Meditazioni per le domeniche dell'anno

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MD 10

IV domenica dopo la festa dei Re
( Mt 8,23-27 )

Dobbiamo essere fedeli all'obbedienza, nonostante le tentazioni più violente

1 Gesù salì in barca; sul mare si scatenò una grande tempesta e la barca era coperta dalle onde.

I discepoli lo avvertirono.

Egli si alzò e comandò ai venti e al mare di calmarsi e si fece una grande calma.

I presenti rimasero molto sbalorditi e dicevano: Ma chi è mai costui, al quale i venti e il mare obbediscono!

Essere nella barca assieme a Gesù e ai suoi discepoli è come essere in una Comunità regolare, perché chi ne fa parte ha già abbandonato il mondo per seguire Gesù e si è quindi messo sotto la sua guida e nel numero dei suoi discepoli.

Lì è al riparo dai marosi del mare tempestoso di questo mondo, cioè da un gran numero di occasioni che potrebbero portarlo a offendere Dio.

Non è però libero dalle sofferenze morali e dalle tentazioni.

Le più pericolose e le più nocive sono quelle che ci spingono a disobbedire, ovvero a obbedire ma non nel modo richiesto.

Nessuno dubita che siamo entrati in Comunità per vivere sotto l'obbedienza; quindi se ci allontaniamo da essa, ci priviamo delle grazie che ci sono tanto necessarie per essere fedeli alla nostra vocazione.

È perciò molto importante che chi vive in Comunità abbia a portata di mano i mezzi per premunirsi da queste tentazioni.

Voi siete continuamente esposti a queste tentazioni; è dunque opportuno che possiate usufruire dei rimedi che vi garantiscono dalle loro perniciose conseguenze.

Dovete indirizzare la vostra attenzione e la vostra applicazione a questo scopo, perché da esso dipende ordinariamente la fedeltà alla vocazione.

Chiedete insistentemente a Dio che vi insegni a obbedire, a ben obbedire, nonostante gli ostacoli e le difficoltà che il diavolo farà sorgere in voi per disgustarvene.

2 Le tentazioni e le difficoltà più considerevoli e più comuni contro l'obbedienza riguardano chi comanda e chi è comandato.

Quelle che riguardano chi comanda provengono dal fatto che si vede in lui solo un uomo, anche se sappiamo che tiene il posto di Dio.

E come tale dobbiamo sempre considerarlo perché - scrive San Paolo - non c'è autorità se non da Dio ( Rm 13,1-2 ); soprattutto quando si debbono impartire ordini, comandare o proibire loro qualcosa che concerne la salvezza.

È proprio perché gli uomini se ne rendessero conto e se ne ricordassero che quando, nell'Antico Testamento, Dio doveva impartire un ordine, concludeva così: Io sono il Signore, ovvero: Io sono Il Signore Dio tuo ( Lv 11,14 ).

Se siamo convinti che non possiamo dispensarci dall'obbedire a Dio, ne consegue che non possiamo non obbedire ai Superiori della Comunità, e che se non lo facciamo, ci rendiamo colpevoli di disobbedienza a Dio.

Ne consegue anche che qualsiasi cruccio che abbiamo contro un Superiore, esso deve riguardare solo la sua persona, non la sua qualità, perché non è personalmente a lui che obbediamo ma a Dio.

Non tirare in ballo, allora, le difficoltà personali, che potreste incontrare con i Superiori, per dispensarvi dall'obbedienza, perché è come se faceste ricadere su Dio questi pretesti.

3 La seconda specie di tentazione, che è anche la più comune, contro l'obbedienza ai Superiori, è che non si può eseguire ciò che essi comandano perché troppo difficile o ripugna al buon senso.

Nessuno di questi motivi deve impedire di obbedire, se si considera che l'ordine ricevuto e l'adesione ad esso sono voluti da Dio.

Dio sa ciò che potete fare, e che non è incline a ordinarvi cose al di sopra della vostre forze ( 1 Cor 10,13 ).

Se esse sono difficili in se stesse, sarà lui a rendervene facile l'attuazione; difatti dice San Paolo: compete a Dio darci non solo la volontà di fare il bene, ma anche le grazie di compierlo ( Fil 2,13 ).

Una volontà prevenuta e sostenuta dalla grazia divina a compiere il bene, non troverà assolutamente difficile l'attuazione di esso, perché Dio appianerà le difficoltà che potrebbe incontrare sul suo cammino.

Questo hanno riscontrato quegli inferiori che si sono gettati nel fuoco e non ne hanno risentito alcun danno, o che hanno fatto cose altrettanto difficili al primo comando dei loro Superiori.

Non ha fatto così anche Gesù accettando, per obbedienza, di compiere un passo per lui difficilissimo, quando accettò di morire crocifisso per i peccati di tutta l'umanità?

Bisogna vincere ogni ripugnanza e ogni difficoltà verso gli ordini che si ricevono, perché fare solo le cose per le quali siamo inclinati, è fare la propria volontà, non quella di Dio.

Convinciamoci, lo ripeto ancora, che obbedendo facciamo la volontà di Dio; ce lo conferma San Paolo che, rivolgendosi a chi è obbligato a obbedire, dice: Fate di buona voglia quanto dovete fare, pensando di obbedire non agli uomini ma a Dio ( Ef 6,7 ).

Cassiano aggiunge che bisogna eseguire gli ordini dei Superiori come fossero comandamenti datici da Dio dall'alto dei cieli, ai quali, senza dubbio, non mancheremo di essere fedeli, se li consideriamo come tali.

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