La città di Dio

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Politeismo monoteismo panteismo

8 - Folla degli dèi della fertilità

Cerchiamo adesso, se si è d'accordo, qual dio principalmente o quali dèi della grande folla di dèi che i Romani adoravano ritengano che abbiano allargato o difeso il loro dominio.

Nei confronti di un'opera tanto illustre e piena di tanto valore non osano certamente attribuire responsabilità alla dea Cloacina alias Volupia che ha derivato il nome da voluttà o a Libentina che lo ha da libidine o a Vaticano che sorveglia i vagiti dei bimbi o a Cunina che protegge le loro cune.

Come è possibile in un passo di questo libro ricordare tutti i nomi degli dèi e delle dee che essi non hanno potuto raccogliere in grandi volumi nell'affidare le varie cose a particolari compiti delle varie divinità?

E hanno pensato di affidare le competenze dell'agricoltura non a un solo dio, ma i fondi rustici alla dea Rusina, i gioghi dei monti al dio Giogantino e hanno preposto ai colli la dea Collatina e alle valli la dea Vallonia.

Non sono riusciti neanche a trovare una Segezia alla quale affidare tutto in una volta i seminati ma stabilirono che i grani seminati, finché rimanevano sotto terra, avessero come custode la dea Seia e quando venivano fuori e producevano le messi la dea Segezia e preposero al frumento raccolto nei granai, affinché venisse tutelato, la dea Tutilina.

Ognuno avrebbe pensato che doveva bastare la Segezia fino a tanto che il seminato dagli inizi erbosi arrivasse alle spighe mature.

Ma per individui i quali amavano la ressa di dèi non bastò che l'anima sventurata, sdegnando il casto abbraccio del Dio vero, si prostituisse con una folla di demoni.

Misero dunque Proserpina a sorvegliare i frumenti in germoglio, il dio Noduto le giunture e nodi degli steli, la dea Volutina l'involucro dei gusci, la dea Patelana i gusci che si aprono per far uscire la spiga, la dea Ostilina le messi quando si adeguano alle spighe nuove, giacché invece di "adeguare" gli antichi hanno usato la parola "ostire", la dea Flora i frumenti quando sono in fiore, il dio Latturno quando sono lattescenti, la dea Matuta quando maturano, la dea Roncina quando sono tagliati con la ronca cioè sono mietuti.8

Non continuo perché m'infastidisce che non si vergognino.

Ho ricordato questi pochi nomi perché si capisca il motivo per cui non possono assolutamente sostenere che simili divinità hanno costruito, fatto crescere e difeso l'impero romano, dato che ciascuno è così occupato nella propria incombenza da non potere affidare a uno solo il tutto.

Quando poteva Segezia prendersi cura dell'impero se non riusciva a provvedere contemporaneamente ai seminati e alle piante?

Quando Cunina poteva darsi pensiero delle armi se la sorveglianza dei bimbi non le permetteva di allontanarsi dalle culle?

Quando Noduto poteva accorrere in aiuto durante la guerra se non era di spettanza neanche al guscio della spiga ma soltanto al nodo del gambo?

Si pone un solo portinaio nella propria casa e perché è un uomo, basta; invece i Romani posero tre dèi, Forcolo alla porta di fuori, Cardea al cardine e Limentino al limitare.9

Si vede proprio che Forcolo non riusciva a sorvegliare contemporaneamente il cardine e il limitare.

9 - Giove

Lasciata dunque da parte o momentaneamente in disparte questa folla di dèi minori, devo esaminare l'incarico affidato agli dèi maggiori perché con esso Roma divenne tanto grande da dominare così a lungo tanti popoli.

Naturalmente è opera di Giove.

Dicono appunto che è il re di tutti gli dèi e dee.

Lo indicano anche lo scettro e il Campidoglio sull'alto del colle.

Affermano che, sebbene da un poeta, è stato detto di lui molto a proposito: Il tutto è pieno di Giove.10

Varrone ritiene che è adorato anche da coloro che adorano un solo Dio senza idolo ma che lo chiamano con un altro nome.11

E se è così, perché è stato trattato tanto male a Roma, come presso altri popoli, che gli è stato dato un idolo?

Il fatto dispiace anche allo stesso Varrone al punto che, pur essendo controllato secondo la malvagia usanza della grande città, non esitò a dire e a scrivere che coloro i quali introdussero nei vari popoli l'uso degli idoli eliminarono il timore e aumentarono l'errore.12

10 - Giove e gli dèi dello spazio e degli elementi

Perché gli si aggiunge anche la moglie Giunone con la mansione di sorella e di moglie?

Perché, dicono essi,13 Giove lo consideriamo esistente nell'etere e Giunone nell'aria e questi elementi, uno in alto e l'altro in basso, si accoppiano.

Non di lui allora è stato detto: Il tutto è pieno di Giove, se anche Giunone riempie una parte.

Oppure l'uno e l'altro riempiono etere ed aria ed entrambi i coniugi sono contemporaneamente in questi due e in tutti gli altri elementi?

Perché dunque l'etere è affidato a Giove, l'aria a Giunone?

Alla fin fine se loro due bastavano, perché il mare è affidato a Nettuno e la terra a Plutone?

E perché anche essi non rimanessero scapoli, si aggiunge Salacia a Nettuno e Proserpina a Plutone.

Ma come Giunone, rispondono,14 occupa la zona inferiore del cielo, così Salacia la zona inferiore del mare e Proserpina la zona inferiore della terra.

Si affannano a racconciare i loro miti ma non ci riescono.

Se le cose stessero così, i loro antichi scrittori insegnerebbero che gli elementi del mondo sono tre e non quattro,15 in modo che le singole coppie degli dèi si distribuissero nei singoli elementi.

Inoltre gli antichi hanno decisamente affermato che etere ed aria sono diversi.

Invece l'acqua tanto di sopra che di sotto è sempre acqua; metti pure che sia differente ma non al punto che acqua non sia.

E la terra di sotto, anche se differente per qualità, non può essere altro che terra.

E se il mondo intero ha la sua compiutezza nei quattro o tre elementi, Minerva dove è, che parte occupa, che cosa riempie?

Anche essa ha avuto un posto in Campidoglio, sebbene non sia figlia di tutti e due.

E se affermano che occupa la parte più alta dell'etere e che per questo motivo i poeti immaginano che sia venuta fuori dalla testa di Giove,16 perché non è lei ad essere considerata regina degli dèi, dal momento che è più in alto di Giove?

Forse perché è sconveniente mettere la figlia sopra al padre?

E perché allora per quanto riguarda Giove nei confronti di Saturno non è stata rispettata questa giustizia?

Forse perché è stato sconfitto? Dunque hanno combattuto?

No, dicono,17 queste sono le ciarle delle favole.

Dunque se non si deve credere alle favole e si deve avere un migliore concetto degli dèi, perché al padre di Giove non è stato accordato un posto di onore, se non più in alto per lo meno al medesimo livello?

Perché Saturno, rispondono,18 rappresenta la lunghezza del tempo.

Dunque coloro che adorano Saturno adorano il tempo, ma così ci si fa pensare che Giove, re degli dèi, ha avuto origine nel tempo.

E che cosa di sconveniente si ha nell'affermazione che Giove e Giunone sono nati nel tempo se l'uno è il cielo e l'altra la terra, poiché cielo e terra sono stati certamente creati?

Infatti i loro filosofi nei loro libri danno anche questa interpretazione.19

E non dalle finzioni poetiche ma dagli scritti dei filosofi è stato derivato da Virgilio questo concetto: Allora il padre che tutto produce come etere discende con le piogge feconde nel grembo della coniuge per renderla fertile,20 cioè nel grembo della tellus o della terra.

Anche in proposito pongono delle differenze e sostengono che sono diversi Terra, Tellus e Tellumo, che sono tutti e tre dèi, definiti nei propri concetti, distinti nelle mansioni e venerati con are e riti.21

Identificano anche la terra con la madre degli dèi.22

Ne consegue che le finzioni dei poeti sono più sopportabili, perché secondo i loro libri liturgici e non poetici Giunone non sarebbe soltanto sorella e moglie ma perfino madre di Giove.

Identificano inoltre la terra con Cerere e con Vesta.23

Ma più frequentemente presentano Vesta come il fuoco che appartiene ai focolari domestici.

Senza di essi infatti non si può avere il consorzio civile, e per questo di solito sono a suo servizio alcune vergini, perché come da una vergine così dal fuoco non viene generato nulla.

Ed era proprio opportuno che tutta questa impostura fosse abolita e spenta da colui che è veramente nato da una vergine.

Ma è insopportabile che pur avendo accordato al fuoco tanto onore e quasi una sua castità, non si vergognano poi di considerare Vesta come Venere, così che è svuotata di significato la onorata verginità nelle vestali.

Se infatti Vesta è Venere, in che modo le vestali le hanno prestato servizio astenendosi dalle opere di Venere?

Oppure ci sono due Veneri, una vergine e l'altra sposata?

O piuttosto tre, una delle vergini che è Vesta, una delle sposate e una terza delle sgualdrine?

Ad essa anche i Fenici offrivano in dono la prostituzione delle figlie prima di consegnarle ai mariti.

Quale delle tre è la consorte di Vulcano?

Certo non la vergine perché ha marito.

Certo non la sgualdrina, perché sembrerebbe che vogliamo insultare il figlio di Giunone e collaboratore di Minerva.

Dunque rimane che appartenga alle sposate; ma non vogliamo che la imitino in quel che ha fatto con Marte.

E torni alle favole, dicono essi.

Ma che giustizia è questa che si arrabbino con noi perché ricordiamo certi episodi dei loro dèi e non si arrabbiano con se stessi che nei teatri assistono con molto gusto a questi delitti dei propri dèi?

E questi spettacoli dei delitti dei loro dèi sono istituiti in onore degli stessi dèi.

Sarebbe incredibile se non fosse confermato da molte testimonianze.

11 - Giove e gli dèi della cultura e dell'educazione

I pagani conferiscono a Giove molti attributi in base a spiegazioni naturalistiche e a dottrine filosofiche.24

Ora Giove sarebbe la mente del mondo sensibile che riempie e muove la mole dell'universo saldamente strutturata con i quattro elementi o quanti a loro piace; ora cederebbe alla sorella e ai fratelli le rispettive zone; ora sarebbe l'etere che dal di sopra si congiunge con Giunone che è aria distesa al di sotto; ora sarebbe tutto il cielo insieme con l'aria, e con piogge fertilizzanti e spermi feconderebbe la terra in quanto coniuge e madre, giacché nei rapporti divini il fatto non è turpe.

E poiché non è necessario passare in rassegna tutte le prerogative, sarebbe il dio unico, di cui, secondo l'opinione di molti, l'altissimo poeta ha detto: Che il dio penetra tutta la terra, la distesa del mare e il cielo infinito.25

Quindi egli, sempre lo stesso, sarebbe nell'etere Giove, nell'aria Giunone, nel mare Nettuno, nel fondo marino Salacia, nella terra Plutone, nel sottoterra Proserpina, nel focolare domestico Vesta, nell'artigianato Vulcano, nell'astrologia il sole, la luna e le stelle, nella mantica Apollo, nel commercio Mercurio, in Giano sarebbe colui che inizia, in Termine colui che segna i confini, Saturno nel tempo, Marte e Bellona nell'arte militare, Libero nella viticultura, Cerere nell'agricoltura, Diana nella vita silvana, Minerva nella cultura.26

E sempre lui sarebbe infine in quella schiera di dèi per dir così popolani.

Col nome di Libero sarebbe preposto al sesso maschile e col nome di Libera a quello femminile, sarebbe il dio padre che fa venire il feto alla luce, la dea Mena che secondo loro è preposta alle mestruazioni, Lucina che deve essere invocata dalle partorienti.

Sempre egli porterebbe aiuto a coloro che nascono accogliendoli nel grembo della terra col nome di Opi, aprirebbe la bocca al vagito e si chiamerebbe il dio Vaticano, come levatrice estrarrebbe dalla terra e si chiamerebbe la dea Levana, proteggerebbe le cune e si chiamerebbe Cunina.

Non sarebbe diverso ma sempre lui in quelle dee che tessono il carme sul destino dei nati e si chiamano le Carmenti, sarebbe preposto agli eventi fortuiti col nome di Fortuna, spremerebbe la mammella al bimbo nella ninfa Rumina perché gli antichi hanno chiamato ruma la mammella, somministrerebbe la pozione nella ninfa Potina, offrirebbe da mangiare nella ninfa Educa, si chiamerebbe Pavenza dalle paure infantili, Venilia dalla speranza che viene, Volupia dalla voluttà, Agenoria dall'agire, la dea Stimola dagli stimoli con cui l'uomo è mosso a un'eccessiva attività, la dea Strenia se lo rende strenuo, Numeria se gli insegna a calcolare i numeri, Camena se a cantare, sarebbe anche il dio Conso perché dà consigli e la dea Senzia perché ispira sentenze, la dea Giovinezza perché, dopo la toga pretesta, sorveglia gli inizi dell'età giovanile ed anche la Fortuna barbata perché fa crescere la barba agli adolescenti.

Si vede proprio che non hanno tenuto in considerazione gli adolescenti perché avrebbero dovuto nominare a questa divina funzione per lo meno un dio maschio, o Barbato da barba, come Noduto da nodo, comunque non Fortuna ma in quanto portatore di barba Fortunio.

Sempre Giove congiungerebbe gli sposi nel dio Giogatino e quando si scioglie la cintura alla sposa ancor vergine, egli sarebbe invocato col nome della dea Verginese; sarebbe Mutuno o Tutuno che presso i Greci è Priapo.27

Se proprio non fa vergogna, tutti gli attributi che ho ricordato e gli altri che non ho ricordato, poiché ho ritenuto di non dover dir tutto, tutti gli dèi e le dee sarebbero un solo Giove, tanto se essi sono sue parti, come sostengono alcuni,28 ovvero sono i suoi poteri, come opinano coloro i quali insegnano che egli è la mente del mondo.29

Questa è la tesi dei più grandi eruditi.

Ma se questo è il significato, dato che per adesso non ne cerco altro, che cosa perderebbero se, prendendo assennatamente la scorciatoia, adorassero un solo Dio?

Quale suo attributo sarebbe trascurato se egli fosse adorato per sé?

Se poi si doveva temere che le sue parti omesse o trascurate si sdegnassero, allora non è vera la loro tesi, che tutta la vita sensibile, la quale contiene tutti gli dèi quasi suoi poteri, membra o parti, sia come di un solo vivente; ma ogni parte ha una propria vita separata dalle altre se una si può sdegnare a differenza di un'altra, una placarsi e l'altra muoversi a sdegno.

È sciocca poi l'affermazione che tutte insieme, cioè l'intero Giove si sia potuto offendere se le sue parti non fossero adorate in particolare ad una ad una.

Infatti nessuna di esse sarebbe trascurata se egli solo, che tutte le contiene, fosse adorato.

Per omettere le altre divinità che sono innumerevoli, quando affermano che tutti gli astri sono parti di Giove, che tutti hanno vita e anima ragionevole e che perciò incontestabilmente sono dèi,30 non riflettono che molti di essi non sono venerati, che a molti non costruiscono templi e non erigono altari, perché a pochissimi astri hanno ritenuto di dover erigere altari e sacrificare loro in particolare.

Se dunque si sdegnassero quelli che non sono venerati in particolare, perché non hanno paura di vivere con pochi astri resi propizi e con tutto il cielo sdegnato?

Se poi adorano tutti gli astri appunto perché adorano Giove in cui si trovano, con questa abbreviazione potrebbero propiziare tutti in lui solo.

Così nessuno se la prenderebbe a male, poiché in lui solo nessuno sarebbe trascurato.

Altrimenti con l'adorarne alcuni, si offrirebbe un giusto motivo di sdegno agli altri, molto più numerosi, che sono stati trascurati, tanto più che ad essi fulgenti nell'alto sarebbe preferito Priapo sdraiato a terra nella sua sconcia nudità.

12 - Panteismo cosmico

Ma c'è un motivo che, al di là di ogni passione polemica, deve indurre uomini intelligenti o comunque siano, perché all'occorrenza non si richiede un'alta intelligenza, a fare una riflessione.

Se Dio è la mente del mondo e se il mondo è come un corpo a questa mente, sicché è un solo vivente composto di mente e di corpo ed esso è Dio che contiene in se stesso tutte le cose come in un grembo della natura; se inoltre dalla sua anima, da cui ha vita tutto l'universo sensibile, vengono derivate la vita e l'anima di tutti i viventi secondo le varie specie, non rimane nulla che non sia parte di Dio.

Ma se questa è la loro tesi, tutti possono capire l'empietà e la irreligiosità che ne conseguono.

Qualsiasi cosa si pesti, si pesterebbe una parte di Dio; nell'uccidere qualsiasi animale, si ucciderebbe una parte di Dio.

Non voglio dir tutte le cose che possono balzare al pensiero.

Non è possibile dirle senza vergogna.

13 - Immanentismo etico

Se poi sostengono che soltanto gli animali ragionevoli, come sono gli uomini, sono parti divine, non capisco perché, se tutto il mondo è Dio, debbano discriminare le bestie.

Ma che bisogno c'è di polemizzare?

Riguardo allo stesso animale ragionevole, cioè l'uomo, la cosa più banale è ritenere che una parte divina prende le botte quando le prende un fanciullo.

E soltanto un pazzo può sopportare che le parti divine divengano dissolute, ingiuste, empie e in definitiva degne di condanna.

Infine perché il dio si arrabbierebbe con coloro che non lo onorano se sono le sue parti a non onorarlo?

Resta dunque l'affermazione che tutti gli dèi abbiano una propria vita, che ciascuno viva per sé, che nessuno di loro è parte di un altro, ma che tutti si devono adorare, se è possibile conoscerli e adorarli, giacché sono tanti che per tutti non è possibile.

E poiché fra di essi Giove è considerato il re, credo che, secondo loro, sia stato lui a fondare e incrementare lo Stato romano.

Perché se non l'ha fatto lui, qual altro dio, a sentir loro, ha potuto intraprendere un'opera tanto colossale, dato che tutti sono indaffarati in particolari incombenze e mansioni e l'uno non invade quelle dell'altro?

Quindi soltanto dal re degli dèi ha potuto ricevere diffusione e incremento il regno degli uomini.

Indice

8 Aulo Gellio, Noct. att. 16, 17;
Lattanzio, Div. instit. 1, 20;
Tertulliano, De an. 37;
Arnobio, Adv. nat. 3, 23; 4, 7;
Varrone, Antiq. 14;
De re rust. 1, 1, 6;
De ling. lat. 5, 74, 163. 164
9 Tertulliano, Ad nat. 2, 15, 5
10 Virgilio, Ecl. 3, 60
11 Varrone, De ling. lat. 5, 66; 7, 85 [?]
12 Varrone, De vita pop. rom., fr. 15, (in Nonio, Comp. doctr. 162, 14); Antiq., fr. 117 (in Arnobio, Adv. nat. 7, 1 [?])
13 I filosofi naturalisti in: Platone, Cratilo 404c;
Cicerone, De nat. deor. 2, 26, 66;
Tertulliano, Adv. Marc. 1, 13, 4;
Servio, In Aen. 1, 4
14 Hymm. Hom. Poseid.;
Esiodo, Op. et d. 667-668;
Theog. 15. 969-973;
Platone, Gorgia 523a;
Cratilo 402d-403a;
Varrone, De ling. lat. 5, 67. 72;
gli stoici di Cicerone, De nat. deor. 2, 26, 66.
15 Empedocle, in Diels, FVS 31, fr. 6 da Aezio, Plac. 1, 3, 20
16 Hymm. Hom. Ath.;
Esiodo, Theog. 923-925;
Luciano, Dial. deor. 8;
anche Platone, Cratilo 407ab
17 Ennio, Euhemerus, in Lattanzio, Div. inst. 1, 11, 33;
Cleante e Crisippo, in Cicerone, De nat. deor. 2, 24, 63-64;
Minucio Felice, Octav. 23, 9-13
18 Platone, Cratilo 402ab;
Cicerone, De nat. deor. 2, 25, 64;
Macrobio, Saturn. 1, 8, 5-7;
Arnobio, Adv. nat. 3, 21
19 Varrone, De ling. lat. 5, 65
20 Virgilio, Georg. 2, 325-326
21 Varrone, De re rust. 1, 1, 5;
De ling. lat. 5, 62. 67;
Cicerone, Ad Quinct. fratrem. 3, 1, 4, 14;
De har. resp. 10, 20;
Orazio, Ep. 2, 1, 143;
Livio, Ab Urbe cond. 2, 41, 11; 8, 9, 8; 10, 28, 13
22 Hymn. hom. Gea matr.;
Esiodo, Theog. 125-153;
Lucrezio, De rer. nat. 2, 599-658
23 Varrone, De re rust. 3, 1, 5;
Cicerone, De nat. deor. 3, 20, 52;
Ovidio, Fasti 6, 267. 299;
Dionigi di Alicarnasso, Rom. ant. 2
24 Gli stoici, in Diogene Laerzio, 7, 148;
Cicerone, De nat. deor. 1, 15, 39-41; 3, 24, 63;
Lattanzio, Div. inst. 1, 12, 17
25 Virgilio, Georg. 4, 221-222
26 Gli stoici, in Diogene Laerzio, 7, 147;
Varrone, De ling. lat. 5, 67-73
27 Varrone, Antiq. rer. div. 15;
De ling. lat. 5, 57. 64. 72. 74
28 Gli stoici, in Diogene Laerzio, 7, 137-138;
Aezio, Plac. 1, 7, 17;
Cicerone, Lucullus 37, 119; 41, 126
29 Platone, Cratilo 396ab;
Filebo 30d
30 Varrone, De ling. lat. 5, 68. 74;
De re rust. 1, 1, 5;
Platone, Epim. 984d;
Stoici, in Lattanzio, Div. inst. 2, 5, 11