Contro Giuliano |
Il matrimonio in quanto matrimonio è cosa buona e l'uomo, sia che nasca da un matrimonio sia che nasca da un adulterio, è cosa buona in quanto uomo perché come tale è creatura di Dio.
Siccome però nasce da quel male e con quel male di cui fa buon uso la pudicizia coniugale, ha necessità di essere sciolto dal suo laccio con la rigenerazione.
Stando così le cose, perché mi chiedi "dove si trova il male originale", dal momento che la libidine, contro cui combatti, parla a te con maggior sincerità di te stesso quando la lodi?
Perché mi domandi "come sia possibile che l'uomo, creatura di Dio, sia sottoposto al diavolo"?
Come può trovarsi nella morte che Dio non ha fatto?
"Che cosa vi può il diavolo, tu dici, riconoscere come suo se non ha creato né quello che è stato fatto né donde è stato fatto?".
Quello che è stato fatto è l'uomo, donde è stato fatto è il seme dell'uomo.
Entrambi sono un bene. Il diavolo non ha creato né l'uno né l'altro ma ha solo seminato il difetto del seme.
Egli non vi riconosce il suo bene perché non è suo ciò che entrambi lodiamo, ma riconosce il suo male contro cui entrambi combattiamo.
A torto, di conseguenza, uno di noi loda ciò che entrambi combattiamo.
Vedi invero come mi chiedi "donde venga il male nei bambini fra tanti beni" ma trascuri ciò che ho scritto nel libro che tu critichi, e fra l'altro le parole dell'Apostolo: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono. ( Rm 5,12 )
Tu non vuoi che gli uomini ascoltino o leggano queste parole in questo punto dove sono sommamente necessarie, perché non riconoscano la propria fede e disprezzino la tua argomentazione.
Tu dici che io ho dichiarato che "l'uomo non è reo se nasce dalla fornicazione e non è innocente se nasce dal matrimonio".
È una esagerazione ed un'aperta calunnia!
Ho sempre sostenuto, secondo la fede cattolica, difesa contro di voi con estrema chiarezza dai Padri, prima che voi nasceste, che l'uomo, da qualunque parte nasca, è innocente perché non ha alcun peccato personale, ed è colpevole perché ha il peccato originale.
La sostanza della natura, invece, essendo creatura di Dio, è una cosa buona perfino nei peccatori adulti, i quali sono cattivi anche a causa dei peccati personali aggiunti a quello con cui sono nati.
Perché dovrei temere che mi si obietti "di aver imputato i peccati di tutti i genitori a tutti i figli", dal momento che, anche nel caso che questo sia vero - non intendo naturalmente riferirmi a chi ha l'uso della volontà, ma solo ai neonati - la sostanza della natura creata da Dio non sarebbe affatto un male, ma sarebbero un male solo i vizi insiti in essa e contro cui anche tu, per usare le tue parole, "eserciti gloriose lotte"?
Così come tu scrivi: "Quando gli adulteri generano, l'uomo nasce dalla potenza del seme e non dalla bruttura dell'atto disonesto", alla stessa maniera quando i coniugi generano, l'uomo nasce dalla potenza del seme, non dall'onestà del matrimonio.
Se in questo caso da entrambi anche in quel caso da entrambi.
Per quanto riguarda il matrimonio in se stesso, il frutto del matrimonio non è la generazione degli uomini che possono nascere anche dagli adulteri, ma l'ordinata ricezione dei figli.
Perché dunque "sarebbe falsissima la parte della mia tesi in cui ho affermato che al bene del matrimonio non può essere imputato il male originale che da esso si contrae", dal momento che, se non fossi stato rigenerato, saresti ancora ritenuto colpevole per quel male da te contratto, contro cui combatti e di cui hanno fatto buon uso i tuoi genitori perché tu potessi nascere?
I genitori, quindi, che fanno buon uso di un male, non debbono essere accusati e i figli debbono essere rigenerati perché siano liberati dal male.
Qualora, infatti, il bene del matrimonio non fosse che il buon uso di un bene, sarebbe strano come da esso si possa contrarre un male.
Se, al contrario, il bene del matrimonio sta nel buon uso di un male, che c'è di strano se dallo stesso male, di cui fa buon uso la bontà del matrimonio, si contrae il male del peccato originale?
È mirabile piuttosto che, pur essendo gli Apostoli il buon odore di Cristo, si traeva da essi sia il bene che il male.
Per gli uni infatti erano un profumo che conduce di vita in vita, per altri, invece, un profumo che mena di morte in morte, ( 2 Cor 2,15-16 ) essendo appunto quell'odore l'uso non di un male ma di un bene.
Essi erano il buon odore di Cristo proprio perché facevano buon uso della grazia di Cristo.
È falsa pertanto l'affermazione che fai: "Se da esso si contrae il male, può essere incriminato, non scusato", perché se da esso si contrae il peccato originale, si trae pure un bene, vale a dire l'ordinata propagazione dei figli.
Il male non si contrae da esso, dal matrimonio, perché è una cosa buona, ma proprio perché nell'uso di quel bene c'è anche un uso del male.
L'unione matrimoniale non è stata istituita, come credi, per il male della concupiscenza, bensì per il bene che da questo male deriva.
Se nessuno avesse peccato, lo stesso bene si sarebbe avuto senza questo male.
Ora però non ci può essere senza questo male, ma non per questo è male.
Così pure, viceversa, nessun male ci può essere senza un bene, ma non per questo è un bene.
L'opera buona di Dio sta nella natura, ma senza di essa non ci può essere la volontà cattiva.
Di conseguenza, come l'adulterio non diventa buono per il fatto che non ci può essere senza il bene della natura, così l'unione matrimoniale non diventa cattiva per il fatto che non ci può essere senza il male della concupiscenza.
Per questo motivo, anche se ti si concede che "non esiste il bene in ciò che è causa di un male", non ci sarebbe alcun riferimento al matrimonio che non è causa di male.
Il matrimonio infatti non ha creato il male della concupiscenza, ma lo ha trovato e ne ha fatto buon uso.
"Non può sfuggire al supplizio, tu dici, una cosa dalla cui partecipazione anche altri contraggono il reato".
Non è assurdo se lo riferisci alla concupiscenza della carne.
Di questo male, infatti, fanno buon uso i fedeli coniugi ma da esso contraggono il reato i figli, che, di conseguenza, hanno bisogno di essere rigenerati.
Questo male non sfugge al supplizio: il suo, e questo supplizio, infatti, sta nell'essere punito con i generati qualora non siano rigenerati.
Nei rigenerati, invece, essendo stati risanati in ogni parte, il supplizio si esaurisce.
"Se dal matrimonio, tu scrivi, si contrae il peccato originale, l'unione matrimoniale è causa di male".
Che diresti se qualcuno affermasse: se dalla natura si contrae la volontà cattiva, la creazione della natura è causa di male?
Non sarebbe del tutto falso? Così lo è ciò che hai detto, anche il male originale non si contrae dal matrimonio, ma dalla concupiscenza della carne, contro cui anche tu combatti.
Di questo male fanno buon uso gli sposati, quando essi si uniscono solo in vista della procreazione.
Qualora non ci fosse stato il peccato che sarebbe passato a tutti gli uomini e non ci fosse stato di conseguenza un male da usare bene, i coniugi si sarebbero uniti ugualmente per procreare i figli.
Credo di avere già dimostrato abbastanza nel primo libro di quest'opera quanto hai errato nell'interpretazione dell'albero buono e di quello cattivo.
Tornando tu a rifare gli stessi nodi già sciolti, non è il caso di fermarsi sulle cose superflue.
Mi chiedi "per quale motivo nei bambini si trova il peccato" ed enumeri una quantità di beni tacendo il male contro cui combatti, ma mentre lo taci, esclami: "I genitori che con la loro unione sono stati causa di peccato sono giustamente condannabili: per opera loro il diavolo è giunto ad esercitare il suo potere sugli uomini!".
Potresti dire lo stesso anche a Dio, non perché crea gli uomini che contraggono il peccato originale, cosa che tu neghi, ma perché nutre e veste innumerevoli empi, anche quelli che sa che resteranno nella loro empietà.
Se non lo facesse, il diavolo non avrebbe uomini asserviti.
Potrai dire che Dio nel nutrirli bada solo al bene di cui egli è il creatore, in quanto cioè sono uomini.
Lo stesso i genitori, nel generare i figli, badano solo al loro bene, in quanto cioè sono uomini, non sapendo oltretutto quello che essi diventeranno.
Non ci sarebbe stato alcun peccato, infatti, come tu stesso ammetti, se non ci fosse stata in precedenza una cattiva volontà.
Il peccato originale, che noi affermiamo e voi negate, non ci sarebbe stato se la natura non fosse stata viziata dalla cattiva volontà del primo uomo.
Non ci sarebbe stata neppure una cattiva volontà se non ci fosse stata in precedenza una natura angelica o umana.
Per questo forse si dirà che Dio è causa dei peccati, perché la sua volontà è causa delle nature mutevoli?
Come a Dio creatore non viene attribuito il fatto che le creature ragionevoli defezionano dal bene, ma solo il fatto che in se stesse sono buone, così ai genitori, che generano e fanno buon uso del male della concupiscenza, non si deve attribuire il fatto che i figli nascono con quel male, ma solo il fatto che essi sono una cosa buona.
Non si può dire, quindi, come tu pensi, che "deriva dal diavolo l'origine dei neonati in quanto uomini, perché dal diavolo deriva solo l'origine del peccato, senza il quale non nasce nessun uomo".
Non perché la morte trae origine dal diavolo, da lui debbono aver origine anche i mortali.
Stai cercando "la fessura attraverso la quale è entrato il peccato in una munitissima fortezza di innocenza" e non ti accorgi che l'apostolo Paolo ti fa vedere non una fessura ma una larghissima porta con le parole: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )
Saltando queste parole, aggiungi le tue: "l'opera del diavolo non può passare attraverso l'opera di Dio".
Eppure gli uomini sono opera di Dio, il peccato è opera del diavolo e l'Apostolo afferma che esso è passato a tutti gli uomini.
"Se la natura viene da Dio - esclami - da essa non può derivare il peccato originale", quasi che un altro non possa gridare con maggiore religiosità: se la natura viene da Dio, da essa non può nascere alcun male e in essa non ci può essere alcun male.
Tuttavia è falso, perché il male non può derivare che dalla natura né può stare se non nella natura.
Dichiaro pertanto che il neonato è opera di Dio anche se contrae il peccato originale, perché ciò che in lui è opera di Dio è un bene.
L'opera di Dio rimane sempre buona, sia pure insieme al male, non solo nei bambini, ma anche in ogni altra età.
Questo significa che la sostanza, la forma, la vita, il senso, la ragione e tutti gli altri beni rimangono beni anche in qualsiasi uomo cattivo.
Del resto, chi fa vivere l'uomo se non colui nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo? ( At 17,28 )
Ma questo avviene per l'opera nascosta della sua beneficenza, eccetto gli alimenti visibili con cui ci nutriamo dall'esterno.
Colui pertanto che fa vivere l'uomo anche se tiene un comportamento vizioso, fa nascere l'uomo anche con un'origine viziata.
Dopo aver proposto altre parole del mio libro, per quale motivo mi fai dire che "l'istituzione del matrimonio era diversa prima del peccato di Adamo; avrebbe potuto essere, cioè, senza la concupiscenza, senza i movimenti del corpo e senza la necessità del sesso"?
Togli al matrimonio la concupiscenza, per la quale la carne ha desideri contrari allo spirito, togli il male contro cui, in virtù della continenza, eserciti gloriose lotte e non hai bisogno di togliere null'altro, se cerchi come avrebbe potuto essere il matrimonio prima del peccato dei primi uomini.
Chi mai ha immaginato un matrimonio senza i movimenti del corpo e senza la necessità del sesso?
Noi diciamo solo che nel paradiso, prima del peccato, non avrebbe potuto esserci la guerra che i casti sentono in sé, siano essi sposati o non sposati.
Il matrimonio è identico, con l'unica differenza che, nel generare i figli, ora deve fare buon uso del male della concupiscenza, mentre allora non avrebbe dovuto fare buon uso di alcun male.
A cagione di questo male, tuttavia, esso non ha perduto i suoi beni consistenti nella fedeltà della castità, nel patto dell'unione e nel germe della propagazione.
Anche allora il marito per procreare si sarebbe unito alla propria moglie, senza aver tuttavia nel proprio corpo il movimento della torbida libidine, ma semplicemente la tranquilla volontà con cui comandiamo le altre membra.
Mi rimproveri perché dichiaro "opera del diavolo, nati dalla malattia, e rei dall'origine, i bambini che hanno riempito il mondo e per i quali Cristo è morto".
Nella loro sostanza i bambini non sono opera del diavolo, ma per opera del diavolo sono rei dall'origine.
Per questo motivo, come del resto professi anche tu, Cristo è morto pure per i bambini perché anche ad essi appartiene il sangue sparso in remissione dei peccati. ( Mt 26,28 )
Negando che i bambini contraggono il peccato originale, di fatto voi li rendete estranei a quel sangue.
Non adirarti se ho scritto che la concupiscenza è una malattia, alla quale tu stesso riconosci che è stato apportato un rimedio.
Il principio dei bambini, dal quale essi sarebbero nati, si trovava in Adamo, ma poiché esso è stato viziato e condannato dal peccato, Cristo ne ha istituito un altro dal quale essi sarebbero rinati.
"Qualora, tu dici, prima del peccato Dio avesse creato quello da cui gli uomini sarebbero nati ed il diavolo quello da cui i genitori sarebbero stati eccitati, senza dubbio ai neonati si dovrebbe attribuire la santità ed ai genitori la colpa".
Che significa " … i genitori sarebbero stati eccitati …"?
Se intendi il sentimento della volontà, per cui ognuno aspira ad avere figli, anch'esso è stato istituito da Dio; se invece intendi il turbamento della libidine, al cui eccitamento o al cui allontanamento non è sufficiente l'arbitrio della volontà, in questo caso è la ferita della natura inflitta dalla prevaricazione persuasa dal diavolo.
Giustamente quindi ho scritto: "Nel corpo di quella vita il concepimento dei figli sarebbe avvenuto senza questo male, senza di cui non può avvenire nel corpo di questa morte".6
Segue la tua argomentazione che "i bambini appartengono al bene della fecondità, istituita con la benedizione di Dio prima della malattia della libidine e non alla malattia della libidine, sopraggiunta successivamente col peccato, e, di conseguenza, ai neonati si deve attribuire la santità ed ai genitori la colpa".
Non ti rendi conto, però, che a causa di quel grande peccato è stata mutata in peggio tutta la natura, da cui doveva derivare l'umana progenie.
In tal modo avresti potuto dire che solo Eva e non le altre donne avrebbe dovuto sentire il dolore del parto, perché la benedizione di Dio, espressa nelle parole: Crescete e moltiplicatevi, ( Gen 1,28 )
in virtù della quale sarebbero nati gli uomini, è stata impartita prima che il sesso della donna fosse punito con la maledizione.
Se dicessimo questo, però, ci verrebbe risposto che come da quel peccato, così dalla maledizione è stata mutata in peggio tutta la natura da cui si contrae il peccato originale e da cui è imposto un grave giogo sui figli di Adamo.
Non è affatto vero, come tu pensi, che "l'Apostolo descriveva un giudeo posto ancora sotto la legge quando affermava: So infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne; e: Non sono io che compio il male, bensì il peccato che abita in me; e: Solo il male è alla mia portata; e: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia mente". ( Rm 7,18-20 )
Egli descriveva la natura umana in questa carne corruttibile, dapprima creata da Dio senza difetto e successivamente ferita dal vizio derivante dalla scelta della volontà dei primi uomini.
Di chi è la voce: Ah me infelice! chi mi libererà da questo corpo fonte di morte?
La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore! ( Rm 7,23-25 )
È forse la voce di un giudeo? No, senza dubbio è quella di un cristiano.
Sua dunque è anche la voce precedente di cui questa è la conseguenza.
È la stessa persona che esclama: La grazia di Dio mi libererà da questo corpo fonte di morte, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, e che grida: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia mente. ( Rm 7,23-25 )
Potresti credere però che si tratti della voce di un catecumeno, ancora in attesa del lavacro di rigenerazione, che, in seguito ad esso, spera di non avere più nelle sue membra alcuna legge di peccato in conflitto con la legge della mente.
Perché non abbia a credere questo, ( tenendo presente che tu pure, se ti dobbiamo credere, con il bene della continenza eserciti gloriose battaglie contro il male della concupiscenza dopo il lavacro della rigenerazione ), ricorda le parole che l'Apostolo scriveva ai Galati, uomini certamente battezzati: Vi dico dunque: camminate secondo lo spirito per non appagare le voglie della carne. ( Gal 5,16 )
Non disse: Per non sentire, perché non avrebbero potuto farne a meno, bensì: Per non appagare, vale a dire: per non perfezionare col consenso della volontà le loro opere.
La carne infatti, ha voglie opposte allo spirito, e spirito desideri opposti alla carne.
Essi stanno in lotta tra loro, così che voi non fate ciò che vorreste. ( Gal 5,17 )
Vedi se non dice lo stesso nella lettera ai Romani: Non faccio il bene che voglio, ma commetto appunto il male che non voglio.
Nella lettera ai Galati aggiunge: Ma se vi lasciate guidare dallo spirito, non siete più sotto la legge. ( Gal 5,18 )
Vedi se non dice lo stesso in quella ai Romani: Non sono più io che lo compio; e: Io mi diletto, seguendo l'uomo interiore, della legge di Dio; e: Il peccato, dunque, non regni più nel vostro corpo mortale sì da piegarvi alle sue voglie. ( Rm 7, 15. 20.22; Rm 6,12 )
Se, infatti, non si obbedisce alla concupiscenza, che necessariamente è presente nella carne di peccato ed in questo corpo fonte di morte, non si appaga quello che l'Apostolo vieta con le parole: Non appagherete la concupiscenza della carne. ( Gal 5,16 )
Sono esse le opere su cui insiste dicendo mirabilmente: È ben noto ciò che produce la carne, cioè fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, ( Gal 5,19-20 ) ecc.
Se non si acconsente alle voglie della carne, dunque, non si compiranno le opere della carne; quantunque ne permangono le sollecitazioni.
Quando la carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne cosicché non facciamo quello che vogliamo, non sono portate a compimento le opere della carne, anche se sono fatte, né sono portate a compimento le nostre opere buone, anche se sono fatte.
Come la concupiscenza della carne è portata a compimento solo quando lo spirito consente alle sue opere cattive, non solo non opponendosi ad esse, ma collaborando, alla stessa maniera le nostre opere buone saranno portate a compimento solo quando la carne avrà aderito talmente allo spirito da non avere più voglie contro di esso.
Questo intendiamo quando aspiriamo alla perfezione della giustizia e questo dobbiamo volere senza interruzione.
Siccome però in questa carne corruttibile non possiamo arrivare a tale perfezione, l'Apostolo ha scritto ai Romani: Volere il bene è alla mia portata, il portarlo a compimento non riesco a trovarlo, ( Rm 7,18 ) o, secondo il testo greco: Il bene è alla mia portata, il praticarlo no, vale a dire: non è alla mia portata portare a compimento il bene.
Non ha detto "fare", ma portare a compimento il bene.
Fare il bene significa non seguire le proprie brame, ( Sir 18,30 ) portarlo a compimento, invece, significa non avere brame.
Quello che ai Galati è: Non appagate le brame della carne, ( Gal 5,16 ) lo stesso è all'opposto ai Romani: Non trovo il portare a compimento il bene. ( Rm 7,18 )
Le brame non vengono appagate nel male quando ad esse non si dà l'assenso totale della volontà, e la nostra volontà non porta a compimento il bene finché rimane in noi il movimento delle passioni pur se ad esse non acconsentiamo.
Questo è un conflitto in cui, come in una gara, si misurano anche i battezzati, quando la carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne.
In esso lo spirito, non consentendo alla concupiscenza, fa l'opera buona, ma non la porta a compimento perché non riesce a togliere i cattivi desideri; la carne ha il cattivo desiderio, ma non lo porta a compimento perché non trova lo spirito consenziente e, di conseguenza, non arriva neppure all'opera riprovevole.
Che questo conflitto non appartenga ai giudei o ad altri, ma ai fedeli cristiani, che faticano in questa lotta vivendo bene, lo dimostra Paolo con le parole ai Romani: Io stesso, dunque, con la mente servo la legge di Dio e con la carne la legge del peccato. ( Rm 7,25 )
Se tale è la condizione di questo corpo di morte, ( certamente non era tale nel paradiso in quel corpo di vita ), appare molto chiaro, senza dubbio, donde i bambini nella nascita secondo la carne traggono la soggezione al peccato, da cui sono liberati solo quando rinascono spiritualmente.
Non lo contraggono dall'opera da cui Dio ha creato l'umana natura, bensì dalla ferita ad essa inferta dal nemico.
Non un nemico derivante, come pensavano i manichei, da una natura del male, non creata da Dio, ma un angelo buono creato da Dio, e successivamente diventato cattivo per colpa sua.
Questi ha rovinato dapprima se stesso ferendosi, cosicché scacciato ha fatto scacciare gli altri e, mediante la persuasione della prevaricazione, ha inferto la ferita per la quale il genere umano cammina zoppicando anche in quelli che camminano nella via di Dio.
Pur tuttavia ti adiri con me perché ho detto: "Questa è la vergognosa concupiscenza, lodata spudoratamente dagli spudorati".7
E ancor più spudoratamente, adirato dici molte cose, esaltandovi come coloro che "aderendo alla santa Scrittura e ad una ragione certissima, difendete l'assenza del male nella natura col proposito di incitare gli uomini all'esercizio della virtù; insegnate non esserci vetta alcuna tanto alta per la virtù che uno spirito fedele non possa pervenirvi con l'aiuto di Dio; e per questo, dite, non esserci nella carne necessità alcuna del male, perché tutti, creati con onore, arrossiscano di vivere nella deformità, sicché il pudore si scontri con la turpe indolenza, nel ricordo dell'ingenita nobiltà", e tante altre cose del genere che con molta eloquenza hai riversato nella vostra predicazione.
Nel contempo screditandoci dici che "l'eversione della santità, la contaminazione della pudicizia, la rovina dei costumi convengono senza dubbio, o, meglio, sono insiti nei nostri dommi; che io non posso negare di riversare le colpe di una vita cattiva sulla debolezza della natura per sottrarre il timore ai peccatori e che mi consolo delle loro brutture ingiuriando gli Apostoli e tutti i Santi citando frequentemente le parole del Vaso d'oro, quale fu l'apostolo Paolo: Non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio". ( Rm 7,15 )
Ed altre cose del genere.
Per la verità, pur lodando voi e rimproverando noi, combatti contro il male della concupiscenza e, combattendo, confessi con i fatti quello che neghi a parole.
Vuoi far vedere in tal modo di essere giunto al culmine della virtù, e che, sulla stessa vetta dove credi di essere pervenuto, combatti come in una fortezza contro la concupiscenza che ti perseguita e, quantunque da un posto molto più alto, non smetti di combattere contro un nemico interno.
E non ti vergogni di lodare la concupiscenza, che ti rovinerebbe molto di più qualora fosse vincitrice, ponendoti contro chi, anche quando vince, verrà a cercare te perduto.
( E non ti vergogni ) soprattutto perché verso la fine del tuo libro scrivi che "nel mio sentire non c'è altra intenzione se non quella di giurare sui sacramenti dei vizi per portar guerra alle virtù e per sgretolare con ogni astuzia e furore la città di Dio; di spaventare coloro ai quali ripugnano le brutture con l'impossibilità di poter conseguire la castità e di falsificare, esagerandole, le forze della libidine oscena, al punto che la ragione non possa controllarle e frenarle, perché ad essa non ha resistito neppure la schiera degli Apostoli".
Menti del tutto, attribuendomi queste cose.
Non faccio guerra alla virtù, infatti, ma, per quanto mi è dato, faccio guerra e proclamo che è assolutamente necessario far guerra ai vizi.
Se anche tu fai questa guerra, perché lodare quello contro cui combatti?
Come posso credere che tu, con la virtù, sconfigga i nemici che non osi lacerare con la parola?
Se entrambi debelliamo la concupiscenza, perché non la vituperiamo entrambi?
Perché non vuoi condannare con la voce la concupiscenza che ti vanti di sconfiggere con la continenza?
Tu affermi che falsifico le tante forze della libidine al punto che la ragione non possa governarle e frenarle.
Non dico affatto, però, che le forze della libidine sono tanto grandi che la ragione umana, illuminata ed aiutata da Dio, non possa governarle e frenarle.
Ma tu perché insisti a negare che è male ciò che, non frenato, porta alla morte?
Ecco allora che, con tutta la voce che mi è data, grido quello che tu mi fai negare: che, cioè, la schiera degli Apostoli ha contrastato la libidine, che veramente li contrastava.
Tu che mi accusi di avere ingiuriato gli Apostoli, e che per questo ti indigni, perché ricolmi di lodi la loro e la tua nemica?
Chi, se non un nemico degli Apostoli, può difendere la nemica che ha contrastato la schiera degli Apostoli?
È possibile mai che la libidine possa con te meritare l'amicizia e la guerra per essere sconfitta da te dentro di te ed essere difesa contro di me?
La vostra guerra però è nascosta, l'amicizia è palese: per questa che appare diventa sospetta quella che è nascosta.
Come puoi pretendere che crediamo alla guerra che conducete di nascosto se vediamo l'amicizia allo scoperto?
Come puoi pretendere che pensiamo tu combatta contro il pungiglione della libidine, mentre ne riempi i libri di lode?
Ebbene, voglio vincere il mio sospetto: credo che tu sconfigga quello che lodi, ma sono addolorato perché lodi quello che sconfiggi.
Da questo male e con questo male che viene sconfitto anche da te, è generato l'uomo al quale neghi la necessità della rigenerazione.
Di esso gli sposati fanno buon uso, ma meglio fanno i continenti a non farne uso.
Se inoltre questo è il male per il quale la carne ha voglie contro lo spirito ( Gal 5,17 ) ed al quale, come tu stesso confessi, si è opposta la schiera degli Apostoli, certamente gli sposati, facendone uso, non fanno buon uso di un bene ma di un male.
Generati pertanto da questo male e con questo male, i figli debbono essere rigenerati, per essere liberati dal male.
Anche i loro genitori sono nati rei di questo male originale, benché con la rinascita siano stati liberati da questo reato.
Cosa dunque noi vorremmo che essi generassero, non donde sono rinati ma donde sono nati, se non quello che essi stessi sono nati?
Rei, cioè, perché essi stessi sono nati rei e, generando donde essi sono nati, non hanno potuto generare altro se non quello che essi stessi sono nati.
Donde sono rinati poi, indi sono stati liberati dal reato con cui erano nati.
Per questo quelli che essi, ormai liberati, hanno generato rei, con la stessa rigenerazione debbono essere liberati.
Sono nati, infatti, rei di questo male di cui fanno buon uso quelli che sono rinati, perché nascano i figli che dovranno essere rigenerati.
Se non combatti contro questo male, credi a chi combatte.
Se combatti, riconosci l'avversario.
Lodando il male, non voler ritenere amico colui che, combattendo, sperimenti come nemico.
Indice |
6 | De nupt. et concup. 1,1,1 |
7 | De nupt. et concup. 1,1,1 |