presenta immagini frammentate e in modo sottile, e anche non tanto sottile, banalizzano e denigrano la dignità della persona umana, creano bisogni superficiali e consumistici, e ci alienano dalle realtà spirituali.
Per rafforzare efficacemente i fedeli, formati da tale cultura sensoriale, può la Chiesa fare a meno dell'architettura sacra e delle immagini quali strumenti di evangelizzazione e catechesi?
In un'intervista di alcuni anni fa, l'allora Cardinale Joseph Ratzinger andò al cuore della questione, quando osservò: "L'unica apologia del cristianesimo veramente efficace si riduce a due temi, e precisamente: i Santi che la Chiesa ha prodotto e l'arte maturata nel suo grembo.
Viene resa una testimonianza formidabile a Dio dallo splendore della santità e dall'arte sorta nelle comunità dei credenti … se la Chiesa deve continuare a trasformare ed umanizzare il mondo, come può rinunciare alla bellezza nelle sue liturgie, quella bellezza così strettamente collegata all'amore e al fulgore della Risurrezione?".
Magistero |
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Esortazione Apostolica - Benedetto XVI | 22-2-2007 |
Una componente importante dell'arte sacra è certamente l'architettura delle chiese | |
Catechesi Benedetto XVI | 18-11-2009 |
La Cattedrale dall'architettura romanica a quella gotica, il retroterra teologico | |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
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Tali chiese visibili non sono semplici luoghi di riunione | 1180 |
L'autentica arte sacra conduce l'uomo all'adorazione | 2502 |
Che cosa sono gli edifici sacri? | Comp 245 |