Discorsi sul Nuovo Testamento |
1 - Il sabato
2 - Il Cristo dissolve le ombre
3 - La Legge risiede nel nostro cuore
4 - Sebbene cieco, Tobia era illuminato
5 - Noi adoriamo Dio e Dio ha cura di noi
Si è soliti chiedere - con riferimento al senso del passo che si trova scritto nel libro della Legge denominato Genesi, con il quale hanno inizio le Sacre Scritture - perché Dio abbia condotto a termine tutte le sue opere nel sesto giorno e, nel settimo giorno, cioè nel giorno di sabato, abbia cessato da tutte le sue opere, quantunque il Figlio suo, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, dica: Il Padre mio opera sempre e anch'io opero. ( Gv 5,17 )
Affermando questo, confutava appunto i Giudei che a torto l'accusavano di aver detto a un uomo, in giorno di sabato: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina; ( Gv 5,8 ) di sabato non era lecito infatti ai Giudei di portare pesi.
Che vuol dire allora ciò? È il Figlio in contraddizione con il Verbo del Padre, pur essendo egli il Verbo del Padre?
Quanto a noi è quindi necessario che giungiamo a capire se non vogliamo restarcene simili ai Giudei; questi appunto erano per una concezione del sabato legata ad un significato materiale, fino a ritenere che da quel giorno di sabato Dio non opera più.
O se pure non facevano tale congettura, probabilmente ritenevano che Dio avesse operato per sei giorni nella creazione e in ogni sabato riposasse e si astenesse dall'operare e, come è abitudine dei fanciulli, si divertisse per le vacanze.
Ecco dunque come va risolta tale questione: la verità è che Dio in sei giorni compì e portò a perfezione le sue opere chiamando all'esistenza le creature, e che invece nel sabato cessò di creare, non di governare le creature.
Infatti, questa mole del mondo, cioè il cielo e la terra e tutto quanto in essi si trova, se da lui non sono conservati, cessano di essere.
Egli però governa il mondo senza fatica, non come nel caso dell'uomo che portava il lettuccio.
E, se viene rettamente inteso, Dio è a un tempo e nella quiete e nell'attività; infatti, ognuno che senza fatica è operoso, nell'agire stesso trova la sua quiete.
Nel caso tu mi chiedessi se Dio si astenga dall'operare, [ ti risponderei ]: Resteremmo forse in vita se Dio di nulla si desse pensiero?
Chiedendomi ancora se Dio sia nella quiete ti risponderò: E come ce la darà se egli stesso ne manca?
Ecco perciò la mia risposta: Egli è nella quiete e sempre opera.
Questo a te non è possibile, ma egli è Dio e tu non lo sei.
Era dunque già venuto il tempo in cui si dovevano dileguare le ombre e soffiare la brezza del giorno, come è stato scritto nel Cantico dei Cantici: Finché spiri la brezza del giorno e si allontanino le ombre. ( Ct 2,17 )
Pertanto, quando il Signore Gesù comandava a quel malato, a cui rese la salute, di prendere il suo lettuccio, rimuoveva le ombre del passato.
Quindi era già venuto il tempo in cui doveva attuarsi ciò che dice l'Apostolo: Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo e di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni, e ai sabati; tutte cose queste che sono ombra delle future. ( Col 2,16-17 )
Così si spiega come quelle osservanze giudaiche fatte stabilire da Dio adombrassero le cose future; e Cristo, venendo, cominciava a rendere attuali proprio queste, quanto al passato, future; ciò che si attendeva si era fatto presente; ciò che si celava nel segno, si rendeva visibile.
Non ci facciano schermo le ombre, siano rimosse, vediamo la luce. In chi? Nel Cristo.
Per questo dice appunto la Scrittura: Nella tua luce vedremo la luce ( Sal 36,10 ); ed anche: È sorta la luce per coloro che sedevano all'ombra della morte. ( Is 9,2 )
L'uomo è guarito e tu malignamente lo accusi a causa del lettuccio?
A dire all'infermo di prendere il legno fu colui che, per l'infermo, sarebbe stato a pendere sul legno.
Stolta durezza di cuore dei Giudei! Lo vedevi giacere inerte, l'osservi camminare con naturalezza, ma lo accusi di portare un peso?
Chi ha conferito sanità all'uomo che va con passo spedito, ha dato anche la forza per portare pesi.
Sii Cristiano, o Giudeo, e intendi bene il sabato; finché sei Giudeo, puoi osservare il sabato, non puoi coglierne il senso.
Se non passi alla verità, non puoi fare tuo ciò che celebri.
Non puoi fare tuo ciò che celebri: che intendo dire con questo?
Evidentemente, con l'astensione dal lavoro del sabato puoi osservare il riposo; ma se non passi a Cristo, non puoi giungere al riposo senza fine; resterai nell'oscurità, senza luce.
Passa dunque a Cristo perché si tolga il velo. È quanto dice infatti l'Apostolo: Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; esso non sarà tolto perché è in Cristo che dev'essere eliminato.
Non Mosè, è il velo che dev'essere eliminato; il velo, non la legge.
Fate attenzione in qual modo sia venuto il Signore e sia tolto il velo: quando pendette sul legno, il velo si squarciò.
O profondità del senso recondito! O ineffabile mistero!
I trasgressori della legge confissero alla croce l'autore della legge, e l'occulta forza vitale della legge si fece manifesta.
Forse non fu una chiave quella croce?
Sostenne il Signore e liberò da ciò che era interposto.
Pur essendo stato squarciato il velo, i Giudei hanno ancora il viso coperto: Noi invece - afferma l'Apostolo - contemplando a viso scoperto la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore. ( 2 Cor 3,14-15 )
Quelli poterono avere la legge su tavole di pietra; o l'avessero nel cuore! Sarebbero con noi.
Ma abbiamola in cuore noi la legge, fratelli; non stiamo a dimostrarlo con parole di lode, ma mediante opere buone.
Bisogna fare elemosine, è questo il tempo; che i vostri frutti si vedano, che io possa godere delle mie fatiche.
Non puoi dire ad un infermo: Alzati e cammina; puoi dire: Fino a che tu possa alzarti, resta a giacere e mangia.
Non puoi guarire un malato; puoi vestire uno che è nudo.
Fa' ciò che puoi: Dio non pretende da te ciò che non puoi.
Quanto al dovere di usare appunto misericordia, avete ascoltato di che cosa il santo Tobia abbia fatto avvertito il figlio suo, Tobia: La tua elemosina, figlio, sia in proporzione di ciò che possiedi; se hai molto, da' molto; se poco, fa' partecipare anche del poco. ( Tb 4,8-9 )
La vedova che recò due spiccioli, quanto poco aveva di suo!
Ma il Signore la guardava. Se nessuno vi faceva caso, perché non recò più di due spiccioli, il cuore di colui che sa aveva potuto certamente valutare che offerta fu quella.
Quale donna versò in dono a Dio più di colei che nulla si riservò?
Non a questo Tobia esortò suo figlio: Fa' partecipare - disse - di ciò che hai; non disse: Da' il tutto.
Mettete voi in pratica ciò che Tobia insegnò al figlio.
Molti hanno effettuato anche quell'altra cosa: hanno lasciato tutto quanto avevano, donando tutti i loro beni ai poveri, in modo da non conservare nulla per se stessi.
Nulla crediamo noi? E Dio dov'è? Che manca infatti al povero se Dio è suo?
O che possiede il ricco se non ha Dio? Mettete in pratica, dunque, e siate ammirati delle parole della Scrittura.
Un padre cieco parlava al figlio vedente, esortandolo a fare elemosina; gli diceva fra l'altro: L'elemosina libera infatti dalla morte. ( Lc 21,2 )
Non c'è da meravigliarsi: per quanto sia stato appunto un cieco a parlare ad un vedente, nondimeno era un uomo vivente a parlare ad un uomo vivente.
Ciò che segue è mirabile. Aveva già parlato dell'elemosina, quando aggiunse: L'elemosina libera dalla morte e salva dall'andare tra le tenebre. ( Tb 4,11 )
O padre, hai sempre praticato l'elemosina; per quale ragione sei giunto a queste tenebre della cecità?
Il figlio poteva ben fare questa domanda a suo padre, ma questi sapeva quel che diceva e quello intendeva rettamente ciò che ascoltava.
Le tenebre, tra le quali l'elemosina salva dall'entrare coloro che hanno a cuore di praticarla, sono altre.
Quali sono quelle tenebre? Ne parla lo stesso Signore: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. ( Mt 22,13 )
Quelle là sono chiamate le tenebre di fuori.
Per quale ragione? Perché si trovano al di fuori di Dio: chi vi si dirige e penetra in quelle, si volge indietro, assai lontano da Dio.
Alla fine, Dio manda nelle tenebre di fuori il servo malvagio; ma invita il servo buono: Entra nel gaudio del tuo Signore. ( Mt 25,21 )
È il castigo uscir fuori nelle tenebre; è la ricompensa entrare nella luce, dove non possono esservi affatto tenebre né per lo spirito, né per la carne.
Così codesto Tobia era cieco quanto al corpo, ma aveva una grande luce interiore.
Il figlio teneva per mano il padre perché non si facesse male, il padre insegnava al figlio la via della vita perché non facesse il male in opposizione a Dio.
Quello teneva per mano, l'altro insegnava il cammino lungo il quale è veramente pericoloso inciampare.
Da che luce era illuminato quando parlava di queste cose?
Evidentemente gli occhi erano chiusi, eppure diceva: Figlio, pratica l'elemosina; l'elemosina libera dalla morte. ( Gv 15,5 )
Proprio nulla vedeva chi si esprimeva così? Ma certo che vedeva: non le cose bianche e nere, ma le giuste e le ingiuste; non faceva distinzione di colori, ma di costumi.
Benedetto quel figlio che ascoltava un cieco vedente, cieco nel corpo, vedente nell'intimo!
Cambiò infatti la condizione di cecità di lui, Dio lo curò, ricevette di nuovo occhi sani; ma, quand'anche non avesse ricuperato la vista in questa carne, quegli occhi non si dovevano forse chiudere una volta nella morte?
Tutti i santi, infatti, quando partono da questo mondo, giungono alla luce; lo splendore di questo sole è nulla per coloro che sono nella visione di Dio.
Il padre esortava il figlio che aveva la luce negli occhi, e gli richiamava energicamente alla memoria il dovere delle elemosine; ne parlò diffusamente, quasi di questo solo fece avvertito il figlio carissimo ed unico.
Quanta forza morale in loro, quanta virtù! Che si dà e che si riceve?
Che si spende e che si compra? Non ci viene detto: i vostri padri acquistarono con le elemosine il regno dei cieli?
E comprarono e ci lasciarono da comprare. Facciano acquisto tutti, tutti giungano a possedere.
Nessuno si trovi alle strette; saremo proprietà di Dio, Dio sarà la nostra proprietà.
Noi infatti offriamo il culto a Dio e siamo cultura di Dio.
Mentre tutti accettano ciò che ho detto quanto al nostro culto a Dio, può essere che alcuni siano scontenti perché ho aggiunto che siamo cultura di Dio.
Noi abbiamo riguardo per lui e non egli per noi?
È un bene per noi che egli ci coltivi: se infatti non avrà coltivato questo campo, esso sarà invaso dai rovi.
Chi è l'agricoltore se non colui che coltiva il campo?
Ascolta allora Cristo Signore, non spaventarti quando ti si dice: Dio ti coltiva.
Io sono la vite, voi i tralci - dice - e il Padre mio è l'agricoltore. ( Gv 15,1 )
Offriamo, quindi, il nostro culto a Dio, per aver frutto, ed egli coltiva noi; l'una cosa e l'altra si hanno per il nostro bene.
Noi, infatti, da sterili diventiamo fecondi e fruttiferi; secchi e assetati, siamo saziati da lui; la sorgente, invece, non conosce aridità.
Tutto, quindi, si fa per il nostro bene.
Rendiamo grazie a colui che ci ha creati e ci ha chiamati a regnare con lui.
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