Costumi della Chiesa cattolica e costumi dei Manichei

Indice

I Costumi dei Manichei

1.1 - Al sommo bene compete il sommo essere e non può avere nulla di contrario

Nessuno dubita, credo, che la ricerca relativa ai beni e ai mali è un genere di questione che riguarda la disciplina morale, della quale ci occupiamo in questo discorso.

Vorrei perciò che gli uomini procedano in questa ricerca con uno sguardo della mente così limpido da poter vedere quel bene sommo rispetto al quale non c'è nulla di migliore o di più eccellente e a cui è sottomessa ogni anima razionale pura e perfetta.

Una volta infatti che lo abbiano conosciuto e compreso, si renderebbero conto ad un tempo che esso è ciò di cui giustamente si afferma che è in modo sommo e primario.

Di esso appunto si deve dire che è al massimo grado, dal momento che rimane sempre nel medesimo stato, è in ogni aspetto simile a se stesso, in nessuna parte può corrompersi e mutare, non soggiace al tempo e non può essere ora diverso da come era in precedenza.

È infatti ciò che si dice essere nell'accezione più vera, poiché a questa parola è connesso il significato di una natura che sussiste in sé e che rimane nel suo stato immutabilmente.

Di questa natura non possiamo dire altro se non che è Dio, al quale è impossibile trovare alcunché di contrario, se lo si cerca in modo retto.

L'essere infatti non ha un contrario, all'infuori del non essere.

Non c'è dunque nessuna natura contraria a Dio.

Ma poiché consideriamo queste verità con uno sguardo della mente ferito ed indebolito da vane opinioni e da una perversa volontà, tentiamo, per quanto è possibile, di pervenire ad una qualche conoscenza di una cosa così grande passo dopo passo e con prudenza, cercando alla maniera non di quelli che vedono chiaramente, ma di quelli che procedono a tentoni.

2.2 - Il male secondo i Manichei: 1) ciò che in un essere è contrario alla sua natura

Spesso, anzi quasi sempre, voi, o Manichei, a coloro che vi sforzate di persuadere alla vostra eresia chiedete da dove provenga il male.

Immaginate che io mi sia imbattuto in voi ora per la prima volta: cercherei di ottenere da voi, se non vi dispiace, che, abbandonata per un po' l'opinione per cui credete di saperlo già, anche voi tentiate di indagare insieme a me, come ignari, una cosa tanto importante.

Voi mi chiedete da dove viene il male; io invece, da parte mia, vi chiedo che cosa sia il male.

Di chi è più giusta la richiesta, di coloro che cercano da dove venga una cosa di cui ignorano la natura, oppure di colui che reputa prioritario cercarne la natura, perché non si cerchi l'origine di una cosa ignota ( il che sarebbe assolutamente assurdo )?

Siete perfettamente nel vero che nessuno è così cieco di mente da non vedere che per ciascun genere il male consiste in ciò che è contrario alla sua natura.

Ma, posto ciò, la vostra eresia crolla, perché nessuna natura è il male, se il male è ciò che è contrario alla natura.

Voi tuttavia sostenete che il male è una natura e una sostanza.

Si aggiunga anche che quanto è contrario ad una natura, senz'altro lotta contro di essa e si sforza di distruggerla, tende cioè a far sì che non sia ciò che è.

Infatti la stessa natura altro non è se non ciò che, nel suo genere, è concepito come qualcosa che è.

Pertanto, come noi, usando un nome nuovo derivato da quello di essere, chiamiamo essenza ciò che per lo più chiamiamo anche sostanza, così gli antichi, che non possedevano queste parole, impiegavano natura per essenza e sostanza.

Se dunque voi siete disposti a liberarvi della vostra ostinazione, il male in se stesso consiste nel deviare dall'essenza e nel tendere a ciò che non è.

2.3 - Replica di Agostino: ciò implica che il male sia una sostanza, ma esso non può essere tale

Di conseguenza, quando nella Chiesa cattolica si dice che Dio è l'autore di tutte le nature e sostanze, con ciò stesso coloro che sono in grado di comprendere comprendono che Dio non è l'autore del male.

Del resto come può, egli che è la causa dell'esistenza di tutte le cose che sono, essere nello stesso tempo anche la causa della loro non esistenza, cioè del loro deviare dall'essenza e del loro tendere al non essere?

La ragione più veritiera attesta che questo è il male in senso generale.

Ma la vostra stirpe del male, che per voi è il male sommo, come può essere contraria alla natura, cioè alla sostanza, quando voi stessi sostenete che è questa natura e questa sostanza?

Se infatti si rivolta contro di sé, si priva del suo stesso essere; e se avrà portato a compimento quest'opera, allora finalmente raggiungerà il sommo male.

Tuttavia non arriverà a tal punto, perché volete non solo che esso sia, ma anche che sia eterno.

Ciò che si riconosce come una sostanza, dunque, non può essere il sommo male.

2.4 - Ma cosa dovrei fare? So che tra voi ci sono molti che non possono assolutamente comprendere queste cose.

So inoltre che ce ne sono alcuni che, dato il buon ingegno, in qualche modo le vedono; tuttavia, a causa di una perversa volontà, per la quale finiranno col perdere lo stesso ingegno, si comportano ostinatamente e cercano quali obiezioni opporre in modo da persuadere facilmente gli ingenui e gli sciocchi, piuttosto che convenire sul fatto che sono vere.

Tuttavia non mi pentirò di aver scritto questo libro nel caso in cui qualcuno tra voi, dopo averlo finalmente considerato con equo giudizio, abbandoni il vostro errore, oppure nel caso in cui spiriti perspicaci e sottomessi a Dio e non ancora influenzati dal vostro zelo con questa lettura vengano protetti contro il rischio di essere sviati dai vostri discorsi.

3.5 - 2) ciò che nuoce. Replica di Agostino: né al sommo bene né al sommo male si può nuocere; quindi i Manichei sono in errore

Cerchiamo dunque con più diligenza e, per quanto è possibile, con più chiarezza.

Vi chiedo di nuovo: che cosa è il male? Se dite: ciò che nuoce, neppure in questo caso mentite.

Ma, vi prego, fate attenzione; vi prego, tenete gli occhi bene aperti; vi prego, deponete ogni passione di parte e cercate la verità non per il desiderio di vincere, ma di trovarla.

Tutto ciò che nuoce, infatti, priva di qualche bene la cosa a cui nuoce, perché, se non gli togliesse nessun bene, non gli nuocerebbe affatto.

Che cosa di più evidente, vi scongiuro? Che cosa di più chiaro?

Che cosa di più accessibile a qualunque ingegno, per mediocre che sia, purché non ostinato?

Ma posto ciò, si vede già, a mio avviso, la conseguenza.

In quella stirpe che supponete essere il sommo male, non è possibile nuocere a nessuna cosa, perché non c'è niente di buono.

Voi affermate che esistono due nature, il regno della luce e il regno delle tenebre, e dite che il regno della luce è un Dio a cui attribuite una certa natura semplice, così che in lui non c'è nulla di inferiore ad altro.

Siete allora costretti a fare un'ammissione che è gravemente contro di voi, alla quale tuttavia non potete sottrarvi: questa natura, che non solo non rinnegate come il sommo bene, ma fate anche tentativi di ogni genere per persuaderne gli altri, è immutabile, impenetrabile, incorruttibile, inviolabile; altrimenti infatti non sarebbe il sommo bene, ossia quello rispetto al quale nulla è più eccellente.

Ora ad una tale natura non si può nuocere in nessun modo.

Ma se nuocere, come ho mostrato, equivale a privare di un bene, non si può nuocere al regno delle tenebre, perché non vi è affatto il bene; non si può nuocere al regno della luce, perché è inviolabile.

A chi dunque nuocerà ciò che voi chiamate il male?

4.6 - Agostino distingue il bene per sé dal bene per partecipazione

Pertanto, poiché non vi riuscite da voi, guardate come la questione è spiegata dall'insegnamento cattolico, secondo il quale altro è il bene che è tale in sommo grado e per sé, non per partecipazione di qualche altro bene, ma per natura ed essenza propria; altro invece è il bene che partecipa al bene e deve ad esso ciò che è: lo deve a quel sommo bene che tuttavia resta in se stesso e non perde nulla di sé.

Questo bene del quale abbiamo parlato per secondo, lo chiama creatura.

Ad essa può nuocere il difetto di qualcosa, ma di tale difetto non è autore Dio, perché egli lo è dell'esistenza e, per così dire, dell'essere.

È evidente così in che senso si dice il male: in tutta verità infatti si dice non secondo l'essenza, ma secondo la privazione.

E appare chiara la natura a cui si può nuocere: essa non è il sommo male e neppure il sommo bene, in quanto può essere privata di un bene, perché l'esser buona non le deriva dal fatto che è un bene, ma dal fatto che partecipa al bene.

E una cosa non è buona per natura se, in quanto creata, ha ricevuto da altro questa qualità.

Così Dio è il sommo bene e buone sono tutte le cose che ha creato, non però alla stessa maniera di lui che le ha create.

Chi infatti è così folle e così impudente da pretendere che le opere siano uguali all'artista, le creature al creatore?

Che volete di più? O desiderate qualche cosa di più chiaro ancora?

5.7 - 3) una corruzione. Replica Agostino: la corruzione non esiste in se stessa, ma in qualche sostanza che corrompe; il male perciò per sé non è, ma dipende dal bene

Vi domanderò dunque per la terza volta che cosa è il male. Risponderete forse che è una corruzione.

E chi potrà dire che non sia questo il carattere generale del male? In effetti essa è contraria alla natura, essa è ciò che nuoce.

La corruzione però non esiste in se stessa, ma in qualche sostanza che corrompe, poiché la corruzione in se stessa non è una sostanza.

La cosa dunque che essa corrompe non è la corruzione, non è il male.

Ciò che è soggetto a corruzione infatti è privato della sua integrità e della sua perfezione.

Pertanto, la cosa che non ha nessuna perfezione di cui possa essere privata non può corrompersi; e la cosa che la possiede di certo è un bene in quanto partecipa alla perfezione.

Così pure, ciò che viene corrotto di certo si perverte, e ciò che si perverte è privato dell'ordine; ma l'ordine è un bene; pertanto ciò che si corrompe non è privo di bene, perché, quando si corrompe, può essere privato proprio di ciò di cui è in possesso.

Ecco perché quella progenie delle tenebre, se era priva di ogni bene, come voi dite, non poteva corrompersi: non aveva infatti nulla che la corruzione le potesse togliere.

E se la corruzione non toglie niente, niente corrompe.

Provate ora a dire, se potete, che Dio e il regno di Dio hanno potuto corrompersi, quando non riuscite a spiegare come abbia potuto corrompersi il regno del diavolo, quale voi descrivete.

6.8 - Ancora Agostino: solo la sostanza creata si corrompe, non quella increata

Ma che dice in proposito la luce cattolica? Che altro, secondo voi, se non quella che è l'essenza della verità, e cioè che solo la sostanza creata può corrompersi, poiché quella non creata, che è il sommo bene, è incorruttibile e la stessa corruzione, che è il sommo male, non può corrompersi in quanto non è una sostanza?

Se poi domandate che cosa essa sia, guardate dove tenta di portare le cose che corrompe: è essa stessa infatti che colpisce direttamente le cose che si corrompono.

È per la corruzione che tutte le cose perdono il loro stato originario e sono nell'impossibilità di permanere, nell'impossibilità di essere; l'essere infatti rinvia al permanere.

Per questo parlare di ciò che è in modo sommo ed eccellente equivale a parlare di ciò che ha la capacità intrinseca di permanere; infatti ciò che muta in meglio, non muta in relazione al permanere, ma in relazione al pervertirsi in peggio, cioè al venir meno alla propria essenza.

E l'autore di questo venir meno non coincide con l'autore dell'essenza.

Allo stesso modo, relativamente a certe cose che mutano in meglio e perciò tendono ad essere, non diciamo che con questo mutamento si pervertono, ma che ritornano a se stesse convertendosi: la perversione infatti è contraria all'ordine.

Invero le cose che tendono all'essere, tendono all'ordine; una volta che lo hanno conseguito, conseguono lo stesso essere, per quanto questo sia possibile ad una creatura.

L'ordine appunto riconduce ad una certa convenienza ciò che ordina.

L'essere non è nient'altro che unità; di conseguenza, una cosa in tanto è, in quanto raggiunge l'unità.

La convenienza e la concordia svolgono un'opera di unificazione: è mediante tale opera che le cose composte sono effettivamente in quanto tali.

Le cose semplici infatti sono per se stesse, poiché sono l'unità; quelle che non sono semplici invece imitano l'unità con la concordia delle loro parti e sono in quanto realizzano tale concordia.

Per questo l'ordine spinge all'essere e la mancanza di ordine, che è chiamata anche perversione e corruzione, spinge al non essere.

Tutto ciò che si corrompe dunque tende al non essere.

Spetta ora a voi considerare dove conduca la corruzione, per poter trovare il sommo male: esso è infatti il fine a cui la corruzione si sforza di portare.

7.9 - Ancora Agostino: la bontà di Dio non permette a nessuna cosa di tendere al nulla

Ma la bontà di Dio non permette che si arrivi a tal punto e dispone tutte le creature che hanno deviato in modo da trovarsi nella posizione che loro maggiormente conviene, in attesa che, restaurato l'ordine dei movimenti, ritornino al punto a partire dal quale avevano deviato.

Pertanto, anche le anime razionali, nelle quali potentissimo è il libero arbitrio, se deviano da Dio, sono disposte da lui nei gradi inferiori della creazione, dove è giusto che esse siano.

Esse dunque diventano misere per un giudizio divino, in quanto collocate nella posizione che si addice ai loro meriti.

Da ciò quelle giustissime parole che siete soliti attaccare con grande violenza: Faccio il bene e provoco la sventura. ( Is 45,7 )

Creare infatti significa regolare e mettere ordine; per questo nella maggior parte dei testi originali sta scritto così: Faccio il bene e regolo il male.

Il fare riguarda ciò che non esisteva affatto; il regolare invece il mettere ordine in ciò che già in qualche modo esisteva, affinché cresca e diventi migliore.

Quando infatti Dio dice: Regolo i mali, egli regola, cioè mette ordine nelle cose che deviano, che tendono al non essere, e non in quelle che sono pervenute al fine a cui tendono, poiché è stato detto: " A nessuna cosa la divina Provvidenza permette di pervenire al nulla ".

7.10 - Questi argomenti di solito si trattano in modo più ampio e più approfondito, ma, parlandone con voi, ciò è sufficiente.

Bisognava infatti mostrarvi la porta della quale avete smarrito la speranza e la fate smarrire agli inesperti.

Nessuno infatti può introdurvici all'infuori della buona volontà, alla quale la divina clemenza dona la pace, come si canta nel Vangelo: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. ( Lc 2,14 )

È sufficiente comprendere da parte vostra, io dico, che la discussione religiosa sul bene e sul male non sortisce nessun risultato se non si ammette che tutto ciò che è, in quanto è, proviene da Dio, e invece, in quanto devia dall'essenza, non proviene da Dio, sebbene sia sempre ordinato dalla divina Provvidenza come conviene a tutte le cose.

Se non lo comprendete ancora, non so che cosa fare di più per il momento all'infuori di trattare in modo più analitico le cose già dette.

Solo la pietà e la purezza conducono alle cose più alte.

8.11 - 4) una sostanza. Replica di Agostino: il male non è una sostanza, ma una mancanza di convenienza nemica della sostanza

Se vi domando che cosa sia il male, che altro mi risponderete se non che esso è o ciò che è contro la natura o ciò che nuoce o una corruzione o qual cos'altro di simile?

Ma vi ho dimostrato che con queste risposte fate naufragio, a meno che per caso, secondo la vostra abitudine di comportarvi in modo bambinesco con i bambini, non rispondiate che il male consiste nel fuoco, nel veleno, nella bestia feroce e in altre cose simili.

Infatti ad un uomo che sosteneva che il male non è una sostanza, uno dei capi della vostra setta, che ascoltavamo più volentieri e più frequentemente, diceva: " Vorrei mettere uno scorpione nella mano di quest'uomo e vedere se non la ritira; qualora la ritirasse, egli sarebbe convinto non con le parole, ma con i fatti stessi che il male è una sostanza, non potendo certo negare che quell'animale è una sostanza ".

E lo diceva non alla presenza di quell'uomo, ma davanti a noi quando, turbati, gli riferimmo ciò che l'altro aveva detto: rispondeva dunque, come ho detto, in modo puerile a dei fanciulli.

Chi infatti è così poco iniziato ed erudito da non vedere che tali cose danneggiano perché non si confanno alla disposizione di un corpo e che invece non danneggiano, se vi si confanno, ma anzi spesso procurano grandi vantaggi?

Infatti se quel veleno fosse un male per se stesso, ucciderebbe anzitutto e ancor più lo scorpione.

Ma è proprio il contrario: se in qualche modo gli fosse tolto interamente, senza dubbio morirebbe.

Così, per il suo corpo è un male perdere ciò che per il nostro è un male ricevere; parimenti per lui è un bene avere ciò che per noi è un bene non avere.

La medesima cosa sarà dunque un bene e un male? Niente affatto; ma il male è ciò che è contro la natura.

Per quella bestia e per noi il male appunto è questa mancanza di convenienza, che non è certamente una sostanza ma, al contrario, una nemica della sostanza.

Da dove viene dunque questa mancanza? Guarda dove trascina e lo saprai, purché vi sia in te una scintilla di luce interiore.

Infatti trascina tutto ciò che perisce verso il non essere.

Dio è l'autore dell'essenza e nessuna essenza che trascina ciò in cui risiedeva verso il non essere può essere ritenuta tale.

Alla domanda da dove viene la mancanza di convenienza, dunque, si può rispondere qualche cosa; nulla invece si può rispondere alla domanda da dove essa non viene.

8.12 - La storia narra che una donna ateniese, nota per i suoi eccessi, prendendo a piccole dosi la quantità di veleno che si dà ai condannati per farli morire, riuscì a berne senza alcun danno o quasi per la sua salute.

Sicché, una volta che fu condannata, prese come gli altri la quantità di veleno prescritta dalla legge, che però aveva resa inoffensiva con l'abitudine e così, diversamente dagli altri, non morì.

Poiché il fatto fu ritenuto un grande prodigio, venne mandata in esilio.

Ora, se il veleno è un male, pensiamo che costei abbia fatto sì che per lei non lo fosse? Che cosa di più assurdo?

Ma poiché il male è una mancanza di convenienza, piuttosto, grazie alla sua saggia consuetudine, fece in modo che quella sostanza convenisse con il proprio corpo.

Altrimenti quando mai, per astuta che fosse, avrebbe potuto far sì che la mancanza di convenienza non le nuocesse?

Perché le cose stanno così? Perché ciò che veramente e in generale è un male, è sempre nocivo per tutti.

L'olio è salutare per i nostri corpi, invece è fortemente avverso per molti animali che hanno sei piedi.

L'elleboro non è forse ora un alimento, ora un medicamento, ora anche un veleno?

Chi non ammetterà che il sale assunto in quantità eccessiva è un veleno?

E nondimeno chi può enumerare quali e quanti vantaggi ne provengono per il corpo?

L'acqua del mare è nociva per gli animali terrestri che la bevono, mentre è assai confacente ed utile per i corpi di molti di quelli che vi si bagnano.

Quanto ai pesci poi è salutare e gradita per l'uno e per l'altro uso.

Il pane nutre l'uomo, uccide lo sparviero.

La melma stessa, il cui gusto ed odore ripugnano e disgustano fortemente, non rinfresca se la si tocca in estate e non è un medicamento per le ferite provocate dal fuoco?

Che cosa di più spregevole dello sterco? Che cosa di più abietto della cenere?

Eppure sono entrambi così utili ai campi che i Romani hanno creduto di dover accordare onori divini a Stercuzio, che si servì per primo dello sterco, dandogli anche il suo nome.

8.13 - Ma perché dovrei raccogliere minuzie che è impossibile enumerare?

Gli stessi quattro elementi, che ci sono davanti, chi dubita che, usati in modo conveniente, non giovino alla natura e, usati in modo sconveniente, le siano gravemente dannosi?

Noi che viviamo di aria, ricoperti di terra o di acqua soffochiamo; al contrario, un gran numero di animali vivono strisciando sulla sabbia e sulla terra più molle; i pesci poi in quest'aria muoiono.

Il fuoco consuma i nostri corpi, ma, usato in modo conveniente, li fa riavere dal freddo e li pone al riparo da innumerevoli malattie.

Questo sole, davanti al quale piegate le ginocchia e rispetto al quale niente di più bello si trova tra le cose visibili, aguzza la vista delle aquile, mentre ferisce ed ottenebra il nostro sguardo; tuttavia per l'assuefazione avviene anche che noi ve lo fissiamo senza danno.

Non vi pare che ciò sia da paragonare a quel veleno che la consuetudine aveva reso inoffensivo per la donna ateniese?

Da ultimo, riflettete un po' e fate attenzione: se una sostanza è male perché offende qualcuno, contro tale accusa non è possibile difendere la luce che voi venerate.

Considerate piuttosto che il male in generale è questa mancanza di convenienza per la quale un raggio di sole ottenebra gli occhi, quando per loro niente è più gradito della luce.

9.14 - Contro le favole dei Manichei: tutto ciò che è, in quanto è, proviene da Dio, perciò è un bene

Ho detto queste cose affinché, se possibile, smettiate una buona volta di ripetere che il male è la terra in tutta l'estensione della sua profondità e della sua superficie; che il male è uno spirito che erra sulla terra; che il male sono i cinque antri degli elementi, pieni uno di tenebre, uno di acqua, uno di vento, uno di fuoco ed uno di fumo; che il male sono gli animali nati in ciascuno di questi elementi, e cioè i serpenti nelle tenebre, i pesci nelle acque, gli uccelli nei venti, i quadrupedi nel fuoco, i bipedi nel fumo.

Tutte queste cose non possono essere in nessun modo come voi le descrivete perché tutto ciò che è tale, in quanto è, è necessario che provenga dal sommo Dio e pertanto, in quanto è, è sicuramente un bene.

Se poi il dolore e l'infermità sono un male, in quei luoghi c'erano animali di una tale forza fisica che i loro feti abortivi, dopo essere serviti, come sostiene la vostra setta, per formare il mondo, sono caduti dal cielo sulla terra e non sono potuti morire.

Se la cecità è un male, essi vedevano; se la sordità è un male, essi udivano; se l'ammutolire o l'esser muti è un male, in quei luoghi c'erano voci così chiare e distinte che, come voi asserite, grazie ad uno che in assemblea li persuase, piacque loro di muovere guerra a Dio.

Se la sterilità è un male, lì grande era la fertilità per la procreazione dei figli.

Se l'esilio è un male, essi erano nella propria terra e abitavano i loro paesi.

Se la servitù è un male, lì c'erano anche coloro che regnavano.

Se la morte è un male, essi vivevano e vivevano in modo che, come voi insegnate, neppure dopo la vittoria di Dio lo spirito stesso può mai e in alcun modo morire.

9.15 - Perché, vi domando, trovo nel sommo male tanti beni contrari ai mali che vi ho ricordato?

Oppure, se questi non sono mali, allora una sostanza, in quanto è una sostanza, sarà un male?

Se l'infermità non è un male, sarà un male il corpo infermo?

Se la cecità non è un male, le tenebre saranno un male?

Se la sordità non è un male, sarà un male l'essere sordo?

Se l'essere muto non è un male, il pesce sarà un male?

Se la sterilità non è un male, come può esserlo l'essere sterile?

Se l'esilio non è un male, come può esserlo colui che è in esilio o che manda qualcuno in esilio?

Se la servitù non è un male, come può esserlo colui che serve o che costringe qualcuno a servire?

Se la morte non è un male, come può esserlo colui che è mortale o che dà la morte?

Ma se tutte queste cose sono dei mali, come è possibile che non siano dei beni la robusta costituzione fisica, la vista, l'udito, la parola persuasiva, la fecondità, la terra natale, la libertà, la vita, tutte cose che voi affermate essere esistite nel regno del male e che osate proclamare come sommo male?

9.16 - Infine, se la mancanza di convenienza è un male ( cosa che peraltro nessuno ha mai negato ), di quegli elementi che c'è di più conveniente alle singole specie di animali, e cioè delle tenebre a quelli che strisciano, delle acque a quelli che nuotano, dei venti a quelli che volano, del fuoco a quelli che divorano, del fumo a quelli che prediligono le alture?

Tanta è infatti la concordia che voi riscontrate nella stirpe della discordia, e tanto l'ordine nel regno del disordine!

Se ciò che nuoce è un male, non ripropongo quel validissimo argomento citato sopra, che non si sarebbe potuto nuocere dove non c'era alcun bene.

Ma, ammesso che questo sia oscuro, è di certo chiaro ed evidente a tutti che, come ho detto e come tutti convengono, ciò che nuoce è un male.

Ora, in quella stirpe il fumo non nuoceva agli animali bipedi: li generò, li nutrì e li sostenne senza difetto alla nascita, nella crescita e durante il loro regno.

Ma, dopoché il bene si è mescolato al male, il fumo è diventato più nocivo, così che noi, che di certo non siamo dei bipedi, non possiamo sostenerlo: ci accieca, ci opprime, ci uccide.

A causa della loro mescolanza con il bene, dunque, i cattivi elementi si sono arricchiti di tanta atrocità?

Sotto il regno di Dio è avvenuto un così grande pervertimento?

9.17 - Ma perché in altri esseri animati vediamo questa congruenza che ha ingannato il vostro fondatore e lo ha indotto a inventare menzogne?

Perché, dico, le tenebre convengono a quelli che strisciano, le acque a quelli che nuotano, i venti a quelli che volano, mentre il fuoco brucia i quadrupedi e il fumo ci soffoca?

Perché, inoltre, i serpenti hanno la vista acutissima ed esultano alla presenza del sole, e abbondano soprattutto dove l'aria è più serena e più difficilmente e più raramente si condensa in nubi?

Quale assurdità maggiore per gli abitanti e gli amici delle tenebre del trovare più confacente e più comodo vivere là dove si gioisce per la luminosità della luce?

Se voi dite che essi si dilettano del calore piuttosto che della luce, è come se diceste che è molto più congruente che nascano nel fuoco gli agili serpenti che il lento asino.

E tuttavia chi negherà che l'aspide ama questa luce, dal momemto che i suoi occhi vengono paragonati a quelli dell'aquila?

Ma sulle bestie tornerò; ve ne prego, consideriamo noi stessi senza ostinazione e liberiamo finalmente il nostro animo da favole vane e perniciose.

Sostengono che nella stirpe delle tenebre, in cui non penetrava il minimo raggio di luce, gli animali bipedi avevano una vista così salda, così acuta e, infine, di una potenza così incredibile da scorgere, da mirare e contemplare, compiacendosene e desiderandola, perfino in mezzo alle loro tenebre, la purissima luce dei regni di Dio - da voi raccomandata, giacché pretendete che fosse stata visibile anche a questi tali -; che invece i nostri occhi, per la mescolanza della luce, del sommo bene e infine di Dio, sono diventati così deboli, così incapaci che non vediamo niente nelle tenebre, che in nessun modo possiamo sopportare la vista del sole e che, distolto da lì lo sguardo, andiamo alla ricerca perfino delle cose che prima vedevamo.

Chi mai sopporterà tanta perversione dello spirito?

9.18 - Queste cose si possono dire anche supponendo che la corruzione sia un male, cosa di cui nessuno giustamente dubita.

Allora infatti il fumo non danneggiava il genere animale come fa adesso.

E per non andare ai singoli casi, che sarebbe troppo lungo e non necessario, questi esseri animati che voi lì immaginate erano così poco soggetti a corruzione che i loro feti abortivi non ancora idonei per la nascita, benché precipitati dal cielo in terra, poterono tuttavia vivere, generare e di nuovo unirsi insieme, in possesso senz'altro dell'antico vigore, poiché concepiti prima della mescolanza del bene e del male.

Infatti, dopo questa aggregazione ne sono nati quegli esseri animati che, come voi dite, ora vediamo debolissimi e facilmente soggetti alla corruzione.

Chi potrebbe tollerare più a lungo questo errore?

Soltanto chi non vede queste cose oppure, per non so quale incredibile consuetudine e dimestichezza con voi, è divenuto insensibile a tutte le costruzioni della ragione.

10.19 - I precetti manichei si dividono in tre categorie, che corrispondono a tre sigilli

Ma poiché credo di aver mostrato in quali tenebre e in quanta falsità voi vi avvolgete relativamente ai beni e ai mali in generale, vediamo ora i tre famosi sigilli che nella vostra morale vantate e celebrate con grande lode.

Quali sono dunque questi sigilli? Il sigillo della bocca, quello delle mani e quello del seno.

Che significano? Che l'uomo, come voi dite, nella bocca, nelle mani e nel seno deve essere casto e innocente.

E se poi pecca con gli occhi, con le orecchie, con il naso?

Se ferisce uno con i calci o anche lo uccide, come riterremo costui colpevole dal momento che non ha peccato né con la bocca né con le mani né con il seno?

Ma, voi replicherete, quando nominate la bocca, volete intendere tutti i sensi che risiedono nella testa; quando invece nominate la mano, ogni azione; quando infine nominate il seno, ogni piacere sensuale.

E le bestemmie a quale parte volete che appartengano? Alla bocca o alla mano? È infatti un'azione della lingua.

Pertanto, se comprendete tutte le azioni in un solo genere, perché unite l'azione dei piedi a quella delle mani e separate quella della lingua?

Forse perché significa qualche cosa mediante le parole, volete che la lingua sia separata dall'azione che non è rivolta a significare?

In tal modo il sigillo delle mani sarà identificato con l'astenersi da un'azione cattiva, in quanto non è causa di significazione?

Ma come vi regolerete con uno che pecca significando qualcosa con le mani, come capita quando scriviamo, oppure quando mostriamo con un gesto qualche cosa per farlo comprendere?

Questo infatti non lo potete attribuire né alla bocca né alla lingua, perché è opera delle mani.

Invero non è cosa assai assurda che, dopo aver distinto i tre sigilli della bocca, delle mani e del seno, siano attribuiti alla bocca alcuni peccati compiuti con le mani?

Se le azioni in generale appartengono alle mani, che ragione c'è dunque di aggiungervi le azioni dei piedi e non quelle della lingua?

Non vi accorgete come la voglia di novità, accompagnata dall'errore, vi porta a grandi difficoltà?

In effetti in questi tre sigilli, che voi celebrate come una nuova classificazione, non trovate il modo per includervi la purificazione di tutti i peccati.

11.20 - Il sigillo della bocca

Classificate pure come volete e tralasciate tutto ciò che volete: consideriamo allora le cose a cui avete l'abitudine di dare grandissimo valore.

Voi dite che spetta al sigillo della bocca astenersi da ogni bestemmia.

Ma la bestemmia consiste nel dire male di cose buone.

È per questo che comunemente ormai con essa si intendono parole ingiuriose proferite contro Dio.

Quanto agli uomini infatti si può dubitare, ma Dio di certo è buono.

Se dunque la ragione ci avrà dimostrato che nessuno dice di Dio cose peggiori di voi, che ne sarà del famoso sigillo della bocca?

Ebbene la ragione - e non certo una ragione segreta, ma ben visibile ed esposta all'intelligenza di tutti, e non vinta e talmente invincibile che a nessuno è consentito di ignorarla - insegna che Dio è incorruttibile, immutabile, inviolabile e immune dalla possibilità di cadere nell'indigenza, nella debolezza, nella miseria.

E di queste cose ogni anima razionale è generalmente così consapevole che voi stessi, quando si dicono, assentite.

11.21 - Ma non appena cominciate a raccontare le vostre favole, come in preda ad un incredibile accecamento vi persuadete e persuadete altri uomini anch'essi in preda allo stesso incredibile accecamento, che Dio è corruttibile, mutabile, violabile, esposto all'indigenza, suscettibile di debolezza e soggetto alla possibilità di miseria.

E questo è ancora poco: voi dite infatti che Dio non solo è corruttibile, ma corrotto; non solo è mutabile, ma mutato; non solo è violabile, ma violato; non solo è, esposto all'indigenza, ma indigente; non solo è suscettibile di debolezza, ma debole; non solo è tale che può patire la miseria, ma misero di fatto.

Affermate che l'anima è Dio o una parte di Dio.

Ma io non vedo come non sia Dio quella che è detta una parte di Dio; infatti anche una parte dell'oro è oro, come una parte dell'argento è argento, una parte della pietra è pietra.

E, per venire a cose più grandi, una parte della terra è terra, una parte dell'acqua è acqua, una parte dell'aria è aria e, se sottrai qualcosa al fuoco, non negherai che è fuoco, e una parte qualsiasi della luce non può essere niente altro che luce.

Perché dunque una parte di Dio non sarà Dio?

Forse che la forma di Dio è composta di parti come quella dell'uomo e degli altri esseri animati? Una parte dell'uomo infatti non è l'uomo.

11.22 - Ma vengo a ciascuna delle vostre credenze e le esamino separatamente.

Se per voi Dio è come la luce, dovete ammettere che una parte di Dio è Dio.

Perciò, voi, con una sacrilega supposizione, imputate tutti questi difetti a Dio, quando dite che l'anima è una parte di Dio e non escludete che sia corrotta, essa che è stolta; che sia mutata, essa che fu sapiente; che sia violata, essa che non ha una perfezione propria; che sia indigente, essa che chiede aiuto; che sia debole, essa che ha bisogno di rimedi; che sia misera, essa che desidera la felicità.

Se invece non concedete che l'anima abbia questi difetti, allora non ha la necessità di essere condotta alla verità dallo Spirito, perché non è stolta; né di essere rinnovata dalla vera religione, perché non si è invecchiata; né di essere purificata dai vostri sigilli, perché è perfetta; né di essere soccorsa da Dio, perché non ne ha bisogno; né di avere Cristo come medico, perché è sana; e non c'è alcun motivo che le sia promessa una vita beata.

A che scopo allora Gesù è detto il liberatore, come egli stesso dichiara nel Vangelo: Se il Figlio vi libererà, allora sarete liberi veramente? ( Gv 8,36 )

E l'apostolo Paolo dice: Voi siete stati chiamati alla libertà. ( Gal 5,13 )

Dunque è schiava l'anima che non ha ancora ottenuto questa libertà.

E poiché, secondo i vostri autori, una parte di Dio è Dio, dunque Dio è corrotto a causa della stoltezza, mutato in conseguenza della caduta, violato perché ha perduto la perfezione, indigente perché ha bisogno di soccorso, debole per la malattia, oppresso per la miseria, abietto per la schiavitù.

11.23 - Se poi una parte di Dio non è Dio, Dio non può essere né incorrotto, dal momento che è corrotto in una sua parte; né immutato, dal momento che è mutato in una sua parte; né inviolato, dal momento che non è perfetto in ogni sua parte; né senza bisogno, dal momento che si adopera assiduamente perché gli sia restituita la sua parte; né del tutto sano, dal momento che è malato in una sua parte; né pienamente beato dal momento che una sua parte è soggetta a miseria; né completamente libero, dal momento che una sua parte è oppressa dalla schiavitù.

Siete costretti ad ammettere tutte queste cose quando dichiarate che l'anima, che vedete sopraffatta da tante calamità, è una parte di Dio.

Se riuscirete a purificare la vostra setta di questi discorsi e di molti altri dello stesso genere, allora finalmente potrete dire che la vostra bocca è immune da bestemmie.

Anzi, abbandonate questa setta; infatti, se smetterete di credere e di affermare ciò che l'illustre vostro fondatore ha scritto, di certo non sarete più manichei.

11.24 - Se intendiamo essere immuni da bestemmie, dobbiamo renderci conto con il ragionamento o mediante la fede che soltanto Dio è il sommo bene, rispetto al quale non può esistere o non può essere immaginato alcun bene migliore.

La legge dei numeri in nessun modo può essere violata e modificata, e nessuna forza, per quanto energicamente vi si adoperi, potrà far sì che il numero che segue l'uno non sia il doppio di uno.

In nessun modo questa legge può essere mutata, eppure secondo voi Dio è suscettibile di mutamento!

Questa legge conserva la propria inviolabile integrità e voi non concedete a Dio che sia almeno pari ad essa!

Una progenie qualunque tra quelle delle tenebre faccia sì che un numero trino intelligibile, nel quale l'unità è talmente una da non avere parti, questa progenie delle tenebre dunque faccia sì che questo numero trino sia diviso in due parti uguali.

La vostra mente vede certamente che nessuna diavoleria è capace di compiere questa operazione.

Dunque tale diavoleria, che era incapace di violare la legge dei numeri, era capace di far violenza a Dio?

Ma se non ne era capace, quale necessità c'era, ditemi, che una parte di Dio fosse mescolata al male e cacciata in così grandi miserie?

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