Contro Giuliano |
Passo ora ad esaminare le altre questioni, partendo dall'inizio del secondo dei tuoi libri, con cui hai cercato di confutare il mio.
Come stabilito ometterò tutto ciò che non ha nulla a che fare con la questione che ci preme risolvere e non mi fermerò su cose superflue per non distogliere il lettore dall'attenta riflessione con la prolissità dell'opera.
Nel precedente libro ho parlato abbastanza perché a chi pensa rettamente fosse chiaro
che Dio, buono e vero, è il Creatore degli uomini;
che il matrimonio è un bene, e che è stato istituito da Dio con la creazione e l'unione dei due sessi ed è stato benedetto col dono della fecondità;
che la concupiscenza tuttavia, per la quale la carne ha voglie contro lo spirito, ( Gal 5,17 ) è un male di cui fa buon uso la pudicizia coniugale, e di cui la continenza ancor più santa fa meglio a non farne uso affatto;
che il male non è stato mescolato a noi, come sostengono i manichei, da una sostanza non creata da Dio, ma è nato ed è stato tramandato per la disobbedienza di un solo uomo e dev'essere espiato e sanato dall'obbedienza di un altro;
che, per il legame con esso, una pena dovuta colpisce chi nasce ed una grazia non dovuta scioglie chi rinasce.
Lodando questo male contro di me, ti riveli come mio avversario, combattendolo in te, sei mio testimone; non combattendolo, invece, sei nemico a te stesso.
Pertanto, anche se credo di aver risposto abbastanza al tuo primo libro, e benché la questione possa dirsi finita, tuttavia, per non dare l'impressione che non sappia rispondere agli altri tre, esamino quante sciocchezze hai detto anche in essi.
Dopo avere citato alcune parole dal mio libro, esulti perché, "sulla testimonianza dell'Apostolo, ho detto: la pudicizia coniugale è un dono di Dio" ( 1 Cor 7,7 ) quasi che per questo egli abbia lodato il male lodato da te, per il quale la carne ha voglie opposte allo spirito ( Gal 5,17 ) e del quale fa buon uso la pudicizia coniugale, come ti ho dimostrato nel mio precedente libro.
Non è infatti un piccolo dono di Dio riuscirlo a frenare in maniera da non farlo abbandonare ad alcunché di illecito, e da servirsene solo per generare dei figli destinati alla rigenerazione.
Il suo impeto non si frena automaticamente e qualora le membra acconsentissero alle sue brame non si asterrebbe da nessun illecito.
Per questo motivo non è degno di lode il movimento in sé, che è sempre inquieto, ma colui che lo frena e ne fa buon uso.
I fedeli sposati, pertanto, che per dono del Salvatore sono stati sciolti dal reato di questo male, quando ne fanno buon uso, non preparano come tu obietti, per il regno del diavolo coloro che, per dono dello stesso Salvatore, nascono da essi, ma li generano perché siano sottratti e trasferiti nel regno del Figlio Unigenito.
Questa è e dev'essere l'intenzione dei buoni coniugi: che la generazione sia una preparazione alla rigenerazione.
Se questo male che i genitori sentono in sé ed a cui, per usare le tue parole, "si è opposta la schiera degli Apostoli",1 non riguardasse anche i figli, senza dubbio ne sarebbero immuni.
Dal momento però che essi ne nascono soggetti perché ti meravigli che i bambini rinascono per essere sciolti dall'obbligazione e per essere premiati alla fine quali vincitori, sia nel caso che siano sottratti a questa vita subito dopo essere stati liberati e sia nel caso che, dopo essere stati liberati, debbono combattere contro di esso in questa vita?
Chi di noi ha mai lontanamente pensato che "l'uso del matrimonio è stato scoperto dal diavolo"?
Chi di noi ha mai creduto che "l'unione dei corpi c'è stata per colpa della prevaricazione", dal momento che non può esserci matrimonio senza unione?
Non ci sarebbe stato alcun male da usare bene però, se nessuno avesse peccato.
Obiettami pure quello che ho detto perché possa spiegarmi: se tu mi obietti quello che non ho detto, quando finiamo?
Ritieni logico che "se un uomo nasce con un male, vuol dire che il dono di Dio è nocivo: nessuno infatti nasce se non per dono di Dio".
Ascolta e comprendi. Il dono di Dio per cui ciascuno esiste e vive non è nocivo a nessuno.
Il male della concupiscenza, però, non può sussistere se non in chi esiste e vive.
Per questo ci può essere un male in un dono di Dio, che sarà sanato da un altro dono di Dio.
Nell'uomo, quindi, che per dono di Dio esiste e vive, ci può essere un male contratto con la generazione, che sarà sanato con la rigenerazione.
Nessun bambino, infatti, nascerebbe soggetto al diavolo se non nascesse, ma non per questo la causa di questo male sta nell'essere nato.
Il bambino nasce per dono di Dio, ma soggetto al demonio, secondo un giudizio di Dio, certamente occulto, ma forse ingiusto?
"Anche il bene coniugale si deve chiedere al Signore se non lo si ha".2
( Chi altri dovrebbe chiederlo se non colui al quale è necessario? ).
Con queste parole ti è sembrato che io abbia detto: "Si deve pregare per avere la forza di compiere l'unione coniugale".
Io però ho detto che bisogna pregare per la castità coniugale, nella quale non c'è libero uso nel rapporto, ma lecita misura.
Se un uomo non può praticare l'unione coniugale, non cerchi neppure la moglie.
Secondo le parole dell'Apostolo, infatti: Se non sanno serbarsi continenti, si sposino, ( 1 Cor 7,9 ) il matrimonio, come tu stesso ammetti, è un rimedio al male della concupiscenza, che ti ostini a negare pur ammettendo il rimedio.3
Questo rimedio esiste non perché ci sia la concupiscenza qualora non ci fosse, ma per impedire che essa, essendo la sua spinta senza freni, trascini all'illecito.
Appartiene a questo genere di richieste quella che facciamo nella preghiera del Signore: Non c'indurre in tentazione, ( Mt 6,13 ) poiché ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza ( Gc 1,14 ) come afferma l'apostolo Giacomo.
Ad essa si riferisce anche l'altra preghiera: Liberaci dal male. ( Mt 6,13 )
Lo stesso chiedono i coniugi affinché, con la mente libera dal male, possano fare buon uso del male che hanno nella carne ( sanno bene infatti che nella loro carne non dimora il bene ( Rm 7,18 ) ), poi, sanata tutta la corruttibilità, in essi non rimanga alcun male di cui debbano fare buon uso.
Perché ti vai gloriando come se avessi sconfitto un nemico?
Vinci piuttosto il nemico interno che tu lodi.
Finché quel male combatte dentro di te, la mia vittoria su di te è sicura.
Non oserai infatti dire che chi dice il vero sarà vinto da chi dice il falso.
Ora io dico che la concupiscenza contro cui combatti è un male, tu invece che è un bene: la guerra che combatti però dimostra che è un male quello che la lingua falsamente dichiara un bene.
Accrescendo per di più la tua menzogna con un'altra affermando che io l'ho dichiarata buona.
Non ho detto affatto che la concupiscenza di cui l'apostolo Giovanni dice che non è dal Padre, ( 1 Gv 2,16 ) è un bene.
Ho detto soltanto che è un bene la pudicizia coniugale, che resiste al male della concupiscenza perché, quando questa si eccita, non trascini all'illecito.
Riconoscendo quanto hai ragionato a vuoto, tocchi, tu dici, l'altro aspetto della mia definizione ed aggiungi: "Se il calore genitale, servitore dell'onestà coniugale, è trattenuto dagli smodati impulsi sia dall'impegno dei fedeli, sia dalla virtù del dono, ma non è estinto dalla grazia, ma solo frenato, è accettabile nel suo genere e nella sua moderazione, ed è condannato solo nei suoi eccessi".
Scrivendo queste parole non ti rendi conto che l'unione dei coniugi in vista della generazione è un bene lodevole in quanto con essa è posto un limite lecito al male della concupiscenza.
Ma perché non dev'essere chiamato male quello che riconosci dev'essere frenato?
Perché poi deve essere frenato, se non per evitare che rechi danno e che si abbandoni alle brutture che brama?
Finché non si giunge ad esserne privi del tutto, il desiderio del male è già male anche se non vi si consente.
Non si deve quindi pensare al bene che può derivare dalla concupiscenza, ma piuttosto al male che produce.
La castità coniugale trattiene la concupiscenza, bramosa di ricavare piacere sia dal lecito che dall'illecito, dal fare cose illecite e la guida verso cose lecite, verso un bene cioè non suo ma di chi ne fa buon uso.
L'azione della concupiscenza in se stessa, l'infiammare cioè indifferentemente verso il lecito o verso l'illecito, è indubbiamente un male.
Di esso la castità coniugale fa buon uso, ma la continenza verginale fa molto meglio a non farne uso affatto.
"Se il calore genitale, tu scrivi, poteva essere naturalmente cattivo, doveva essere estirpato più che regolato".
Vedi come non hai voluto dire "frenato", come dicevi sopra, ma hai preferito "regolato".
Ti sei accorto che non lo può frenare chi non lo ha in contrasto.
Cambiando la parola, spinto da quel sentore, hai finito per ammettere che è male ciò che contrasta il bene.
Preferisci poi chiamare "calore genitale" perché ti rincresce di chiamare "libidine" o concupiscenza della carne, termine usato abitualmente dal linguaggio divino.
Parla dunque così, dì pure: "Se la concupiscenza della carne poteva essere naturalmente cattiva, doveva essere estirpata più che regolata".
In tal modo i lettori più lenti, se sanno di latino, possono capire quello che dici.
Lo dici però come se tutti quelli che si sposano perché non sopportano la fatica della continenza con cui si resiste alla concupiscenza, e che di conseguenza scelgono di farne buon uso anziché far meglio a non farne uso affatto, non preferirebbero estirparla nel proprio corpo se fosse loro possibile.
Se in questo corpo di morte questo male è necessario agli sposati, per ché senza di esso non si può avere il bene della generazione, i continenti estirpino la concupiscenza della carne.
Tu però, proprio tu che parli e non badi a quello che dici, estirpa la libidine dalle tue membra.
A te non è necessaria e non sono buone per te le sue voglie, che ti procureranno la morte, se ad esse acconsenti o ti arrendi.
Se in te c'è un male che ti contrasta, che tu combatti e sconfiggi quando sei vittorioso, fai molto meglio a non fare uso di questo male di cui fanno buon uso quelli nei quali pretendi che esso sia un bene.
Su questo punto o menti o ti sbagli. Non dirai, spero, che la libidine è un bene negli sposati ed è un male invece nei santi, nelle vergini e nei continenti.
Abbiamo già la tua tesi dove hai scritto: "Chi conserva la moderazione nella concupiscenza naturale, fa buon uso di un bene; chi invece non la conserva, fa cattivo uso di un bene; chi poi per amore della santa verginità, disprezza anche la moderazione, fa meglio a non far uso di un bene, perché la fiducia nella sua salvezza e nella sua forza gli ha fatto disprezzare il rimedio, onde poter affrontare gloriose lotte".4
Con queste tue parole, senza ambiguità, dichiari che la concupiscenza della carne esiste negli uni e negli altri, negli sposati cioè e nei continenti.
Ora quello di cui gli sposati fanno buon uso ed i continenti fanno meglio a non farne uso, io lo dichiaro un male e tu un bene.
Nelle vergini sante, però, e nei continenti appare con evidenza che la concupiscenza è un male contro cui, come ammetti tu pure, essi esercitano gloriose lotte.
Senza dubbio quindi non di un bene ma di un male fanno meglio a non far uso.
Ed anche i coniugi facendo uso di esso fanno buon uso di un male e non di un bene.
Tutta la controversia che è rimasta ( seppure è rimasto qualcosa! ) è questa: in chi ha consacrato a Dio la propria continenza, la concupiscenza di cui parliamo è un bene o un male?
Quella delle due cose che si scoprirà in essi, apparirà con evidenza anche negli sposati poiché questi fanno buon uso della stessa cosa di cui quelli fanno meglio a non far uso.
Raccogli pertanto tutta l'energia del tuo acuto ingegno e, a mente serena, rispondi pure, se hai coraggio, "che è un bene quello a cui ha resistito tutta la schiera degli Apostoli", come tu stesso hai ammesso nel precedente libro quando mi rimproveravi perché avevo detto che "le forze della libidine erano tante che ad essa non ha resistito neppure la schiera degli Apostoli".5
Tutto questo torna piuttosto a vantaggio della mia tesi perché a questo male che tu dichiari un bene, si è opposta non una schiera qualunque di santi, ma proprio quella degli Apostoli.
Chi può mai credere che un male abbia tanta forza da poter trovare ammiratori anche tra coloro che lo sconfiggono?
Ben lontano in verità sia il credere che qualcuno degli antichi, degli Apostoli, di tutti gli altri santi o, strano a dirsi, anche qualcuno dei nuovi eretici possa professarsi ad un tempo, in maniera incomprensibile naturalmente, vincitore e difensore della libidine, e che, restando nell'eresia pelagiana, si sforzi di dimostrare che egli loda dal profondo dell'anima qualcosa che ucciderebbe l'animo stesso se non fosse sconfitta e che, nello stesso tempo, sconfigge dal profondo dell'anima qualcosa che, se non fosse lodata ne renderebbe vano il domma.
Se in voi c'è ancora un po' di buon senso, vi domando: è possibile che il peccato sia un male e sia un bene il desiderarlo?
Cosa infatti la concupiscenza suscita nella carne dei santi continenti se non il desiderio di peccare a cui non acconsentono "esercitando, come tu stesso ammetti, gloriose lotte"?
In quella professione di continenza non può non essere male neppure il semplice desiderio dell'unione coniugale.
Cosa dunque essa suscita laddove è male qualunque cosa fa, come se vi acconsentisse e lo portasse a compimento?
Cosa suscita la concupiscenza laddove nulla di buono viene desiderato da essa?
Che cosa può fare la libidine laddove nulla di buono potrà sorgere da essa?
Non si dica neppure che essa è presente non importunamente nei coniugati: se essi infatti raggiungono il culmine della castità coniugale faranno qualcosa di buono per mezzo di essa, ma non faranno nulla di buono a causa di essa.
Nei santi vergini e continenti che cosa fa, ti scongiuro, che cosa fa questa tua alleata se vaneggi o nemica se rinsavisci?
Che cosa fa laddove niente di buono essa può fare e niente di buono si può trarre da essa?
Che cosa fa in quelli nei quali è male qualunque desiderio sia concorde con essa?
Che cosa essa fa in chi costringe a vigilare e a combattere contro di sé?
E se talvolta riesce a rubare loro un consenso almeno nel sonno, cosa fa in costoro che, al risveglio, si lamentano e gemono: Come è possibile che l'anima mia sia ripiena di illusioni? ( Sal 38,8 )
Quando il sonno inganna i sensi assopiti, non so proprio come le anime caste possano cadere in cattivi consensi,6 che se l'Altissimo li dovesse imputare, chi potrebbe esser casto?
Spero che non vorrai chiamare bene questo male, a meno che non sia diventato sordo ad ogni richiamo della verità, al punto da gridare che è un bene desiderare il male, cosa che non oseresti gridare neppure ai sordi.
Questo male, dunque, perché non è estirpato dalla carne dei casti?
Perché non è estirpato totalmente ad opera della mente?
Tu dici che "questo sarebbe dovuto avvenire se fosse stato un male".
E siccome questo non avviene negli sposati, nei quali la moderazione è necessaria, ritieni che sia un bene.
Fa' bene attenzione però che non avviene neppure in coloro nei quali nessuna moderazione è necessaria.
Per essi anzi la sua stessa presenza è dannosa, non al punto da portare alla perdizione, se non gli si dà il consenso, ma in quanto sottrae alla mente dei santi il diletto spirituale di cui l'Apostolo scrive: Io mi diletto, secondo l'uomo interiore, della legge di Dio. ( Rm 7,22 )
Questo diletto certamente diminuisce quando l'animo di chi combatte è impegnato non ad appagare ma a contrastare la concupiscenza del piacere carnale.
In tal modo egli esercita gloriose lotte ma col risultato di essere allontanato per le stesse lotte dal gusto della bellezza intellettuale.
Ma poiché in questa umana miseria il nemico peggiore è sempre la superbia, da cui ci si deve guardare, nella carne dei santi continenti questa concupiscenza non si estingue del tutto, cosicché, mentre combatte contro di essa, l'anima, ammonita da pericoli costanti, non si gonfi fin quando la fragilità umana non arriverà al culmine della perfezione, dove non ci sarà più putredine di dissolutezza o timore di superbia.
La virtù si perfeziona nella debolezza ( 2 Cor 12,9 ) perché anche il combattere appartiene alla debolezza.
Quanto più facilmente si vince, infatti, tanto meno si combatte.
Chi combatterebbe contro se stesso se dentro non ci fosse nulla che lo contrastasse?
E cosa ci contrasta dentro di noi, se non ciò che deve essere ancora curato per essere sanato?
In noi, dunque, la debolezza è la sola causa del combattimento e la stessa debolezza è ammonimento a non insuperbirsi.
La virtù dunque, per cui l'uomo non si insuperbisce quaggiù mentre lo potrebbe, si perfeziona nella debolezza.
Per questo i coniugi fanno buon uso di ciò di cui i continenti fanno meglio a non far uso affatto.
Il male di cui i coniugi fanno buon uso è insito in essi perché ne facciano buon uso e, affinché non s'insuperbiscano, è insito anche nei continenti che fanno molto meglio a non farne uso.
Dei soli eccessi della libidine quindi è incolpato solo chi non le pone un freno, mentre giustissimamente è accusata di per se stessa, a causa dei suoi stessi movimenti, a cui si fa resistenza perché non abbia il sopravvento.
È falsa pertanto la tua affermazione: "La moderazione di una cosa che fa male a causa del suo stesso genere, non porta affatto all'innocenza".
Non acconsentire ad un male, però, porta all'innocenza, ma non per questo finisce di essere male ciò a cui non si acconsente, anzi proprio per questo indubbiamente è un male appunto perché è bene non acconsentirvi.
Che male farebbe chi acconsente ad un buon desiderio, dal momento che non fa nulla di male neppure chi nell'atto matrimoniale, pur con il male della concupiscenza, pone il seme dell'uomo, creatura buona di Dio?
Non dirai neppure che "la libidine produce il seme". È creatore del seme dell'uomo, infatti, Colui che crea l'uomo dal seme.
Ora a noi interessa donde lo crea.
Poiché il contagio di questo male è occulto e funesto, Dio non crea né il seme né l'uomo da uomini che non hanno tale male, anche se taluni sono stati sciolti dal danno di quel male per la rigenerazione, come del resto per essa saranno sciolti anche coloro che nasceranno.
Riguardo alla castità coniugale ho scritto veramente, e non me ne pento, le parole da te citate: "… poiché quando queste cose ci vengono presentate come dono di Dio, si sa a chi dobbiamo chiederle se non le abbiamo e chi dobbiamo ringraziare se le abbiamo".
Si ringrazia non per "l'origine della concupiscenza", come tu dici, la cui origine è il primo male dell'uomo, ma "per il dominio di essa", cosa che dici rettamente.
Delle due cose, infatti, tu parli "dell'origine e del dominio".
Si ringrazia per il dominio sulla concupiscenza perché la si vince nel contrasto.
Chi può negare poi che quello che si oppone alla buona volontà non è un bene ma un male, se non chi non ha il bene della volontà per riconoscere come male ciò che lo contrasta?
Indice |
1 | 3,26,65 |
2 | De nupt. et concup. 1,3 |
3 | 3,15,29; 3.21,42 |
4 | 3. 21,42 |
5 | 3, 26,65 |
6 | Virgilio, Aen. 10, 642 |