Protestantesimo

IndiceA

Sommario

I. Origine ed estensione del termine.
II. Esigenza di rinnovamento:
1. Dall'etica del pauperismo allo spiritualismo gioacchimita;
2. Dalla protesta religiosa di Wyclif al profetismo apocalittico di Savonarola.
III. I movimenti riformatori del XVI sec. e le loro caratteristiche:
1. Priorità delle s. scritture;
2. Salvezza per fede;
3. Sacerdozio universale dei credenti;
4. Un accenno ad altre caratteristiche.
IV. Dalla ribellione al papato della chiesa d'Inghilterra ai movimenti carismatici dei nostri giorni:
1. L'anglicanesimo;
2. Il metodismo;
3. I movimenti caratterizzati dal "battesimo dei credenti".
V. Dalla teologia della crisi alla teologia della speranza.
VI. La dimensione ecumenica.

I - Origine ed estensione del termine

Il termine protestantesimo indica il complesso e multiforme movimento riformatore che ebbe inizio nel XVI sec.

Esso trae origine dalla solenne "protesta" che città e principi evangelici della Germania avevano elevato, il 19 aprile 1529, contro le decisioni della Dieta di Spira la quale esigeva la restaurazione della gerarchia e del culto romano nei paesi che li avevano soppressi.

Da ciò l'appellativo di "protestanti" agli Stati evangelici.

In seguito il termine venne anche utilizzato per indicare i movimenti riformatori dei secoli successivi.

Ad esso, che conserva un tono antiromano e accentua l'atteggiamento critico, si preferisce da molti quello meno polemico di "evangelico" che sottolinea l'elemento positivo della Riforma: il ritorno al messaggio evangelico originario.

Viene anche usato, almeno per una parte delle chiese scaturite dalla Riforma, il termine di "riformate", a sottolineare il proposito di continua disponibilità al rinnovamento della chiesa: Ecclesia reformata, semper reformanda.

L'anglicanesimo, anche se per comodità di collocazione cade sotto il termine generico di protestantesimo, rivendica un posto a sé nell'ambito dei vari movimenti riformatori, proclamando, insieme alla chiesa cattolica ed a quella ortodossa, il suo carattere universale.1

II - Esigenza di rinnovamento

L'esigenza di un rinnovamento nella chiesa, che ebbe la sua esplosione con la Riforma del XVI sec., si era manifestata anche in vari settori dell'episcopato cattolico.

Ne sono prova le discussioni al riguardo in vari concili: Vienne ( 1311 ), Pisa ( 1409 ), Costanza ( 1414-18 ), Basilea ( 1441-49 ).

Una chiara manifestazione di protesta contro i mali di cui la chiesa soffriva, si era concretizzata anche col rifugiarsi della pietà cristiana nell'ascetismo dei chiostri.

Ricordiamo, fra tutte, la possente voce contestatrice delle prevaricazioni della chiesa d'Occidente elevata da Bernardo da Chiaravalle ( 1090-1153 ), fervente studioso di Agostino, autore del cantico Re coperto di ferite.

1. Dall'etica del pauperismo allo spiritualismo gioacchimita

Il pauperismo ( neologismo di pauper = povero ), ha trovato le sue prime manifestazioni nel movimento dei Càtari ( kataros = puro ) di cui si hanno le prime notizie in Italia verso il 1030 a seguito della lotta contro gli eretici del Castello di Monforte, presso Alba: presso i Càtari, infatti, sono già presenti molti degli elementi ricorrenti nei movimenti pauperistici del XII sec.: rivendicazione di un privilegiato stato di purezza dottrinale di fronte alla decadenza e alla corruzione del mondo e della chiesa, rigorosa disciplina spirituale ed etica, riscoperta della povertà evangelica.

Ma se ne distaccò anche per il suo netto rifiuto della chiesa gerarchicamente intesa, la sua condanna del mondo come materia e quindi come prodotto diabolico, il suo rifiuto dell'esperienza ecclesiastica come vita sacramentale e la sua contestazione radicale del vivere cum Ecclesia.

È accanto a questa eresia di tipo dualistico che aveva elementi in comune con l'antico movimento manicheo che sorgono, e spesso vengono alimentati ( come nel caso degli Albigesi in Francia ), movimenti popolari di rinnovamento che hanno un più spiccato carattere pauperistico, suscitati da uomini di diversa estrazione e diversa personalità, ma tutti desiderosi di rinnovare la vita della chiesa partendo dalla riscoperta della povertà evangelica.

Ricordiamo i più significativi:

Arnaldo da Brescia ( 1100-1155 ), apostolo del ritorno del clero alla povertà apostolica, acceso avversario del potere temporale del papa, sostenitore della creazione di un libero comune in Roma e, a causa di ciò, impiccato e quindi bruciato in tale città.

Pietro Valdo ( 1140-1217 ), o Valdus ( il nome Pietro venne utilizzato solo due secoli più tardi ), un mercante lionese ( Poveri di Lione ) convertitosi alla povertà evangelica.

Sosteneva l'esigenza di un ritorno della chiesa ad un ideale di vita apostolica e rivendicava anche al laicato il diritto della pubblica predicazione dell'evangelo.

I suoi seguaci presero a fondamento della loro vita spirituale la pratica del Sermone sul monte dando largo posto al sacramento della penitenza, affermando che la pietà doveva avere il sopravvento sul legalismo.

Curavano in modo particolare la preghiera e celebravano la s. Cena come pasto comunitario col pane e col vino.2

Francesco d'Assisi ( 1182-1226 ), la cui vita e la cui azione riflettono l'ansia di rinnovamento che fermentava nella chiesa con una chiara accentuazione dell'esigenza di un ritorno alla povertà evangelica [ v. Uomo evangelico ].

La chiamata che egli accoglie come rivoltagli direttamente da Cristo mentre è in preghiera nella chiesa di s. Damiano: « Francesco, va' e ripara la mia chiesa che cade in rovina », anche se in un primo momento venne interpretata in senso materiale, divenne poi un appello che si trasformò in fermento di profondo rinnovamento spirituale.

Il suo Cantico delle creature, composto in mezzo alle sofferenze della grave infermità che lo porterà a concludere la sua esistenza terrena alla Porziuncola, è un messaggio di fede gioiosa e limpida in un secolo travagliato e, sotto molti aspetti, cupo.

È giusto notare che fu la lungimiranza di Innocenze III a trasformare il francescanesimo in istituzione clericale impedendo che diventasse un movimento ereticale.

Gioacchino da Fiore ( 1130-1202 ), anima di mistico e di profeta che matura il disegno di un rinnovamento della chiesa partendo da una lettura "spirituale" della bibbia.

La sua prospettiva universalistica della storia, a mezzo fra realtà e utopia, è carismaticamente intrisa della visione di una chiesa attiva e rinnovata.

La visione profetica che lo anima va oltre le punte più avanzate ed incisive dei movimenti pauperistici che si battevano per una riforma della chiesa proponendo un ideale evangelico di povertà.

Essa scaturisce dall'afflato dello Spirito e si esprime in una metrica triadica spirituale e storica ad un tempo: dopo il regno del Padre ( sotto la legge dell'AT ) e quello del Figlio ( sotto la legge del NT ) egli annuncia, pur sotto il segno della osservanza di entrambe le leggi, il regno dello Spirito: ante legem, sub lege, sub gratia.

Il suo pensiero ebbe grande risonanza nell'Italia degli ultimi secoli del medioevo e da esso fu intimamente colpito anche Dante che definì il monaco calabrese « di spirito profetico dotato ».

2. Dalla protesta religiosa di Wyclif al profetismo apocalittico di Savonarola

La decadenza del papato nel periodo avignonese aveva rafforzato, anche in Inghilterra, un atteggiamento nazionalistico di indipendenza dalla curia papale, dovuto anche alle sue pressioni fiscali, alimentando una corrente riformatrice dei costumi e della dottrina della chiesa.

Di una tale corrente si fece interprete soprattutto Giovanni Wyclif ( 1322-1384 ), soprannominato dai suoi seguaci "dottore evangelico".

Egli seppe dirottare la protesta nazionale in protesta religiosa, appoggiato per sentimento nazionalistico dalla corte e tollerato dalla chiesa anche quando in una sua opera: Del dominio civile ( 1376 ) prese a contrapporre l'ideale della povertà evangelica alla ricchezza dell'alto clero e ad affermare che i beni della chiesa erano dati da Dio in uso temporaneo per essere usati alla sua gloria, e non in proprietà per disporne a piacimento.

Fu però tacciato di eresia quando cominciò ad asserire che unica autorità per il credente non era la chiesa ma la bibbia, che i laici avevano il diritto di conoscere la s. scrittura nella propria lingua ( tradusse infatti la Vulgata in inglese ), che la concezione gerarchica della chiesa è contraria alle s. scritture.

Questo docente di filosofia, teologia e anche matematica all'università di Oxford prese poi ad insegnare che la dottrina sulla s. Cena era contraria alla transustanziazione e che le indulgenze, le opere supererogatorie, il culto dei santi e delle immagini, le reliquie e la confessione auricolare contrastavano con gli scritti neotestamentari.

Si affacciavano già, quindi, chiaramente, tutti i temi che verranno ripresi dalla "protesta" che esploderà due secoli dopo.

Giovanni Huss ( 1369 ca. - 1415 ) che aveva studiato all'università di Praga e ne era diventato rettore, venuto a conoscenza delle idee di Wyclif attraverso alcuni esuli boemi rientrati dall'Inghilterra, ne lesse gli scritti e ne adottò la protesta respingendo però la negazione della transustanziazione.

La corrente hussita ebbe numerosi seguaci fra i quali la corrente più radicale detta dei taboriti, la quale respingeva tutto quanto nella fede e nella pratica della chiesa non avesse origini scritturali.

Alcuni di essi, verso la metà del XV sec., formarono la Unitas Fratrum ( o Fratelli Moravi ) dai quali derivò la chiesa morava tuttora esistente.

Giovanni Huss, condannato dal concilio di Costanza ( 1414-1418 ) morì sul rogo il 6 luglio 1415 seguito nello stesso supplizio, quasi, un anno dopo, dal suo discepolo Girolamo da Praga ( 1380-1416 ) che si era recato a Costanza per difendere il suo maestro.

L'hussitismo, anche accogliendo l'eredità del gioacchimismo, aveva alimentato, in vasti settori impegnati al rinnovamento della chiesa, la corrente profetico-apocalittica.

Animato da tali idee sembra essere stato il francescano Giovanni Hilten, morto in carcere verso il 1500.

La maggiore figura che si riallaccia a questa corrente è certamente quella del frate domenicano Girolamo Savonarola ( 1452-1498 ) la cui voce si levò non solo contro la tirannide politica dei Medici e del papato, ma anche per reclamare il ritorno della chiesa alla semplicità apostolica.

Egli nelle sue prediche non attaccava alcun dogma della chiesa ma la chiamava con veemenza al ravvedimento sollecitandola ad un maggior amore per la s. scrittura, profetizzando, in caso contrario, gravi calamità.

Alcune delle sue profezie si avverarono aumentando il suo credito nel popolo fiorentino, mentre altre non si compirono.

Sosteneva comunque che la salvezza non si ottiene per opere e per meriti, ma soltanto mediante la fede nell'azione redentrice di Cristo.

A chi nel giorno del supplizio, consumato il 23 maggio 1498 in Piazza della Signoria a Firenze, voleva confortarlo, rispondeva: « Nell'ora estrema solo Iddio può confortare ».

III - I movimenti riformatori del XVI sec. e le loro caratteristiche

L'inizio della riforma protestante viene fatta risalire alla vigilia del giorno d'Ognissanti del 1517 nel quale Martin Lutero3 affisse alle porte del castello di Wittemberga le sue 95 tesi contro le indulgenze.

In quello stesso periodo di tempo, indipendentemente da Lutero, iniziano la loro predicazione Ulrico Zuinglio4 nella Svizzera tedesca e Giovanni Calvino5 in quella francese.

Inoltre il teologo calvinista francese Lefèvre d'Etaple ( 1455-1536 ) traduce nella sua lingua tutta la bibbia.

Questa simultaneità dei movimenti riformatori, sorti spontaneamente in paesi diversi ed in particolari situazioni storiche, presenta, malgrado alcune inevitabili differenziazioni, una fondamentale unità.

« Le differenze si possono cogliere adeguatamente soltanto sullo sfondo di tutto ciò che essi hanno in comune » ( G. W. Locher ).

Questa fondamentale unità nasce dall'esigenza di un ritorno all'autorità della s. scrittura, da un recupero del valore della fede in antitesi ad ogni legalismo che pretenda assicurare la salvezza dell'uomo, dal rifiuto di ogni limitazione o usurpazione della grazia di Dio da parte di istanze umane.

Le dottrine comuni e fondamentali del protestantesimo possono quindi essere ridotte sostanzialmente a tre: sola scrittura, salvezza per fede, sacerdozio universale dei credenti.

1. Priorità delle S. Scritture

La bibbia è l'ispirato documento della rivelazione di Dio che ha il suo punto focale in Cristo.

Nell'AT Cristo è colui che deve venire e verso il quale convergono in speranza la Legge ed i Profeti; nel NT Cristo è testimoniato nella sua storicità, nel suo insegnamento, nel suo essersi fatto evento di redenzione nella storia e per la storia dell'individuo e dell'umanità.

Il NT, inoltre, è il canone fondamentale con la cui misura occorre sempre di nuovo giudicare ogni sviluppo della dottrina cristiana per valutarne l'ortodossia: « Perché quand'anche noi, quand'anche un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema » ( Gal 1,8 ).

È infatti alla testimonianza della verità cristiana originaria che i riformatori si sono richiamati contro i mutamenti e gli oscuramenti che essa ha subito nel corso dei secoli.

Questo non significa considerare la bibbia come un codice statico.

Anzi la Riforma ha introdotto il principio dello studio della parola di Dio alla luce di una ricerca critica, linguistica, storica e teologica.

Essa ha affermato l'aspetto dinamico della s. scrittura come voce della storia che, tramandandoci una parola del passato, ci indica un futuro aperto.

Sarebbe anche un equivoco il rifiuto delle tradizioni etichettando a priori come un abuso il fatto che esse siano oggi in vigore nella chiesa ( Hans von Campenhausen ).

2. Salvezza per fede

La dottrina della salvezza per fede sulla quale si produsse la rottura di Roma con Lutero e di Lutero con Roma, è squisitamente paolina ed ha voluto rimettere in luce che la salvezza non è una conquista dell'uomo attraverso il suo operare, ma è il dono dell'amore di Dio in Cristo: « Voi siete salvati per grazia mediante la fede, e ciò non viene da voi; è il dono di Dio » ( Ef 2,8 ).

Questo non significa che Dio compia quel che l'uomo potrebbe e dovrebbe fare.

Non si tratta di comodo pretesto per non operare, anzi di una presa di coscienza dell'esigenza di ottenere, mediante la fede, il perdono ed il rinnovamento interiore senza dei quali non possiamo operare il bene.

« La grazia non genera gente pigra.

Ci pone in una posizione di attesa ma anche di movimento » ( Manfred Linz ).

Quel che viene rifiutato nella dottrina della giustificazione per fede non è il valore ed il dovere delle cosiddette "opere buone" ma il loro effetto meritorio e salvifico.

Esse sono segno della fede, servizio che l'uomo rende a Dio.

La certezza della salvezza non dipende da una valutazione empirica del grado di santificazione raggiunto in vita, ma si fonda sull'azione di Dio in Cristo, cioè sull'azione della grazia.

Lutero afferma che "tutto è grazia" e che l'uomo vanifica la grazia quando vuole porvi accanto, come fattore determinante, l'opera propria.

3. Sacerdozio universale dei credenti

Con questa dottrina la Riforma ha riaffermato che i componenti la comunità dei credenti sono figli maggiorenni di Dio e quindi direttamente responsabili dinanzi a lui.

Il contrario di "laico" non è quindi "chierico", cioè colui che è iniziato alle cose sacre, bensì colui che è fuori della chiesa.

Da ciò un ordinamento ecclesiastico il quale mira a far sì che i membri della chiesa possano compiere, gli uni per gli altri, nella libertà e nell'amore, quel servizio che Cristo ha compiuto in modo tipico ed esemplare per tutti gli uomini e che egli vuole venga continuato per mezzo delle membra del suo Corpo: « Come pietre viventi, siete stati edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo…

Voi siete una generazione eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato » ( 1 Pt 2,5.9 ).

La Riforma mise anche in luce che se nel NT si parla di doni diversi ( Rm 12,6; 1 Cor 7,7; 1 Pt 4,10, ecc. ) e di uffici diversi ( At 1,20; Rm 12,4; Rm 13,6; 1 Tm 3,1.10, ecc. ), non vi è alcun accenno a gerarchia di ministeri o ad una mediazione sacerdotale umana: « Vi è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù » ( 1 Tm 2,5 ).

Questo non significa che ciascuno è sacerdote di se stesso, libero e sovrano nella interpretazione delle scritture, ma piuttosto che la funzione sacerdotale spetta alla comunità cristiana nel suo insieme, senza distinzione fra clero e laici, e che ogni credente è chiamato ad esaminare la vita della chiesa alla luce della parola di Dio.

Per Lutero, più che del diritto, si trattava di rivendicare il dovere del laicato a partecipare attivamente alla vita della chiesa.

La comunità non è quindi oggetto ma soggetto di cura d'anime ( mutua consolatio fratrum ); essa è responsabile della predicazione del vangelo, dell'amministrazione dei sacramenti, della disciplina interna e del suo governo.

Calvino non solo restituì al laicato parte del governo della chiesa ma riconobbe ad ogni comunità locale il diritto, di nominare quale suo ministro l'uomo che essa riteneva essere stato chiamato da Dio a un tale ufficio.

4. Un accenno ad altre caratteristiche

Se i riformatori rappresentano fondamentalmente una teologia concorde sugli elementi essenziali, ciascuno di essi accentua l'uno o l'altro elemento dando ad esso un proprio carattere peculiare.

Se Lutero sottolineava nella sua predicazione e nel suo insegnamento l'Iddio misericordioso la cui grazia chiama il credente alla libertà dei figli di Dio, Calvino accentuava non la misericordia ma l'assoluta sovranità di Dio.

Questa sovranità, che si manifesta nella natura e nella storia attraverso la provvidenza, ha nel pensiero del riformatore un'evidente nota polemica contro la concezione fatalistica diffusa nella mentalità del Rinascimento.

Da questa dottrina della sovranità di Dio discendeva per Calvino, come anche per Zuinglio, quella della "predestinazione".

Questa dottrina, che già era presente in Agostino e in Tommaso d'Aquino e che ha degli addentellati negli evangeli ( Mt 24,40; Mt 25,24; Mt 11,25-27; Mc 4,11-12; Mc 13,20.22.27, ecc. ) è nell'epistolario paolino ( Rm 8,28-30; Rm 9,11; Ef 1,3-15, ecc. ), venne radicalizzata dal riformatore ginevrino come possibilità di predestinazione a salvezza e a perdizione.

La formulazione classica di questa dottrina si trova nell'opera fondamentale del riformatore, Christianae religionis institutio, che ebbe la sua prima edizione a Basilea nel 1536: « Chiamiamo predestinazione l'eterno decreto di Dio, col quale egli ha stabilito che cosa debba avvenire di ogni singolo uomo.

Infatti non tutti vengono creati di eguale condizione: ma per gli uni viene predestinata la vita eterna, per gli altri la dannazione eterna.

Perciò, siccome ciascuno è creato per l'uno o per l'altro fine, diciamo che esso è predestinato alla vita o alla morte ».

Questa definizione così radicale venne in pratica attenuata dallo stesso riformatore il quale sottolineava l'intima unione tra fede e vita, salvezza e santificazione.

Lutero nel De servo arbitrio pone in luce come l'uomo sia colpevole del male che compie e come predestinazione e servo arbitrio derivino dalla sovrana libertà di Dio che fanno l'uomo colpevole in quanto aderisce volontariamente al male.

I teologi protestanti dei secoli successivi preferirono parlare di "prescienza" ( Dio già sa, ma non determina quanto avverrà ) e di "elezione", cioè della scelta che Dio fa dei suoi eletti perché trasformino il mondo alla sua gloria.

Questa elezione avviene in Cristo e coincide con il suo dono sulla croce.

Contro il rischio di intendere la Cena come puro simbolo e come sacramento solo commemorativo ( Zuinglio e Calvino ), Lutero afferma che nella Cena si realizza un processo di "consustanziazione", non nel senso che il pane ed il vino si trasformano ( transustanziazione ) in corpo e sangue di Cristo, ma che Cristo prende dimora nel pane e nel vino.

Secondo la dottrina luterana, nella Cena noi incontriamo Cristo ed egli è realmente presente in questo sacramento.

Questo incontro sempre nuovo non è però opera del sacerdote o del pastore che amministrano il sacramento, ma soltanto di Dio.

La preghiera "dono di Cristo e gemito dello Spirito santo" ha assunto nel luteranesimo particolare importanza come respiro comunitario.

Lutero stesso fu uomo di preghiera e ci ha lasciato un ampio commento del Pater noster ad uso delle persone semplici e numerose preghiere per uso liturgico ispirate ai salmi ed a passi scritturali.

Espressione comunitaria della fede è il canto sacro che ispirò, fra l'altro, i corali di Bach e di Cruger.

Tutti i riformatori confermarono i dogmi trinitari della chiesa antica e ribadirono il ruolo dello Spirito santo per la vita della chiesa e la retta comprensione delle s. scritture.

Lutero affermava che lo Spirito santo è al servizio di Gesù per mostrarci quello che egli è.

In polemica con quanti si vantavano di ogni genere di ispirazione da parte dello Spirito santo scriveva: « Lo Spirito santo sa solo predicare Gesù Cristo; non sa fare null'altro il povero Spirito santo ».

Ben più ampio respiro ha nel protestantesimo l'azione dello Spirito santo: « Dall'impotenza della nostra incapacità Dio stesso, mediante lo Spirito santo, trae una nostra capacità, in una forma a lui solo possibile: una capacità di vedere, di udire, di pregare, di credere, di amare » ( H. Goliwitzer ).

Preoccupati di dare delle definizioni dottrinali che potessero servire di norma alla chiesa, sia i riformatori, come i loro successori, formularono numerose "confessioni di fede".6

Per il protestantesimo è però concetto fondamentale che le confessioni di fede, come i dogmi, sono da misurare sulla scrittura.

Tutte le proposizioni dommatiche obbligano quindi soltanto se, e in quanto, esprimono la forza di persuasione della s. scrittura e colgono l'uditore con l'invito della fede.

Si tratta di « documenti teologici della storia delle religioni: nient'altro » ( Manfred Mezger ).

Il messaggio della Riforma fu soprattutto un messaggio di libertà cristiana: « liberazione dalle leggi religiose stabilite dagli uomini, dalle pratiche e dalle tradizioni, liberazione della coscienza dal peso del peccato e della paura, liberazione della meditazione teologica dalle speculazioni della filosofia, liberazione della vita sociale e politica da ogni forma di clericalismo, liberazione di tutto l'uomo per una vita al servizio di Dio » ( Valdo Vinay ).

Questo soffio di libertà non poteva non coinvolgere anche le forme della pietà religiosa e del culto rendendole talvolta più rispondenti alle esigenze della spiritualità di tempi e luoghi diversi, ma dando luogo anche a forme sperimentali destinate ad essere presto abbandonate [ v. Ecumenismo spirituale II,2,b ].

IV - Dalla ribellione al papato della chiesa d'Inghilterra ai movimenti carismatici dei nostri giorni

Se nel continente europeo la Riforma, pur trascinando e coinvolgendo talvolta i governanti, ebbe motivazioni puramente religiose, in Inghilterra si verificò il cammino inverso: prima il potere politico creò una chiesa indipendente e poi, in questa chiesa, penetrarono i principi religiosi della Riforma.

1. L'Anglicanesimo

L'origine della chiesa anglicana7 viene fatta risalire al rifiuto, da parte del cattolicissimo Enrico VIII ( 1509-1547 ), già dichiarato da Leone X defensor fidei, di riconoscere l'autorità del vescovo di Roma che gli negava l'annullamento del suo matrimonio con Caterina d'Aragona.

Malgrado questo gesto di distacco da Roma ( 1531 ) e nonostante i sia pur blandi tentativi di riforma dottrinale da parte di Cranmer ( 1489-1556 ) fatto nominare arcivescovo di Canterbury nel 1532, la chiesa d'Inghilterra era rimasta dottrinalmente cattolica.

E tale rimase anche sotto Edoardo VI malgrado la presenza in Inghilterra di protestanti, appositamente invitati dal Cranmer, che avevano dovuto lasciare la patria d'origine per motivi di fede, fra i quali Giovanni Knox, Bernardino Ochino e Pier Martire Vermigli.

Fu solo sotto il regno di Elisabetta I ( 1558-1603 ), succeduta alla cattolica Maria Tudor ( 1553-1558 ), che la riforma di carattere giurisdizionalista prese le sue caratteristiche di riforma religiosa.

E ciò con l'approvazione nel 1571 dei 39 articoli della Confessione di fede che si richiamano chiaramente alle s. scritture e che costituiscono ancora oggi la base dottrinale dell'anglicanesimo.

Questo spiega anche come il cordone ombelicale con la spiritualità cattolica non sia stato mai completamente reciso, soprattutto nel ramo della High Church.

Tale spiritualità è espressa e guidata dal Prayer Book la cui prima edizione del 1549 ebbe successive revisioni, la più importante delle quali risale al 1662.

Sotto la spinta del movimento liturgico degli anni '20 alcune significative modifiche vennero apportate nel 1928: riserva delle specie dell'eucaristia per essere portate agli infermi, uso di particolari paramenti per la celebrazione eucaristica, introduzione di alcune preghiere per i morti.

Nell'attuale fase di riavvicinamento fra anglicanesimo e cattolicesimo, per quanto riguarda l'aspetto della pietà religiosa, ha non secondaria importanza l'accentuarsi nell'anglicanesimo della vita ascetica ed il rifiorire di ordini monastici.

2. Il metodismo

Dal seno della chiesa anglicana, di cui accetterà 25 dei 39 articoli di fede, sorge nella metà del XVIII sec. il movimento di risveglio religioso suscitato da Giovanni Wesley ( 1703-1791 ), un pastore anglicano formatesi all'università di Oxford.8

Tale movimento ebbe subito caratteristiche spirituali molto marcate: studio metodico della bibbia, ore fisse riservate giornalmente alla preghiera, partecipazione quotidiana alla s. Cena, pratica delle opere di carità.

Da ciò il nomignolo derisorio di "metodisti", rimasto poi ad indicare gli appartenenti alla chiesa sorta da tale movimento.

Quando la chiesa anglicana impedì a Wesley di predicare nei suoi templi, egli iniziò la sua predicazione itinerante all'aperto rivolgendosi particolarmente alle masse del proletariato emerse dal sorgere della società industriale.

La sua predicazione era soprattutto appello alla conversione per un radicale mutamento dello stile di vita.

In campo sociale suscitava crociate contro lo schiavismo, l'alcoolismo, la prostituzione e si concretizzava in opere di assistenza a favore di coloro che ne erano vittime.

Wesley non volle mai separarsi dalla chiesa anglicana e mantenne quindi alla sua azione il carattere di "movimento" organizzandolo in "società", suddivise in "gruppi" e quindi in "classi".

Queste ultime, composte da dodici membri, si radunavano settimanalmente sotto la responsabilità di un laico che ne aveva la guida spirituale.

Solo dopo la sua morte il movimento si costituì in chiesa separata da quella anglicana di cui conservò, sia pure in forma semplificata, la ricchezza liturgica.

Più che sulla dottrina il metodismo pone l'accento sulla vita pratica e sull'esperienza religiosa.

Uno dei momenti più vivi dell'espressione della fede si ha nell'innologia che ebbe il suo maggiore artefice in Carlo Wesley, fratello di Giovanni.

Caratteristiche della sua spiritualità sono la piena certezza della salvezza mediante la testimonianza interiore dello Spirito santo ed il dovere del credente di realizzare la propria santificazione, mediante l'aiuto della grazia, per tendere alla perfezione nell'amore.

Al laicato viene riconosciuto, dopo adeguata preparazione, il diritto alla predicazione e, in casi particolari, l'amministrazione dei sacramenti,

3. I movimenti caratterizzati dal "battesimo dei credenti"

È anche ad un ex pastore anglicano, John Smyth ( 1570-1612 ), che si fa risalire il sorgere, in 0landa, delle prime comunità di tipo battista.

Egli si ricollegava idealmente all'anabattismo che si riprometteva il rinnovamento della chiesa fino alle conseguenze più radicali.

L'anabattismo, affermando che la chiesa doveva essere composta soltanto da credenti, sosteneva che si entrava a farne parte non per diritto di nascita ma solo per decisione personale attraverso il battesimo degli adulti.

I Battisti si affermarono soprattutto negli USA nel sec. XVIII e nel XIX si diffusero in ogni parte del mondo mantenendo le caratteristiche del puritanesimo in seno al quale si erano sviluppati.

Il battesimo dei credenti come testimonianza di fede e segno della grazia divina, il sacerdozio universale dei credenti che abolisce ogni distinzione fra pastori e laici, l'organizzazione ecclesiastica a carattere congregazionalista che sostiene l'autonomia della comunità locale, sono caratteristiche che accentuano il carattere di una religiosità vissuta che fa appello costante all'impegno personale.

Essendo Dio la fonte di ogni benedizione temporale e spirituale, a lui dobbiamo tutto quello che abbiamo e siamo.

Questo debito è appello alla evangelizzazione ( da ciò il forte impulso missionario ) e all'amore verso il prossimo ( opere sociali ).

Il rifiuto di ogni ritualismo produce una spiritualità spontanea e talvolta individualistica.

Il battesimo degli adulti, sia pure con diverse accentuazioni dottrinali, è praticato dalla maggior parte delle chiese sorte dai fermenti spirituali della seconda metà del XIX sec. e degli inizi del XX.

Esse hanno in comune un rigido biblicismo, una tendenza a separarsi dal "mondo" e da chi non condivide in campo religioso i loro princìpi, una forma di pietà religiosa che rifugge da tradizioni, formulazioni teologiche, manifestazioni liturgiche.

Fra tali chiese ricordiamo quelle suscitate dai movimenti più significativi.

I Darbisti, dal nome del più dinamico fra i suoi iniziatori, John Nehon Darby ( 1800-1882 ), o Plimuttisti, dal nome della città di Plymouth dove si costituì il nucleo più importante, o Fratelli dalla caratteristica della loro organizzazione ecclesiastica che rifiuta ministeri specializzati attribuendo a tutti i credenti - purché riconosciuti tali dalla "adunanza" - il diritto di intervenire nel culto pubblico secondo l'ispirazione del momento.

Gli Avventisti del settimo giorno, o Sabatisti, suscitati dalla predicazione di un battista, William Mjller ( 1782-1849 ).

Oltre a ristabilire il sabato come "giorno del Signore", si ricollegano ai movimenti millenaristici ponendo al centro del loro interesse religioso il prossimo ritorno di Cristo e praticano il principio ebraico della "decima".

Il forte accento posto sull'osservanza di precisi precetti, sollecita l'impegno personale più sull'azione che sulla spiritualità dalla quale, comunque, esula ogni componente mistica.

I Pentecostali considerano l'origine del loro movimento una riunione svoltasi a Los Angeles ( Cal. ), nell'aprile del 1906.

In essa W. I. Seymour, conduttore della comunità, suscitò una tale ondata di fervore religioso che i presenti cominciarono a parlare in lingue sentendosi partecipi di una nuova pentecoste.

Essi praticano uno stretto biblicismo ( Full Gospel ), cioè il "pieno evangelo", amministrano ai credenti il battesimo d'acqua per immersione e invocano il battesimo dello Spirito santo il quale soltanto procura il dono delle lingue ( glossolalia ) o della loro interprefazione.

Sostengono la guarigione per fede mediante l'imposizione delle mani.

La loro spiritualità ha la sua espressione più forte nella preghiera comunitaria di invocazione dello Spirito che si esprime anche nel canto dell'"assemblea" suscitando momenti di grande emotività, di fervore collettivo e di rapimento mistico.

Il pentecostalismo ha precorso gli attuali movimenti ( v. ) carismatici suscitati in vari settori della cristianità come segno della esigenza di un risveglio spirituale nella chiesa.

Ali moderate del pentecostalismo sono le Assemblee di Dio e la Chiesa apostolica.

Quest'ultima cerca di far rivivere nel nostro tempo il ruolo ecclesiastico degli "apostoli" e dei "profeti".

La Church of Christ, costituitasi nel 1832 quando i vari rami del "movimento di restaurazione del cristianesimo apostolico" trovarono una coesione unitaria, si ricollega ai movimenti fondamentalisti del XIX sec.

Il battesimo degli adulti ( credenti-responsabili ) non ha per essa valore sacramentale ne di aggregazione alla chiesa, esprimendo soltanto l'aspetto del discepolato: seguire Gesù.

Non possono in alcun modo considerarsi parte del protestantesimo movimenti para o pseudocristiani come i Mormoni, i Testimoni di Gehova, la Chiesa del Regno di Dio, i Bambini di Dio, ecc.

V - Dalla teologia della crisi alla teologia della speranza

Le molteplici correnti teologiche che si manifestano nel protestantesimo sono segno di una tendenza a non fossilizzarlo in posizioni che sono sempre relative, e tanto meno nella loro formulazione: « L'avventura teologica è sempre nuova e non è possibile accontentarsi di formule messe a punto in altri tempi o in altri luoghi » ( Georges Casalis ).

Il loro fiorire, sia che si tratti di riportare alla luce disattese peculiarità del messaggio cristiano, sia che si ritenga doverne correggere alcune deviazioni o fossilizzazioni, viene sempre relativizzato dalla esigenza di confronto con la s. scrittura.

Alcune accentuazioni che hanno caratterizzato la teologia del nostro secolo erano già presenti in Christoph Blumhardt ( 1842-1919 ) con la sua "teologia del mondo" ed in Wilfred Monod ( 1867-1943 ) che aveva messo in luce le esigenze sociali del cristianesimo.

Il teologo più significativo del nostro secolo è senza dubbio Karl Barth ( 1886-1963 ).

Egli dà vita alla "teologia dialettica" ( o "della crisi" ) in contrapposizione al liberalismo teologico che aveva avuto i suoi rappresentanti più eminenti in Friedrich Schleiermacher ( 1768-1834 ) e in Ernst Troltsch ( 1865-1923 ).

In contrapposizione alla teologia liberale, Barth diventa l'araldo della trascendenza di Dio ed afferma l'Iddio "totalmente altro" il quale non può essere affermato dall'uomo a meno che Dio stesso non voglia a lui rivelarsi.

Egli rifiuta anche ogni "teologia naturale" in quanto la possibilità di attingere la conoscenza di Dio non viene ne dalla ragione, ne dalla natura, ne dalla storia, ma solo dalla rivelazione in Cristo Gesù.

Tale conoscenza è un "evento" voluto da Dio, un atto del governo di Dio nella sua chiesa e nel suo popolo.

Momento di fondamentale importanza della svolta teologica barthiana è la cosiddetta "concentrazione cristologica" nella cui prospettiva si sviluppa la sua monumentale opera dogmatica.

Coetaneo di Barth è Rudolf Bultmann ( 1884-1976 ) noto come il teologo della "demitologizzazione".

Egli non suole, come Hegel e Strauss, eliminare il mito ma scoprire le verità che esso cela per conciliare; la fede col pensiero scientifico moderno.

La sua non è una posizione razionalistica o riduttiva, ma una ermeneutica vista come dottrina della lingua e della fede, nonché come interpretazione dialettica della storia.

Alla teologia barthiana del "totalmente altro" fa riscontro quella dell' "essere" di Paul Tillich ( 1886-1965 ).

Questi ritiene esservi nella posizione barthiana il pericolo di dedurne che Dio abbia abbandonato al loro destino il mondo e gli avvenimenti terreni.

Sostiene, invece, la concezione di un Dio che crea ogni cosa per mezzo della sua Parola, che per mezzo di questa Parola è presente alla realtà creata e, in tal modo, è il fondamento di tutto l'essere e di tutta la struttura dell'essere.

Ritenendo necessaria una collaborazione ed un confronto tra teologia e filosofia, afferma peraltro che « la teologia che possiamo praticare è quella dell'uomo "ancora" cieco e ciononostante "già" illuminato dalla grazia di Dio in vista di una conoscenza precisa… che si produrrà più tardi ».

Con la sua critica sia a Barth come a Bultmann, soprattutto con la sua visione di un "cristianesimo non religioso" e di una "chiesa per il mondo", Dietrich Bonhoeffer ( 1906-1945 ), l'eroe della "chiesa confessante" in Germania, sembra aprire la strada allo sviluppo della multiforme "teologia radicale": da quella della "morte di Dio" a quella della "rivoluzione".

È più giusto sottolineare come egli si sia proposto angosciosamente come scoprire un vocabolario ed un'espressione non religiosa per dire, in mezzo alla realtà del mondo, la realtà di Dio.

L'allargarsi dell'orizzonte di questo teologo è stato tracciato in modo incisivo da Eberhard Bethge, l'amico al quale egli inviava le sue lettere dal carcere: « Bonhoeffer quando aveva vent'anni ha detto ai teologi: il vostro tema è la chiesa; quando ne aveva trenta ha detto alla chiesa: il tuo tema è il mondo; e quando ne ebbe quasi quaranta ha detto al mondo: il tuo tema è quello della fiducia; è il tema proprio di Dio.

Con questo tema egli non inganna la tua esistenza ma la dischiude ».

Una aperta denuncia degli slogans demitizzatori scaturiti dalla teologia bultmanniana e dalle affrettate teorizzazioni di un'ideologia della rivoluzione troviamo sia in Oscar Culmann ( n. 1902 ), come in Wolfhart Pannenberg ( n. 1928 ), i quali negano che il messaggio cristiano debba essere riformulato tenendo conto di un mondo scristianizzato.

Nella sua opera fondamentale Cristo e il tempo ( 1946 ) Culmann, in opposizione alla concezione ciclica del tempo, propria del pensiero greco, richiama alla concezione biblica che egli considera rigorosamente lineare con il suo momento centrale in Cristo verso il quale tutto converge e dal quale tutto discende.

Pannenberg riabilita la storia come luogo della rivelazione: « La rivelazione di Dio nella storia è aperta a quanti hanno occhi per vedere: essa ha carattere universale ».

La sua "teologia della speranza" apre la strada ad una nuova corrente teologica che Jùrgen Moltmann ( n. 1926 ) riprende e sviluppa presentando, in opposizione alle correnti teologiche radicali e di ispirazione marxista, un Dio che opera nella storia degli uomini per portare l'umanità verso un futuro che dia attuazione alle speranze e alle attese di tutte le generazioni.

La sua spinta biblico-teologica all'impegno dei credenti nel mondo può però privilegiare una visione escatologica nella quale il concetto di redenzione è di fatto limitato al piano della storia umana.

La spiritualità del protestantesimo, che ha la sua espressione più palese nel culto, è stata notevolmente influenzata, negli ultimi decenni, dalle varie correnti della teologia radicale, superando però la prova con un recupero che ha anticipato nel campo liturgico quello che si sta realizzando nel settore teologico.

È infatti diffusa la convinzione che occorre opporsi alla tendenza di condizionare alla secolarizzazione la tradizione spirituale cristiana.

John Meyendorff, affermando l'esigenza di risalire alla fonte per ridare al culto cristiano la sua originale funzione pasquale, si chiede « se la crisi della liturgia che oggi costatiamo non derivi soprattutto da una secolarizzazione del culto troppo facilmente introdotta e accettata ».

E Mare Gibbard pone il bisturi più in profondità quando afferma che « dietro la nostra crisi del culto vi è una crisi generalizzata della fede ».

Se quindi da un lato si insiste giustamente sulla necessità che ne il culto comunitario ne la preghiera personale debbono conformarsi a modelli stereotipati col rischio dell'inautenticità o di un pietismo introverso, altre voci ricordano alle chiese e ai credenti la necessità di entrare nel santuario dell'uomo interiore e di comunicare con Dio nella contemplazione e nella gioiosa adorazione: « Ogni tentativo di forme nuove di culto non deve essere guidato dalla sete di novità, ma dalla sete di rendere a Dio un culto autentico » ( J. J. von Allmen ).

Se le crisi spirituali del nostro tempo spingono i cristiani a fare nuove esperienze nell'adorazione e nella preghiera ed il rinnovamento del culto può rispondere ad esigenze ambientali e culturali, « tutto quanto facciamo non è che una preparazione all'azione dello Spirito che solo può vivificare il nostro culto » ( Uppsala 1968, Documento su « Il culto reso a Dio in un'epoca secolarizzata » ).

VI - La dimensione ecumenica

L'ecumenismo, come movimento per l'unità della chiesa, ha avuto il suo sviluppo nel protestantesimo a partire dalla metà del sec. scorso.

Esso segnò il superamento dell'apologetica e della controversia, sia di fronte alla responsabilità missionaria della chiesa, sia nel confronto con le nuove istanze sociali.

Primi segni di questa nuova esigenza di solidarietà furono vari organismi a carattere internazionale ed interconfessionale: Associazione cristiana dei giovani [ YMCA ] ( 1845 ), Alleanza evangelica universale ( 1847 ), Federazione universale studenti cristiani ( 1895 ), Alleanza mondiale delle chiese per l'amicizia internazionale ( 1915 ), ecc.

L'inizio del movimento ecumenico del nostro tempo viene però fatto risalire alla Conferenza mondiale missionaria di Edimburgo ( 1910 ) che diede vita ai due movimenti Faith and Order ( Fede e costituzione ) e Life and Work ( Vita e azione ).

Da essi sorgerà nel 1948 il World Council of Churches ( Consiglio mondiale delle chiese ) di cui originariamente facevano parte solo le cosiddette chiese protestanti.

Il suo primo Segretario generale, W. A. Visser't Hooft, così ne espresse le caratteristiche: « Il Consiglio mondiale delle chiese non deve pretendere di rappresentare "l'Una Sancta", ma può e deve proclamare che è un corpo nel quale e per il quale, quando piacerà a Dio, "l'Una Sancta" si manifesterà ».

Le successive assemblee mondiali ebbero luogo ad Evanston, nell'Illinois ( 1954 ), a Nuova Dehli ( 1961 ), ad Uppsala ( 1968 ) ed a Nairobi ( 1975 ).

Attualmente ne fanno parte anche le chiese ortodosse e la chiesa cattolica, ad iniziare dalla Assemblea di Uppsala, invia una sua delegazione ufficiale di "osservatori".

In occasione della Assemblea di Nairobi è stato anche iniziato un dialogo con le religioni non cristiane.

La base di fede del W.C.C., riveduta a Nuova Dehli, è di chiara ispirazione nicena: « Il Consiglio mondiale delle chiese è un'associazione fraterna di chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le scritture e si sforzano di rispondere insieme alla loro comune vocazione per la gloria del solo Dio Padre, Figlio e Spirito santo ».

Il dialogo ecumenico, ormai esteso a tutte le componenti della cristianità, si esprime essenzialmente negli incontri a livello teologico ed in quelli di preghiera e di riflessione comune della Parola di Dio.

Gli incontri a livello teologico hanno numerose commissioni a carattere nazionale e settoriale ma vengono portati avanti soprattutto con il "Gruppo misto di lavoro fra la chiesa cattolico-romana ed il Consiglio ecumenico delle chiese", nonché nelle Commissioni miste fra teologi cattolici e quelli delle Alleanze confessionali mondiali ( anglicana, luterana, riformata, metodista, ecc. ).

La "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani" ha superato la fase della conversione degli uni agli altri in quanto « nessuno ha il diritto di pregare affinché soccomba una determinata chiesa cristiana e trionfi la propria » ( Gunner Rosendal ).

L'esigenza ormai riconosciuta è quella della rinnovata conversione, degli uni e degli altri, a Cristo.

Viene cioè realizzato quell' ( v. ) ecumenismo spirituale che faceva scrivere a Paul Couturier, già nel 1944: « Bisogna domandare allo Spirito di Dio la luce per distinguere il bene ovunque si trovi, negli altri come in noi, e più ancora negli altri, dove siamo meno inclini a vederlo, che in noi ove siamo portati ad esagerarlo come se fosse opera nostra ».

Il cammino dell'ecumenismo è oggi sostenuto dalla sempre più chiara consapevolezza espressa felicemente da un vescovo ortodosso russo, Platone di Kiev: « I muri della separazione non giungono fino al cielo ».

Sua spiritualità Ecumenismo II,2
Imitazione e sequela Modelli II,2
… e azione Ecumenismo II,2
… e iconografia Immagine IV
… e rivelazioni private Veggente III

1 Secondo le più recenti statistiche i protestanti, nel mondo, superano di poco i 300 milioni: 73 milioni di luterani, 65 di anglicani, 55 di riformati o presbiteriani, 54 di battisti o in genere congregazionalisti, 38 di metodisti; il rimanente appartiene a movimenti o chiese di carattere fondamentalista.
In Europa i protestanti sono circa 120 milioni; di cui 30 di anglicani, 32 di luterani, 19 di riformati, 5 di battisti e 4 di metodisti.
In Italia non vi è una esatta statistica ma si calcola siano circa 200.000 di cui 90.000 pentecostali, 35.000 valdesi, 11.000 battisti, 10.000 plimuttisti, 9 mila metodisti, 8.000 avventisti, 5.000 luterani e gli altri appartenenti a chiese o movimenti di minore entità numerica
2 I valdesi si diffusero nel XIII e XIV sec. nella Francia meridionale, nel nord Italia, in Germania, in Boemia, Ungheria e Polonia trovando ovunque persecuzione come eretici. All'inizio del XVI sec, rimanevano solo alcuni gruppi fra i quali quelli nelle Alpi Cozie ( dette ancora oggi Valli Valdesi ).
Furono questi gruppi che in un sinodo generale, convocato a Chanforan nella Valle d'Angrogna (1532), decisero di aderire alla riforma calvinista accettandone i principi dottrinali
3 Nacque a Eisleben, nella Turingia il 10 novembre 1483. Studiò dapprima a Magdeburgo poi a Eisenach quindi a Erfurt dove conseguì nel 1505 il titolo di magister artium.
In quello stesso anno mentre era già iscritto alla facoltà di giurisprudenza, sorpreso da un temporale e nello spavento di una folgore cadutagli accanto gridò: « Sant'Anna, aiutami e mi faccio monaco! ».
Mantenne il voto, entrò nel convento degli agostiniani, nel 1507 venne ordinato sacerdote e nel 1512 conseguì il dottorato in teologia.
Nel 1515 è nominato vicario distrettuale per i conventi del suo ordine in Sassonia e Turingia.
Aiutato dal suo superiore Staupitz matura la sua crisi spirituale che egli stesso definisce « un combattimento per trovare un Iddio misericordioso » e giunge all'intuizione della dottrina della "giustificazione per fede" ricollegandosi attraverso s. Paolo all'insegnamento di Agostino.
Incolpato di eresia non ritratta ne ad Augusta (1518) ne dinanzi alla Dieta imperiale di Worms (1521) e con la protezione dell'Elettore di Sassonia viene messo al sicuro nel castello della Wartburg dove, fra l'altro, traduce in lingua volgare l'AT ed il NT.
La riforma luterana, malgrado la posizione assunta da Lutero contro la rivolta dei contadini, si diffuse rapidamente in Germania, facilitata in seguito dalla Lega di Smalcalda (1531). Morì il 18 febbraio 1546 a seguito di un attacco cardiaco mormorando più volte; « Nelle tue mani rimetto il mio spirito »
4 Nasce a Wildhaus nel Toggenburg il 1 gennaio 1484. Studia alle università di Vienna e di Basilea e nel 1506 viene nominato parroco di Glarona dove rimase fino al 1516 dedicandosi agli studi umanistici e alla lettura in greco del NT. Viene poi trasferito a Einsiedein e quindi a Zurigo come parroco della cattedrale (1519).
Qui inizia un'opera di riforma incontrando l'opposizione del vescovo di Costanza e l'appoggio del Consiglio cittadino.
Dopo aver rinunciato all'ufficio di parroco ma mantenendo quello di predicatore prosegue la sua azione riformatrice che si estende a Berna, Basilea e S. Gallo.
Muore a Kappel l'il ottobre 1531 mentre assiste come cappellano le milizie di Zurigo attaccate da quelle dei cantoni rimasti cattolici
5 Nacque a Noyon in Piccardia il 10 luglio 1509. Studiò a La Marche e Montaigu, quindi a Orléans dove nel 1532 terminò i suoi studi in giurisprudenza.
Trasferitesi a Parigi per iniziarvi gli studi umanistici frequentò ambienti interessati alla Riforma alla quale aderì.
Fu in Italia nel 1535 ospite di Renata d'Este, duchessa di Ferrara, alla cui corte trovavano rifugio numerosi ugonotti.
Di passaggio da Ginevra venne quasi costretto dal riformatore Guglielmo Farei a fermarsi in quella città (1536) per dedicarsi all'insegnamento della s. scrittura e alla predicazione, ma due anni dopo è costretto dal partito ostile alla riforma a lasciare Ginevra dove può rientrare nel 1541.
Nella lotta da lui condotta per combattere le eresie che si manifestano sulla spinta dello spirito riformatore si ebbero numerosi processi da lui provocati , fra i quali quello contro Michele Serveto che negava la dottrina trinitaria e che si concluse con la condanna al rogo (nel 1903 i protestanti di Ginevra eressero sul luogo un monumento espiatorio).
Dopo la vittoria dei suoi sostenitori (1555) potè liberamente strutturare la vita religiosa e civile della città e diffondere i principi della Riforma in varie regioni d'Europa.
Morì a Ginevra il 17 maggio 1564.
La sua tomba, avendo egli desiderato che non recasse alcun segno, non è stata più ritrovata
6 Ricordiamo le principali: Augustana (1530), letta dinanzi a Carlo V alla Dieta che questi aveva convocato ad Augusta;
Articoli di Smalcalda (1537) redatti da Lutero in vista del concilio convocato da Paolo III a Mantova;
Helvetica posterior (1566) che servì a Federico III per essere scagionato dall'accusa di eresia;
Gallicana, detta anche Confessione della Rochelle, redatta da Calvino per il sinodo nazionale degli ugonotti, rielaborata dai valdesi in francese nel 1655 e in italiano nel 1662;
di Westminster (1647) preparata nel periodo della rivoluzione di Cromwell.
Fra le più recenti è giusto ricordare quella di Barmen (1934) adottata dal Sinodo della chiesa confessante in Germania
7 Sarebbe più giusto parlare di "comunione anglicana" in quanto l'anglicanesimo, favorito dall'espansione del colonialismo britannico e accompagnato da un vigoroso sforzo missionario, ha avuto un'ampia disseminazione geografica in tutti i continenti dando luogo a chiese che hanno risentito di varie influenze.
Anche se i termini appaiono oggi antiquati e non sempre rispondenti ad una effettiva diversificazione, quelli di "chiesa bassa" ( Low Church ), "chiesa alta" ( High Church ) e "chiesa larga" ( Broad Church ) indicano pur sempre le varie correnti esistenti nell'anglicanesimo che, proprio per questa coesistenza di posizioni, ha un posto di rilievo nel dialogo ecumenico
8 Nacque a Epwort nel Lincoinshire il 17 giugno 1713.
Studiò ad Oxford filosofia, filologia e quindi teologia. Nel 1728 venne ordinato pastore anglicano.
Ad Oxford, insieme al fratello Carlo e ad alcuni studenti di quella università, costituì un cenacolo per la preghiera, lo studio dell'evangelo, l'assistenza ai poveri e agli infermi che venne chiamato per scherno Holy club ed i suoi mèmbri "metodisti".
Dopo un non felice soggiorno in Geòrgia (America del Nord) mentre assisteva a un'adunanza dei Fratelli Moravi, nella quale si leggeva la prefazione di Lutero all'Epistola ai Romani, avvenne quella che egli chiamò la sua conversione (24 maggio 1738) e per la quale, pervaso come egli stesso dichiara da un "fuoco interiore", iniziò la sua azione di risveglio percorrendo tutta l'Inghilterra e raggiungendo anche il Galles, l'Irlanda e la Scozia.
Si calcola abbia percorso a cavallo 350.000 km. predicando 42.000 volte.
Una delle sue ultime frasi, prima della morte (2 marzo 1791) fu: « Il meglio di tutto è Dio con noi »