Discorsi sui Santi |
1 - La fortezza di Vincenzo nei tormenti viene dall'aiuto di Cristo.
La causa, non la pena, è il segno distintivo dei martiri
2 - Mentre Vincenzo viveva la sua passione, il diavolo ebbe a soffrire più del martire
3 - Il corpo senza vita del martire non è restato privo della protezione divina.
Dio favorisce l'onore alle reliquie dei Santi
La nostra anima è avvinta da uno spettacolo magnifico che sorprende assai: mentre si leggeva sulla gloriosa passione del beato Vincenzo, abbiamo attinto con gli occhi dello spirito non un godimento senza valore alcuno e assai pericoloso, proprio di quelle frivolezze offerte dai teatri, ma veramente prezioso e vantaggioso al massimo.
Era il piacere di osservare l'animo irremovibile del martire nell'affrontare le insidie dell'antico nemico, la crudeltà dell'empio giudice, le sofferenze della carne mortale nella tensione di una violentissima lotta e tutto superava con l'aiuto di Dio.
È stato proprio così, carissimi, è stato veramente così: nel Signore facciamo l'elogio di quest'anima perché gli umili ascoltino e si rallegrino. ( Sal 34,3 )
Quali parole gli siano state rivolte, quali risposte abbia dato, a quali tormenti abbia resistito lo ha mostrato poco fa la lettura e ci ha permesso quasi di assistere alla drammatica realtà.
All'intenso dolore delle membra si univa la serena fermezza delle parole come se a subire i tormenti fosse uno e, a parlare, un altro.
Ed è stato addirittura un altro a parlare; il Signore ha predetto infatti, e lo ha promesso ai suoi martiri, dicendo: Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. ( Mt 10,20 )
Quest'anima, dunque, sia lodata nel Signore.
Infatti, che cosa è l'uomo se non l'essere che è riconoscente a lui? ( Sal 8,5 )
Quali risorse può avere la polvere se non interviene l'aiuto di Colui che ci ha plasmati dalla polvere?
Perché chi si vanta si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31 )
Se infatti lo spirito maligno e seduttore invade molti e falsi veggenti, o suoi pseudomartiri, per indurli a procurarsi tormenti o a disprezzare quelli già inflitti, a convalidare la predicazione del suo nome, che gran cosa è per il Signore Dio nostro consegnare il corpo degli stessi predicatori proprio nelle mani dei persecutori, per poi metterne lo spirito al sicuro nella roccaforte della libertà?
Ed allora anche se nel corpo infierisce l'odio, lo spirito è fermo nell'asserire la verità.
Naturalmente, perché non sia la forza di sopportazione ma la giustizia a fare i martiri: non è la pena ma la causa che fonda l'identità dei martiri.
Infatti, molti hanno tollerato dolori per ostinazione non per coerenza; per vizio, non per virtù; per colpevole errore, non per rettitudine di principi; diventati strumenti del diavolo, non perché da esso osteggiati.
Al contrario, era il nostro Vincenzo ad avere la vittoria, ma in realtà il vincitore era Colui al quale egli apparteneva, suo possessore era Colui che aveva cacciato fuori il principe di questo mondo, ( Gv 12,31 ) allo scopo di ridurlo all'impotenza mentre assaliva stando di fuori, dopo averlo già vinto per sottrargli il dominio dell'intimo dell'uomo.
Ora quello che è stato cacciato fuori, senza darsi tregua, va in giro cercando chi divorare, ( 1 Pt 5,8 ) ma combatte a nostro favore Colui che, avendolo estromesso, regna in noi.
Insomma, per il fatto che non si riuscì a piegare Vincenzo, più ancora di questi era tormentato il diavolo persecutore.
Infatti, quanto più quei tormenti si facevano brutali e di spietata crudeltà, tanto più la vittima trionfava del carnefice; da quel corpo, quasi zolla irrigata dal suo sangue, si faceva rigogliosa quella palma che esasperava tanto il nemico.
Ma poiché questi ha infierito nel segreto e, vinto, resta atterrato nel segreto, nell'uomo che fungeva da magistrato appariva in modo manifesto quale fosse la rabbiosa contrarietà del diavolo, tanto che quest'avversario invisibile spuntava fuori dalle crepe del vasello che possedeva, che aveva riempito e si andava spaccando.
Infatti, le grida di quest'uomo, gli occhi, l'aspetto, l'agitarsi scomposto di tutto il corpo rivelavano che pene dovesse provare, interiormente più torturanti di quelle che all'esterno faceva subire al martire.
Se consideriamo il violento turbamento del persecutore e la serenità di colui che pativa i tormenti, è facilissimo distinguere chi era schiacciato dalle tribolazioni e chi era superiore ad esse.
Quali saranno le gioie di coloro che regnano nella verità se sono tanto intense quelle di coloro che muoiono per la verità?
Che sarà la sorgente della vita con il corpo diventato immortale quando è tanto soave nei tormenti appena la sua rugiada?
Quali effetti provocherà il fuoco eterno negli empi, irriconoscibili quando sono fuori di sé per il furore dell'ira che hanno in cuore?
Coloro che già nel giudicare si arrovellano, quando saranno sottoposti a giudizio, quali patimenti subiranno?
I giudizi futuri dei santi che potere avranno dal momento che il letto di tortura del martire ha travolto il tribunale del giudice?
D'altra parte, il Signore dimostra un insigne riconoscimento ai suoi testimoni, poiché Colui che sorregge i cuori di quelli che lottano non avrebbe lasciato in abbandono neppure i corpi di coloro che ci rimettono la vita, come rese noto con il miracolo tanto portentoso riguardo al corpo dello stesso Vincenzo; e affinché quel corpo - che il nemico aveva desiderato scomparisse del tutto, come aveva tentato e si era dato da fare - per sollecitudine del volere divino, si mostrasse in così piena luce e si rivelasse degno di più devota sepoltura e venerazione tanto che, per esso, si perpetuasse famosa la memoria della pietà che aveva vinto e dell'empietà definitivamente sconfitta.
Veramente preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi santi, ( Sal 116,15 ) quando né si disprezza la terra da cui il corpo è plasmato, venendo meno la vita e, separandosi l'anima invisibile dalla casa visibile, dalla sollecitudine del Signore è custodito l'abitacolo del servo e, a gloria del Signore, viene onorato dai fedeli, servi come lui.
Nel compiere opere mirabili nei riguardi dei corpi dei santi defunti, a che infatti vuole condurre il Signore se non a ricevere da lui la prova che non si perde ciò che di sé muore; ed inoltre perché da questo si comprenda in quale onore siano presso di lui le anime degli uccisi, se ne riceve il corpo senza vita da tanta partecipazione divina?
Infatti, come l'Apostolo, parlando dei membri della Chiesa, ha fatto uso di una similitudine con le membra del nostro corpo, poiché quelle delle nostre membra che hanno meno onore le facciamo oggetto di maggiori attenzioni ( 1 Cor 12,23 ) così la provvidenza del Creatore, nel concedere ai cadaveri dei martiri testimonianze tanto eccellenti di miracoli, fa oggetto di più delicate attenzioni i resti senza vita degli uomini; quindi, dove ormai non resta che un qualcosa di indecoroso, quando la vita si trasferisce, ecco presente con piena evidenza il datore della vita.
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