Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. Questo tratto dunque della mia precedente opera è stato preso in esame da lui nel suo secondo libro, sebbene con qualche interpolazione.12
Ad arte infatti egli omette e la formazione del corpo da me ricordata e l'ingresso dell'anima, che tanto la ragione quanto l'autorità della legge sacra e della Chiesa cattolica confermano, come spero, creata nuova da Dio in ciascuno.
Agostino. Chi legge i miei sei libri con i quali confutai i tuoi quattro, dal primo dei quali stralciò quello che volle e come lo volle la persona a cui ho risposto in questo libro che tu adesso tenti inutilmente di attaccare con loquacissima vanità, troverà che io ti ho risposto nel mio terzo libro in tal modo da vedere che non ho omesso ad arte quanto tu dici, ma che piuttosto quella persona, al cui fascicolo io rispondevo, non volle trasmettermelo dalla tua opera o per amore di brevità o per sua convinzione che non fosse pertinente al caso.
Giuliano. Ha riportato ora di seguito le altre mie parole, sebbene variate da alcune sue riflessioni.
Contro dunque queste mie obiezioni non ha escogitato nulla che mi colpisse.
Ma dopo aver confessato per mancanza di argomenti l'esattezza delle mie conclusioni, dice che a tutto mi deve rispondere l'Apostolo, quando dichiara che a causa di un solo uomo il peccato entrò in questo mondo.
Quale persona erudita potrebbe ritenere che in questa circostanza abbia avuto la testa a posto uno che non ha capito o che avrebbe dovuto omettere i punti ai quali non poteva trovare nulla da opporre o che avrebbe dovuto escogitare di tutto per rispondere alle mie obiezioni e confermare la sua risposta con le parole dell'Apostolo?
Agostino. Ma dalle parole dell'Apostolo sei confutato meglio che dalle mie, e tuttavia non cedi nemmeno alle parole dell'Apostolo, ma preferisci pervertire anche quelle piuttosto che convertirti.
Giuliano. Ho chiesto dunque con estremo rigore logico che insieme a me tutta l'erudizione indaghi per quale via il peccato, che è opera di una volontà cattiva e si dice opera del diavolo, si venisse a trovare nel bambino.
Se a causa della volontà: ma anche il nostro presente interlocutore confessa che nel bambino non c'è stata nessuna volontà.
Se a causa delle nozze: ma che queste appartengano all'attività dei genitori nessuno ne dubita, e costui aveva premesso che i genitori non hanno peccato per la loro unione.13
Oppure, se il disputante si era pentito di tale concessione, come indica il seguito della sua opera, confessasse che sono rei i genitori in quanto il loro incontro preparava al diavolo il regno sull'immagine di Dio.
E rispettando i necessari passaggi dei ragionamenti, ho aggiunto che a causa del peccato originale si definisce il diavolo autore dei corpi: perché se per l'origine c'è negli uomini il male del peccato, per il male del peccato c'è sugli uomini il diritto del diavolo, e autore degli uomini è il diavolo dal quale viene l'origine dei nascenti.
E poiché costui si era accorto che questi ragionamenti avrebbero chiuso i traduciani nell'antro dei manichei, io ho girato la chiave per offrire ai reclusi una via di scampo, e l'ho ammonito che se veramente credeva fatti da Dio gli uomini e se sinceramente confessava innocenti i coniugi, capisse l'impossibilità di contrarre da essi il peccato originale.
Mi voglio ripetere: Certamente non pecca questo bambino che nasce, non pecca chi l'ha generato, non pecca Dio che l'ha creato: attraverso quali incrinature fra tanti presìdi d'innocenza immagini che sia entrato il peccato?14
Che cosa, prego, potevo fare di più santo, di più vero, di più chiaro, di più breve, di più solido che proporre come suprema conclusione di tutto una quarta via dopo le tre che io avevo imboccato cedendo al nemico?
Infatti, poiché accade talvolta che con una prima via o con altre due se ne colleghi necessariamente una terza, per quale legge dopo che mi sono state concesse tre vie non sarebbe lecito imboccare una quarta via connessa con le altre?
E questo appunto nella seconda discussione, ma nella prima mi sono concesse cinque o più vie e dopo di esse si tira una conclusione legittima e invitta.
Agostino. Ecco quanto divaghi, temendo che le parole dell'Apostolo, se ascoltate senza i tuoi pregiudizi, ti condannino, come già ti hanno condannato attraverso il giudizio della Chiesa cattolica.
Ma scorazza dove vuoi, indugia quanto vuoi, moltiplica i tuoi giri per ogni verso che vuoi.
Quando sarà che la nave delle tue menzogne giunga alle medesime parole di verità, farai naufragio senza dubbio.
Giuliano. Veniamo dunque subito a costui.
Mi avevi concesso che il peccato è opera della volontà.
Con logica immediata io potei dire: Nei bambini non c'è nessuna volontà che pecchi, e quindi nei bambini non c'è peccato.
Ma perché tu fossi pressato da più testimoni, interrogai progressivamente per quale via questo peccato si trovasse nel bambino.
Forse per via della volontà? Con il tuo consenso conclusi che in lui non c'è stata volontà cosciente.
Aggiunsi se forse il bambino avesse contratto la prima colpa attraverso i lineamenti delle membra.
Ma tu avevi ammesso che essi sono formati da Dio e quindi sono buoni.
Chiesi in terzo luogo se tu credessi che il reato fosse stato introdotto attraverso l'ingresso dell'anima.
Ma risultava che l'anima è nuova e non deve nulla ai semi.
Mi indussi poi a sospettare, dato che non ti era rimasta altra ipotesi da fare in proposito, che tu forse chiamassi opera del diavolo le nozze, cioè l'unione dei corpi.
Ma dimostrai che le nozze appartengono all'attività dei genitori, e anche tu eri d'accordo.
Al termine dunque di tutti i ragionamenti riferiti sopra, la tua " traduce " asserviva al diavolo i coniugi che erano stati causa del peccato.
Dopo tutto questo tirai la conclusione che si avvicinava a te, dicendo che tu credevi autore dei corpi il diavolo, al quale avevi attribuito l'opera dell'unione dei corpi, senza la quale non poteva esserci l'origine dei corpi.
E certamente questa prima discussione ha mostrato la malattia che ti opprimeva, ma la seconda discussione ha provato, per quanto si riferisce a te, che tu sei un miserabile con tali convinzioni, e per quanto si riferisce ai cattolici, che essi sono invitti, suffragati anche dal timore che hanno di te.
Se tu infatti concedi che gli uomini sono fatti da Dio e che i coniugi sono innocenti e che i bambini non hanno un'attività personale, da questi tre assunti si è tratta l'irrefutabile conclusione che, non peccando chi nasce, non peccando chi ha generato, non peccando Dio che ha creato, non è rimasta più nessuna incrinatura attraverso la quale insegnare l'ingresso del peccato.
Se dunque ti dispiace la conclusione che si è colta, ritratta le tue concessioni e dichiara che ha peccato o chi generò o chi creò o chi nacque.
Delle quali affermazioni la prima è insana, la seconda è manichea, la terza è supermanichea: insano se dici che peccano i bambini, manicheo se accuserai i coniugi, supermanicheo se riterrai autore del peccato Dio.
Ora, se tutte queste affermazioni sono tanto lontane dalla verità da avere tu paura ancora di confessarle liberamente, per quale impudenza, o uomo più demente di tutti i dementi, persisti nel negare quanto è stato dedotto da noi?
Agostino. Quando arriverai alle parole dell'Apostolo, non vi troverai un'incrinatura, ma una porta spalancatissima, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo, e certamente tenterai di chiuderla, ma con tutta la tua loquacità sarai vinto dalla bocca dei bimbi e dei lattanti, i quali invece di essere lodati da te cercano piuttosto di essere salvati dal Cristo e con molto maggiore certezza, non per mezzo di tortuose discussioni, ma per mezzo di pianti privi di parole, contestano la loro miseria, che indubbiamente non avrebbero potuto avere in nessun modo nel paradiso, se fosse rimasta la rettitudine e la beatitudine del primo uomo.
Giuliano. Qui è in causa l'interesse di quattro persone: di Dio creatore, dei due genitori che prestano la materia all'opera di Dio, del bambino che nasce.
Tu dici che in questo " coro " abita il peccato.
Io domando da chi venga fatto il peccato: se da Dio, e lo neghi; se dal padre, e lo neghi ugualmente; se dalla madre, e lo neghi ancora; se dal bambino, e lo neghi.
E non credi ancora alla validità della conclusione: non ci può essere tra questi quattro il peccato, perché nessuno di questi quattro lo commette?
Agostino. Che tu dica tutto quello che vuoi! Una buona volta arriverai alle parole dell'Apostolo e allora chiunque le ricorda attraverso i singoli passaggi di queste tue argomentazioni, che noi non vogliamo ripetere continuamente per non infastidire il lettore, ti risponderà con il suo stesso ricordo.
Giuliano. Di che cosa vuoi convincerci o rileggendo le Scritture o nominando giudici esperti, tu che non puoi definire ancora il tuo modo di sentire?
Che ti giova insegnare che Adamo peccò: fatto che io non nego assolutamente?
Domandiamo per quale via, morto da tanti secoli Adamo, il peccato, per cui l'immagine di Dio passa nella giurisdizione del diavolo, venga a trovarsi nel bambino.
Agostino. Perché mai nemmeno tu ammetti nel regno di Dio l'immagine di Dio, che secondo te non ha nessun merito di peccato?
Perché mai il sangue, che dalla carne somigliante alla carne del peccato è stato effuso in remissione dei peccati, si somministra in bevanda al bambino allo scopo che possa avere la vita, se il bambino non è incorso nella morte per l'origine di nessun peccato?
Se questo ti dispiace, nega apertamente il bambino Gesù, nega apertamente che sia morto per i bambini il Cristo che è morto uno per tutti, con la conseguenza dichiarata dall'Apostolo: Quindi tutti sono morti ed egli è morto per tutti. ( 2 Cor 5,14-15 )
Dichiara apertamente: Non sono morti i bambini, perché essi non hanno nessun peccato e non hanno bisogno per se stessi della morte del Cristo nella quale essere battezzati.
Afferma ormai manifestamente quello che senti segretamente, tradendo abbastanza con la tua discussione il tuo modo di sentire.
Afferma, dirò, che i bambini inutilmente si fanno cristiani; ma sta' attento se tu debba dire cristiano te stesso.
Giuliano. Se [ il peccato entra nel bambino ] attraverso la mescolanza dei genitori, condanna le nozze con la tua confessione, come le condanni con la tua argomentazione, e risparmia a noi la fatica di dimostrare che tu sei manicheo.
Se poi tu non osi dirlo e, contumace contro la ragione, inclini verso i " concumbenti ", così da dire attraverso portenti di argomentazioni inaudite finora che la libidine è diabolica e che essa, collocata nella sensibilità di coloro che si uniscono, è causa di voluttà per i genitori e di reato per i figli, certamente palesi la tua demenza e la tua sconcezza, ma ti prego di non essere così arrogante da negare a noi la libertà di contemplare ad onore di Dio l'innocenza dei nascenti, mentre a te è lecito e lìbito ad accusa di Dio esimere dal reato di libidine, come lo chiami, le membra dei " libidinanti ".
Agostino. Qualunque sia il prurito per il quale tu lodi la libidine, cioè la concupiscenza della carne, l'apostolo Giovanni dice che essa non viene dal Padre ma dal mondo, ( 1 Gv 2,16 ) e per questa libidine giustamente il diavolo si dice principe del mondo. ( Gv 12,31; Gv 14,30 )
Creatore infatti del mondo sappiamo che è stato Dio.
Di questo male dunque della concupiscenza della carne fa buon uso la pudicizia coniugale, e il reato di quel male della concupiscenza contratto dai nascenti lo scioglie la rigenerazione spirituale.
Finché questo non sarà il tuo modo di intendere, non sarai cattolico ma pelagiano, e contraddirai le Scritture sante, per quanto ti sembri di difenderle.
Quanto a me, tutte le volte che mi dici manicheo per questa verità che contraddici, dici manicheo certamente anche colui che dice che l'uomo, infuso negli organi genitali e impastato dalla voluttà della concupiscenza, subisce il contagio dei delitti prima di bere al dono dello spirito della vita.15
Ambrogio è costui, o Giuliano. Ambrogio tu dici manicheo, o pazzo!
Giuliano. Quando infatti dichiari che la concupiscenza della carne è stata impiantata nell'uomo dal principe delle tenebre ed essa è la pianta del diavolo che produce di suo il genere umano come un albero i suoi pomi, apparisce certamente in modo assoluto che tu non dici creatore degli uomini Dio ma il diavolo; dal quale dogma estremamente empio si condanna l'attività dei coniugi, ossia la mescolanza dei genitali, e la carne tutta.
Agostino. Non si condanna; ma non sia lodata da te quasi fosse sana, perché anche per tua confessione sia sanata dal suo Creatore e Salvatore.
In coloro infatti nei quali non viene sanata sarà condannata senza nessun dubbio.
Giuliano. Ma quando, dopo questo sacrilegio, aggiungi e dici che confessi essere veramente diabolica la voluttà dei coniugi che generano e diabolico l'orgasmo dei genitali che si muovono, ma tuttavia non sono ree né le membra stesse che si muovono né i coniugi che sono affetti dalla voluttà, e al loro posto accusi gli uomini novelli, cioè l'opera grezza della divinità nei nascenti, certo non deponi nulla dell'empietà dei manichei, ma mostri tanta smania furiosa nell'agitare la testa da doverla più logicamente giudicare meritevole di consenso che d'amputazione, se della tua volontà e della tua propensione in questa faccenda non parlasse e la ribellione di molti e la tua ostinazione e l'abbondanza delle Scritture.
Agostino. Queste ingiurie le devo ascoltare senza indignazione in compagnia di quei dottori della Chiesa che l'ingresso del peccato nel mondo a causa di uno solo lo intendono così come parla l'Apostolo retto e non come opina il perversissimo Giuliano.
Tra loro, per tacere gli altri, ci sono l'afro Cipriano, il gallo Ilario, l'italo Ambrogio, il greco Gregorio.
Da questi eruditissimi e prudentissimi giudici, tali e quali a quelli che tu con vana presunzione ti rammarichi di non trovare, la vostra eresia è stata condannata prima che fosse nata.
Giuliano. Su questo argomento leggi anche il quarto libro della mia opera e capirai quanto tu blandisca il diavolo che dici tuo padre e la libidine tua madre, facendo le viste d'esserne l'incriminatore.
Agostino. Ho letto anche il tuo quarto libro e ho risposto a tutto il suo contenuto con il sesto dei miei libri.
Chi di noi abbia vinto lo giudichi il pio lettore di ambedue.
Giuliano. Ma vediamo ora le parole dell'Apostolo, del quale tu dici che mi risponde su quanto ho esposto sopra: A tutto questo gli ha risposto l'Apostolo, il quale non accusa né la volontà del bambino che in lui non è ancora appropriata a peccare, né le nozze che in quanto sono nozze hanno da Dio non solo l'istituzione ma anche la benedizione, né i genitori i quali in quanto genitori lecitamente e legittimamente sono coniugati tra loro per procreare figli, ma dice: " A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ". ( Rm 5,12 )
Se ciò costoro intendessero con orecchie e menti cattoliche, non avrebbero ribelli contro la fede e contro la grazia del Cristo i loro animi, né farebbero il vano tentativo di storcere al proprio senso eretico queste parole apostoliche così lucide e così manifeste, asserendo che esse vanno intese nel senso che Adamo fu il primo uomo a peccare e che in lui ha trovato l'esempio di peccare chiunque ha voluto successivamente peccare, di modo che il peccato passasse in tutti non per generazione da quell'unico, ma per imitazione di quell'unico.
Perché certamente se qui l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, non avrebbe detto a causa di un solo uomo, ma piuttosto a causa del diavolo che il peccato è entrato nel mondo ed è passato in tutti gli uomini.
Del diavolo appunto è scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono ". ( Sap 2,24 )
Ma la ragione per cui ha detto: " A causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale è cominciata la generazione degli uomini, è d'insegnare che il peccato originale è passato in tutti attraverso la generazione.16
Agostino. Hai riferito le parole del mio libro e adesso spiega come si debbano intendere le parole dell'Apostolo riferite da me, perché sempre più ti manifesti eretico, presentandoti come lodatore dei bambini per strappare ad essi il Salvatore.
Giuliano. Che tu abusi dell'ignoranza dei tuoi favoreggiatori e ti nascondi dietro l'ambiguità delle parole lo capisce ogni persona erudita che abbia letto le nostre opere.
Quanto al resto del volgo, del quale il Profeta dice a Dio: Tu tratti gli uomini come pesci del mare, ( Ab 1,14 ) esso rimane ingannato perché si accoda e, ignaro di salutari distinzioni, crede che si possa congiungere nella realtà tutto quello che vede associato nelle parole.
Ma che cosa sia logico, che cosa assurdo, che cosa ci porti a dedurre da certe premesse la legge inespugnabile e veneranda del discorrere, non lo giudicano se non le persone più dotte e più attente.
Agostino. Giri ancora cercando i dialettici ed evitando i giudici ecclesiastici.
Dimmi finalmente come si debbano prendere le parole: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, intendendole tu evidentemente meglio di colui che ha scritto: Tutti muoiono in Adamo, perché " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ". ( Rm 5,12 )
Colpa di lui è dunque la morte di tutti.17
E altrove il medesimo scrive: C'era Adamo e in lui eravamo noi tutti.
Perì Adamo e in lui perirono tutti.18
Ambrogio è costui, non uno qualsiasi del volgo, la cui ignorante moltitudine, incapace di giudicare le tue discussioni, tu disprezzi con troppa alterigia e cattiveria.
È Ambrogio, ti dico, al quale per nessun conto sei pari nelle stesse lettere secolari, di cui vai tanto orgoglioso.
Per sapere poi quanto egli valga nelle lettere ecclesiastiche ascolta o leggi Pelagio, tuo dottore; e non voler amare un modo di sentire che sia alieno dal modo di sentire di un così grande dottore come Ambrogio.
Giuliano. E principalmente per questo, presi da pietà per le Chiese che vanno in rovina, noi ci appelliamo all'esame di persone illustri per prudenza, perché apparisca non quello che si dice ma quello che si dice con ragione.
Se infatti si discutesse sotto un tale concilio, non ti sarebbe certamente lecito affermare quello che avevi negato o negare quello che avevi affermato.
Invece nel tuo libro, che non ha a correggerlo nessuna censura di pudore, tu fai liberamente un agglomerato e di quello che dicono i cattolici e di quello che dicono i manichei, contento di questa sola opinione: che si dica che hai risposto; ma quanto a pensare quale peso abbia la tua risposta e quale consistenza lo reputi perfino inopportuno.
Agostino. Ti prego, spiega ormai come debba intendersi la dichiarazione: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 )
Perché ancora calunni, offendi, tergiversi? Se in un concilio, di cui sembra che tu desideri il giudizio, sedessero Cipriano, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Basilio, Giovanni Costantinopolitano, per tacere di altri, oseresti forse cercare giudici più dotti, più prudenti, più veraci?
Essi gridano contro i vostri dogmi, essi con i loro scritti condannano i vostri scritti: che vuoi di più?
Ho già dimostrato questo a sufficienza nel primo e nel secondo dei sei libri che ho pubblicati contro i tuoi quattro.
Ma eccomi pronto ad ascoltarti ancora.
Spiega subito in che senso si debba intendere che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo.
Giuliano. Inoltre, accedendo senza indugio alle mie richieste e consapevole delle loro risultanze acquisite, confessi la tua insufficienza di fronte alle nostre conclusioni e dici che l'apostolo Paolo risolve tutte le nostre difficoltà, e tuttavia lo citi in un testo dove concede quello che tu avevi già ammesso.
Dici infatti: L'Apostolo non accusa né la volontà del bambino, che in lui non è ancora appropriata a peccare:19 per la quale concessione è già sicuro che nel bambino non ci può essere nemmeno un qualche peccato, non consistendo il peccato, anche secondo la tua definizione, in altro che nella volontà di compiere ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi.
Agostino. Questa definizione vale per il peccato che non è insieme anche pena del peccato.
Infatti nel testo dove sostenete che ci sono le voci della cattiva consuetudine, e soffocate così le voci del vostro dogma, dimmi, se osi, come sia libero per la volontà umana astenersi dal male di cui è detto: Non quello che voglio io faccio; ( Rm 7,15 ) o nega che sia male quello di cui si dice: Non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. ( Rm 7,19 )
Ma noi riconosciamo certamente che tale peccato è pena del peccato e perciò tale peccato è da distinguersi dal peccato che la volontà commette facendo quello da cui le sarebbe libero astenersi.
Cerca di capire quello che dico e dimmi ormai per favore come sia da prendere l'affermazione: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 )
Giuliano. Se dunque l'Apostolo non accusa nel bambino la sua propria volontà, che intende non essere nemmeno possibile, ben dichiara che in lui non apparisce nemmeno un segno di crimine, a giudizio soprattutto di una giustizia che non imputa il peccato se non quando è libero astenersene.
Ma non contento di aver concesso questo soltanto, aggiungi: Né l'Apostolo accusa le nozze che in quanto sono nozze hanno da Dio non solo l'istituzione ma anche la benedizione.20
Il che potrebbe ugualmente bastare da sé solo a confutare il peccato naturale.
Perché se l'Apostolo sa, come sa, che non sono da accusare le nozze, alla cui celebrazione e funzione e struttura appartiene, accompagnata dalla voluttà, l'unione dei sessi, istituita e benedetta da Dio, non può germinare dalle nozze un possesso diabolico, né è reo il frutto delle nozze, soprattutto al cospetto di quella giustizia che non imputa il peccato se non quando è libero astenersene.
Agostino. Non volere sospettare, ti prego, che l'unione dei coniugi fosse accompagnata nel paradiso da una voluttà tale e quale la fa essere ora la libidine, che non insorge al cenno della volontà e che, pur sempre meritevole di repressione, ma tuttavia inopportuna, sollecita anche l'animo dei santi.
Non sia mai che da persone fedeli e sagge si pensi tale la voluttà del paradiso, tale la pace e la felicità di allora.
Giuliano. Consideriamo anche il terzo punto, perché si veda la tua benignità nella facilità di accondiscendere: Né l'Apostolo accusa i genitori, i quali in quanto genitori lecitamente e legittimamente sono coniugati tra loro per procreare figli.21
Soppesa quello che hai detto: i genitori in quanto genitori non sono accusati dall'Apostolo.
Con questo dunque egli asserisce che in quanto genitori non possono fruttificare per il diavolo e che niente di essi in quanto genitori appartiene al diavolo.
Ora, i figli in tanto appartengono ai genitori in quanto questi sono genitori.
Quindi è provato che i figli né sono rei, né sono sotto il regno del diavolo, né sono accusabili dal diavolo.
Perché tutto questo che abbiamo detto si chiarisca ripetendolo: in tanto il congiungimento sessuale comunica con la prole in quanto coloro che sono coniugati diventano genitori; se invece vogliono commettere tra loro qualche sfrenatezza o perdersi tra illecite unioni adulterine, questo non può toccare i figli, che nascono dalla vitalità dei semi e non dalla oscenità dei vizi.
Agostino. Confessi forse ormai che anche tra i coniugi possono esserci delle sfrenatezze?
Ecco quello che fa quella tua bella patrocinata!
Ciò infatti non avviene se non quando si cede ad essa, che senza nessuna necessità di seminare prole spinge alla sfrenatezza, ripresa anche da te, gli stessi coniugi, uniti per procreare figli.
Della quale concupiscenza ti sei voluto fare lodatore tanto grande che nessuno ti crederebbe capace di esserne anche oppositore, dal momento che non hai sentito il rossore di lodarla così da piacerti, senza vergogna, di collocarla anche nella beatitudine del paradiso.
Giuliano. Si trasmettono quindi ai figli non le turpitudini, ma i semi di coloro che li generano.
Ora, la vitalità dei semi è Dio che l'ha istituita e, come sei costretto a confessare, l'ha benedetta.
Agostino. Ad istituire i semi è stato Dio.
Ma coloro che sanno distinguere nella natura viziata il suo bene dal suo male, così da non giudicare che la natura sia un male né che il vizio sia una natura, sanno pure distinguere quale delle due realtà spetti a Dio creare e quale spetti sanare.
Ma voi non lo potete, finché siete pelagiani e non cattolici.
Dimmi ormai, ti prego, dimmi ormai in che modo debba intendersi che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 )
Giuliano. I figli quindi non sono rei nemmeno quando i genitori peccano nel generarli, perché in tanto appartengono ai loro figli in quanto sono genitori, e quindi in tanto i figli appartengono ai genitori in quanto sono figli.
Alla natura appunto di coloro che generano compete evidentemente di comunicare i germi, non alla colpa.
Se ciò che la ragione dimostra tu dichiari che lo conferma anche l'Apostolo, giustamente noi, dietro il suo insegnamento, difendiamo che i peccati dei genitori non possono appartenere ai figli, dal momento che e l'Apostolo, chiaro di Spirito Santo, e noi illuminati dalla luce della ragione e tu oppresso dal peso della verità impugnata da te, concordemente e veracemente confessiamo che i genitori non sono rei in quanto genitori; in tanto poi appartengono ai figli in quanto sono genitori: quindi i figli in quanto sono figli, cioè prima che facciano qualcosa per mezzo della propria volontà, non possono essere rei.
Agostino. Senza dubbio i genitori sono genitori generando e i figli sono figli nascendo; d'altra parte non è un male né generare né nascere; entrambi appartengono alla istituzione di Dio e nel paradiso potevano farsi senza l'indecorosa libidine, se nessuno avesse peccato.
Infatti la libidine, che adesso è indecorosa, se non fosse nata dal peccato o non fosse stata viziata dal peccato, non sarebbe indecorosa, e non sarebbe esistita affatto e senza di essa le parti genitali avrebbero servito a coloro che avessero generato, come le mani servono a coloro che lavorano, o sarebbe stata così ossequiente alla volontà da non poterla sollecitare mai se non voleva.
Che tale non sia adesso lo insegna la castità, la quale rintuzza i movimenti della libidine e nei coniugati perché o non commettano indecenze tra loro o non cadano in adultèri, e in tutte le persone continenti perché non si avviliscano accondiscendendo ad essa.
Ecco la concupiscenza dalla quale si trae il peccato originale.
Ecco da quale libidine non volle nascere colui che venne non a portare un suo peccato, ma a portare via il nostro peccato.
Giuliano. Vadano adesso e ordiscano tutto quello che possono tutti gli ingegni d'ispirazione manichea, soffrano travagli di pensiero lunghi quanto vogliono; io lo prometto senza arroganza, ma scrupolosamente: questa struttura non potrà mai essere scossa.
Agostino. Quella che tu chiami struttura, è per te una frana che ti ha oppresso tanto da costringerti a lodare la castità che espugni; se tuttavia c'è in te una qualsiasi castità che ti faccia espugnare la libidine che lodi.
Giuliano. Con quale fronte soggiungi dunque: Ma " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ", ( Rm 5,12 ) intendendolo così da far dire all'Apostolo che da Adamo è stato trasmesso ai posteri il peccato per generazione?22
Sopra avevi concesso che il Maestro delle Genti non accusa in nulla le nozze benedette da Dio; che nel nascente non esiste volontà appropriata a peccare; che i genitori poi, in quanto sono genitori, si uniscono lecitamente e legittimamente tra loro per procreare figli; e quasi tu avessi detto tutto questo dormendo, aggiungi subito che si trasmette ai posteri per generazione un peccato.
Se infatti generano in quanto sono genitori, se poi in quanto sono genitori si uniscono lecitamente e legittimamente tra loro, e questa unione non è riprovata dall'Apostolo, essendo stata non solo istituita ma anche benedetta da Dio, con quale faccia, con quale legge, con quale fronte ti ostini a dire che la generazione è causa di un reato, è radice di crimini, è serva del diavolo?
Agostino. Ormai non so più quante volte sono state fatte queste domande e quante volte è stato risposto ad esse.
Con il tuo multiloquio ti crei una cortina che ti impedisce di distinguere il male dei vizi dal bene della natura, e ripetendo fino ad un odioso fastidio le medesime idee con le medesime parole non dici ancora in che modo sia da prendere l'affermazione: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 )
Giuliano. Non merita dunque la generazione d'essere accusata dall'Apostolo ed è posseduta dal diavolo; è istituita da Dio ed è fonte di crimini; è infine benedetta da Dio, come tu confessi, e accusata da te di essere una escrescenza diabolica.
Agostino. Dio benedisse le nozze, non la concupiscenza carnale, che resiste allo spirito e che non esisteva prima del peccato.
Al peccato invece, come nemmeno a quella concupiscenza che resiste allo spirito, Dio non diede la sua benedizione.
Ora, quanto alle nozze che Dio benedisse, se non fosse stato commesso il peccato, dal quale è stata viziata la natura, o si servirebbero esse delle membra genitali nella stessa maniera in cui noi ci serviamo delle altre membra che obbediscono alla volontà senza nessuna libidine, o nelle nozze non ci sarebbe stata libidine indecorosa, perché essa non avrebbe mai resistito alla volontà.
Tale non è davvero adesso e lo senti certamente anche tu quando dissenti da essa che sollecita e alletta.
Le nozze tuttavia anche presentemente sono lodevoli, perché non causano questo male ma lo trovano negli uomini, e perché di questo male esse si servono bene con l'intenzione di generare, benché coloro che sono generati traggano di lì il peccato originale, a causa del quale devono essere rigenerati.
Giuliano. Come la tua opera non abbia combinato nulla nei miei riguardi lo attesta la erudizione di tutti i letterati; quanto poi ti sforzi contro l'Apostolo e quanto insanisci contro Dio lo dimostra la contraddizione delle tue sentenze.
Ma dopo aver chiarito ormai che non possono stare insieme realtà che la natura oggettiva dissocia, interroghiamo anche l'Apostolo, perché non si creda presente nei suoi modi di sentire la barbarie che apparisce provata nelle tue sentenze.
Agostino. Dimmi dunque almeno ora quello che rimandavi con tanti rigiri.
Giuliano. Sento dire dunque dall'Apostolo che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui. ( Rm 5,12 )
Rispetto a questo, tu insisti che ciò non è stato detto per l'esempio del peccato, ma per la generazione, e chiami eretici noi che riferiamo ciò alla esemplarità, e ti credi aiutato da questa argomentazione: Certamente se l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, non avrebbe detto che il peccato è entrato e passato in tutti gli uomini " a causa di un solo uomo ", ma a causa del diavolo.
Del diavolo infatti è scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono ". ( Sap 2,24 )
Ma la ragione per cui ha detto " a causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale è cominciata la generazione degli uomini, è d'insegnare che il peccato originale ha camminato in tutti attraverso la generazione.23
Io al contrario vedo che l'Apostolo non ha proferito nulla che importasse l'infamazione della generazione umana, nulla che importasse la condanna dell'innocenza naturale, nulla che importasse l'incriminazione dell'opera di Dio.
Agostino. Da un pezzo continui a dire " nulla " e quando cesserai di ripetere " nulla ", non dirai più nulla.
Chi potrebbe infatti non ridere di te nel vederti impegnato a convincere che non riguarda la generazione la frase dell'Apostolo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, perché lo stesso uomo non è stato generato da un qualche uomo dal quale fossero generati tutti gli altri, e dite invece che riguarda l'esempio, perché l'esempio del peccato che i posteri potessero imitare non è entrato nel mondo se non a causa di colui che peccò senza imitare nessun altro?
Uno infatti peccò per primo. Ma che il primo non sia Adamo, bensì il diavolo, quale cristiano lo ignora?
Che altro dunque ti è gradito all'infuori di questo: e non tacere e non dire nulla?
Giuliano. Inoltre cercando di tirare una conclusione che le parole dell'Apostolo non avevano indicata di per sé, soggiungi che per parlare d'imitazione avrebbe dovuto ricordare il diavolo; ma volendo che s'intendesse la generazione ha preferito dire l'uomo piuttosto che il diavolo.
Io domando dunque quale sia stata per te l'occasione di questa opinione.
Che c'è infatti? Neghi forse che si pecchi per imitazione di uomini?
Benché a questa verità non occorra l'attestazione assoluta delle Scritture, ascolta tuttavia Davide: Non imitare i malvagi, non invidiare coloro che fanno il male; ( Sal 37,1 ) non rincorrere chi prospera sulla sua strada. ( Sal 37,7 )
Del resto tutti gli scritti dell'Antico Testamento ammoniscono Israele a non imitare il culto degli stranieri.
Quale necessità dunque costringeva l'Apostolo a nominare il diavolo piuttosto che l'uomo, se voleva intendere l'imitazione, sapendo che si pecca per imitazione e degli uomini e del demonio?
Tu dunque o prova che non si possa peccare per imitazione degli uomini e prova che ciò non si trova in nessun luogo della legge, e afferma allora che il testo è adatto alla tua opinione; oppure, se è manifesto che per nessun'altra via i peccati hanno prevalso di più che per l'imitazione dei vizi, allora tu dimostri una grande ignoranza nel concludere che l'Apostolo avrebbe certamente parlato del diavolo, se avesse voluto far intendere l'imitazione.
Agostino. Non avevo già detto che non avresti detto nulla tu, uomo loquacissimo nell'arte della eloquenza del nulla?
Certamente esistono nel mondo peccati d'imitazione, quando gli uomini seguono gli esempi degli uomini che peccano.
Tuttavia non è attraverso gli uomini peccatori imitati da quanti li vogliono imitare che è entrato nel mondo il peccato imitato da quanti peccano, bensì attraverso colui che peccò per primo senza imitare nessuno.
Costui è il diavolo, imitato da tutti coloro che gli appartengono. ( Sap 2,24 )
Così anche il peccato che non si commette imitando ma si contrae nascendo, è entrato attraverso colui che per primo generò l'uomo.
Non hai dunque detto nulla e non hai voluto tacere unicamente per ingannare tra i lettori alcuni e affaticarne altri.
Giuliano. Poiché dunque risulta chiaro che parlare dell'imitazione di uomini cattivi non solo è logico, ma è anche necessario, ne segue che provvisoriamente questo tuo argomento giace con evidenza per terra.
Quanto poi alla tua aggiunta, che del diavolo è scritto: Lo imitano quelli che appartengono a lui, ( Sap 2,24 ) sono d'accordo anch'io che è stato detto saggiamente dall'autore di quel libro, chiunque egli sia; ma a te non giova che si scriva che alcuni peccano per imitazione del diavolo, se non dimostri l'impossibilità di peccare per imitazione degli uomini.
Agostino. La nostra questione non è qui se si pecchi per imitazione degli uomini.
Chi potrebbe infatti ignorare che si pecca anche per imitazione degli uomini?
Ma la questione è quale peccato sia entrato nel mondo a causa di un solo uomo: se quello che si commette imitando o quello che si contrae nascendo.
Poiché il primo, cioè quello che si commette imitando, non è entrato nel mondo se non a causa di colui che per primo senza imitare nessuno diede l'esempio di peccare a tutti gli altri che lo avrebbero imitato, ossia il diavolo; il secondo invece, cioè quello da contrarre nascendo, non è entrato nel mondo se non a causa dell'uomo che senza essere stato generato da nessun altro uomo introdusse per primo l'inizio dell'origine per la generazione di tutti gli altri uomini.
Costui è Adamo. Sulla imitazione degli angeli e degli uomini renditi conto dunque che non dici nulla di pertinente alla nostra causa, ma solamente non hai voluto tacere.
Discutiamo infatti non di un qualsiasi peccatore che abbia peccato nel mondo in un qualsiasi tempo, ma di quel peccatore a causa del quale il peccato è entrato nel mondo; e qui se si cerca l'esempio d'imitazione si trova il diavolo, se il contagio della generazione si trova Adamo.
Perciò l'Apostolo, dicendo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) volle che s'intendesse il peccato di generazione.
Il peccato infatti d'imitazione non è entrato nel mondo a causa di un solo uomo, ma a causa del diavolo.
Indice |
12 | De nupt. et concup. 2,44-49 |
13 | De nupt. et concup. 2,46 |
14 | De nupt. et concup. 2,47 |
15 | Ambrosius, Liber de Sacram. regen. |
16 | De nupt. et concup. 2,45 |
17 | Ambrosius, In Luc. 4, 67 |
18 | Ambrosius, In Luc. 7, 234 |
19 | De nupt. et concup. 2,45 |
20 | De nupt. et concup. 2,45 |
21 | De nupt. et concup. 2,45 |
22 | De nupt. et concup. 2,45 |
23 | De nupt. et concup. 2,45 |