Contro Cresconio grammatico donatista |
Benché abbia già risposto, Cresconio, in modo coscienzioso ed esauriente con tre libri piuttosto consistenti alla tua lettera, con la quale hai creduto tuo dovere difendere gli scritti di Petiliano contro i miei che li confutavano, tuttavia anche con quest'opera più breve ho deciso di trattare con te unicamente la causa dei Massimiani, e dimostrare, da questa sola, quanto sia inefficace e vano tutto ciò che hai scritto in quella lettera.
In effetti, non conviene sciupare il beneficio, che Dio si è degnato dispensare a noi per economizzare lo sforzo di persuasione e a voi per favorire la correzione, se siete saggi.
A vostra insaputa e senza un nostro intervento, Dio ha talmente dominato la mente dei vostri vescovi - proprio loro che accusavano l'intera cristianità di essersi inquinata con i peccati altrui attraverso la comunione dei sacramenti, anche se falsi e non provati - da costringerli a confessare nella causa di Massimiano che, pur partecipando della stessa comunione nei sacramenti, non erano stati macchiati dai peccati di coloro che avevano condannato, ai quali avevano concesso una proroga per ritornare come se fossero innocenti, anche se avevano escluso i consacranti di Massimiano, almeno quelli che stavano dalla sua parte e avevano condannato Primiano.
E quelli che ricusavano di riconoscere il battesimo di Cristo, anche se conferito in quelle Chiese che la fatica degli Apostoli aveva fondato e propagato, sostenendo che al di fuori dell'unica Chiesa non si poteva dare il battesimo e incolpandoci di non invalidare il battesimo amministrato da quelli che per noi non appartengono alla vera Chiesa, ebbene, proprio costoro accoglievano i battezzati nello scisma sacrilego di Massimiano e non osavano invalidare il loro battesimo.
Coloro che ci accusano poi del crimine di persecuzione, cogliendo il pretesto dalle leggi emanate dagli imperatori cristiani, in cui si ordina di reprimere la loro perversità, si rivolgevano ai giudici inviati dagli stessi imperatori, denunciando Massimiano e i suoi compagni con gravi accuse; citavano negli atti proconsolari il concilio in cui li avevano condannati, ottenevano infine contro di loro ordini efficacissimi per espellerli dalle loro sedi.
Dopo tutte queste gesta, tentano ancora di buttar polvere negli occhi degli sprovveduti, ma le sante Scritture e le molte e inoppugnabili prove sui primi accadimenti che ebbero luogo quando si separarono dall'unità, come anche le loro imprese più recenti e gli esempi dati, hanno inflitto loro una evidentissima sconfitta.
Dunque, tratterò soltanto di questo; partendo da qui, risponderò a tutte le parti della tua lettera, con l'aiuto di Dio, senza alcuna difficoltà, anzi, con grande facilità.
Cominciamo, in primo luogo, da una delle tue contraddizioni: hai voluto vituperare eloquentemente l'eloquenza, come se fosse nemica della verità e patrona piuttosto della menzogna, per presentarmi in tal modo agli incompetenti come uomo eloquente, e quindi da evitare e fuggire.
Se la mia eloquenza fosse realmente così brillante come me l'attribuisci, sia pure per accusarmi, non dovresti forse sentirti obbligato a lodare l'eloquenza dopo aver letto il decreto del concilio di Bagai, nel quale, sono parole testuali, " Massimiano, avversario della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della pace con il fulmine della sentenza "?
Se poi mi venisse proposto di trattare questa materia, quando mai potrei dire: " Benché l'alveo di un utero avvelenato abbia celato per molto tempo il parto nocivo di un seme viperino e i coaguli umidi del crimine, una volta concepito al lento tepore, si siano trasformati in membra d'aspidi, tuttavia, il virus concepito, una volta scomparsa la membrana protettrice, non lo si poté più occultare.
Infatti, anche se tardi, i desideri, gravidi di malvagità, diedero alla luce l'iniquità pubblica e il suo parricidio "?
Quando mai mi sarei torturato il cervello per andare alla ricerca di queste parole, e mi sarei abbassato ad esprimerle così?
Quando mai avrei messo tanta enfasi, tante parole altisonanti per eccitare l'animo del lettore o dell'ascoltatore ad aborrire le colpe?
Comunque, forse per questo tali invettive sono meno veritiere per coloro contro i quali sono lanciate?
A causa di questa eloquenza diminuisce forse la credibilità o viene messa in crisi l'autorità di un tale concilio? Affatto!
Fu scelto in assoluto il testo che parve più eloquente, perché tutti lo hanno voluto fare proprio, affinché in quell'uno risuonassero le bocche silenti dei trecentodieci.
Ecco l'eloquenza che hai vituperato, che hai ammonito di detestare ed evitare come sediziosa e maliziosamente artificiosa, anche per il nome di derivazione greca; ecco l'eloquenza che sedusse tanti vostri vescovi al punto che nel loro concilio plenario nessuno volle pronunciare la loro sentenza particolare, ma ciascuno fece sua soltanto quella, la più eloquente ed elegante che riuscì a comporre uno di loro.
Allora sia concesso anche a noi di disputare senza animosità per combattere gli errori degli uomini con un linguaggio non del tutto grossolano, se fu concesso a tali e tanti vostri vescovi di condannare gli stessi uomini con un linguaggio così eloquente e fiorito.
Tu hai da ridire anche su quell'anelito di lottare per la verità, che chiami con il nome peggiorativo di contesa e animosità.
Sovente abbiamo voluto conferire con i vostri per eliminare l'errore e ristabilire la gioia della carità fraterna con il vincolo della pace.
Ora, ascoltami, non sarebbe meglio che i vescovi trattassero fra di loro la causa della verità e dell'unità con un linguaggio pacifico e in sedi più tranquille, anziché vedere vescovi che litigano nel foro con il patrocinio degli avvocati?
Questo è ciò che fecero i partigiani di Primiano, il vostro vescovo di Cartagine, davanti al legato di Cartagine e a quattro o più proconsoli contro Massimiano e contro quelli che furono condannati con lui nel celebre concilio di Bagai.
Certo, durante una conferenza per discutere una causa si deve evitare che il dibattimento sfoci in un litigio, cosa che gli spiriti moderati e miti sono in grado di fare e ordinariamente fanno.
Quando invece la controversia finisce in tribunale con avvocati in conflitto fra loro a pro di una o dell'altra parte, si finisce senz'altro con il litigare.
Neppure questo io rimprovero ai vostri, se a ciò sono indotti non dal gusto della lite, ma dalla necessità di rendere un servizio.
Tuttavia ti avverto, uomo dotato di buon ingegno, di prestare attenzione, di renderti conto, di capire bene: quelli che non hanno evitato, ma piuttosto hanno accettato e praticato lo strepito del foro e gli alterchi giudiziari per confutare gli accusati ed espellere quelli che già avevano condannato nel concilio, avrebbero potuto dibattere pacificamente con noi con ben maggiore facilità, se non avessero preferito coprire con un pretesto una mala causa, anziché risolverla con la discussione.
Or dunque, prima di iniziare a parlare di ciò che ho contestato a Petiliano, mi domandi, di passaggio, da chi è conveniente che tu riceva il battesimo: da colui che lo possiede e io posso darne garanzia, oppure da colui che non lo possiede, come sostiene il tuo uomo.
Anche tale questione, in seguito alla causa di Massimiano, è stata sottratta alle vane discettazioni degli incompetenti, almeno per ciò che vi riguarda, poiché per i Massimiani resta tuttora in piedi.
I vostri, infatti, hanno condannato Massimiano per il sacrilegio dello scisma, che Primiano aveva già condannato quando era suo diacono, e dal quale, con la cospirazione di moltissimi colleghi, era stato a sua volta condannato; insieme a lui i vostri condannarono subito dopo, con la stessa sentenza, i suoi dodici consacranti.
Fra questi c'erano due, Pretestato d'Assuras e Feliciano di Musti, che i vostri denunziarono al tribunale proconsolare e comprovarono la loro condanna da parte del concilio di Bagai, allegando detta sentenza attraverso i loro avvocati.
Quindi tentarono di espellerli, su ordine del proconsole, dai luoghi che essi occupavano, senza riuscire nell'intento; allora riammisero entrambi nella loro comunione, conservandoli nella loro piena dignità.
Contemporaneamente si riappacificarono con i loro fedeli, senza ribattezzare chi aveva ricevuto il battesimo nello scisma.
Esiste un decreto del concilio di Bagai, allegato presso il tribunale del proconsole dall'avvocato dell'accusa Nummasio, per reclamare la restituzione della chiesa di Membressa alla comunione di Primiano e l'espulsione di Salvio, che l'occupava da molto tempo essendosi guadagnato l'episcopato nel partito di Donato.
Nummasio sollecitava l'espulsione di costui, perché aveva letto questo nome fra i dodici - per errore lui parlava di undici - consacranti di Massimiano, condannati dal concilio di Bagai.
La richiesta di Nummasio fu letta in seguito da Tiziano, il quale patrocinava la causa espressamente e nominalmente presso il proconsole contro Pretestato e Feliciano.
Ecco le parole dell'avvocato Tiziano: "Purtroppo l'iniquità si compiace dei suoi progetti e non rinunzia a se stessa, quando ormai è precipitata verso la rovina.
È per questo che Massimiano continua a fomentare la sua iniziale audacia e incita altri alla sua stessa follia.
Tra costoro c'è un certo Feliciano, il quale, dopo aver seguito dapprima la retta via, si è lasciato corrompere dal contagio di questa depravazione; egli ha la sua sede nella città di Musti e ha creduto suo dovere di occupare, con una sorta di occupazione militare, le mura della venerabile chiesa, consacrate a Dio onnipotente.
Anche Pretestato, nella regione di Assuras, segue le sue orme.
Ma quando l'assemblea dei sacerdoti ha fatto ricorso al potere della tua giustizia, tu hai giudicato opportuno, come ne fanno fede gli atti, di respingere ogni tentativo di opposizione e di restituire ai venerabilissimi sacerdoti le chiese che avevano reclamate ".
Poco dopo, per mostrare ciò che era stato stabilito, lo stesso avvocato legge la richiesta di Nummasio che ho riferito poco sopra.
Essa riporta queste parole del proconsole a Nummasio: " Leggi la sentenza dei vescovi ", e si lesse ad alta voce il famoso decreto di Bagai, nel quale Massimiano è condannato con i suoi in questi termini: " Massimiano, nemico della fede, corruttore della verità, nemico della madre Chiesa, ministro di Datan, Core e Abiron, è stato espulso dal grembo della Chiesa con il fulmine della nostra sentenza, e se la terra non si è ancora spalancata per inghiottirlo, è perché il cielo se lo è riservato per un supplizio maggiore.
Rapito infatti ai vivi, egli avrebbe di fatto pagato la sua pena con una morte repentina.
Ora invece raccoglie gli interessi ben più alti del suo debito: benché morto si trova in mezzo ai vivi ".
Subito dopo viene riportata la sentenza di Bagai contro quei dodici consacranti di Massimiano con queste parole: " Costui non è il solo che si vede condannato da una giusta morte per il suo crimine; questa catena del sacrilegio coinvolge nella complicità del crimine una moltitudine.
Di essi è scritto: Veleno d'aspidi è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza.
I loro piedi corrono veloci a versare sangue; afflizione e infelicità sono sul loro cammino e la via della pace non conoscono.
Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi. ( Rm 3,13-18 )
Certo, nessuno di noi vorrebbe, per così dire, che fossero recisi dalla giuntura del proprio corpo, ma come in caso di infezione mortale una piaga in cancrena riceve maggior sollievo da una amputazione, che non miglioramento da un trattamento più blando, così è stato trovato un rimedio più salutare, per evitare che il virus inoculi il suo veleno in tutte le membra: ricorrere a un dolore concentrato per eliminare la piaga aperta.
Perciò i colpevoli di questo crimine famigerato: Vittoriano di Carcabia, Marciano di Sullecto, Beiano di Beiana, Salvio di Ausafa, Teodoro di Usala, Donato di Sabrata, Miggene di Elefantaria, Pretestato di Assuras, Salvio di Membressa, Valerio di Melzi, Feliciano di Musti e Marziale di Pertusa, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido, come anche i chierici che un tempo facevano parte della Chiesa di Cartagine, i quali, assistendo al misfatto, hanno fatto da intermediari a questo incesto illecito, sono stati condannati, sotto la presidenza e per ordine di Dio, dalla bocca veridica del concilio universale. Sappiatelo! ".
Dopo la condanna di questi individui, fra i quali si leggono i nomi di Pretestato d'Assuras e di Feliciano di Musti, con i quali essi, come ho detto sopra, dopo aver ottenuto contro di loro i richiesti provvedimenti del proconsole si sono in seguito accordati, a coloro che continuavano a persistere nello scisma di Massimiano, compresi i condannati da Primiano, in considerazione del fatto che non erano intervenuti alla consacrazione di Massimiano, concessero nello stesso concilio di Bagai una dilazione, delimitata da un giorno ben determinato, e contenuta nei seguenti termini: " Quanto a coloro che non hanno macchiato i germogli dell'arbusto sacrilego, cioè coloro che per un pudico rispetto della fede ritirarono dal capo di Massimiano le proprie mani, a questi abbiamo permesso di rientrare nella madre Chiesa.
Infatti, se da una parte siamo purificati dalla morte dei rei, dall'altra ci rallegriamo per il ritorno degli innocenti.
E perché la brevità del tempo concesso per il ritorno, che urge a causa del ridotto numero di giorni, non tolga la speranza della salvezza, noi spalanchiamo le porte dell'ammissione a tutti quelli che riconosceranno la verità fino al giorno ottavo delle calende del prossimo gennaio, pur restando in vigore le decisioni precedenti; così, al loro ritorno, otterranno il pieno riconoscimento della loro dignità e della loro fede.
Se qualcuno non vorrà entrare per pigrizia e indolenza, sappia che da solo si è sbarrato volontariamente il facile ingresso.
Costoro resteranno soggetti alla suddetta sentenza e alla penitenza prefissata per quelli che tornano dopo il tempo stabilito ".
In seguito a tutto ciò, alcuni sono ritornati alla vostra comunione, e voi non lo negate; del resto, per un fatto così recente sono tuttora vivi alcuni protagonisti della vicenda di cui si tratta, il ricordo è ancora fresco, la notizia è troppo conosciuta e circostanziata.
Ora, tanto i beneficiari della dilazione - e le parole dello stesso concilio lo indicano abbastanza chiaramente: essi li invitano a ritornare alla madre Chiesa e si felicitano per il loro ritorno come se si trattasse di innocenti - come gli altri che hanno condannato insieme a Massimiano senza interporre alcuna proroga, hanno conferito il battesimo al di fuori della vostra Chiesa, sia fino al giorno dello scadere della proroga, quando erano in comunione con Massimiano e si trovavano coinvolti nello stesso scisma, sia oltre il giorno della proroga, quando l'avvocato Tiziano sollecitava espressamente per Pretestato e Feliciano l'espulsione dalle basiliche, e con i quali successivamente Primiano giunse ad un accordo, riconoscendo integralmente la loro dignità.
Come osate dire ancora che non si può dare l'unico battesimo se non nell'unica Chiesa, dal momento che senza discussione alcuna avete riconosciuto, avete accettato, non avete avuto il coraggio di rescindere il battesimo che costoro hanno conferito nello scisma sacrilego?
E non potete dire neppure di non aver offerto nulla a coloro che avete ammesso nello stesso battesimo.
Se vi domando, allora, che cosa gli avete dato, certamente risponderete: perché non perissero nel sacrilegio dello scisma, perché avessero il battesimo di Cristo come premio e non come castigo, come salvezza e non come rovina, come avviene per il carattere militare nei disertori, gli abbiamo dato la pace, gli abbiamo dato l'unità, gli abbiamo dato la società della Chiesa, affinché meritassero di ricevere lo Spirito Santo, per mezzo del quale la carità è diffusa nei nostri cuori, ( Rm 5,5 ) e senza il quale nessuno può giungere al regno dei cieli, anche se la sua anima è impregnata di tutti i legittimi sacramenti.
La vostra risposta sarebbe veritiera se foste nella vera Chiesa.
Comunque, è sufficiente richiamare alla vostra attenzione questo: dovete comprendere che voi riceverete nella vera Chiesa ciò che avete creduto che hanno ricevuto nella vostra comunione quelli che battezzarono nello scisma sacrilego di Massimiano e poi ritornarono con essi fra voi; in tal modo anche voi sarete meritevoli di punizione se, dopo aver ricevuto il battesimo di Cristo, non farete parte dell'unità della Chiesa cattolica, così come non esitereste a punire senz'altro coloro che furono battezzati nello scisma di Massimiano, se poi non si unissero alla vostra comunione, il cui battesimo avete creduto bene di non annullare al loro ritorno.
Tu vedi ormai che quanto ti premeva di chiedere sul sacramento del battesimo è già stato risolto nella causa dei Massimiani.
Ed ora veniamo alle argomentazioni, con le quali hai creduto di aver confutato la mia lettera.
La prima domanda è perché io chiamo Donatisti i vostri adepti, dal momento che Donato, aggiungi tu, non è stato il creatore e l'organizzatore di una Chiesa che prima non era esistita, ma fu uno dei vescovi della Chiesa che deriva da Cristo ed esisteva già.
Tu però non tieni conto che anche Massimiano dice questo di se stesso, eppure chiamate con il nome di lui tutta la sua comunione.
Neppure lo scisma che lui ha creato voi lo distinguete con un altro vocabolo da voi o da altre sètte, ma con quello o di Massimianisti o di Massimiani o qualche altro derivato dal nome di Massimiano; oppure lo denominate più semplicemente, senza temere di essere bacchettati dai grammatici: partito di Massimiano.
Vorrai forse sostenere, a questo proposito, che Massimiano si sia separato dalla vostra comunione, mentre Donato non ha fatto la stessa cosa con la comunione cattolica?
Eppure Massimiano non dice questo. Egli afferma piuttosto che Primiano e tutti voi vi siete separati dal partito di Donato, nel quale lui è restato, e cita i decreti dei concili: il primo, che ebbe luogo a Cartagine alla presenza di quarantatré vescovi, e anticipò la condanna di Primiano; l'altro, celebrato in Cabarsussa da cento o più vostri vescovi di allora, che gli inflisse una condanna più severa e definitiva.
Che cosa risponderai a chi esibirà questi documenti, se non che il concilio di Bagai aveva un'autorità maggiore, nel quale trecentodieci vescovi condannarono lo stesso Massimiano e i suoi compagni, e che Primiano in quella sede non difendeva la propria causa davanti a loro adoperandosi per essere assolto, ma insieme ad essi sedeva per esaminare la causa, come se fosse il giudice più innocente, pronunciava la sentenza contro Massimiano e i suoi dodici compagni, alla cui presenza era stato consacrato, e fissava un periodo di proroga, entro il quale invitava a rientrare nella sua propria pace tutti gli altri vescovi, come se fossero innocenti, dai quali lui stesso era stato condannato?
In questa vostra contesa, quale arbitrato volete che portiamo, noi, che non apparteniamo né alla comunione di Massimiano né alla vostra?
Quale giudizio, dico, volete che diamo sulla questione, se non che, di fronte ai due concili che condannarono Primiano, l'unico concilio posteriore di Bagai che condannò Massimiano, deve valere a favore di quello?
In effetti, noi consideriamo tale decisione tanto più fondata, quanto più, essendo posteriore, ha potuto giudicare i concili antecedenti.
Ecco un punto su cui prendiamo le vostre parti; ben diverso sarebbe il nostro punto di vista sulla causa dei Massimiani, se ci fossimo azzardati ad esprimere un nostro parere.
Su tale questione, lo ripeto, siamo dalla vostra parte.
Il terzo giudizio, quello di Bagai, è stato pronunziato a favore di Primiano e contro Massimiano e i suoi colleghi; in quanto posteriore poté giustamente annullare i precedenti.
Tuttavia non abbiamo letto né sentito parlare di alcun appello, fatto da Primiano, dai primi due giudizi a un terzo; noi sappiamo soltanto che lui era assente quando subì la prima condanna, provvisoria, e la seconda, definitiva.
Però anche contro Massimiano e i suoi compagni fu pronunciata quella sentenza così forbita di Bagai mentre erano assenti.
Certo, i quarantatré vescovi riuniti a Cartagine diedero prova di maggiore moderazione, tatto e diligenza, poiché inviarono non una, ma due e tre volte, i loro delegati allo stesso Primiano, affinché, nel caso non volesse personalmente presentarsi davanti a loro, permettesse loro di recarsi da lui.
Invece ricusò i due inviti, come essi scrivono, mettendo alla porta gli inviati con ingiurie; per questo avvertirono ormai l'incombente necessità di provvedere al bene della Chiesa. Così, non avendo per il momento il coraggio di emettere in maniera affrettata una sentenza definitiva, prima optarono per una sorta di giudizio provvisorio, al fine di lasciargli la possibilità, qualora fosse certo del diritto della sua causa, di rispondere e discolparsi davanti ad un successivo e più numeroso concilio.
E poiché Primiano non volle andare, i vescovi giudicarono che ormai era necessario condannarlo senza alcuna sospensione della sentenza.
Invece nel decreto del concilio di Bagai, non solo non si legge che Massimiano abbia trattato male i legati, ma neppure che egli fosse invitato a venire; rileviamo tuttavia che fu alzato altare contro altare, e fu ordinato un vescovo contro quel vescovo, che sedeva sulla cattedra nella quale era stato ordinato, senza che l'assemblea del suo popolo lo abbandonasse né la maggioranza dei vescovi rompesse la comunione con lui.
Era stata tanta l'indignazione provocata dallo scisma sacrilego, che ormai non si poteva differire più la condanna di Massimiano né quella dei suoi consacranti.
Contro di lui, che rimaneva alla guida del suo popolo, si alzò altare contro altare, e fu ordinato Maggiorino.
Contro di lui voi non opponete due giudizi, come i Massimiani contro Primiano, ma uno solo, accelerato con la velocità di una orrenda temerarietà.
Lui non si negò, a differenza di Primiano che si rifiutò di ricevere i propri colleghi, ma li invitò piuttosto a venire.
La qual cosa neppure loro nel decreto del concilio, che emisero contro di lui, poterono dissimulare.
In suo favore, non una sola sentenza, come per Primiano, ma ben quattro successive sentenze sono state emesse.
I suoi avversari, non assenti come quelli di Primiano, ma presenti, furono confutati davanti a quei giudici, che essi avevano accettato perché giudicassero la causa; in un secondo momento anche davanti allo stesso imperatore Costantino, presso il quale prima avevano accusato Ceciliano e successivamente avevano sporto querela contro i vescovi che lui in persona aveva designato come giudici, come se non avessero giudicato a norma del diritto; davanti a lui interposero nuovo appello per un secondo giudizio episcopale, in modo tale che anche dopo l'uno e l'altro giudizio dei vescovi, l'imperatore stesso istruisse il processo fra le due parti: essi persero la causa; infine non mancò loro anche una quarta sconfitta.
Infatti, essendo stato accertato che le loro accuse contro Ceciliano erano calunnie, ed avendo sollevato contro di lui la questione della tradizione, rimproverata al suo consacrante Felice d'Aphthungi, lo stesso Felice fu assolto nel giudizio proconsolare, che aveva istruito la causa per mandato dello stesso Costantino, importunato dalle loro insistenti interpellanze.
I Massimiani non fecero certamente queste vessazioni contro Primiano, né furono sconfitti tante volte, né furono vinti essendo presenti, né furono condannati dai giudici che avevano scelti personalmente.
E tuttavia, fatto ben noto, essi si sono separati dalla vostra comunione, mentre voi non volete ammettere che i vostri abbiano spezzato la comunione cattolica.
Non riesco proprio a capacitarmi con quale impudenza e folle animosità!
Se pretendete infatti che sia vero tutto ciò che dite di Ceciliano e di Felice, suo consacrante, dal momento che circa settanta vescovi hanno giudicato la questione, perché non volete che sia vero ciò che si dice di Primiano, poiché prima l'hanno giudicato quarantatré vescovi, poi altri cento vescovi che hanno confermato con il loro successivo giudizio il primo giudizio provvisorio?
Se poi considerate false le accuse contro Primiano perché il concilio posteriore di Bagai si è espresso a suo favore e contro i suoi nemici, perché non volete confessare la falsità assoluta delle accuse lanciate contro Ceciliano, a favore del quale si leggono tanti giudizi posteriori?
Se Ceciliano, contro il quale si sono pronunciati una sola volta i settanta vescovi, ormai aveva preclusa la possibilità di giustificarsi davanti ad altri giudici, anche Primiano non avrebbe dovuto averla più, poiché ben più di settanta vescovi, confermando la loro prima sentenza, lo avevano condannato dopo una seconda indagine.
Se un imputato, già condannato due volte, ottiene con un terzo giudizio a lui favorevole un appoggio più che sufficiente, perché sostenete, non so con quale faccia di bronzo, che a chi è stato condannato una volta sola non basta per la sua assoluzione un secondo, un terzo, un quarto e un quinto giudizio?
Se, per caso, il numero vi impressiona, per cui pensate che di fronte ai cento vescovi che condannarono Primiano, il concilio di Bagai valga ben più con i suoi trecentodieci vescovi, perché di fronte al numero di gran lunga superiore dei suoi vescovi non volete andare d'accordo con l'universo?
Tu rimproveri a Ceciliano il peccato inespiabile contro lo Spirito Santo, del quale dice il Signore: Non gli sarà perdonato né in questo secolo, né in quello futuro. ( Mt 12,32 )
Noi pure potremmo parlarvi di Feliciano di Musti, che ancor oggi è vostro vescovo a fianco di Primiano, uno di quelli che hanno consacrato Massimiano e condannato Primiano.
Voi non avete ribattezzato coloro che lui ha battezzato anche durante il suo scisma sacrilego, ma intanto gli avete rinfacciato il peccato contro lo Spirito Santo, perché lo avete incolpato del sacrilegio, come è stato proclamato con enfasi nella sentenza del concilio di Bagai.
Voi pensate che abbiano contratto il reato irremissibile del peccato contro lo Spirito Santo coloro che accusate di aver consegnato le divine Scritture ai persecutori perché le bruciassero, poiché è sotto l'impulso dello Spirito Santo che gli uomini di Dio hanno redatto le medesime Scritture; ( 2 Pt 1,21 ) allo stesso modo anche noi potremmo lanciare la stessa accusa, e con maggior ragione, non solo ai vostri, che gli atti processuali inchiodano, ma potremmo anche obiettare che voi avete rinfacciato la stessa cosa anche a Feliciano, come ho detto, accusandolo del crimine dello scisma sacrilego, poiché è nello Spirito Santo che si conserva l'unità della carità e della pace, come dice l'Apostolo: Sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace, ( Ef 4,2-3 ) che certamente viola chi causa uno scisma.
Ma noi né vi rimproveriamo per il reato di questo peccato insolubile ed eterno, che si commette contro lo Spirito Santo, poiché non disperiamo che possiate guarire se vi correggete finché siete in questa vita; né lo rimproveriamo ai vostri che hanno consegnato al fuoco i sacri Codici, a meno che essi non si siano separati dall'unità mantenendo fino al termine della vita il loro cuore impenitente.
E voi fate vedere che questo non l'avete rimproverato a Feliciano e Pretestato, con i quali in seguito avete ristabilito la comunione; di essi si legge che, trascinati dalla catena del sacrilegio al consorzio del crimine con Massimiano, furono condannati dalla bocca veridica del vostro concilio plenario, ma voi, passato il periodo di proroga, che certo non era stato accordato ad essi già condannati, ma agli altri considerati innocenti, li avete accolti, come è comprovato.
A te non piace la derivazione del termine " donatista " dal nome di Donato, e preferisci formare la parola secondo la regola della locuzione latina.
Non sottovaluto la tua osservazione; tuttavia vai a cercare i grammatici come giudici per discutere di quest'arte con i Massimiani e confondere questi ultimi.
Ormai non voglio più chiamarli Massimianisti per non offendere orecchie così erudite come le tue; certo che loro, posso ben crederlo, non ti concederanno così facilmente come ho fatto io di chiamare Claudiani o in altro modo quelli che hanno chiamati Claudianisti, quando, fra le altre accuse che motivarono la condanna sia provvisoria che definitiva, denunciarono Primiano di averli ricevuti nella loro comunione.
Nello stesso tempo devi riconoscere che non sono l'unico a preferire questa regola della declinazione, di cui mi rimproveri, ma che forse sono l'unico che in questa materia, la quale non ha alcun rapporto con la questione, ha ceduto così facilmente.
Tu mi hai considerato degno di riprensione più severa perché ho detto: " L'errore sacrilego degli eretici Donatisti ", chiamando eresia ciò che tu preferisci sia considerato scisma, e perché nonostante questo noi li accogliamo nella nostra comunione senza far loro espiare il sacrilegio.49
Ebbene, tu che ci rimproveri con tanta virulenza su tale questione, spiegaci come i vostri hanno fatto espiare il sacrilegio di Feliciano e Pretestato, con i quali in seguito sono entrati in comunione, unendoli a sé e reintegrandoli nella dignità episcopale antecedente, senza ribattezzare alcuno di quelli che essi avevano battezzato durante lo scisma sacrilego.
Non erano, forse, macchiati dal sacrilegio dello scisma, come vanno delirando alcuni dei vostri, affermando che costoro non avevano peccato contro Dio, ma contro un uomo?
Ora, in tanto il sacrilegio è un peccato più grave, in quanto non si può commettere se non contro Dio.
Per questo nella tua disputa hai creduto di non dovermi riprendere perché accogliamo coloro che passano dai vostri ranghi ai nostri, ma solo perché ho detto che il vostro è un errore sacrilego.
Leggi allora il concilio di Bagai.
Queste infatti sono le prime parole del decreto: " Quando per la volontà di Dio onnipotente e del suo Cristo abbiamo celebrato il concilio nella chiesa di Bagai, noi, Gamalio, Primiano, Ponzio, Secondiano, Ianuariano, Saturnino, Felice, Pegasio, Rufino, Fortunio, Crispino, Fiorenzo, Ottato, Donato, Donaziano e gli altri in numero di trecentodieci, piacque allo Spirito Santo che è in noi di stabilire una pace perpetua e di troncare gli scismi sacrileghi ".
Senti? Ti rendi conto? Fai attenzione? Essi parlano di " troncare gli scismi sacrileghi ".
Quando veniva pronunciata questa sentenza, Massimiano era forse l'unico colpevole del crimine di sacrilegio in questo scisma per la sua malvagia perversità, diretta non contro un uomo, ma contro Dio?
Leggi poco dopo ciò che dicono dei suoi compagni, fra i quali figurano i nomi di coloro di cui si sta trattando:" E costui non è il solo - dicono - condannato con giusta morte per il suo crimine; la catena del sacrilegio trascina anche una moltitudine nella complicità del crimine ".
Come va, uomo dotato di eloquenza così forbita? Hai qualcosa da dirmi?
Leggi quel che segue; osserva Pretestato e Feliciano, legati fra i molti che la catena di quel sacrilegio trascina nella complicità del crimine.
Scorgo vescovi sacrileghi. E tu che fai, se non riuscirai a dimostrare la loro avvenuta espiazione?
Sì, sarai costretto ad arrenderti alla verità, secondo la quale diciamo che i vostri sono purificati quando vengono a noi, in forza dello stesso vincolo della pace fraterna, e che la carità copre i loro peccati, come è scritto: La carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8 )
Che ne è di coloro che battezzarono individui separati dalla vostra comunione, avvinti con Massimiano alla catena del suo sodalizio sacrilego?
Voi li avete ammessi insieme agli altri con lo stesso battesimo nella vostra pace e concordia.
E tu che cosa risponderai, se non che voi avete approvato giustamente in loro gli stessi sacramenti, che anche noi approviamo in voi?
Saresti più coerente se dessi una risposta di questo tipo, anziché opporti alle parole della tua lettera.
In essa, tentando di dimostrare che non si è prodotta tra voi e noi un'eresia, ma piuttosto uno scisma, hai detto che sia noi che voi abbiamo una sola religione, gli stessi sacramenti, senza differenza alcuna nella pratica cristiana.
Non avresti potuto lanciare accusa più grave contro la reiterazione del sacramento del battesimo, praticata da voi sui nostri dopo averli sedotti: in tutti, pensi e dici e scrivi che si trovano gli stessi sacramenti.
Con quale scellerata sfrontatezza non si conserva in coloro, che l'intera cristianità battezza nella santa unità, ciò che è stato conservato in quelli che Pretestato e Feliciano hanno battezzato nel loro sacrilego scisma?
Pertanto, voi stessi avete già liquidato la controversia che ci oppone a voi con la sentenza di accogliere nella concordia dell'altare, senza subire alcuna degradazione, senza reiterazione del battesimo, quelli che erano stati condannati da voi, i quali avevano scongiurato in maniera pressante le loro popolazioni di non unirsi a voi, e giudicarono che era necessario reiterare il battesimo conferito da voi, insieme a quelli che avevano battezzato coloro che erano al di fuori della vostra comunione nel sacrilegio dello scisma, e avete pensato che non erano stati purificati da quel crimine del sacrilegio, se non con il santo fuoco della carità.
La realtà sarebbe veramente così, se manteneste la stessa carità nella vera unità.
Comunque, controlliamo anche il testo della lettera di Petiliano, di cui hai voluto prendere le difese in polemica con me, per vedere come te la cavi in questa causa dei Massimiani, la sola che adesso mi sono proposto di trattare per rispondere alla tua lettera.
Egli ha scritto testualmente queste parole: " Si deve considerare la coscienza di colui che dà santamente il battesimo per vedere se purifica quella di chi lo riceve ".
E io a lui: " Che succede se la coscienza del ministro è occulta e, per caso, macchiata?
Come potrà purificare la coscienza di colui che lo riceve? ".50
Questione inevitabile per te, poiché non è risolta affatto dalle parole di Petiliano, e tu l'hai affrontata per risolverla con le tue, ma hai parlato non contro di me, bensì contro di lui che hai voluto difendere.
Lui infatti dice: "Si deve tener conto della coscienza di chi conferisce santamente il battesimo per vedere se purifica quella di chi lo riceve "; tu invece, avendo sostenuto che non si può penetrare l'intimo occulto della coscienza, hai affermato che dobbiamo attenerci, non a quello che è in se stessa, ma a quel tanto che risulta all'opinione pubblica.
Ne consegue che ormai non è più vero che la coscienza di colui che battezza purifica quella di chi è battezzato, ma secondo te è piuttosto l'opinione pubblica su di lui che purifica, la quale certamente inganna colui che vuol capire l'interno, quando vanta la bontà del delinquente, la castità dell'adultero, la religiosità del sacrilego.
Essa purifica quando mentisce.
Infatti, se l'opinione pubblica dice la verità sul conto di un peccatore occulto, allora non purifica, ma piuttosto macchia chi riceve da costui il battesimo.
Vedi dunque la qualità di tale opinione pubblica, che hai voluto eleggere come avvocata di una causa tanto malvagia, dal momento che purifica quando è falsa e macchia quando è veritiera.
Ne consegue, in base alla tua strabiliante disquisizione, che l'acqua non è menzognera quando è menzognera l'opinione pubblica!
Ma, a che serve dilungarci in questa discussione, quando oggi Feliciano siede tra i vostri vescovi, lui che si è separato da loro per legarsi a Massimiano con la catena del sacrilegio, e nessuno ha ribattezzato quelli che lui aveva battezzato?
Io domando a Petiliano che razza di coscienza avesse allora Feliciano, e leggo il decreto del concilio di Bagai, in cui è scritto: " Costui non è il solo che si vede condannato da una giusta morte per il suo crimine; la catena del sacrilegio trascina anche molti altri nella complicità del crimine.
Di essi è scritto: Veleno d'aspidi è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza ". ( Rm 3,13-14 )
Di questa moltitudine fa parte anche Feliciano, del quale, malgrado le sue labbra e la sua bocca siano velenose, non avete respinto né rigettato né distrutto l'acqua del suo battesimo, e poiché essa è stata consacrata dalle parole evangeliche nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, qualunque sia stata la lingua e la coscienza di Feliciano, l'avete riconosciuta e accolta non come un'acqua menzognera ma come un'acqua verace.
A te, dunque, chiedo che cosa si diceva allora da parte della pubblica opinione sul conto di questo Feliciano, la cui coscienza era stata così malvagia quando battezzava nelle catene del sacrilegio, e cito ancora una volta il testo del concilio: " Dunque, i colpevoli del famigerato crimine: Vittoriano di Carcabia " e, fra gli altri nomi che è tedioso ripetere, " Pretestato di Assuras e Feliciano di Musti, la cui funesta opera di perdizione ha formato un ammasso lutulento in un vaso sordido ", e poco dopo: " sappiate che sono stati condannati dalla bocca veridica del concilio plenario! ".
Che cosa rispondi a questo? Se non battezza chi è separato dalla vostra comunione, leggo che hanno battezzato quelli che erano avvinti a Massimiano nella complicità del crimine.
Se non battezza chi pecca contro Dio, leggo che hanno battezzato coloro che sono legati dalla catena del sacrilegio.
Se si deve tener conto della coscienza di chi dona santamente il battesimo affinché purifichi quella di chi lo riceve, leggo che individui velenosi hanno battezzato con i morsi d'aspidi. Se si tiene conto della buona reputazione di cui gode il ministro perché la sua coscienza possa purificare, leggo che hanno dato il battesimo i colpevoli del famigerato crimine.
Feliciano vive tuttora, e con lui sono ancora tutti quelli che ha battezzato nel sacrilegio dello scisma, accolti nella vostra comunione senza che alcuno li abbia ribattezzati. Contro Petiliano: ecco un sacrilego che battezza con l'anima infetta; contro di te: ecco che battezza un reo del famigerato crimine.
Ma qual è, in fin dei conti, il motivo per cui lo difendete, se non quello di arrivare a dire un bel giorno, convinti dalle vostre stesse azioni, ciò che diciamo anche noi?
Cioè, che né la coscienza né la buona reputazione del ministro del battesimo purifica la coscienza del battezzato, ma la fede stessa di colui che lo riceve, che però è per grazia di Dio, non dell'uomo.
Che se non ci fosse in chi lo riceve la petizione di una buona coscienza e la fede stessa vacillasse in tutto o in parte, allora si dovrebbero correggere i costumi degli uomini, non distruggere i sacramenti, che - lo ammetti - non sono differenti o somiglianti, ma assolutamente identici.
Proprio come avete creduto opportuno fare voi: si doveva imporre la correzione della vita e della volontà a coloro che erano stati battezzati da Feliciano e Pretestato durante lo scisma sacrilego, per non lasciarli oltre in quel sacrilegio dello scisma, ma non si doveva violare il loro battesimo, anche quello conferito dai ministri più indegni ai soggetti più indegni.
Pertanto hai tentato inutilmente con la tua bocca maledica di accusare la nostra coscienza, come se fosse incriminata pubblicamente e condannata a causa dei crimini di turificazione, di tradizione e di persecuzione, come se partendo da questo fatto tu fossi in grado di dimostrare che noi non possiamo dare il battesimo.
Primo, voi lanciate falsità contro di noi; secondo, comunque stiano le cose, ha potuto conferire il battesimo la coscienza dei Massimiani, certamente condannata per il crimine del sacrilegio, battesimo che avete avuto paura di rescindere e, anche con il vostro comportamento, avete insegnato che lo possono dare gli stessi persecutori.
Voi che avete perseguitato con tanto accanimento i Massimiani, non solo battezzate, ma pretendete che soltanto voi abbiate il diritto di battezzare.
Dici che è scritto nella legge: Non voglio che l'olio dell'empio profumi il mio capo. ( Sal 141,5 )
Questo non è né il testo esatto né si deve interpretare come pensi tu.
Non è forse olio del peccatore l'olio dei sacrileghi Pretestato e Feliciano?
Dici anche che è scritto: Chi è battezzato da un morto, a che gli giova la sua purificazione? ( Sir 31,30 )
Anche qui non fai molta attenzione al significato e non lo collochi nel contesto per coglierne il senso genuino.
Comunque sia, ascolta bene il rimbombo di quella forbitissima sentenza di Bagai: " Certamente si deve aspirare ad una solida fraternità di pace e di concordia, come è scritto: La giustizia e la pace si sono abbracciate. ( Sal 85,11 )
Ma l'onda veridica ha scaraventato contro le aspre scogliere le naufraghe membra di non pochi; come accadde per gli Egiziani, le spiagge rigurgitano di cadaveri annegati.
Essi subiscono una pena maggiore nella stessa morte, perché dopo che le vindici acque hanno strappato la loro anima, essi non trovano neppure sepoltura".
Costoro, dunque, che non solo erano morti ma anche, cosa ancor più grave, erano insepolti, come hanno potuto battezzare?
Come poté giovare il lavacro di purificazione a coloro che sono stati battezzati da questi morti, che voi avete accolto nello stesso lavacro senza lavarli di nuovo, se si deve intendere come pensi tu?
Sì, tu sei convinto che nella mia lettera, alla quale ti illudi di rispondere, io abbia semplicemente eccettuato l'idolatra, in quanto colpevole del peccato più grave;51 ed insisti con veemenza per provare che nessun peccatore è escluso da ciò che tu presenti come un testo scritturistico: Non voglio che l'olio dell'empio unga il mio capo. ( Sal 141,5 )
Guarda Feliciano e Pretestato: non erano forse peccatori quando la catena del sacrilegio li serrava a Massimiano, secondo le parole di un concilio così imponente?
Abbi il coraggio di asserire, di contestare o, almeno, di dire che certamente erano peccatori, ma occulti, quelli dei quali leggo che erano rei del famigerato crimine.
Per quanto lieve sia stato il loro peccato, per quanto siano rimasti occulti, con il testo che adduci sull'olio del peccatore, in base alla tua interpretazione, tenti di forzare la seguente conclusione: nessun peccatore è eccettuato.
Se è così, dove sarete voi? Dove fuggirete? In quali antri potrete mai nascondervi con i vostri sacrilegi, con i vostri rei del famigerato crimine, con i vostri cadaveri insepolti?
Tu dici che noi, quando ci si obietta con quale licenza rivendichiamo il diritto di battezzare, non parliamo del merito delle azioni né dell'innocenza della vita, bensì affermiamo che chiunque ha questo diritto; e che noi, come se fossimo rei di crimini precedentemente giudicati, ci vediamo costretti a confessare apertamente che abbiamo peccato volendo dimostrare che tutti i peccatori hanno la facoltà di battezzare.
Come se in base ai nostri meriti dovessimo parlare contro Dio, per cui, tanto più siamo giusti, tanto più giusto rendiamo il battesimo!
Mentre, invece, nessun uomo deve presumere della propria giustizia; e da qui ricaviamo la prova più convincente che il battesimo è di Cristo, non degli uomini, perché esso non varia secondo la varietà dei meriti umani.
A questo punto sarei tentato di sviluppare la disputa, se non preferissi usare il ragionamento compendioso che voi stessi avete fornito. Infatti, ricevuto e non distrutto il battesimo, che conferirono i Massimiani: queste aspidi, vipere, parricidi, cadaveri egiziani - e tutto l'inventario di invettive che, per facilitarci al massimo la causa, è stato declamato contro di loro con linguaggio magniloquente dal concilio di Bagai - , voi li avete giudicati a sufficienza, convincendoli che il battesimo non dipende né dai meriti di coloro che lo amministrano, né dai meriti di coloro che lo ricevono, ma esclusivamente dalla santità e dalla verità, proprie di colui che lo ha istituito per la rovina di quelli che lo usano male e per la salvezza di quelli che se ne servono bene.
Indice |
49 | C. litt. Petil. 1, 1, 1 |
50 | C. litt. Petil. 1, 1, 2 |
51 | C. litt. Petil. 1, 9, 10 |