Discorsi sul Nuovo Testamento |
1 - L'umiltà di Cristo rimedio alla nostra superbia
2 - Perché Cristo, avendo fame, non mutò la pietra in pane, così come alle nozze mutò l'acqua in vino
3 - Cristo umile, via alla Patria
4 - Cristo e in cielo e in terra. Cristo e ricco e povero
5 - Ogni uomo è il povero e il mendico di Dio
Avete imparato a conoscere, fratelli, perché credenti in Cristo avete infatti appreso e, mediante il nostro ministero, anche noi vi abbiamo assiduamente inculcato, che rimedio alla superbia dell'uomo è l'umiltà di Cristo.
L'uomo non si sarebbe infatti perduto se non si fosse gonfiato di superbia.
Poiché, come dice la Scrittura: Principio di ogni peccato la superbia. ( Sir 10,15 )
Contro il principio del peccato fu necessario il principio della giustizia.
Se la superbia fu principio di ogni peccato, allora da che sarebbe venuto il rimedio al gonfiore della superbia, se Dio non si fosse degnato di farsi umile?
Si vergogni l'uomo di essere superbo, poiché Dio si è umiliato.
Ad esempio, quando infatti si parla ad un uomo per indurlo ad un sentire umile di sé, reagisce sdegnato; è pure opera della superbia che gli uomini siano decisi a vendicarsi, se offesi.
Mentre rifuggono dall'essere umiliati, si vogliono vendicare, quasi che il male altrui possa tornare a profitto di alcuno.
Chi ha subito un torto ed è stato ferito da un'ingiuria, è deciso a vendicarsi; dall'altrui danno vuole ricavare di che essere soddisfatto, ma si procura un grande tormento.
Perciò Cristo Signore in ogni circostanza si degnò di essere umiliato, mostrandoci la via, se pure è vero che ci degniamo di percorrerla.
Ecco che, tra l'altro, il Figlio della Vergine si recò alle nozze: egli istituì le nozze quando era presso il Padre.
A quel modo che la prima donna, per la quale entrò il peccato, fu formata dall'uomo senza la donna, così l'uomo, per il quale fu cancellato il peccato, fu formato dalla donna senza l'uomo.
A causa di quello precipitammo, in grazia di questo ci eleviamo.
E proprio in quelle nozze che cosa creò? Vino dall'acqua.
C'è un potere più grande? Chi aveva il potere di compiere tali opere, si abbassò fino al bisogno.
Chi dell'acqua fece vino, ebbe il potere di mutare in pane le pietre.
Riguardava la medesima potenza: ma allora fu il diavolo a proporre, perciò Cristo se ne astenne.
Sapete di certo che quando Cristo Signore fu tentato, questo glielo insinuò il diavolo.
Ebbe fame, infatti, perché si abbassò fino a questo punto, perché anche questo servì all'umiltà.
Ebbe fame il Pane, come pure fu allo stremo delle forze la Via, come pure fu ferita la Salute, come pure si spense la Vita.
Avendo fame, come sapete, gli disse il tentatore: Se sei Figlio di Dio, comanda a queste pietre che diventino pani.
E rispose al tentatore insegnando a te a rispondere al tentatore.
Il Comandante in capo entra in battaglia infatti a questo scopo: perché i soldati apprendano.
Che rispose? Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di Dio.
E delle pietre non fece pani egli che indubbiamente ebbe il potere di farlo, così come da acqua vino.
È proprio della medesima potenza infatti fare di una pietra un pane, ma non lo fece per disprezzare la volontà del tentatore.
Poiché altrimenti il tentatore non resta vinto, a meno che non venga disprezzato.
Avendo sconfitto il diavolo tentatore, vennero gli angeli e lo servivano. ( Mt 2,4-10 )
Per quale ragione allora chi aveva tanta potenza non attuò quello, ma operò questo?
Leggi, o meglio, ricorda quello che poco fa hai ascoltato, quando operò questo, cioè cambiare acqua in vino; che cosa aggiunse l'Evangelista?
E i suoi discepoli credettero in lui. ( Gv 2,11 )
Allora il diavolo era forse disposto a credere?
Così colui che ebbe il potere di compiere grandi prodigi soffrì la fame, la sete, si assoggettò alla fatica, cedette al sonno, fu arrestato, fu flagellato, fu crocifisso, fu ucciso.
Codesta è la via: cammina attraverso l'umiltà per giungere all'eternità.
Cristo Dio è la patria dove siamo diretti; Cristo uomo è la via per la quale procediamo.
Andiamo a lui, andiamo attraverso lui; perché temiamo di allontanarci dalla mèta?
Non si allontanò dal Padre e venne fino a noi.
Era nutrito al seno e conservava il mondo.
Giaceva in una mangiatoia ed era il cibo degli angeli.
Dio e uomo: lo stesso che Dio egli uomo, lo stesso che uomo egli Dio.
Ma non in quanto uomo egli Dio.
Dio perché è il Verbo; uomo perché il Verbo si fece carne; e sussistendo come Dio e prendendo su di sé la carne propria dell'uomo; assumendo ciò che non era, non perdendo ciò che era.
Per conseguenza, dopo aver ormai sofferto proprio a motivo dello stato di umiliazione, avendo ormai subito la morte, ormai la sepoltura, risuscitò infine, salì al cielo infine; si trova là e siede alla destra del Padre; e si trova quaggiù nella persona dei suoi poveri.
Anche ieri l'ho fatto notare alla Carità vostra [ nel discorso precedente ] in riferimento a ciò che disse a Natanaele: Vedrai cose più grandi di queste.
In verità vi dico: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo. ( Gv 1,50-51 )
Ne abbiamo ricercato il senso e abbiamo parlato a lungo; ancora oggi dobbiamo ripetere le medesime cose?
Quanti sono intervenuti vedano di ricordarlo; tuttavia, lo richiamo in breve alla memoria.
Non direbbe: Salivano al Figlio dell'uomo, se non fosse anche in cielo; non direbbe: Scendevano sul Figlio dell'uomo, se non fosse anche sulla terra.
Egli stesso in cielo, egli stesso sulla terra; quanto a sé in cielo, quanto ai suoi, sulla terra; in cielo presso il Padre, sulla terra in mezzo a noi.
In forza di ciò quel richiamo a Saulo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )
Poteva dire: Saulo, Saulo, proprio perché era in cielo.
Saulo non lo perseguitava in cielo; se non era anche sulla terra, chi era in cielo non poteva dire: Perché mi perseguiti?
Temete il Cristo che è in cielo, riconoscete il Cristo che è sulla terra.
Il Cristo in cielo consideralo quale dispensatore di doni, il Cristo sulla terra riconoscilo povero.
Quaggiù è povero, lassù è ricco.
Che quaggiù Cristo è povero in luogo nostro egli stesso lo dice: Ho avuto fame, ho avuto sete, ero nudo, ero forestiero, ero carcerato.
E ad alcuni ha detto: Mi avete provveduto; ad altri ha detto: Non mi avete provveduto. ( Mt 25,35-45 )
Ecco, abbiamo dato a conoscere l'identità del Cristo povero: chi non conosce il Cristo ricco?
Ed anche sulla terra il potere di cambiare acqua in vino era proprio di quelle ricchezze.
Se è ricco chi possiede vino, qual grado di ricchezza contraddistingue chi crea il vino?
Ricco e povero perciò il Cristo; come Dio, ricco, come uomo, povero.
E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla destra del Padre, eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo.
Tu che sei? Ricco, o povero? Molti mi dicono: Sono povero, e dicono il vero.
Riconosco povero chi possiede qualcosa, riconosco povero anche l'indigente.
Ma c'è chi possiede in abbondanza oro e argento.
O se si riconoscesse povero! Si riconosce povero chi si accorge di avere accanto a sé un povero.
Com'è? Per molto che tu voglia avere, chiunque ricco tu sia, sei il mendìco di Dio.
Si viene all'ora della preghiera e proprio in questo momento ti metto alla prova.
Tu chiedi. Come, non sei povero tu che chiedi? Aggiungo di più: chiedi pane.
Non sei forse sul punto di dire: Dacci il nostro pane quotidiano? ( Mt 6,11 )
Tu che chiedi il pane quotidiano sei povero o ricco? Eppure Cristo ti dice: Dammi di ciò che ti ho dato.
Che hai portato con te quando sei venuto al mondo?
Quaggiù hai trovato esistente tutto ciò che ho creato.
Niente hai recato, nulla porterai via di qui.
Per quale ragione non mi doni del mio? È perché sei ricco, mentre il povero è privo di tutto.
Considerate all'origine la vostra vita: entrambi veniste alla luce nudi.
Anche tu perciò nascesti nudo.
Trovasti qui molte cose: recasti con te qualcosa?
Ti chiedo del mio: dammi ed io ti rendo.
Hai avuto in me il donatore, rendimi presto debitore.
È dir poco ciò che ho detto: hai avuto in me il donatore, fa' di me un debitore; che io abbia in te un creditore.
Mi dai poco, renderò di più. Mi dài beni terreni, te ne renderò di celesti.
Mi dài beni temporali, ti renderò beni eterni.
A te renderò te stesso quando avrò restituito te a me.
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