La città di Dio |
I platonici, sebbene affermino che nessun peccato deve rimanere impunito, ritengono tuttavia che tutte le pene siano volte alla purificazione, tanto se inflitte dalle leggi umane che divine, sia in questa vita come dopo morte, qualora in questa vita un individuo ne è esente o ne è così colpito che non si emenda.
Da qui il pensiero di Virgilio in cui, dopo aver detto dei corpi di terra e delle membra soggette a morire che le anime da essi temono, desiderano, soffrono e godono e non vedono la libera aria perché chiuse nelle tenebre e in un'orrida prigione, aggiunge le parole: Anzi la vita assieme all'ultima luce le ha abbandonate ( cioè la vita le ha abbandonate con il loro ultimo giorno ), tuttavia, soggiunge, dagli infelici non si allontana definitivamente ogni male, non fuggono tutti i contagi corporei ed è necessario che molti assilli a lungo induritisi, si sviluppino in strane maniere.
Quindi sono travagliate dalle pene e pagano il fio di antiche colpe; alcune ciondolano senza forza sospese ai venti, ad altre viene cancellato un peccato non emendato sotto un gorgo profondo o è bruciato dal fuoco.31
Coloro che la pensano così sostengono che dopo la morte vi saranno soltanto pene purificatrici e poiché gli elementi al di sopra della terra sono l'acqua, l'aria, il fuoco, con uno di essi dovrebbe essere reso mondo mediante le pene di espiazione ciò che è stato imbrattato dalla contaminazione della terra.
L'aria è accennata nell'inciso: Sospese ai venti, l'acqua nell'altro: Sotto un gorgo profondo, il fuoco invece è stato indicato espressamente col proprio nome: O è bruciato dal fuoco.
Noi ammettiamo che anche in questa vita, la quale dovrà finire, vi sono alcune pene purificatrici, non quelle da cui sono tribolati coloro, la cui vita con esse non diviene più onesta, ma al contrario più disonesta, ma sono purificatrici per coloro che, indotti da esse alla riflessione, si ravvedono.
Tutte le altre pene, tanto temporanee che eterne, in relazione al modo con cui ognuno deve essere trattato dalla divina Provvidenza, sono applicate tanto per i peccati o passati o per quelli in cui trascorre la vita colui che ne è colpito, come per promuovere ed evidenziare le virtù mediante uomini ed angeli buoni e cattivi.
Difatti anche se qualcuno subisce qualcosa di male per la cattiveria o l'errore di un altro, pecca certamente l'uomo che per ignoranza o malvagità commette un'azione cattiva contro l'altro, ma non pecca Dio che per un giusto e occulto giudizio permette che questo avvenga.
Ma alcuni subiscono pene temporanee soltanto in questa vita, alcuni dopo la morte, altri prima e dopo, ma tuttavia prima dell'ultimo giudizio molto severo.
Ora non tutti quelli che dopo la morte subiscono pene temporanee vanno alle pene eterne che si avranno dopo il giudizio finale.
Abbiamo già premesso appunto che ad alcuni la colpa, che non viene condonata nel tempo, è condonata fuori del tempo, ( Mt 12,32 ) affinché non siano puniti con l'eterna condanna del mondo futuro.
Sono molto pochi quelli che non espiano colpe in questa vita, ma soltanto dopo di essa.
Eppure io stesso ho conosciuto e ho parlato con alcuni che fino all'età decrepita non avevano sofferto neppure una assai lieve febbriciattola e avevano trascorso una vita tranquilla.
Tuttavia la vita dei mortali è di per sé tutta un castigo perché è tutta una tentazione, come sentenzia la sacra Scrittura, in cui è scritto: Non è forse una tentazione la vita umana sulla terra? ( Gb 7, 1 )
Difatti non è un piccolo castigo la mancanza di educazione alle lettere e al lavoro e giustamente si ritiene che si deve superare al punto che attraverso castighi assai penosi i fanciulli sono costretti ad apprendere un qualche mestiere e le lettere; e l'apprendere stesso, al quale sono obbligati con castighi, è per loro tanto penoso che talvolta, anziché apprendere, preferiscono sopportare i castighi, con i quali sono stimolati ad apprendere.
Chi non rabbrividirebbe e non sceglierebbe di morire se gli si proponesse l'alternativa, o rassegnarsi a morire o tornare all'infanzia?
Essa, poiché inizia la vita non col sorriso ma col pianto, inconsapevolmente predice la serie di dolori che ha iniziato a percorrere.
Dicono che soltanto Zoroastro ha riso quando nasceva,32 ma quel riso contro natura non gli ha pronosticato nulla di bene.
Si narra infatti che fu l'inventore delle arti magiche, eppure esse non gli giovarono contro i suoi nemici neanche per la vuota felicità della vita presente perché, essendo re della Battriana, fu sconfitto in guerra da Nino re d'Assiria.33
Si ha nella Scrittura: Un giogo pesante grava sui figli di Adamo dal giorno della loro uscita dal grembo della loro madre fino al giorno del ritorno alla madre di tutti. ( Sir 40,1 )
È indispensabile che questa legge si avveri al punto che gli stessi bambini, sciolti ormai mediante il lavacro di rigenerazione dal vincolo del peccato originale, da cui soltanto erano legati, ed essendo soggetti a tanti mali, alcuni subiscano anche gli assalti degli spiriti cattivi.
E non sia mai che questa soggezione sia loro nociva, se giungeranno alla fine della vita in quell'età, se tale soggezione si aggrava e fa uscire l'anima dal corpo.
Nel giogo pesante, che è stato imposto sulle spalle ai figli di Adamo dal giorno dell'uscita dal grembo della loro madre fino al giorno dell'inumazione nella madre di tutti, si ravvisa questa ammirevole punizione, che dobbiamo essere prudenti e comprendere che questa vita, mediante l'infame peccato compiuto nel paradiso terrestre, è divenuta per noi un castigo.
Dobbiamo comprendere anche che tutto ciò che con noi si realizza nella nuova alleanza appartiene all'eredità nuova di un mondo nuovo in modo che, ricevuta questa caparra, conseguiamo a suo tempo il bene di cui è caparra e camminiamo in questa vita nella speranza, e andando avanti di giorno in giorno mortifichiamo con lo spirito le opere della carne. ( Rm 8,13 )
Infatti il Signore conosce i suoi; ( 2 Tm 2,19 ) e: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio, ( Rm 8,14 ) ma per grazia non per natura. L'unico Figlio di Dio per natura è divenuto per noi Figlio dell'uomo nella misericordia affinché noi, figli dell'uomo per natura, con la mediazione, diventassimo per grazia figli di Dio.
Rimanendo immutabile assunse da noi la nostra natura per assumerci in essa e conservando la propria natura si rese partecipe della nostra debolezza.
Questo affinché, resi più buoni, noi, con la partecipazione a lui, immune dalla morte e dal peccato, ci liberiamo dalla soggezione al peccato e alla morte e conserviamo con la bontà della sua natura il bene che Egli ha operato nella nostra natura nel raggiungimento del sommo bene.
Come infatti per il peccato di un solo uomo siamo stati deviati a un male tanto grave, ( Rm 5,12 ) così per la giustificazione di un solo uomo, che è anche Dio, torneremo a quel bene tanto sublime.
E nessuno si deve illudere di essere passato da quello a lui, se non quando si troverà in una condizione in cui non si avrà più la tentazione, se non avrà raggiunto la pace alla quale anela nelle lotte incessanti di questa guerra, in cui la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito alla carne. ( Gal 5,17 )
Non si avrebbe questa guerra, se la natura umana con il libero arbitrio avesse perseverato nella rettitudine in cui è stata creata.
Ora essa, che non volle avere nella felicità la pace con Dio, lotta nell'infelicità con se stessa e, sebbene il male di questa lotta causi infelicità, è uno stato migliore degli inizi della presente vita.
È meglio infatti essere in conflitto con i vizi che essere dominati senza conflitto.
È meglio, dico, la guerra con la speranza della pace eterna che la prigionia senza il pensiero della liberazione.
Desideriamo certamente essere immuni da questa guerra e siamo accesi dal fuoco di un amore divino a raggiungere l'ordinatissima pace, in cui con invariabile stabilità le cose di minor valore siano subordinate a quelle di maggior valore.
Ed anche se ( non sia mai! ) non vi fosse alcuna speranza in un bene così grande, siamo obbligati a preferire di rimanere nell'affanno di questo conflitto anziché permettere ai vizi il dominio su di noi senza resistere ad essi.
In verità è così grande la misericordia di Dio verso i vasi di misericordia ( Rm 9,23 ) predestinati alla gloria, che ne gode anche la prima età dell'uomo, cioè l'infanzia, la quale senza alcuna reazione è subordinata alla carne.
Ne gode anche la seconda età, chiamata fanciullezza, in cui la ragione non ha ancora iniziato questa lotta e si abbandona a quasi tutti i divertimenti senza regola perché, quantunque sia in grado di esprimere un pensiero ed abbia quindi visibilmente oltrepassato l'infanzia, in essa la debolezza della coscienza non è ancora capace di una legge del dovere.
Però se il bambino riceverà i sacramenti del Mediatore, anche se chiude la vita in quegli anni, essendo trasferito dal potere delle tenebre al regno di Cristo, non solo non è preordinato alle pene eterne, ma dopo la morte non subirà alcuna pena purificatrice.
Basta infatti soltanto la rinascita dello spirito per ostacolare dopo la morte ciò che la nascita della carne ha contratto assieme alla morte.
Quando si giungerà all'età che ormai comprende il dovere e può essere soggetta all'ordinamento della legge, si deve intraprendere la lotta contro le inclinazioni al male e si deve condurre con coraggio affinché non conduca a peccati degni di condanna.
Se esse non sono state ancora rinvigorite dall'abitudine del predominio, sono superate più facilmente e cedono; se invece hanno abitualmente conseguito l'abitudine del predominio, sono superate con affannoso disagio.
E non avviene in forma vera e genuina se non nel godimento della vera virtù che si ha nella fede in Cristo.
Se infatti agisce la legge che dà l'imperativo e difetta la coscienza che esegue, aumentando e dominando il desiderio di peccato proprio attraverso la proibizione, si aggiunge anche il reato della trasgressione.
Talora infatti evidentissime inclinazioni al male sono superate da altre occulte, che sembrano virtù, perché in esse dominano la superbia e una certa dannosa ambizione di sentirsi autosufficiente.
Si deve ritenere poi che le inclinazioni sono superate, quando sono superate nell'amore di Dio, che Dio soltanto dà in dono e soltanto attraverso il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù, ( 1 Tm 2,5 ) che si è reso partecipe della nostra mortalità per renderci partecipi della sua divinità.
Pochissimi sono gli individui di così soddisfacente successo che non commettano fin dalla prima infanzia peccati degni di condanna in azioni disoneste o in delitti o nell'errore contro la vera religione, ma che con grande generosità spirituale reprimano ogni stimolo che, mediante il piacere carnale, potrebbe avere dominio su di loro.
Invece moltissimi, avendo accolto le prescrizioni della morale, dopo essere stati sopraffatti dal prevalere dei vizi e divenuti trasgressori di essa, ricorrono all'aiuto della grazia per divenire con essa, in un pentimento veramente sincero e con una resistenza assai vigorosa, vincitori mediante la coscienza, in un primo momento sottomessa a Dio e quindi dominatrice della carne.
Chiunque dunque desidera evitare le pene eterne non solo si battezzi, ma ottenga anche la giustificazione in Cristo e passi così realmente dal diavolo a Cristo.
E sia certo che le pene purificatrici si avranno soltanto prima del tremendo giudizio finale.
Non si deve negare tuttavia che anche il fuoco eterno, in corrispondenza alla diversità delle colpe che l'hanno meritato, sarà per alcuni più lieve, per altri più grave, tanto se la sua intensità varia secondo la pena dovuta a ciascuno, come se ha eguale intensità ma non è sofferto con eguale strazio.
Indice |
31 | Virgilio, Aen. 6, 733-742 |
32 | Plinio, Nat. hist. 7, 15 |
33 | Eusebio, Chronic. 1, 20 |