Contro Cresconio grammatico donatista |
Auguriamoci che sia stata veramente concessa a tutti!
Infatti quanti hanno fatto ritorno a voi da quello scisma, prima di rientrare, avevano fatto parte di esso e in esso battezzarono; e poiché sono tornati a voi di là senza perdere alcun bene del proprio ufficio, né annullamento del battesimo, se vi resta ancora un residuo di pudore, ammettetelo: vi hanno messi a tacere.
Quando infatti domandiamo dov'erano mai costoro prima di riconsegnarsi alla Chiesa, stando alla tua affermazione, ed essere reintegrati entro la scadenza fissata, che cos'altro vi costringe a rispondere la stessa realtà dei fatti, se non: " nello scisma di Massimiano ", a causa del quale fu pronunciata quella sentenza contro tutti?
Costoro, dunque, hanno battezzato in esso, e voi non avete osato annullare il loro battesimo quando sono rientrati in massa fra voi, per il semplice motivo che siete stati costretti a riconoscerlo!
E così, per la vostra stessa azione, per la vostra opera, per il vostro giudizio, con piena ragione e diritto si può concludere contro di voi che il battesimo di Cristo deve essere riconosciuto, anche se fosse stato conferito al di fuori della Chiesa: ecco perché noi lo riconosciamo piamente nei vostri, mentre voi lo annullate empiamente nei nostri!
34.41 - Ma forse ti rammarichi di avere scritto tali parole, che mettevano troppo a nudo questa verità, poiché hai detto: " Accadde che essi si reintegrarono nella Chiesa, e ritornando prima dello scadere della data stabilita non caddero sotto le sanzioni della sentenza definitiva ", per cui ti si potrebbe rispondere: " Come si restituirono alla Chiesa, come si reintegrarono in essa, se da essa non erano separati?
Se, poi, erano separati, come mai battezzavano? ".
Ma, che altro potevi dire tu, se non ciò che avevi udito da quelli che hai consultato, quando per questo motivo la mia lettera ti aveva fortemente turbato?
E tuttavia, forse, i tuoi ti rimprovereranno severamente di aver scritto incautamente tali parole.
C'è comunque un rimedio sicuro per metterti al riparo da loro e calmare la tua stizza.
Anch'essi infatti, proprio nel decreto del medesimo concilio, hanno usato tali espressioni.
Se, dunque, dopo aver letto il nostro modesto lavoro, vorranno rispondere che le parole di un loro laico non li pregiudicano, noi gli leggeremo subito le loro stesse parole: " Abbiamo concesso di tornare alla madre Chiesa a quelli che non macchiarono i germogli dell'arbusto sacrilego, cioè, che ritirarono le proprie mani dal capo di Massimiano per un verecondo pudore della fede ".
Quando gli si dice: " Costoro ai quali avete permesso di ritornare alla madre Chiesa, dove erano prima di ritornare? ", sono nello stesso tuo imbarazzo, come quando poco fa stavi tu per le parole che hai usate.
Infatti, che mai risponderanno se non che erano nello scisma di Massimiano?
Ora, non mi interessa sapere dove erano costoro: se la vedano tra di loro!
È certo che coloro i quali sono stati autorizzati a rientrare nella Chiesa non stavano nella Chiesa.
Dunque hanno battezzato al di fuori della Chiesa, e sia i battezzatori che i battezzati sono tornati insieme alla Chiesa, senza che gli uni perdessero gli uffici che avevano esercitato al di fuori né gli altri il battesimo che avevano ricevuto al di fuori.
Tu certamente, per quanto hai potuto in una causa sbagliata, ti sei espresso con cautela dicendo: " È sembrato opportuno nonostante tutto concedere attraverso il decreto del concilio un intervallo di tempo, entro il quale, se qualcuno avrà voluto correggersi, sarà considerato innocente ".
Essi però non hanno detto che dovevano correggersi quelli ai quali era stata concessa questa proroga, bensì, prorogando la dilazione, parlano di loro come se, appartenendo alla società di Massimiano, fossero del tutto senza macchia né colpa.
Che vogliono dire con quel: " Abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa a coloro che non hanno inquinato i germogli dell'arbusto sacrilego ", se non: " Abbiamo permesso di ritornare alla Chiesa a coloro che non si sono macchiati per il consorzio con Massimiano "?
È troppo poco? Osserva ciò che aggiungono dicendo: "Così come ci sentiamo purificati dalla morte dei colpevoli, altrettanto ci congratuliamo per il ritorno degli innocenti ".
Perché, allora, tu sostieni che hanno preferito accordare una proroga, durante la quale se qualcuno voleva emendarsi sarebbe stato ritenuto innocente, quando vedi che questa proroga è stata accordata a individui puri e innocenti?
Evidentemente hai temuto di sentirti dire: " Perché veniva loro accordata una proroga, se non erano stati inquinati da Massimiano? ".
E così hai pensato che, con questa dilazione, essi si sarebbero corretti.
A loro volta, essi temettero di vedersi rivolgere questa domanda: " E perché voi avete voluto accogliere con tutta la loro dignità individui macchiati da colpa? ".
Per questo hanno affermato che essi hanno dato una proroga a individui incontaminati.
Per questo motivo avete avuto paura dei singoli aspetti della questione, ma essi si oppongono l'un l'altro.
Infatti a te si dice: " Come mai giudichi degni di correzione coloro che i tuoi proclamano senza macchia? ".
A loro invece si obietta: " Come mai dichiarate senza macchia coloro che si sono contaminati, anche se non hanno imposto le mani sul capo di Massimiano, almeno per aver preso parte al suo scisma? ".
Quale spirito, quali forze, quale lingua saranno mai in grado di esprimere un dolore così intollerabile?
Perché fosse ricucita la frattura del partito di Donato, Massimiano non ha inquinato neppure in Africa i suoi soci africani; per impedire che i rami spezzati ritornino a saldarsi con la radice stessa dell'unità, Ceciliano dall'Africa ha inquinato un sì gran numero di popoli così remoti!
Dal giorno del concilio di Bagai, cioè l'otto delle calende di maggio, fino al giorno in cui spirava il tempo della proroga, cioè l'otto delle calende di gennaio, si contano otto mesi.
Durante questo intervallo così ampio di tempo, coloro ai quali è stata concessa questa proroga erano inquinati o non erano inquinati dalla società del condannato Massimiano?
Se erano macchiati, come si può dire: " Abbiamo permesso di ritornare alla madre Chiesa a coloro che non hanno macchiato i virgulti dell'arbusto sacrilego "?
Se non erano macchiati, come è possibile che il contagio di peccati altrui sconosciuti, per non dire inventati, abbia potuto inquinare noi e tutti i popoli cristiani che si trovano nel mondo intero?
" Ma per questo - dici tu - è stata concessa loro una proroga; se non ritornavano prima che spirasse la proroga, si sarebbero macchiati incorrendo nella pena della condanna ".
Dunque, ciò che li inquinava non era il peccato di appartenere a quella società, ma piuttosto la determinazione del giorno.
Dunque, se non fosse stata determinata alcuna data, costoro sarebbero restati senz'altro immacolati.
Che torto vi ha fatto l'universo? Perché lo presentate macchiato dai peccati altrui senza aver fissato per lui una qualsiasi proroga, mentre avete un potere tale, per cui gli uomini quando vogliono si uniscono ai peccatori e quando volete voi sono inquinati?
Erano innocenti e puri i partigiani di Massimiano, ai quali era concessa una dilazione, e se fossero ritornati fra voi entro il giorno stabilito, avrebbero salvaguardato integralmente le basi della loro dignità e fede; se invece spirava questo giorno senza che essi rientrassero, allora erano macchiati, erano scellerati, erano perduti, sarebbero incorsi nella pena della condanna, sarebbero stati umiliati con la degradazione per far penitenza.
O strabiliante ragionamento di uomini che proclamano, non più, come dice il vecchio proverbio: " È santo ciò che vogliamo noi ", ma anche: " Quando noi lo vogliamo e finché lo vogliamo! ".
Se capita a uno dei vostri di pregare con noi su una nave, ormai gli si dà dell'impuro, del traditore.
Comunicano sugli stessi altari coloro che hanno condannato Primiano insieme con Massimiano, adultero della verità, nemico della madre Chiesa, servitore di Datan, Core e Abiron, e per otto mesi restano innocenti e immacolati.
E quindi, se alcuni di loro sono rientrati nella vostra comunione il nove delle calende di gennaio, vi siete felicitati per il ritorno di innocenti, di coloro cioè che non hanno inquinato i virgulti dell'arbusto sacrilego.
Quali benefici vi hanno apportato i tanti giorni che formano otto mesi, dall'otto delle calende di maggio all'otto delle calende di gennaio?
Voi li avete resi così santi che, chiunque avesse aderito in quel periodo alla comunione del sacrilego e condannato Massimiano, non si sarebbe né macchiato di colpa né sarebbe divenuto nocivo agli altri.
E che male vi ha fatto il giorno così santo della nascita dello stesso nostro Signore, per cui, per il solo fatto di arrivare e di passare, lui ha potuto macchiare degli innocenti, mentre in coloro che battezzarono durante tutti quei giorni nel loro scisma il battesimo di Cristo restava santo e diventava impuro per la natività di Cristo?
38.45 - Di che cosa non è capace la temerarietà umana, quando precipita nel perseguire un empio errore, che si vergogna di abbandonare a causa della sua vanità e non si vergogna di difenderlo contro la verità!
Ma perché insistere su questo? Anche l'essere più ostinato, che ha chiuso il cuore a ogni appello della ragione, è costretto a confessare che quelli di cui si dice: " Essi si presentarono alla Chiesa e furono reintegrati prima del giorno fissato " - parole scritte da te - ; che quelli finalmente di cui si dice: " Noi gli abbiamo permesso di tornare alla madre Chiesa ", " noi ci congratuliamo per il ritorno degli innocenti ", " e perché la brevità del tempo concesso per il ritorno, che urge a causa del numero ridotto di giorni, non tolga la speranza della salvezza, noi spalanchiamo le porte dell'ammissione a tutti quelli che riconosceranno la verità fino a quel giorno, affinché al loro ritorno ottengano il pieno riconoscimento della loro dignità e della loro fede.
E se qualcuno non vorrà entrare per pigrizia e indolenza, sappia che da solo si è sbarrato volontariamente il facile ingresso ", " e a coloro che ritornano dopo il giorno stabilito, sarà irrogata la penitenza preordinata " : parole che i trecentodieci hanno inculcato con tanta insistenza nella loro sentenza.
Sì, ripeto, chiunque sia l'avversario, è costretto a confessare che costoro, dei quali si dicono queste parole, prima di consegnarsi a voi, prima di essere reintegrati nei vostri ranghi, prima di ritornare a voi, prima di passare al loro ritorno la porta della proroga, essi non erano con voi, avevano battezzato al di fuori della vostra comunione in quello scisma, a causa del quale si erano separati da voi.
E quando sono ritornati a voi, reintegrati nei posti che occupavano allorché si erano separati da voi, hanno conservato intatta la loro dignità e hanno fatto entrare insieme ad essi i loro battezzati, che non dovevano essere ribattezzati.
Perché continui ad offrire un patrocinio così ostinato alla peggiore delle cause?
È tempo di cedere finalmente, non a me, ma alla verità stessa da cui siete convinti.
Osserva quanto sia vero ciò che ho detto, e che tu hai tentato inutilmente di demolire: "Quante prove si devono sopportare per amore della pace ", e, per usare le stesse parole di cui mi sono servito nella mia lettera: " Per la pace di Cristo ritornate alla Chiesa, che non ha condannato alcuno senza conoscerlo, se per la pace di Donato vi è piaciuto di revocare le vostre condanne ".60
Se, infatti, di quei dodici che hanno condannato senza proroga alcuna insieme a Massimiano, hanno riammesso in seguito Feliciano e Pretestato, come può essere una falsità affermare che abbiano ritirato la loro condanna?
E se fu accordata una proroga anche a coloro di cui dissero: " Sappiate che sono condannati ", anche se nessuno di loro fosse ritornato, ad essi piacque tuttavia ritirare le loro condanne, quando dopo la sentenza che dichiarava: " Sappiate che sono condannati ", fu accordata una proroga che permetteva loro di rendere senza effetto la condanna e di ritornare.
Quanto ho detto potrebbe bastare, anche se fosse vero ciò che tu dici di essere rimasto turbato profondamente quando hai appreso dai tuoi vescovi la questione dei Massimiani.
Ebbene, dal momento che si tratta ancora di una falsità, che cosa pensi di fare?
Investiga pure o, se ne hai la possibilità, controlla la data degli atti proconsolari, in cui Tiziano presentò la sua istanza giudiziaria contro Feliciano e Pretestato per ottenere la loro espulsione dalle rispettive sedi, e vedi quanto tempo dopo lo scadere della proroga ciò è stato fatto.
Il concilio di Bagai infatti ha avuto luogo sotto il terzo consolato dell'Augusto Arcadio e sotto il secondo dell'Augusto Onorio, l'otto delle calende di maggio; invece il periodo della proroga decorreva da questo giorno fino all'otto delle calende di gennaio.
Ora, la domanda di Tiziano fu presentata dopo questo consolato, il sei delle none di marzo.
40.47 - Pertanto risulta che scadeva quasi il terzo mese quando è stata inoltrata richiesta al proconsole per far espellere dalle loro sedi Feliciano e Pretestato, in quanto colleghi di Massimiano, il quale li aveva coinvolti nella sua folle impresa.
Infatti il suddetto avvocato dopo aver detto sul conto di Massimiano ciò che giudicava essenziale, aggiunse: " Inoltre [ il concilio ] domò con un ammonimento altrettanto energico anche coloro che l'errore della presunzione altrui aveva attratti, offrendo dapprima il porto del pentimento, se desideravano ritornare entro il tempo stabilito sulla via della religione che avevano abbandonata.
Però l'iniquità si compiace dei suoi propositi e non abbandona se stessa, qualora abbia imboccato la via del precipizio.
Ed è così che lo stesso Massimiano alimenta la sua nascente audacia e attira attorno a sé altri complici della sua follia.
Fra costoro si trova anche un certo Feliciano, che prima seguì il retto cammino e poi si lascia offuscare dalla contaminazione di questa depravazione; risiedendo nella città di Musti, si è creduto in dovere di appropriarsi con una sorta di occupazione militare delle mura consacrate al Dio onnipotente, la venerabile Chiesa.
Su questo punto lo imita anche Pretestato nella regione di Assuras ".
Hai udito l'eloquio così scintillante ed esplicito dell'avvocato?
Egli dichiara che costoro, dei quali stiamo trattando, devono essere espulsi dalle loro sedi ecclesiastiche poiché non hanno tenuto in alcun conto il suggerimento di approdare al pentimento che gli era stato offerto, poiché l'iniquità si compiace dei suoi propositi quando ha imboccato la via del precipizio.
Quand'anche si potesse occultare la data degli atti, anche lo spirito più ottuso si accorgerebbe molto bene che l'autorità proconsolare non avrebbe potuto agire così contro di loro, se quel concilio non li avesse condannati senza accordare alcuna proroga, ed è ciò che risulta con maggiore evidenza, oppure se si fossero rifiutati di ritornare a voi entro il periodo stabilito, qualora la proroga fosse stata concessa a tutti.
Ma la data stessa degli atti ferisce gli occhi e le orecchie del più ostinato, in quanto prova che costoro, anche dopo il termine della proroga, non si trovavano nella vostra comunione ed erano strettamente legati a Massimiano, a tal punto che contro di loro fu sollecitato per questo l'intervento così temibile del potere giudiziario.
Che cosa si può replicare al riguardo? Perché si resiste ancora contro una verità così lampante con la sorprendente cecità dell'impudenza?
E perché suscitano ancora una tale frenesia contro l'unità di Cristo coloro che, per salvaguardare l'unità del partito di Donato, hanno voluto mantenere la concordia anche con sacrileghi condannati?
Perché si riconosce ancora con la debita venerazione il battesimo di Cristo anche in uno scisma sacrilego, mentre lo si rigetta con empia presunzione in tanti popoli cattolici, e lo si profana reiterandolo sacrilegamente?
41.48 - Non voglio indagare quanto tempo è passato fra la data in cui Feliciano e Pretestato furono accusati così duramente per bocca di Tiziano e la data in cui furono accolti nella vostra comunione.
È sufficiente osservare ciò che la richiesta mostra in modo incontrovertibile: costoro, molto tempo dopo la scadenza della proroga, erano ancora separati dalla vostra comunione e aderivano allo scisma di Massimiano, e voi in seguito li avete accolti, senza sminuire affatto la loro dignità e senza avere il coraggio, come era da temere, di annullare il battesimo che avevano conferito durante lo scisma.
In questa faccenda, potrebbe ancora levarsi contro di noi la lingua dell'individuo più ostinato, se essa si muovesse nella bocca di un uomo e sotto la fronte di un uomo?
Ho fatto uno sbaglio, lo confesso, scrivendo in quella mia lettera questa frase a proposito della sentenza del concilio di Bagai: " Quando fu letto davanti ad essi il testo della sentenza per deliberare in merito, essi l'approvarono all'unanimità per acclamazione; ora invece, quando è stata letta da noi, ammutoliscono ".61
La verità, l'hai detta proprio tu: " Ecco, non ammutoliscono ".
Il pudore o, meglio, l'impudenza stessa, può ammutolire davanti a fatti così manifesti; la follia non può!
Non prendere queste parole come dette a te, che hai dato credito alla menzogna dei tuoi vescovi, né dette per tutti quelli che non hai potuto consultare - data l'emozione che ti ha provocato la faccenda - ; intendile piuttosto come dette per coloro che, pur conoscendo l'importanza e la data delle decisioni dei giudici contro Pretestato e Feliciano, hanno avuto la sfrontatezza di dirti ciò che hai inserito nella tua lettera, cioè che Feliciano e Pretestato, reintegrati nella vostra comunione prima che spirasse la proroga stabilita, non erano soggetti alla sentenza definitiva.
Se poi si scoprisse che anch'essi ignoravano questo, almeno adesso, leggendo tali cose, taccia il pudore, ma taccia anche l'impudenza, chiunque sia questo impudente!
Resti soltanto la follia a sbraitare contro una verità così evidente.
Ed essa potrà forse essere sanata, se sarà tenuta a freno da gente di mente retta.
Guarda adesso con quale diritto hai detto di me: " Il falso testimone non resterà impunito ", quando tu pensavi che io avessi mentito sull'affare dei Massimiani.
Non ti rispondo sullo stesso tono; forse hai parlato di ciò che hai creduto per incauta amicizia, non per aver finto con cuore ipocrita.
Siamo uomini: con tutta la nostra vigilanza come riusciremo ad evitare che i nostri pensieri o le nostre parole non trascendano qua o là?
Però non dobbiamo fare i sordi di fronte alla medicina della correzione.
Osserva bene ora come questa causa dei Massimiani agevoli grandemente la mia risposta alle altre parti della tua lettera.
Guarda ciò che ti sei creduto in dovere di dire all'indirizzo dei nostri traditori, benché risulti trattarsi piuttosto di fatti compiuti dai vostri: la qual cosa ho dimostrato sovrabbondantemente nei tre volumi dell'altra opera; ed ora rispondi, se sei in grado: questo crimine, chiunque sia l'autore, può contaminare i cristiani nell'unità di tanti popoli, provenienti da regioni così remote e vissuti in epoche così posteriori, se il crimine dell'arbusto sacrilego di Massimiano non ha potuto contaminare né i suoi adepti africani, ai quali i vostri trecentodieci vescovi hanno dichiarato dando loro una proroga: " Essi non hanno contaminato i germogli del virgulto sacrilego ", né voi stessi, che avete accolto in piena concordia non solo coloro che avete dichiarato innocenti, ma anche quelli già condannati in quel sacrilegio?
Tu sostieni che gli Orientali erano a conoscenza dei crimini dei traditori, mentre tu, africano, ignoravi lo scisma dei Massimiani consumato nella capitale dell'Africa, finché un giorno, fortemente emozionato alla lettura della mia lettera, hai consultato i vostri vescovi; e anche dopo averli consultati, non hai potuto assolutamente apprendere da loro la verità.
Certo, se li difendi per non chiamarli mentitori, concedi almeno che ignoravano i fatti; e tuttavia tu non permetti né a noi né a tali e tanti popoli d'Oriente e d'Occidente di poter almeno ignorare la causa di Ceciliano, mentre costoro possono ignorare quella di Pretestato e Feliciano, ai quali trecentodieci vescovi, cioè tutti o quasi tutti i vescovi del partito di Donato hanno inflitto una condanna: Africani cioè che hanno condannato Africani in Africa, Africani che hanno accolto Africani in Africa.
Tu inserisci il testo iniziale del concilio di Serdi, per dedurne la prova che i vescovi orientali, conosciuto il crimine dei traditori, entrarono in comunione con il partito di Donato, e l'unica, grande prova che adduci è questa: fra i vescovi, ai quali scrivono, si trova il nome di Donato.
Tuttavia, in esso non si legge una sola parola che essi abbiano conosciuto la questione dei traditori africani.
In verità, questo concilio - non ti sfugga questo - è un concilio di Ariani, che tu hai già menzionato fra altri eretici; per di più, il testo si legge di solito senza l'addizione dei nomi delle sedi episcopali, in quanto non è prassi ecclesiastica nominarle nelle lettere che i vescovi scrivono ad altri vescovi.
Per questo non so di quale Donato si tratti, né mi stupisco che nelle vostre lettere lo abbiate fatto diventare cartaginese, non escludendo che anch'essi abbiano potuto indagare, pur essendo separati dall'Africa da territori così ampi, chi fosse il vescovo di Cartagine all'epoca in cui volevano scrivere, scoprendo che era Donato.
Tralascio anche di dire che probabilmente questi eretici orientali avevano tentato di unirsi in qualche modo agli eretici africani.
Però tu, uomo prudente, volendo risolvere la questione, che ti si poteva proporre in questi termini: " Se le cose stanno così, cioè che gli Orientali scrissero al vostro Donato, come mai in seguito si sono separati dalla vostra comunione? ", hai risposto con queste parole: " Perché, ammettendo di nuovo i vostri, essi non sono stati capaci di mantenere un atteggiamento costante di fronte alla causa condannata.
È scritto anche: Chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo ". ( 1 Cor 6,16 )
E così adesso tu hai lanciato un'accusa atroce contro i vostri: nella causa dei Massimiani non hanno potuto conservare la costanza, condannando esecrabilmente i sacrileghi, accogliendo con tutti gli onori i condannati.
Tu non provi affatto la questione degli Orientali; ma quella dei vostri la intendi, la leggi, la vedi e la giudichi.
Tu mi ordini di abbandonare la Chiesa dei traditori, la cui colpevolezza né voi di fronte a noi, né i vostri antenati di fronte ai nostri hanno potuto provare in modo convincente.
Se adesso me ne avessi fornito le prove, condannerei il loro misfatto criminale, ma non abbandonerei per causa loro la società cattolica, formata da tanti popoli che non li conoscono affatto.
Cerca piuttosto di vedere per quale motivo non vuoi che nella nostra comunione si faccia memoria di quei defunti, il cui operato ci è sconosciuto, ma di cui abbiamo appreso attraverso la serie delle generazioni anche la buona reputazione di cui godevano fra loro, mentre nella vostra comunione vivono senza alcuna degradazione quelli di cui avete toccato con mano i misfatti, e avete condannato i sacrilegi.
Tu, prudente qual sei, osi dirmi: " È un traditore colui che ti ha creato ", ignorando in tal modo che lui è nostro creatore, sia in quanto siamo cristiani sia in quanto siamo uomini, benché tu non possa convincere del peccato di tradizione neppure colui che consideri mio creatore.
Da parte mia, non ti ripago con la stessa ingiuria: non dico che Feliciano è tuo creatore né dei tuoi figli né dei tuoi nipoti, né dei tuoi pronipoti, se essi sono stati nel partito di Donato.
Ti do un solo avvertimento, poiché me lo permetti: che il tuo creatore non ti sorprenda come disertore, che corre con menzognera empietà dietro ad un uomo!
Poco dopo, sei convinto di meritare l'applauso con queste parole: " Dalla sorgente scaturisce il ruscello e le membra seguono il capo.
Se il capo è sano, sano è il corpo, e se in esso c'è qualche morbo o vizio, tutte le membra sono debilitate.
Tutto ciò che concerne la crescita del tronco è in rapporto con la sua radice; non può essere innocente chi non segue la condotta di un innocente, soprattutto perché è scritto: Non seguite le norme dei vostri padri ". ( Ez 20,18 )
In tutte queste tue parole rilevo di passaggio che non c'è un rapporto di somiglianza nel parallelo sul corpo umano; può infatti accadere che il piede dolga e la testa sia sana o che dolga la testa e il piede funzioni bene.
Tralascio pure il fatto che tu dimentichi la tua dichiarazione precedente: " Anche noi vogliamo questo, questo consigliamo: che Cristo sia il capo del cristiano"; tu che adesso vuoi far diventare non so qual traditore un capo sconosciuto di popoli cristiani, nei quali non volete riconoscere il battesimo di Cristo dato e ricevuto, come se i battezzati non siano stati creati se non da quel traditore.
Lascio pure da parte l'aiuto notevole che mi fornirebbe il testo che hai citato dalla Scrittura, che dice ai Giudei: Non seguite le norme dei vostri padri, ( Ez 20,18 ) poiché quanti vollero osservare allora questo precetto, e tali furono i santi profeti e quei settemila uomini che non piegarono le ginocchia davanti a Baal, ( 1 Re 19,18 ) non per questo si separarono dal loro popolo e dai loro comuni sacramenti.
Dico questo, e lo inculco ripetutamente, ti piaccia o non ti piaccia, a costo di sembrare stucchevole: non voler fare Ceciliano, assolto tante volte, capo di noi suoi posteri, come io non faccio Primiano, condannato da Feliciano, né Feliciano, condannato da Primiano, capo dei vostri discendenti.
Quanto all'odiosa persecuzione, che vi gloriate di subire da parte delle potestà terrene in quanto membri del partito di Donato, pur avendoti già risposto in maniera più che esauriente nei tre libri di quell'opera, neppure adesso rinuncio a darti quella breve risposta che si può dare sulla causa dei Massimiani, dal momento che voi ne fate un titolo commendatizio presso la gente incolta e sprovveduta.
Anche Massimiano e i suoi si raccomandano nello stesso modo presso millantatori e disinformati, essi che non hanno potuto cedere neppure alle persecuzioni che gli causavano i vostri affinché ritornassero alla loro comunione.
Ma le persone assennate, di fronte alle vittime di qualche afflizione, sanno bene che non si deve tener conto delle pene, quanto delle cause; esse comprendono che costoro giustamente e meritatamente hanno dovuto subire le misure repressive, irrogate anche dei tribunali civili per il crimine dello scisma sacrilego, che valse da parte vostra una condanna meritata e giusta.
Non voglio neppure soffermarmi su ciò che hai scritto nella tua lettera, e cioè che non fu Ottato bensì il popolo che ha distrutto non la basilica ma la spelonca di Massimiano.
Anche se non è accertato che siano stati i vostri a commettere il fatto, è certo che lui ha subìto una persecuzione: nonostante ciò, non era giusto ma empio.
Tutto questo ti costringe ormai ad ammettere che non si deve considerare ciò che uno soffre, ma perché lo soffre.
Comunque, mi sembra inadeguato per il momento da questo esempio di Massimiano trarre la conclusione che non è necessariamente giusto chi, subendo la persecuzione, reclama per sé e si riveste del nome di Cristo, in quanto anche il sacrilego Massimiano ha sofferto la persecuzione, nel qual caso ti costringerò a confessare che anche gli uomini religiosi perseguono i sacrileghi e i giusti gli empi, non certo per il gusto di nuocergli, ma piuttosto per la necessità di provvedere alla loro salvezza.
Non tiro fuori esempi neppure dall'Antico Testamento, benché tu abbia detto di voler essere informato anche sugli esempi profetici.
Non cito, ripeto, esempi troppo antichi: appartengono ad un'altra economia e ad un'altra epoca.
Sì, dopo che la mansuetudine ci è stata rivelata e raccomandata a tempo opportuno, i vostri vescovi - e questo comportamento diciamo che non è giusto, ma finché tu sei lì a difendere una tale causa, sei costretto a dire che è giusto - i vostri vescovi, ripeto, hanno perseguitato i vostri scismatici.
Pertanto non dico più: " Massimiano ha subìto la persecuzione, Ottato ne è l'autore ", poiché tu rispondi che voi non ne sapete nulla e lui fece in modo tale, che su questo non ho la possibilità di leggere gli atti; benché se si interrogassero su fatti così recenti le città stesse, esse non potrebbero negarlo.
Questo, dunque, non lo dico più; dico invece: " Massimiano ha subìto la persecuzione, Primiano l'ha inflitta ", e leggo gli atti dimostrando, testo alla mano, che la casa, difesa da Massimiano come sua proprietà, se l'era presa Primiano per utilizzarla, in qualità di mandatario, sotto il nome fittizio di casa ecclesiastica degli esorcisti, con l'appoggio del legato Sacerdote, come indicano gli stessi atti.
Che il giudice abbia operato secondo criteri di giustizia e non per favoritismo, è cosa che non nego e non rigetto.
Ma, allora, perché Primiano negli atti del magistrato di Cartagine, fra le altre contumelie a noi indirizzate, ha dichiarato: " Essi rapinano i beni altrui, noi lasciamo in sospeso i beni rubati ", quando lui stesso, se la casa apparteneva a Massimiano, aveva rubato i beni altrui?
Se poi Massimiano fosse piuttosto quello che l'aveva usurpata, allora Primiano non aveva lasciato in sospeso i beni rubati?
Però, se non vuoi collegare neppure questo episodio alla persecuzione, dichiaro allora che i vostri vescovi e i vostri chierici hanno perseguitato i Massimiani che dimoravano in quei luoghi, in cui erano stati ordinati da molto tempo; li hanno accusati presso il proconsole, hanno chiesto di arrestarli e per aver fatto eseguire questi arresti si sono guadagnati cariche pubbliche e aiuti dalle città.
In tal modo quelli che erano già stati condannati dal rigore della sentenza bagaiense, e recisi dal corpo della vostra comunione con un intervento rapido e doloroso per impedire che il virus pestilenziale contagiasse tutte le membra, che non costituivano più alcun pericolo per voi a motivo del contagio malsano della loro comunione, che frequentavano le loro assemblee insieme ai rispettivi fedeli altrettanto scomunicati e gestivano con diritto di possesso perpetuo insieme alle popolazioni aderenti alla loro sètta luoghi e basiliche che non avevano occupato abusivamente; ebbene, questi dissidenti furono terrorizzati, malmenati, cacciati via, presentati come ribelli!
Leggi ciò che gli avvocati dell'accusa hanno detto di loro o contro di loro, quali accuse di sacrilegio gli hanno lanciato addosso, con quale impeto li hanno incriminati sollecitando l'intervento del pubblico potere.
Indaga pure per conoscere il trattamento riservato a Salvio di Membressa, poiché con le vessazioni di quella persecuzione non erano riusciti a staccarlo dal consorzio del crimine, e lui preferì piuttosto affidarsi ad una inchiesta e rispondere ai suoi persecutori di fronte al tribunale del proconsole, credo con quella fiducia che gli derivava dal fatto di sapere che i suoi avversari di fronte al giudice non potevano appellarsi alle leggi promulgate contro gli eretici senza essere presi nella stessa rete.
Ma questo pensiero lo ingannò. Infatti davanti a Serano, allora proconsole, prevalse il favoritismo o forse piuttosto il concilio di Bagai, che lì anche contro lo stesso Salvio fu citato.
Con una sorta di sentenza interlocutoria, il giudice mostrò che cosa si doveva fare: o reintegrare Salvio nel gruppo dei vescovi della comunione di Primiano o espellerlo dalla sua sede, affinché Restituto, che Primiano aveva consacrato contro di lui, prendesse possesso senza un rivale di tutti i luoghi che amministrava Salvio; nonostante questo, nella stessa sentenza interlocutoria disse esplicitamente che Salvio era oggetto di persecuzione.
Così si legge nei medesimi atti: " Il proconsole Serano disse: Una lite tra vescovi, a norma di legge, deve essere presieduta dai vescovi; e i vescovi hanno sentenziato.
Perché non ti rivolgi per un risarcimento al coro degli Anziani, o, come dice la Scrittura, non offri il dorso ai tuoi persecutori? ".
Che te ne pare? Sei proprio del parere di chiamare giusto questo Salvio, a cui un proconsole, presso il quale il vostro vescovo Restituto, suo avversario, lo accusava, dà il consiglio, preso anche dalle Scritture, di offrire il dorso ai persecutori, poiché è scritto nel Vangelo: Se vi perseguitano, fuggite? ( Mt 10,23 )
Vedi certamente che figura di martire o di confessore esibisce Salvio davanti ai suoi, lui che, perseguitato da Restituto, ha meritato di ascoltare queste parole dal proconsole; e tuttavia, tanto da noi quanto da voi è considerato empio e sacrilego.
E così, quando la sentenza del proconsole fu comunicata alla popolazione di Abitina, città vicina ove i vostri riuscirono a mettere in esecuzione la sentenza, dato che quasi tutta la popolazione di Membressa simpatizzava per Salvio, mi freme il cuore mentre riferisco ciò che fecero gli stessi abitinensi a quest'uomo rispettabilissimo per età, poiché non lo consegnarono agli atti.
Del resto, trattandosi di un fatto così recente, le testimonianze offerte dalle città sono più convincenti di tutti i documenti, quindi attingerò brevemente a ciò che ivi ho appreso nel corso di un viaggio.
Salvio, contando sull'appoggio della popolazione a lui favorevole, anche dopo la sentenza del proconsole aveva tentato con tutte le forze di opporre resistenza agli Abitinensi per difendere le sue sedi.
Alla fine fu sopraffatto e catturato, non più per essere condotto al tribunale, dove era già stata pronunciata la sentenza fra le parti, ma ad un avvilente corteo trionfale.
Si prese il vegliardo, gli si legarono al collo carogne di cani, e così danzarono con lui finché vollero.
Se volessi fare una amplificazione retorica, non dovrei forse affermare che questo supplizio è appena paragonabile ai tormenti dei re etruschi, che legavano i cadaveri ai vivi?62
Un vegliardo, che per giunta pretendeva il rango di vescovo, non dovrebbe essere bandito dalla società dei vivi e dei morti con giudizio unanime se, di fronte alla prospettiva di scegliere necessariamente uno dei due supplizi propostigli, non scegliesse piuttosto di essere attaccato a cadaveri umani, anziché danzare con carogne di cani?
50.60 - Concentra ora l'attenzione su quelle mie parole che credevi di aver confutato, anzi, non tanto su di esse quanto su queste che sto per dire in sostituzione di quelle.
Ecco, infatti, che non dico più: " Se non è lecito perseguitare, Ottato lo ha fatto "; dico invece: " Se non è lecito perseguitare, Restituto lo ha fatto ".
Come pure non dico più: " Se si deve ritenere innocente chi subisce la persecuzione, Massimiano l'ha subìta "; invece dico: " Se si deve ritenere innocente chi subisce la persecuzione, Salvio l'ha subìta ".
Non faccio altro che leggere gli atti e ripetere le parole che tu non vuoi ascoltare: Restituto l'ha fatta, Salvio l'ha subìta.
Di questi due, che cosa mi risponderai se non che il cristiano è Restituto, mentre il sacrilego è Salvio?
Si deve dunque lasciar cadere, riprovare e rigettare come indimostrata la tua affermazione, in base alla quale non esiste una persecuzione giusta, e anche ciò che hai detto: " Chi è che non vuole dare il suo assenso al testamento reso pubblico, colui che subisce la persecuzione o colui che la infligge? ", poiché è giusta la persecuzione che Salvio ha subìta e Restituto ha inflitta.
Salvio l'ha subìta, ma per te Restituto è degno di lode e Salvio è meritevole di condanna!
Non puoi neppure continuare a dire che ciò è accaduto in modo occulto o che poteva sfuggire a Primiano un fatto avvenuto nella città che presiedeva come vescovo, e in una città di tale importanza, davanti a un giudice così eccellente, che non poteva restare segreto anche per le altre città.
Se poi anche questo lo si deve classificare tra i fatti ignoti, perché non vuoi ammettere che il mondo intero possa ignorare il male che Ceciliano ha potuto commettere - e non sia mai che l'abbia commesso - durante la persecuzione, se Primiano poté ignorare la persecuzione che subì Salvio da parte della persona che lui stesso aveva consacrato come suo antagonista, e per giunta nella stessa città in cui esercitava il primato sui suoi colleghi?
Pertanto dovrai confessare, volente o nolente, per non essere costretto a condannare Restituto e Primiano e la setta di Donato, che non solo gli ingiusti possono subire la persecuzione, ma anche i giusti possono infliggerla.
Oppure, se pensi che non si deve chiamare persecuzione quella che è fatta giustamente, non potrai provare che voi avete sofferto persecuzione da parte nostra, né i vostri da parte dei nostri, ma siamo noi piuttosto che dimostreremo di subirla da parte dei vostri chierici e circoncellioni, questi esseri crudeli e abbrutiti, i quali, non comprendendo né sopportando che noi ci interessiamo alla loro salvezza, si scagliano con tale furore contro di noi, che sono incapace di enumerare, ricordare e spiegare a parole ciò che fanno contro di noi.
Indice |
60 | C. litt. Petil. 1, 13, 14 |
61 | C. litt. Petil. 1, 10, 11 |
62 | Virgilio, Aen. 8, 483 ss |