Contro Cresconio grammatico donatista |
Se questo autentico dialettico fa una esposizione larga e particolareggiata, con eloquio elegante, allora riceverà un titolo più elevato: lo si chiamerà oratore piuttosto che dialettico.
Ecco in proposito un testo, che l'Apostolo amplifica e sviluppa con dovizia, quando dice: In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama.
Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto. ( 2 Cor 6,4-10 )
Dove trovare facilmente qualcosa in uno stile più denso e forbito, in una parola, più eloquente di questo testo dell'Apostolo?
Se invece uno ha un modo di esprimersi rapido e conciso, lo si chiama ordinariamente dialettico anziché parlatore: è lo stile dell'Apostolo, quando tratta della circoncisione e della incirconcisione del patriarca Abramo, o della distinzione tra legge e grazia.
Alcuni, non comprendendolo, anzi, calunniandolo, lo accusano facendogli dire: Facciamo il male perché ne venga un bene. ( Rm 3,8 )
Comunque, che lui sia oratore o dialettico, non può esserci discorso senza dialettica, dal momento che anche una sovrabbondante eloquenza include il discernimento fra il vero e il falso, né può esistere discussione senza una dizione, poiché certamente lo stesso stile conciso del discorso si esprime per mezzo dei vocaboli e del linguaggio, sia che si faccia una esposizione ben articolata sia che si interroghi l'interlocutore, obbligandolo a rispondere ciò che è vero e da lì lo si conduca a una altra verità che si cercava: àmbito in cui si sostiene che la dialettica domina sovrana.
Quando infatti uno è confutato dalle proprie risposte, se ha risposto in modo errato non deve imputar nulla all'interlocutore, ma a se stesso; se invece ha risposto bene, deve vergognarsi di continuare a resistere, non all'interlocutore, ma a se stesso.
In questo settore, i Giudei, contro i quali il Signore discuteva sovente, cogliendoli in fallo attraverso le loro risposte e costringendoli ad arrendersi, non avevano seguito le vostre lezioni e non avevano appreso da voi a lanciare ingiurie, altrimenti con molto piacere e avversione lo avrebbero forse chiamato dialettico anziché samaritano. ( Gv 8,48 )
Come puoi pensare che fossero contorti e confusi, quando tentarono di coglierlo in fallo sulla base delle sue risposte e iniziarono a interrogarlo per sapere se era permesso pagare il tributo a Cesare?
Gli tesero così un tranello con un dilemma molto stringente, per coglierlo in fallo in un modo o nell'altro: se rispondeva che era lecito, passava per colpevole davanti al popolo di Dio; se invece diceva che non era lecito, sarebbe stato punito come avversario di Cesare.
A questo punto, egli chiese loro di mostrargli una moneta e domandò di chi fosse l'immagine e l'iscrizione che portava impressa.
Ed essi avendo risposto: di Cesare, poiché la verità era tanto chiara che li costringeva a rispondere questo, immediatamente il Signore li acciuffò e li bloccò con la loro stessa risposta, dicendo: Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. ( Mt 22,21; Lc 20,25 )
Ti chiedo: costoro furono forse veri dialettici, che tesero un tranello con le loro domande prefabbricate, cercando di sopraffarlo con l'inganno, o fu piuttosto lui che, partendo dalle loro stesse domande, gli cavò fuori la risposta vera attraverso la sua accorta interrogazione, e li costrinse a confessare direttamente la verità che pensavano di cavargli a suo rischio e pericolo?
Se avessi inteso dire che costoro furono dialettici perché interrogandolo con il dolo, con la calunnia e con la malizia, tentavano di sorprenderlo in errore con le sue stesse parole - e così voi volete farci passare per tali ipocriti - , perché il Signore nonostante tutto rispose loro?
Perché volle condurli a confessare la verità fornendo loro le ragioni? Come mai disse loro: Perché mi tentate, ipocriti? ( Mt 22,18 )
E perché non aggiunse: " Dialettici "?
Perché reclamò che gli venisse mostrata una moneta per pronunciare il suo verdetto veritiero, cogliendolo direttamente dalla bocca degli ipocriti, e non disse piuttosto: " Andatevene, non devo parlare con voi, che mi presentate questioni capziose e volete trattare con me servendovi della dialettica "?
Egli non ha detto nulla di tutto ciò, né ci ha offerto un solo esempio di questo tipo nei confronti di coloro che tendono insidie con le loro domande e di coloro che registrano maliziosamente le nostre parole per poterci cogliere in fallo.
No, egli vuole piuttosto che noi pieghiamo anche i nemici della verità, attraverso domande accorte e ragioni inconfutabili, a dare la loro testimonianza alla verità.
Facciano altrettanto i vostri con noi, se siamo maliziosi e dialettici!
O, forse, costoro vogliono indicare piuttosto che temono da parte nostra una simile operazione?
Se, poi, dichiari che Cristo è un dialettico, tu loderai la dialettica, che mi rinfacci come se fosse un crimine.
Per non fare ciò, già intravvedo quello che tu probabilmente vuoi dire: né i Giudei, né Cristo in quella discussione si comportarono da dialettici.
Se, dunque, né coloro che fanno discorsi capziosi e insidiosi per cogliere in fallo i loro interlocutori, né coloro che li sbaragliano con le loro risposte fanno dialettica, dicci una buona volta che cos'è la dialettica, insegnaci che cosa ha di male, quanto è nociva e come la si deve evitare!
Poiché tu maliziosamente fai di questa parola lo spauracchio degli ignoranti, mostra anche la sua malizia al cospetto di coloro che domandano!
Non vuoi riconoscere che si comporta da dialettico colui che pone le questioni con perizia e rettitudine a coloro che avversano la verità e, attraverso le loro risposte, li conduce al vero, per non dover ammettere che Cristo stesso si è servito della dialettica con i Giudei.
Così pure non vuoi ammettere che si comportano secondo lo stile dialettico coloro che tendono tranelli con domande capziose, cercando di indurre in errore l'interlocutore, perché temi che qualcuno ti mostri la prova che i Giudei agirono proprio così con Cristo, il quale però non li schivò con il silenzio, ma li sconfisse piuttosto con la parola.
E così ti vedi costretto ad ammettere che non si comportano correttamente i vostri vescovi, che consideri dotti e sapienti, non volendo intavolare la discussione anche con i dialettici, che sarebbe il mezzo per insegnare l'invitta verità.
Noto che sei terribilmente imbarazzato nel definire il dialettico, senza farne né un abile ragionatore, cosa che ti obbligherebbe a lodare ciò che hai biasimato, né un insidioso cavillatore, perché non ti si dica: " Come Cristo trattò quei tali, così il cristiano tratti costui ".
Ebbene, se vuoi uscire da questa situazione imbarazzante, definisci così il dialettico: l'uomo con il quale i periti della legge del partito di Donato non vogliono intrattenere rapporti.
Che altro si può suggerire a te, uomo che ci rimprovera la dialettica e per questo va dicendo ai suoi vescovi che si rifiutino di entrare in discussione con noi?
Ma, forse, a proposito dei Giudei escogiterai come risposta che essi, malgrado la loro astuzia e malizia nel tendere insidie con le loro questioni, non erano in fondo dei dialettici.
Certo degli Stoici non si può dire altrettanto, in quanto non solo furono dialettici, ma anche hanno superato tutte le altre scuole filosofiche in questa arte o abilità, che dir si voglia.
Era uno stoico, ce lo ricordiamo bene, quel famoso Crisippo, a proposito del quale l'accademico Carneade riferiva questa sentenza: " Quando devo discutere con lui, devo purgare il mio spirito con l'elleboro; invece gli altri, anche dopo il pranzo, li supero senza difficoltà ".
Se dunque i libri degli Stoici ci hanno fatto apprendere l'arte di discutere secondo le regole della dialettica, i vostri vescovi producano pure contro di noi la dottrina di Paolo; tuttavia accettino di sostenere un dibattito con noi, proprio come l'Apostolo che non ricusò gli stoici del suo tempo.
Quest'arte, dunque, che chiamano dialettica, la quale insegna nient'altro se non a dedurre le conseguenze vere dalle vere, e le false dalle false, non è temuta in alcun modo dalla dottrina cristiana, come anche l'Apostolo non temette quella degli Stoici, che non respinse quando volevano discutere con lui. ( At 17,16-31 )
È proprio essa a proclamare con assoluta verità che nessuno, nel corso di una discussione, può essere logicamente portato a una conclusione falsa, se prima non consente alle false premesse che, volente o nolente, conducono alla stessa conclusione.
Per questo colui che teme di essere condotto dal proprio ragionamento ad ammettere suo malgrado false conclusioni, deve decisamente preoccuparsi di evitare le false premesse.
Se invece ha aderito a premesse vere, quali che siano le conclusioni a cui perviene, anche se le credeva false o di esse dubitava, si senta invitato dolcemente ad abbracciarle, se è amico più della verità, sommamente pacifica, che non della vanità, irriducibilmente ostinata.
Avrei chiarito ben poco, se non applicassi quanto sto dicendo alla questione che stiamo trattando con la nostra conversazione.
Ecco, a proposito di quella stessa questione sul battesimo, tu hai proposto il tema domandandomi dove è più conveniente per te ricevere il battesimo, se presso di noi o nel partito di Donato.
E poiché la tua opinione è che convenga piuttosto farsi battezzare nel partito di Donato, hai tentato di dimostrare questa tesi partendo dal presupposto che anche noi non neghiamo che il partito di Donato possieda il battesimo.
Come ben vedi, tu hai voluto partire da una nostra concessione per condurci ad ammettere una conclusione che non volevamo, cioè, poiché noi concediamo che anche il partito di Donato possiede il battesimo, siamo obbligati a concedere che anche lì un individuo possa essere battezzato.
Considera attentamente se tale conseguenza sia logica, e dàtti tu stesso la risposta!
Penso infatti che tu sia in grado di scoprire, appena questi dati sono sotto i tuoi occhi e data la vivacità del tuo ingegno, che non c'è consequenzialità fra la premessa e le conclusioni che tiri.
Sì, noi diciamo che il battesimo esiste anche là; ma non diciamo che vi esiste per l'utilità, anzi, diciamo che esso nuoce.
Ora, quando ci viene chiesto dove uno debba farsi battezzare, credo che lo si chieda in considerazione di questa parola del Signore: Se uno non rinasce da acqua e da Spirito, non entrerà nel regno dei cieli. ( Gv 3,5 )
Poiché dunque è in previsione di questa utilità che si deve ricevere il battesimo, quando si chiede dove si deve ricevere, non si chiede dove esso è, ma dove esso è utile per raggiungere il regno dei cieli.
La conclusione sarebbe anche questa: che lo si deve ricevere ovunque risulti con certezza che esso è, se si insegna che tutti coloro che hanno qualche bene, lo hanno anche per il loro bene.
Ma poiché vi sono molti, che possiedono grandi beni a proprio danno, chi non si rende conto che, quando viene chiesto dove si deve ricevere qualcosa, si intende domandare non dove è, ma dove è utile?
Se tu convieni con me nell'affermare, da un lato, che l'oro è un bene, e dall'altro mi concedessi anche che i briganti hanno l'oro, non penso che saresti d'accordo con me se, da queste due premesse, concludessi: allora, chi vuol avere l'oro deve vivere in compagnia dei briganti.
Così pure, quando da una parte concedo che il battesimo è un bene, e dall'altra che i Donatisti hanno il battesimo, tu non devi tirare da queste due premesse come conclusione logica: chi vuol avere il battesimo deve vivere nella società dei Donatisti!
Sono certo che, a questo punto, anche a te verranno in mente molte cose che, benché in sé siano buone e destinate ad un fine utile, tuttavia non sono utili a tutti coloro che le possiedono, ma soltanto a coloro che se ne servono bene.
La stessa luce inonda gli occhi sani e gli occhi malati; ma essa è un aiuto per gli uni e una tortura per gli altri; lo stesso alimento nutre alcuni organismi, nuoce ad altri; la stessa medicina guarisce uno e indebolisce l'altro; le stesse armature proteggono gli uni e ingabbiano gli altri; le stesse vesti riparano gli uni e sono di impedimento agli altri.
Così pure il battesimo: ai primi assicura il regno, agli altri la condanna.
E qui scorgo ciò che ti potrà smuovere. Tu forse obietti che in tutti questi casi non ho fatto allusione al sacramento.
Ora, il battesimo è un santo sacramento, e perciò non consegue automaticamente - se si è potuto provare dall'oro, dalla luce, dagli alimenti, dalle armature e dai vestiti che per alcuni sono convenienti, per altri non lo sono, benché siano beni istituiti per giovare in qualche modo - che anche il battesimo sia di utilità per alcuni e dannoso per altri.
Resta dunque ancora da domandarsi se anche quei beni, che si riferiscono alla legge di Dio, non sempre sono utili per coloro che li posseggono.
Impostata così tale questione, la nostra posizione è che anche tutti questi beni non sempre giovano a tutti i loro fruitori.
Questa è la nostra tesi, ed ora osserva come la proveremo, servendoci delle vostre stesse concessioni.
Voi concedete infatti che si deve credere all'apostolo Paolo su ogni questione: ed è un primo punto.
Inoltre concedete che lo stesso Apostolo ha detto: La legge è buona se uno ne usa legittimamente. ( 1 Tm 1,8 )
Da queste due concessioni ne consegue che la legge è un bene, ma per chi ne fa buon uso.
Se, dunque, non se ne usa bene, essa in sé non diventa cattiva, ma nuocerà sicuramente ai malvagi.
Forse dirai a questo punto che nessuno può essere contemporaneamente nella legalità e usare male della legge; per il fatto stesso che lui vive in modo contrario alla legge è comprovato che non è in accordo con la legge.
Al contrario, io affermo che si può dare il caso di uno che è soggetto alla legge, ma non se ne serve legittimamente.
Lo provo sempre attraverso le vostre concessioni.
Voi ammettete che l'Apostolo citato ha fatto riferimento a un testo dei Salmi per condannare coloro che si gloriavano della legge, ma vivevano contro la legge: Secondo la Scrittura - dice - non c'è nessun giusto, nemmeno uno, non c'è sapiente, non c'è chi cerchi Dio!
Tutti hanno traviato e si sono pervertiti; non c'è chi compia il bene, non ce n'è neppure uno.
La loro gola è un sepolcro spalancato, tramano inganni con la loro lingua, veleno di serpenti è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza.
I loro piedi corrono a versare il sangue; strage e rovina è sul loro cammino e la via della pace non conoscono.
Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi. ( Rm 3,10-18 )
E per non far credere che questo si riferisse a coloro che non sono soggetti alla legge, soggiunge subito: Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio. ( Rm 3, 19 )
Ed anche poco dopo: Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente!
Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare.
Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. ( Rm 7,7-8 )
Poco sotto dice: Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte.
Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento.
Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero!
È invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene. ( Rm 7,11-13 )
Ti rendi conto come Paolo esalta la legge e biasima coloro che sono sotto la legge e, usandone male, da un bene ne ricavavano un male?
L'Apostolo parla anche di una certa scienza che deriva dalla legge, la quale egli dice di possedere, ma che per gli altri, privi della carità, è inutile e dannosa: Quanto poi - dice - alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza.
Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. ( 1 Cor 8,1 )
Per cui anche questa scienza, benché si riferisca alla legge di Dio, se opera in alcuno senza la carità, gonfia e nuoce.
Che dico? Dello stesso corpo e sangue del Signore, l'unico sacrificio offerto per la nostra salvezza, proprio il Signore dichiarò: Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita. ( Gv 6,54 )
E lo stesso Apostolo non insegna forse che esso diventa dannoso per coloro che se ne servono male?
Ecco che cosa dice: Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. ( 1 Cor 11,27 )
Ecco come le realtà divine e sante possono nuocere a chi le usa malamente: perché non dovrebbe essere così anche del battesimo?
Perché non dire che gli eretici non sono buoni pur avendo ricevuto un buon battesimo, come nella Legge, che è buona, non sono buoni i Giudei?
Certo, e l'ho già dimostrato, secondo le vostre concessioni voi credete a Paolo e ammettete che i testi biblici che ho citato sono stati pronunziati da Paolo; dunque ho già provato, secondo le vostre concessioni, che alcune cose legittime e buone nuocciono tuttavia a chi non le possiede e usa in modo legittimo.
Perché non dire altrettanto del battesimo, il quale, per buono e legittimo che sia, non giova a tutti coloro che lo possiedono?
Come mai tu presentavi questa conclusione come assolutamente certa e consequenziale, che cioè l'uomo deve essere battezzato nel partito di Donato, dal momento che noi concediamo che anche lì c'è il battesimo, senza attendere da noi una precisazione di questo tipo: che lì effettivamente si trova il battesimo di Cristo, ed esso è senz'altro giusto, santo e buono; ma è punibile, contrastante, pernicioso per i nemici del corpo di Cristo, che è la Chiesa, la quale secondo le promesse di Dio si espande in tutte le nazioni.
Troverai qualcosa per rispondere a quanto sopra, se non che il battesimo non si deve annoverare fra quei beni che hanno un riferimento con la legge di Dio, di cui gli uomini possono fruire e non essere buoni; mentre senza dubbio la stessa legge, la scienza, il sacrificio del corpo e del sangue di Cristo sono beni tali, che gli uomini possono e avere ed essere cattivi, il battesimo invece è un bene di tale natura che chiunque lo possiede deve essere necessariamente buono?
Se voi vorrete affermare questo, sosterrete un errore, pertanto fai attenzione ad un'altra falsa conseguenza, che non ricorderò per condurti dalla tua falsa premessa ad una falsa conclusione, ma perché, riconoscendo che tale conclusione è falsa, tu possa liberarti da questa ed emendarti della falsa premessa.
Qual è la premessa? Tutti coloro che fra voi hanno il bene del battesimo sono buoni.
Falsità manifesta. Qual è la conseguenza?
Che cioè erano buoni coloro che provocavano scismi, dicendo: " Io sono di Paolo ", " Io invece sono di Apollo ", " E io di Cefa ", " E io di Cristo ".
L'Apostolo li riprende dicendo: Cristo è stato forse diviso?
Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,12-13 )
Ma è falso che costoro erano buoni, salvo quelli che dicevano: Io sono di Cristo, e tuttavia avevano ricevuto il santo battesimo di Cristo.
Da dove viene dunque questa falsa conclusione? Dalla falsa premessa che tutti coloro che hanno un buon battesimo sono buoni.
Dunque, si rigetti l'una e l'altra affermazione: le due sentenze devono essere corrette.
È evidente che coloro che causavano scismi non erano buoni, eppure avevano ricevuto un battesimo buono; come pure è evidente che non è vero che tutti coloro che hanno un buon battesimo siano buoni.
Per queste ragioni, noi non siamo tenuti a concedere la necessità di farsi battezzare nel partito di Donato, solo per il fatto di concedere che il partito di Donato, che noi diciamo malvagio, ha un buon battesimo.
Tu, per vincolarmi con questa concessione a ciò che non ammetto, hai citato di nuovo il testo: Un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa cattolica incorrotta e vera. ( Ef 4,5 )
Tutto ciò lo concedo, anche se la citazione è alquanto diversa.
Ma, che importa? Io te lo concedo, come ho detto.
In verità ciò che tentavi di conseguire con queste argomentazioni, non consegue, cioè, la conclusione che tutti coloro che non appartengono all'unica Chiesa non possono avere un unico battesimo: cosa assolutamente falsa.
Tanto meglio perché proprio tu hai presentato un testo che mi offre l'opportunità di richiamare ciò che mi preme di dire.
Ebbene, tu hai categoricamente affermato, a proposito delle concessioni che ho fatto e attraverso le quali vuoi indurmi verso la tua tesi, che c'è un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa incorrotta e cattolica.
E poiché fin qui siamo d'accordo, tu credi di poter tirare da quelle premesse ciò che non è consequenziale: presso coloro che non sono in quest'unica Chiesa, quest'unico battesimo non può esistere.
Io invece sostengo che esso può esistere, se non lo si cambia, se si osserva questo medesimo rito, perciò non cessa di essere l'unico battesimo per il fatto che si trova anche presso coloro che non sono nell'unica Chiesa.
Te lo dimostro, basandomi su ciò che hai affermato nella stessa citazione sull'unico Dio e sull'unica fede.
Noi constatiamo infatti che il medesimo Dio è adorato al di fuori della Chiesa da coloro che l'ignorano, ma non per questo egli non è Dio; anche la fede, per cui si crede che il Cristo è Figlio del Dio vivo, noi riscontriamo che la professano anche coloro che non fanno parte delle membra della Chiesa, ma non per questo la fede non è unica.
Così pure, quando vediamo che quelli che sono al di fuori della Chiesa praticano lo stesso rito del battesimo quando battezzano gli uomini, non per questo dobbiamo pensare che non è il medesimo battesimo.
Forse obietterai su questo punto: è impossibile che anche al di fuori della Chiesa si adori il medesimo, lo stesso, l'unico Dio o che si incontri anche presso coloro che sono al di fuori della Chiesa la stessa fede, che ci fa riconoscere nel Cristo il Figlio di Dio e per cui Pietro è stato chiamato beato. ( Mt 16,16-17 )
Questo è ciò che mi resta da provare. Tu lo leggi nello stesso discorso del beato Paolo, che ho citato sopra dagli Atti degli Apostoli.
Mentre parlava di Dio, poiché aveva trovato un altare con l'iscrizione: Al Dio ignoto, disse loro: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. ( At 17,16-23 )
Gli ha forse detto: " Poiché lo adorate al di fuori della Chiesa, non è Dio colui che adorate "?
No; ha detto invece: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. ( At 17,23 )
Che cosa ha voluto garantire loro, se non di offrirgli la possibilità di onorare nella Chiesa con culto saggio e salutare quel Dio, che al di fuori della Chiesa adoravano senza conoscerlo e senza frutto?
Anche noi vi diciamo la stessa cosa: " Vi annunciamo la pace del battesimo che voi conservate senza conoscerlo, non perché quando verrete fra noi riceviate un altro battesimo, ma perché riceviate il frutto di ciò che già avete ".
Quanto alla fede, anche l'apostolo Giacomo, parlando contro coloro che pensavano fosse sufficiente avere creduto, ma non volevano ben operare, afferma: Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. ( Gc 2,19 )
L'unità della Chiesa non comprende certo i demoni.
E tuttavia non possiamo affermare che credono qualcosa di diverso, dal momento che dissero allo stesso Signore Gesù Cristo: Che c'è fra noi e te, Figlio di Dio? ( Mc 1,24 )
Per questo anche l'apostolo Paolo dice: Se possedessi la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. ( 1 Cor 13,2 )
Ora, non credo che ci sia qualcuno così sciocco da pensare che appartenga all'unità della Chiesa chi non ha la carità.
Dunque, come l'unico Dio è adorato anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscono, senza per questo cessare di essere ciò che è; così l'unica fede è posseduta anche al di fuori della Chiesa da coloro che non hanno la carità, senza per questo cessare di essere ciò che è, così infine l'unico battesimo è posseduto anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscono e non hanno la carità, senza per questo cessare di essere ciò che è.
Infatti unico è Dio, unica la fede, unico il battesimo, unica incorrotta e cattolica la Chiesa: non in essa sola si adora l'unico Dio, ma in essa sola l'unico Dio riceve un culto giusto; né solo in essa si conserva l'unica fede, ma soltanto in essa l'unica fede è conservata con la carità; né soltanto in essa c'è l'unico battesimo, ma solo in essa si possiede l'unico battesimo per la salvezza.
Dunque, tu hai proposto un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa incorrotta e cattolica, e noi siamo d'accordo.
Ma, non solo non sei riuscito a trarre da ciò le conclusioni che ti eri proposte, anzi, ci hai aiutato molto con ciò a richiamare alla tua mente anche ciò che noi volevamo.
Considera dunque quanto probante sia il criterio che noi seguiamo, quando correggiamo ciò che gli eretici o gli scismatici hanno corrotto in coloro che rientrano fra noi dalle loro file, e quando riconosciamo e approviamo ciò che costoro hanno custodito così come lo hanno ricevuto.
Noi non vogliamo lasciarci influenzare dai vizi dell'uomo al di là del giusto, e fare il minimo torto ai beni di Dio, quando vediamo lo stesso Apostolo affermare, più che negare, il nome di Dio che egli ha trovato perfino sull'altare degli adoratori di idoli pagani. ( At 17,23 )
Non è necessario cambiare o riprovare il sigillo del re nell'uomo, se è stato accordato il perdono del re per la sua colpa ed è stato reintegrato nei ranghi militari, per il fatto che tale carattere, il cui fine era di riunire i soldati intorno a sé, gli è stato impresso da un disertore; né per questo si deve cambiare il marchio alle pecore, quando sono associate al gregge del Signore, perché il sigillo del Signore fu loro impresso da uno schiavo fuggitivo.
Ora, se temete che queste cose siano espedienti per trarvi in inganno, poiché non sono esempi di tipo ecclesiastico, benché vi sia ben noto che le Scritture contengono alcune parabole in cui si parla di pecore e di soldati, ebbene, voglio citare un esempio dagli scritti profetici, detti dell'Antico Testamento, poiché nei libri del Nuovo Testamento, né da noi né da voi si trovano esempi che facciano al caso nostro.
Suppongo che non osiate negare che la circoncisione del prepuzio è stata praticata certamente dagli antichi come figura del futuro battesimo di Cristo.
Ora, se un Samaritano circonciso avesse voluto farsi Giudeo, poteva essere circonciso di nuovo?
Non sarebbe stato forse riprovato l'errore di quel tale, e invece riconosciuto e approvato il sigillo della fede?
Anche adesso vi sono alcuni eretici, che si chiamano Nazareni, da molti invece chiamati Simmachiani, che praticano sia la circoncisione dei Giudei sia il battesimo dei cristiani.
Per questo, se uno di loro passa al giudaismo, non può essere nuovamente circonciso; se poi viene da noi, non deve essere ribattezzato.
Voi però direte su questo punto: "Una cosa è la circoncisione dei Giudei, un'altra il battesimo dei cristiani ".
Tuttavia, poiché essa adombrava questa realtà, perché quella circoncisione poté esistere anche presso gli eretici del giudaismo, mentre questo battesimo non può esistere fra gli eretici del cristianesimo?
Su, dalle Scritture canoniche, di cui noi vicendevolmente riconosciamo l'autorità, presentate un solo caso, in cui chi è venuto dall'eresia sia stato ribattezzato.
È vero che gli Apostoli fecero battezzare nel Cristo alcuni battezzati da Giovanni, ma qui il motivo è ben altro.
Giovanni non era un eretico, lui, l'amico dello Sposo, ( Gv 3,29 ) il più grande che sia mai sorto fra i nati di donna. ( Mt 11,11 )
La questione è dunque tutt'altra. D'altra parte, se Paolo battezzò dopo Giovanni, benché ambedue fossero nell'unità di Cristo, a maggior ragione i vostri vescovi, in quanto sostengono di essere nell'unità di Cristo, devono battezzare dopo i loro colleghi, nei quali colleghi essi biasimano determinati comportamenti, poiché lo ha fatto Paolo, lui che non avrebbe avuto niente da ridire su Giovanni!
È dunque un altro discorso, un altro problema che sarebbe troppo lungo trattare adesso in modo particolareggiato, e su cui abbiamo già dissertato ampiamente in altre opere.
Mostrateci, dunque, nelle Scritture canoniche il caso di un uomo proveniente dall'eresia che fu ribattezzato.
Per parte nostra, citiamo la parola detta a Pietro: Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi una seconda volta. ( Gv 13,10 )
Certo anche voi replicate: " Pietro non aveva ricevuto il battesimo presso gli eretici ".
Allora, siccome voi non siete in grado di mostrare attraverso le Scritture, di cui noi vicendevolmente riconosciamo l'autorità, il caso di un uomo proveniente dall'eresia che sia stato ribattezzato, e neppure noi il caso che costui sia stato ricevuto così, su tale questione ci troviamo sullo stesso piano.
Noi invece siamo in grado di mostrare che una serie cospicua di beni, i quali si riferiscono anche alla legge di Dio, si riscontrano anche fra coloro che non sono nella Chiesa, e che nessuno di voi può negare.
Ma perché non vogliate che questo riguardi anche il battesimo, francamente non riesco a capacitarmene in alcun modo e sono fermamente convinto che non siate in grado di dimostrarlo.
Su questo punto è chiaro che seguiamo l'indiscussa autorità delle Scritture canoniche.
E non si deve sottovalutare per nulla il fatto che, quando cominciò ad agitarsi tale questione fra i vescovi dell'epoca antecedente il sorgere del partito di Donato, ed avendo i colleghi opinioni diverse fra loro, salva sempre l'unità, piacque a tutta la Cattolica, diffusa nel mondo intero, osservare quanto anche noi riteniamo.
Ora, anche voi presentate un concilio di Cipriano che, o non ha avuto luogo o meritò giustamente di essere abolito dai restanti membri dell'unità, dai quali lui non si separò.
E non per questo siamo migliori del vescovo Cipriano, in quanto lui ha sostenuto che gli eretici devono essere ribattezzati, mentre noi giustamente non lo facciamo; come anche non siamo migliori dell'apostolo Pietro, per il fatto che noi non forziamo i pagani ai riti giudaici, cosa che egli fece secondo la testimonianza di Paolo, che in questo lo corresse, ( Gal 2,14 ) allorché la questione della circoncisione creava non poche incertezze tra gli Apostoli, simili a quelle sorte più tardi tra i vescovi intorno alla questione del battesimo.
Per cui, benché su tale questione le Scritture canoniche non forniscano alcun esempio certo, tuttavia anche su questo argomento noi seguiamo la verità genuina delle Scritture, osservando la prassi approvata dalla Chiesa universale, che raccomanda l'autorità delle stesse Scritture. In tal modo, poiché la sacra Scrittura non può errare, chiunque teme di sbagliarsi per l'oscurità di tale questione, non ha che da consultare a tal riguardo la Chiesa stessa che la santa Scrittura designa senza alcuna ambiguità.
Se invece tu esiti a credere che la sacra Scrittura raccomanda questa Chiesa, che si espande in numero incalcolabile fra tutte le nazioni - se tu non ne dubitassi, non saresti più del partito di Donato - ebbene, io ti demolirò con una serie cospicua di testimonianze inconfutabili, desunte dalla stessa autorità, affinché dalle tue stesse concessioni, a meno che non voglia aggrapparti alla tua irriducibile pervicacia, sarai condotto a questa conclusione.
Ma prima ti voglio dimostrare che non hai neppure potuto rispondere alcunché di vero alla mia lettera che hai voluto controbattere.
Per ora basti questo, poiché, per l'ostinazione ad oltranza degli uomini, ho pensato bene di doverti dire molte cose contro coloro che, difendendo sostanzialmente una causa sbagliata, vogliono indurre i giudici a non trattarla, appellandosi alla prescrizione e sostenendo che non hanno alcun obbligo di discutere con noi.
Ho già dimostrato, servendomi sia della sacra Scrittura sia di argomenti di ragione i più chiari possibili, che né l'eloquenza più avvincente, né la dialettica più stringente devono intimorire i difensori della verità, impedendo loro di disputare con i sostenitori della falsità e confutarli.
Ho chiarito anche quell'affermazione della mia lettera che, dicevi, ti aveva sconcertato: quanto sia illogico, se concediamo l'esistenza del battesimo nel partito di Donato, dover contemporaneamente concedere nella stessa società che ogni membro debba essere battezzato.
In effetti, come il popolo giudaico, pur essendo reprobo, poté avere una legge buona, così la società degli eretici, pur essendo riprovata, può avere un buon sacramento.
Ciò che viene dato in modo proprio alla Chiesa, e che non è dato assolutamente al di fuori di essa, sarà dimostrato senza alcuna difficoltà a suo luogo.3
In effetti, non ci comporteremmo correttamente nei confronti degli eretici che, lo riconosciamo, possiedono il battesimo, per farli entrare a tutti i costi nella Chiesa cattolica; e poi, una volta entrati, non ricevessero quel di più che altrimenti non potrebbero ricevere, e senza il quale possederebbero invano e a loro dànno tutti gli altri beni, pur appartenenti alla legge di Dio, in qualunque modo li abbiano potuti ricevere.
Quale che sia questo bene, in base alle Scritture e a ragioni solidissime si potrà scoprire che non può essere dato o ricevuto se non nella santa Chiesa; esso apparterrà alla fontana sigillata, al pozzo d'acqua viva, al giardino paradisiaco ricco di frutti, ( Ct 4,12-13 ) di cui tu hai fatto menzione a modo tuo, dimostrando che non ne hai compreso la natura, supposto pure che pensi davvero trattarsi qui del battesimo visibile.
Esso tuttavia, sebbene sia santo e non si debba in alcun modo omettere, poiché eccelle per la sua santissima realtà sacramentale, è ricevuto da tanti, e non solo dai buoni che secondo il disegno di Dio sono chiamati a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio, ( Rm 8,29 ) ma anche da coloro che non possederanno il regno di Dio, fra cui l'Apostolo annovera gli ubriaconi e gli avari! ( 1 Cor 6,10 )
Sono convinto che se rifletti bene, dopo aver deposto ogni forma di pertinacia, risponderai facilmente a te stesso che io dico il vero.
Allora non cercherai la fontana sigillata e il pozzo d'acqua viva se non là, dove Dio non permette che si avvicinino se non coloro che piacciono a lui.
Indice |
3 | Infra 2,16 |