Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. Infatti mentre si usa l'uno e l'altro modo di dire: talvolta che qualcuno invidia imitando il diavolo e talvolta che qualcuno si macchia d'invidia o di sordide colpe imitando un altro uomo, potendo anche il nome d'imitazione convenire all'uno e l'altro soggetto, ossia e all'uomo e al diavolo, tu con estrema ridicolezza hai voluto vaneggiare dicendo che attraverso l'idea d'imitazione non poté essere indicato Adamo.
Agostino. Ma può essere mai vero che il peccato sia entrato nel mondo a causa di un qualsiasi uomo che un altro imita peccando?
Dimmi, se puoi, il significato delle parole: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini; ( Rm 5,12 ) passò o la morte o il peccato o meglio con la morte il peccato.
Infatti il peccato che si commette per imitazione non è entrato nel mondo se non a causa del diavolo, il quale fece per primo senza imitare nessuno ciò che potessero fare gli altri imitando lui.
Giuliano. Corre il discorso ad altri argomenti, ma dobbiamo insistere ancora su questo punto per aiutare e l'intelligenza e la memoria del lettore con distinzioni per quanto possiamo brevi.
Per la verità quasi in tutti i discorsi ci troviamo condizionati dalla presenza di vocaboli omonimi, che noi chiamiamo equivoci.
Agostino. Avevi promesso di sostenere l'intelligenza del lettore e parli di omonimi e di equivoci: in che modo dunque ti potranno intendere, almeno gli stessi pelagiani, se prima non sono mandati alle scuole dei dialettici, dovunque si possano trovare sulla terra, ad imparare queste distinzioni?
O forse tu leggerai ed esporrai a loro anche le categorie di Aristotele, prima che essi leggano i tuoi libri?
Perché non dovresti fare anche questo, o uomo ingegnosissimo, dal momento che nel tuo " ozio " sei pasciuto dai miseri che hai ingannati?
Giuliano. Ma perché adesso il nostro discorso si tenga agli argomenti in discussione, la generazione si attribuisce propriamente ai sessi, l'imitazione invece è sempre degli animi.
Questa inclinazione dell'animo ad imitare possibilmente quello che vuole, accusa l'uomo o lo promuove, secondo la diversità delle situazioni.
Così avviene che nel bene gli si attribuisca l'imitazione e di Dio e degli Angeli e degli Apostoli.
Di Dio: Siate perfetti, com'è perfetto il Padre vostro celeste. ( Mt 5,48 )
Degli Angeli: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. ( Mt 6,10 )
Degli Apostoli: Fatevi miei imitatori, come io lo sono del Cristo. ( 1 Cor 11,1 )
Nel male invece l'uomo imita il diavolo, come è scritto: Lo imitano coloro che gli appartengono. ( Sap 2,24 )
Gli uomini imitano anche gli uomini: Non assumete aria melanconica, come gli ipocriti che si sfigurano la faccia. ( Mt 6,16 )
Imitano gli animali, come si desume dall'avvertimento: Non siate come il cavallo e il mulo, privi d'intelligenza. ( Sal 32,9 )
Con queste parole dunque, tanto di persuasione quanto di dissuasione, si indica l'inclinazione ad imitare che certamente, se non potesse esistere, non si intimerebbe di evitarla.
Agostino. Ma il peccato di imitazione, cioè quello da commettere per l'imitazione, non è entrato nel mondo se non a causa di colui che peccò senza imitare altri perché altri peccassero imitando lui.
E non è certamente Adamo costui, ma il diavolo.
Infatti l'Apostolo, dicendo: È entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) ha indicato l'inizio di questo peccato; ed è manifesto che tale inizio non si ebbe a causa dell'uomo, ma a causa del diavolo, se vogliamo considerare il peccato imitato da coloro che peccano.
Resta quindi che il peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo, non si possa giustamente attribuire all'imitazione, ma alla generazione.
Rendiamo volentieri grazie a Dio, perché tu, parlando contro il vostro errore, hai confessato, quasi folgorato dalla verità, che la buona volontà con la quale imitiamo i buoni non è da attribuirsi alle forze del nostro libero arbitrio, ma all'aiuto di Dio, dal momento che hai dichiarato doversi non presumere da noi ma chiedere al Signore l'imitazione degli Angeli, spiegando in tal senso la petizione con la quale preghiamo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. ( Mt 6,10 )
Giuliano. Ma come è manifesto che il nome d'imitazione si adatta promiscuamente a situazioni diverse, così la generazione indica in senso vero e proprio la sostanza che genera, in senso invece non proprio ma " abusivo " si applica ai fatti dello spirito.
E tuttavia, poiché quest'uso di parlare è ormai invalso, e si riconosce quello che vuole indicare e non gli si lascia arrecare pregiudizio ai significati propri.
Si dice dunque che il diavolo genera coloro che peccano, secondo quello che dichiara il Signore nel Vangelo: Voi avete per padre il diavolo. ( Gv 8,44 )
Con queste parole Gesù ha detto il diavolo padre dei criminosi che egli accusava d'imitare la malvagità del diavolo; e tuttavia l'intelligenza è al sicuro, perché con questo nome di padre né si attribuisce al diavolo il sesso, né a quegli uomini la sostanza aerea.
Apparisca dunque subito quello che ne vogliamo dedurre.
Se si giudicasse che l'uomo non imita mai un altro uomo in senso proprio e l'Apostolo avesse detto che tutti hanno peccato a causa di Adamo, io opporrei liberamente con le Scritture che l'Apostolo sarebbe da difendere nel senso che, come il Signore aveva detto padre il diavolo, il quale non poteva generare con la sua sostanza, così l'Apostolo avrebbe scritto imitabile Adamo, perché non si attribuisse all'Apostolo un insegnamento contrario all'evidenza della ragione.
Agostino. È stato forse Adamo il primo ad essere imitabile nel peccato perché giustamente si dicesse entrato nel mondo a causa di lui il genere del peccato d'imitazione?
Non fu il diavolo a costituirsi per primo come imitabile nel peccato?
A causa dunque del diavolo l'Apostolo direbbe entrato nel mondo il peccato, se in quel passo volesse far intendere il peccato che commettessero altri per imitazione.
Giuliano. Se però io raccogliessi i testi del Vangelo dove si parla in senso improprio, non varrebbero a sostenere questa opinione.
Molto più è lontano l'Apostolo dall'aver dato occasione all'errore, se ha dichiarato, senza dire nulla d'improprio, che il primo uomo peccatore è stato d'esempio ai peccatori di poi.
Agostino. Non avrebbe dovuto dunque proporre questi due, uno per il peccato e l'altro per la giustizia, cioè Adamo e il Cristo.
Se infatti avesse posto Adamo come primo peccatore per il peccato che tutti gli altri hanno imitato, certamente come primo giusto da imitarsi da tutti gli altri per la giustizia non avrebbe messo il Cristo, ma Abele, essendo stato questi appunto il primo giusto, che non ha imitato nessun altro e che tutti dovrebbero imitare.
L'Apostolo invece, sapendo quello che diceva, propose Adamo per il peccato e il Cristo per la giustizia, perché conosceva nell'uno l'iniziatore della generazione e nell'altro l'iniziatore della rigenerazione.
Giuliano. Balordissimamente perciò tu hai argomentato che l'Apostolo se avesse voluto far intendere che il peccato è passato per imitazione, avrebbe nominato piuttosto il diavolo che Adamo, mentre è chiaro che il male, sia dell'uomo sia del diavolo, non poté passare se non per imitazione.
Ma, abbattuta la tua costruzione, non tanto con le mie mani quanto con le mani della ragione stessa, ascolta che cosa sia adesso apportato da noi.
Agostino. Coloro che leggeranno le parole dell'uno e dell'altro di noi due, sapranno giudicare che tu non hai abbattuto la mia costruzione e che tu contro la nostra struttura hai portato senza risultato le mani, non della sana ragione, ma della tua vana opinione.
Giuliano. L'Apostolo ha fatto capire di non aver detto che il peccato è passato per la generazione, quando nominando l'uomo aggiunse: Uno solo.
Uno è infatti il principio della numerazione.
E spiegando a causa di chi dicesse che era entrato il peccato, non solo l'ha nominato, ma l'ha anche enumerato: A causa di un solo uomo il peccato è entrato in questo mondo. ( Rm 5,12 )
Ma quest'unico basta a proporre l'imitazione, non basta a comporre la generazione.
Il peccato è passato, bensì però a causa di uno solo.
È chiaro che qui si accusa l'imitazione e non la generazione, che non si può compiere se non per mezzo di due.
O tu quindi dimostri che la generazione è avvenuta per mezzo del solo Adamo senza la donna - e nemmeno questo è del resto impossibile alla eleganza del tuo ingegno -, oppure vedendo che la generazione non si può avere se non per mezzo di due, rasségnati, almeno tardivamente, a riconoscere che non è stata accusata l'opera di due con il numero di uno solo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo.
Colui che ha detto: A causa di uno solo, non ha voluto che s'intendesse a causa di due.
Che cercava, ti prego, il numero tra questi dogmi perché l'Apostolo nominasse con tanta cura non solo l'uomo, ma un solo uomo?
Ma apparisce il cauto parlare di un'augusta intuizione: per rivelazione dello Spirito Santo l'Apostolo ha anticipato e disarmato gli errori dei nostri tempi.
Perché appunto non gli si attribuisse di aver detto qualcosa contro il matrimonio istituito da Dio o contro la fecondità benedetta da Dio, al momento in cui il discorso gli chiedeva di rintracciare l'inizio del peccato, ha detto che il peccato è passato in virtù di un numero che non poteva convenire ai figli.
E certamente avevano mancato tutti e due i primi uomini, che giustamente sono chiamati ambedue per i posteri " forma " del peccato.
Perché dunque l'Apostolo non ha detto che il peccato è passato a causa di due: il che sarebbe stato anche più corrispondente alla verità storica?
Ma non avrebbe potuto fare nulla di più prudente.
Vide che se avesse nominato i due che avevano dato inizio ed esempio di prevaricazione e se avesse affermato che a causa di loro è passato il peccato, sarebbe stata spalancata l'occasione all'errore di credere che nominando i due l'Apostolo avesse condannato l'unione e la fecondità.
Perciò prudentissimamente ha preferito nominare uno solo, che per la generazione era un'indicazione insufficiente, ma per l'esempio era un segno abbondante, e ha preferito gravare la mano sull'imitazione accusandola e non riprendere la generazione enumerando i due.
E per riassumere tutto in breve: la fecondità, istituita nei primi uomini, non si può avere se non per mezzo di due; del peccato invece l'Apostolo dice che è entrato, ma a causa di uno solo.
Agostino. Avevo già detto che tu non avresti detto nulla, e che sia così è chiaro perfino alle persone più tarde.
Ma è mai vero che quanti peccano non imitano Eva o che non fu da lei che piuttosto prese inizio il peccato del genere umano?
Com'è scritto: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa di lei noi tutti moriamo. ( Sir 25,24 )
Perché dunque non vuoi capire che l'Apostolo dice uno solo l'uomo a causa del quale il peccato è entrato nel mondo, proprio piuttosto per fare intendere non l'imitazione ma la generazione?
Come infatti dalla donna fu l'inizio del peccato, così dall'uomo è l'inizio della generazione: è infatti primo l'uomo a inseminare perché la donna partorisca.
La ragione per cui il peccato è entrato nel mondo a causa di un solo uomo ( Rm 5,12 ) è che è entrato per mezzo del seme della generazione, che ricevuto dalla donna la fa concepire.
E nascere in questo modo non lo volle colui che è stato il solo a nascere senza peccato da una donna.
Giuliano. Irrefutabilmente si è concluso che l'Apostolo indica che quel peccato fu trasportato ai posteri dai costumi e non dai semi.
Avvediti dunque quanta falsità sia sgorgata dalla tua bocca: Ma la ragione per cui l'Apostolo ha detto: "A causa di un solo uomo" - certo di quell'uomo da quale è cominciata la generazione degli uomini - è d'insegnare che il peccato originale ha camminato alla volta di tutti per mezzo della generazione,24 mentre la ragione per cui l'Apostolo dice: A causa di un solo uomo, ( Rm 5,12 ) è proprio di non far credere che un peccato originale abbia camminato alla volta di tutti.
Tanto scioccamente sragioni che a mala pena trattengo uno scroscio di risa quando ti sento dire che la generazione cominciò da un solo uomo, mentre e la diversità dei sessi e la lectio divina attestano che la generazione sarebbe stata impossibile, se prima non fossero esistiti due esseri umani, cioè l'uomo e la donna.
Agostino. Coloro che leggono questa risposta, rileggano la mia risposta precedente o, se la ricordano bene, ridano dei deliramenti di questa.
Potrei comunque dire che la ragione per cui l'Apostolo fa entrare il peccato nel mondo non a causa di due ma a causa di un solo uomo è che sta scritto: I due saranno una sola carne, ( Gen 2,24 ) e il Signore dice conseguentemente: Così che non sono più due, ma una carne sola; ( Mt 19,6 ) soprattutto quando l'uomo aderisce alla moglie e si consuma il concubito.
Ma dal concubito è generata la prole, che contrae il peccato originale, propagandosi il vizio dal vizio e creando Dio la natura; la quale natura i coniugi, anche quando usano bene del vizio, non la possono tuttavia generare così da poter essere senza il vizio.
Il quale vizio lo espelle nei bambini, anche contro la volontà di Giuliano, colui che nacque senza lo stesso vizio.
Giuliano. O se risponderai per caso - perché altrimenti non si regge il tuo dogma - che Adamo concepì e partorì da solo, quanto all'Apostolo, certo, nessuno dubita che non sia stato questo il suo modo di sentire; quanto poi a te, mostrerai tu che cosa abbia tu voluto che avvenisse al tuo sesso.
Agostino. Non hai paura di quanto è scritto: Né i maldicenti erediteranno il regno di Dio? ( 1 Cor 6,10 )
Tu infatti non pronunzieresti ingiurie che sono così infami e non ti aiutano per nulla, se tu non parlassi per la libidine di essere maldicente.
Giuliano. Ma omettiamo questi punti ed eliminiamo con le forze della ragione quanto in questo luogo apparisce poter essere dedotto da voi.
Se dunque dirai che di questa unione è stato scritto che i due diventano una sola carne e che in riferimento a questo fatto l'Apostolo ha scritto: A causa di un solo uomo, ( Rm 5,12 ) per indicare le membra dei generanti nell'atto di unirsi tra loro, ti risponderò che anche questo vale contro la vostra empietà.
Infatti non si dice: Saranno due uomini in un solo uomo, bensì: Saranno due in una sola carne, ( Gen 2,24 ) per insegnare con il nome di " unità " che la voluttà di coloro che si accoppiano e la libidine che afferrando la sensibilità sconcerta le membra e, come intese quel saggio Apostolo, tende ad ottenere una sola carne, è stata istituita da Dio e inserita nei corpi prima del peccato.
Agostino. Se nient'altro potesse far sì che due siano in una sola carne all'infuori della libidine - la quale, tua pupilla, esattamente tale e quale come quella che tu lodi e riprovi, quella che riconosci pudenda e ami così senza pudore, osi dotare anche del possesso del paradiso -, non potrebbero intendersi in nessun modo anche del Cristo e della Chiesa le parole: Saranno due in una sola carne.
Non esorbiti infatti così lontano dalla via della verità da avere il coraggio di attribuire questa libidine anche all'unione del Cristo e della Chiesa.
Ebbene, se possono senza la libidine essere due in una sola carne il Cristo e la Chiesa, anche l'uomo e la donna, se nessuno avesse peccato, avrebbero potuto congiungersi non con la pudenda libidine, di cui arrossisce anche chi non arrossisce di lodarla, ma con la carità meritatamente lodanda ed essere due in una sola carne allo scopo di procreare figli.
Perciò il Signore quando dice: Così che non sono più due, ma una sola carne, ( Mt 19,6 ) non dice certo: Non sono due carni; ma una sola carne.
Che dunque si nega che siano due se non gli uomini?
Come il Cristo e la Chiesa insieme non sono due Cristi, ma un solo Cristo.
Onde anche a noi è stato detto: Siete dunque il seme di Abramo, ( Gal 3,29 ) essendo stato detto di quel seme ad Abramo: E al tuo seme, che è il Cristo. ( Gal 3,16 )
Giuliano. E perciò il diavolo non può rivendicare nulla a sé né dal piacere della libidine né dalla sua verecondia.
Agostino. Perché parli di verecondia? Ti senti confuso a dire confusione?
E tuttavia dici che la pudenda libidine esisteva anche prima del peccato in coloro dei quali la Scrittura attesta: Erano nudi e non ne sentivano confusione. ( Gen 2,25 )
Giuliano. Ma tuttavia l'Apostolo, se qui avesse sentito qualcosa di simile, avrebbe detto che il peccato è entrato a causa di una sola carne, non a causa di un solo uomo.
Ora, attraverso la generazione, partecipa alla prole soltanto la sostanza della carne, perché non si trae l'anima dall'anima, ma la carne dalla carne; nel nome di uomo invece si indica in senso proprio e l'animo e il corpo.
L'Apostolo quindi, nominando un solo uomo, né si è riferito al fatto della fecondità, dove sapeva che non si comunica nient'altro all'infuori della sostanza della carne, né ha voluto far intendere i due, parlando di uno soltanto, per insegnare che il peccato è passato per imitazione e non per generazione.
Agostino. Che significano dunque le parole: Così che non sono più due, ma una sola carne, ( Mt 19,6 ) se non questo: Non sono due uomini, a causa dell'unità della carne?
Quantunque anche la carne da sola potrebbe dirsi uomo, prendendo la parte per il tutto, come si dice: Il Verbo si fece carne, ( Gv 1,14 ) perché colui del quale è stato detto, si fece uomo.
Anche l'Apostolo quando diceva: Il nostro uomo esteriore si va disfacendo, ( 2 Cor 4,16 ) credo che volesse intendere la carne.
Per questo parliamo con proprietà quando diciamo: Il sepolcro di un uomo, benché vi sia stata sepolta solo la carne.
Né sbagliò la donna che disse: Hanno portato via il mio Signore dal sepolcro, ( Gv 20,2.13 ) benché ci fosse stata posta soltanto la carne.
A parte dunque l'oscurissima questione nei riguardi dell'anima, si poté dire: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) anche se solo la carne appartenesse alla propaggine.
A tutto questo fa' attenzione pertanto e vedi come tu non abbia detto nulla.
Giuliano. Qui ora, sebbene la verità abbia fatto la sua parte, ammonisco tuttavia il lettore a stare attento.
In questo conflitto io ho dunque sacrificato moltissimo del mio diritto e, correndo dove mi aveva provocato la temerità dell'avversario, ho difeso talmente le certezze della sana fede che, sebbene fossero del Maestro delle Genti le parole delle quali credette di fare quell'uso il traduciano, risulterebbe non di meno che non ebbe nessun sentore del peccato naturale Paolo, il quale nominando l'uomo, ma uno solo, non avrebbe certamente incolpato la generazione del crimine, bensì gli esempi.
Agostino. Un esempio hai dato, ma di falsità in te stesso, perché, se l'Apostolo ponesse l'esempio del peccato da parte del primo uomo peccatore, cioè da parte di Adamo, certamente porrebbe l'esempio della giustizia da parte del primo uomo giusto, cioè da parte di Abele.
Giuliano. Risulta però che non è delle parole dell'Apostolo l'ordine tenuto dal nostro nemico.
Costui argomenta appunto così: Se l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, avrebbe detto che il peccato è entrato e passa in tutti gli uomini, non " a causa di un solo uomo ", ( Rm 5,12 ) ma a causa del diavolo.
Infatti del diavolo è scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono ". ( Sap 2,24 )
Ma la ragione per cui ha detto: " A causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale è cominciata la generazione degli uomini, è di insegnare che il peccato originale ha camminato alla volta di tutti per mezzo della generazione.25
In questo dunque mentisce: nell'affermare che il beato Paolo ha dichiarato che il peccato è entrato nel mondo a causa di un solo uomo e che è passato così in tutti.
Questo, dico, non c'è nelle parole del Maestro delle Genti: egli appunto non ha affermato che è passato il peccato, ma che è passata la morte.
Ecco dunque l'ordine delle parole: Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 )
Il sublime formatore della Chiesa ha soppesato quello che sentiva di dover dire.
Dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini.
Aveva già nominato la morte e il peccato.
Perché nel parlare di ciò che passò sentì la necessità di separare la morte dalla comunione del peccato, così da indicare tassativamente entrato, sì, in questo mondo a causa di un solo uomo il peccato e per il peccato la morte, ma non passato in tutti gli uomini il peccato, bensì passata la morte, inflitta certamente per la severità del giudizio divino, ultrice della prevaricazione, persecutrice non dei semi dei corpi, ma dei vizi dei costumi, se non perché Paolo ebbe cura di ammonire e di premunire che non gli si attribuisse d'aver prestato un qualche aiuto al vostro dogma?
Agostino. È vero, in quel luogo dove si dice: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, sembra ambiguo che cosa si asserisca passato in tutti gli uomini: se il peccato, se la morte, se ambedue; ma quale sia di queste ipotesi la buona lo indica la realtà stessa tanto aperta.
Infatti, se non fosse passato il peccato, non ogni uomo nascerebbe con la legge del peccato che abita nelle membra.
Se non fosse passata la morte, non morirebbero tutti gli uomini, per quanto si attiene alla presente condizione dei mortali.
Nella frase poi dell'Apostolo: Nel quale tutti peccarono, non si intende se non in Adamo, nel quale dice pure che essi muoiono, perché non sarebbe stato giusto che passasse la pena senza la colpa.
Da qualunque parte ti volti, non rivolterai in nessun modo le fondamenta della fede cattolica, soprattutto perché ti volti contro te stesso, dicendo ora che a passare non fu il peccato ma la morte, mentre sopra hai detto che la ragione per cui ha insistito non su due uomini ma su uno solo fu d'insegnare che il peccato passò per imitazione e non per generazione.26
Passò dunque con la morte il peccato. Cos'è quel che ora dici: non passò il peccato, ma la morte?
Giuliano. Quanta sia dunque la distanza tra te e Paolo intendilo.
Egli dice: A causa di un solo uomo; ( Rm 5,12 ) tu dici: A causa di due, cioè a causa della generazione.
Egli dichiara che nel primo uomo ci fu la morte e il peccato, ma ai posteri passò la morte soltanto.
Tu al contrario asserisci che e il peccato e la morte corsero alla volta di tutti.
Agostino. Già si è risposto.
Rileggano coloro che vogliono quanto abbiamo detto sopra, per non ripetere invano tante volte le medesime risposte.
Giuliano. Impudentemente quindi ti ripari sotto l'ombra del suo nome, mentre dite cose troppo diverse e contrarie.
Egli infatti accusa l'opera degli uomini, tu l'opera di Dio; egli le scelte dei delinquenti, tu l'innocenza e la vita dei nascenti; egli la volontà degli uomini, tu la natura degli uomini.
Agostino. Si è risposto sopra a tutti questi punti: perciò già ride di te chi se ne ricorda.
Chi invece non se ne ricorda, se rileggerà le nostre risposte, si dorrà di te, dopo aver certamente deriso queste tue vane risposte.
Giuliano. Entrò dunque secondo l'Apostolo a causa di un solo uomo il peccato nel mondo e per il peccato la morte, perché il mondo vide Adamo e reo e destinato alla condanna della morte eterna.
La morte poi passò in tutti gli uomini, perché una medesima sentenza abbraccia anche tutti i prevaricatori dell'età successiva.
Alla quale morte tuttavia non si permette d'infierire né contro i santi, né contro gli innocenti, ma dilaga in coloro che vede emulatori della prevaricazione.27
Agostino. Stai dicendo quello che fu contestato al vostro eresiarca Pelagio nel giudizio episcopale palestinese: Adamo fu fatto così che sarebbe morto, sia che peccasse, sia che non peccasse.
Questa morte infatti per la quale moriamo tutti e della quale è detto: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa di lei noi tutti moriamo, ( Sir 25,24 ) non vuoi che dal peccato sia passata in tutti originalmente per non essere costretto a confessare che anche il peccato passò insieme originalmente.
Senti appunto quanto sarebbe iniquo che fosse passata la pena senza la colpa.
Ma tuttavia la verità che tu tenti d'impugnare è tanto cattolica che Pelagio, se non avesse condannato ciò che gli contestavano, sarebbe uscito sicuramente condannato lui dal quel giudizio.
La morte dunque, e questa per cui si separa lo spirito dal corpo e quella che è detta seconda, per cui sarà tormentato lo spirito insieme al corpo, per quanto concerne il merito del genere umano, passò in tutti gli uomini.
Ma la grazia di Dio per colui che venne ad eliminare il regno della morte morendo, tolse lo scettro alla morte con quella risurrezione della quale si ebbe in lui il primo esempio.
Questo ritiene la fede cattolica, questo ritengono i giudici temuti da Pelagio, questo non ritengono gli eretici seminati da Pelagio.
Giuliano. La quale prevaricazione, sebbene non sia diventata naturale, fu tuttavia " forma " del peccato, e quindi, sebbene non gravi sopra i nascenti, accusa tuttavia gli imitanti.
Agostino. Ma se ti sei dimenticato del grave giogo che grava sui nascenti, noi non cessiamo di ricordartelo.
Giuliano. La morte giudiziale invece passò, perché tutti peccarono in Adamo, ma per loro libera volontà.
E con questa parola tutti si indica nell'uso delle Scritture la moltitudine degli uomini, non la loro universalità.
Agostino. Invano cerchi di storcere le parole diritte e di oscurare le parole chiare.
Tutti peccarono in colui nel quale tutti muoiono.
Costui è Adamo: nel quale se i bambini non muoiono, nemmeno certamente risorgeranno nel Cristo.
Ma poiché, come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo, ( 1 Cor 15,22 ) per questo coloro che vogliono stravolgere queste parole saranno stravolti essi stessi, rimanendo intatte queste parole.
Giuliano. Ma andiamo ora al seguito, perché, come si è chiarito in gran parte, con quale dogma concordi l'Apostolo lo mostri egli negli sviluppi della sua sacra parola.
Ma che altro indicano anche le successive parole dell'Apostolo?
Dopo infatti il testo precedente aggiunse: " Fino alla legge c'era il peccato nel mondo ", ossia nemmeno la legge poté togliere il peccato.
" Ma il peccato non poteva essere imputato quando mancava la legge ". ( Rm 5,13 )
C'era dunque il peccato, ma non era imputato, perché non si indicava il peccato da imputare, come infatti dice altrove: " Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato ". ( Rm 3,20 )
Continua: " Ma la morte regnò da Adamo fino a Mosè "; ossia, come aveva detto sopra, " fino alla legge ".
Non fino a Mosè nel senso che dopo non ci fosse il peccato, ma nel senso che nemmeno la legge data per mezzo di Mosè poté togliere il regno della morte, la quale non regna certo se non mediante il peccato.
Ora, il regno della morte consiste nel precipitare l'uomo mortale anche nella morte seconda che è sempiterna.
" Ma regnò ". Su quali uomini regnò?
Risponde: " Anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire ". ( Rm 5,14 )
Di quale personaggio che doveva venire se non del Cristo? E quale figura se non controfigura?
Lo dice anche altrove: " Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo ". ( 1 Cor 15,22 )
Come il primo fatto si è avverato in quell'uomo, così il secondo fatto si avvererà in quest'altro uomo: qui sta la figura.
Ma questa figura non combacia su tutti i punti.
Perciò l'Apostolo continuando aggiunge: " Ma il dono di grazia non è come la caduta.
Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in considerazione di un solo uomo, Gesù Cristo, abbondò in molti ". ( Rm 5,15 )
Che vogliono dire le parole: " Molto di più abbondò in molti "?
Significano: tutti coloro che vengono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per lo stesso Cristo invece vivranno senza fine.28
Nient'altro confessi indicato dai logici ragionamenti dell'Apostolo all'infuori del peccato originale, che noi abbiamo provato fino dalle sue prime parole non indicato da lui, perché aveva assegnato il passaggio del peccato ad un solo uomo e non a tutti e due i progenitori.
Agostino. È già stato risposto e tu continui a parlare a vanvera. Né c'è da meravigliarsene.
Non sai infatti ancora che cosa io abbia risposto.
Sarai anche più impudente quando lo saprai, se non vorrai abbandonare la vanità e abbracciare la verità.
Giuliano. Ma tuttavia c'è da esaminare se ciò che aveva tralasciato lo richiami almeno adesso.
Dice: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo. ( Rm 5,13 )
Tu dici che l'Apostolo volle che in tale peccato si intendesse il peccato naturale; io domando dunque perché, se c'era fino alla legge, abbia cessato di esistere dopo la legge.
Né infatti accondiscendo a intendere fino alla legge fino alla sua fine, piuttosto che fino al suo sorgere.
Dalla mia parte sta la proprietà del linguaggio: ciò che dice esistito fino alla legge mostra che non esiste più dopo la legge, e tutto ciò che con il tempo sparisce non era naturale.
Quello dunque che è stato infranto dalla censura della legge ed è stato in gran parte estinto da essa che l'ha infranto, apparisce ricevuto dalla imitazione e non dalla generazione.
Agostino. O intelligenza che non so dire se non eretica!
Se dunque la legge tolse via il peccato, poiché tu vuoi intendere così il limite fino alla legge, venne dunque dalla legge la giustizia.
Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è morto invano. ( Gal 2,21 )
Se invece la legge non tolse via il peccato così da non farlo esistere più, come prima avevi detto che avesse fatto e te ne sei pentito subito, ma tuttavia la legge infranse il peccato, come hai corretto dopo, e lo estinse in gran parte, ha mentito colui che ha scritto: La legge sopravvenne perché abbondasse la colpa. ( Rm 5,20 )
Ma poiché egli dice la verità, tu non dici nulla, e tuttavia, senza dire nulla, lo contraddici con pertinacia eretica.
Giuliano. Ma perché non sembri che io qui ti tratti con troppa ostinatezza, accondiscendiamo che le parole fino alla legge ( Rm 5,13 ) possano intendersi fino al Cristo: concedi dunque che dopo il Cristo non esiste questo peccato che tu dici originale.
E come fai a dire che e nelle membra degli Apostoli e in tutti i battezzati e fino ad oggi dopo tanti secoli dalla venuta del Cristo rimane, vige, vive l'opera del diavolo, la pianta della potestà avversaria, la legge del peccato?
Agostino. Io non dico questo e tu non dici nulla.
Altro è il peccato, altro la concupiscenza del peccato, alla quale non consente chi per grazia di Dio non pecca.
Quantunque anche la stessa concupiscenza del peccato si chiami peccato, perché è stata fatta dal peccato.
Come una qualsiasi scrittura si chiama mano di colui che l'ha fatta con la sua mano.
Ma Gesù, del quale è scritto:
Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo, ( Gv 1,29 ) è lui che dissolve con la rigenerazione il reato del peccato, contratto con la generazione;
è lui che donandoci lo Spirito fa sì che il peccato non regni nel nostro corpo mortale in obbedienza alle sue brame; ( Rm 6,12 )
è lui che con quotidiana indulgenza, per la quale diciamo quotidianamente: Rimetti a noi i nostri debiti, ( Mt 6,12 ) se la concupiscenza del peccato ha persuaso a compiere qualche male anche coloro che combattono con buona resistenza, misericordioso lo distrugge;
è lui che rialza i penitenti travolti da grave rovina;
è lui che condurrà e stabilirà i regnanti là dove non si possa peccare più in nessun modo, quando si dirà: Dov'è o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato. ( 1 Cor 15,55-56 )
Ecco come toglie quell'Agnello di Dio il peccato del mondo, che la legge non ha potuto togliere.
Giuliano. Ma vediamo anche il resto.
Dice l'Apostolo: Il peccato non poteva essere imputato, quando mancava la legge. ( Rm 5,13 )
Dopo di che tu continui: C'era dunque, ma non era imputato, come l'Apostolo dice altrove: " Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato ".29
Se dunque per mezzo della legge fu fatto conoscere il peccato e se il peccato della " traduce " non si imputava prima della legge, dimostra che esso è stato imputato sotto la legge.
Perché se la cognizione del peccato viene dalla legge, se prima della legge c'è l'ignoranza del peccato, non si può dubitare che questa sia stata la causa principale della promulgazione della legge: far conoscere e far evitare il peccato che prima era nascosto.
Agostino. " Far conoscere ", dici bene e lo diciamo anche noi.
" Far evitare " invece l'ha ottenuto non la legge ma la grazia, non la lettera ma lo spirito.
La legge infatti subentrò non perché si evitasse il peccato, ma perché abbondasse il peccato e sovrabbondasse la grazia, che e distruggesse il peccato fatto e provvedesse a non farlo fare.
Giuliano. Qui sia dunque il succo della controversia: prova che sotto la legge fu imputato a qualcuno il peccato originale, prova che è stato insegnato, e io ammetterò che l'Apostolo ha parlato di questo peccato.
Agostino. Certamente io provo ciò che mi provochi a provare, ma se voi vi coprite gli occhi davanti alle verità che non volete vedere e spandete la nebbia della contestazione perché non siano vedute dagli altri?
Dalla legge fu comandata la circoncisione della carne, ( Gen 17,11-14 ) dalla quale non poteva essere meglio significato che per mezzo del Cristo, autore della rigenerazione, si toglie il peccato originale.
Con il prepuzio appunto nasce ogni uomo, come nasce con il peccato originale, e la legge comandava di circoncidere la carne nell'ottavo giorno, perché il Cristo risorse la domenica, che è l'ottavo giorno dopo il settimo del sabato.
E un uomo circonciso genera un bambino " prepuziato ", riproducendo nel bambino ciò che ormai manca nel circonciso.
Alla pari un battezzato, che è stato sciolto dal reato dell'origine, lo riproduce tuttavia nel figlio che genera con la carne.
Infine nella legge si trova scritto questo Salmo: Io nelle iniquità sono stato concepito e nei peccati mi nutrì mia madre nel suo seno. ( Sal 51,7 )
Il che lo vedreste certamente, né osereste contraddire in qualcosa, se aveste occhi di fede simili a quelli di Cipriano e di Ambrogio e di tutti gli altri dottori della Chiesa, pari a loro.
Giuliano. Oppure, dal momento che ciò non può trovarsi nella legge, acquiètati, o impudentissimo, nel riconoscere che l'Apostolo parla di quel peccato che si contrae con l'imitazione, che si commette con la volontà, che si riprova con la ragione, che si manifesta con la legge, che si punisce con l'equità.
Agostino. Di ogni peccato che si toglie per mezzo del Cristo è stato detto: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) perché la legge non toglie né il peccato originale, né il peccato aggiunto, né il peccato che esisteva anche prima della legge, né il peccato che sovrabbondò anche con il subentrare della legge.
Ma quando dici che l'Apostolo parla di quel peccato che " si punisce con l'equità ", svégliati e accorgiti che lì c'è anche il peccato originale.
Altrimenti infatti l'equità di Dio non imporrebbe un grave giogo anche agli stessi esordi dei bambini: un giogo che la nostra sollecitudine ricorda spesso per rompere la tua cervice, se non riuscirà a piegarla.
Che questo peccato infatti sia indicato anche dalla legge l'ho provato con il precetto della circoncisione.
Se tu lo neghi, insegna per quale peccato suo proprio era eliminata dal suo popolo l'anima di un bambino che non fosse circonciso. ( Gen 17,14 )
Lo so: non lo insegni, ma nemmeno taci, volendoci stancare.
Indice |
24 | De nupt. et concup. 2,45 |
25 | De nupt. et concup. 2,45 |
26 | Sopra 56.61 |
27 | De gestis Pel. 23, 57 |
28 | De nupt. et concup. 2,46 |
29 | Rm 3,20; De nupt. et concup. 2,46 |