Discorsi sui Santi |
1 - Cristo vittorioso in Perpetua e Felicita
2 - La vittoria di Perpetua sul diavolo
3 - Il parto e il martirio di Felicita
Tra i compagni di martirio risplende e s'innalza il merito e il nome delle sante serve di Dio Perpetua e Felicita.
La corona di gloria più grande è infatti lì dove il sesso è più debole.
Perché, in realtà, l'animo virile fece presente nelle donne qualcosa di superiore quando la fragilità muliebre non piegò sotto un carico tanto gravoso.
Furono pienamente fedeli all'unico Uomo, al quale, come vergine casta, è presentata l'unica Chiesa. ( 2 Cor 11,2 )
Si erano mantenute inseparabilmente unite a quell'Uomo dal quale avevano attinto la forza di opporre resistenza al diavolo; così che furono delle donne ad atterrare quel nemico che si era servito di una donna per abbattere l'uomo.
In esse risultò vincitore Colui che per loro si era fatto debole.
Le colmò di fortezza per farne il suo raccolto, Colui che per seminarle annientò se stesso.
Fece loro raggiungere questi onori ed esaltazioni Colui che per loro amore intese disprezzi e calunnie.
A concedere che delle donne fossero intrepide e fedeli nella morte fu Colui che, per loro amore, misericordiosamente si degnò di nascere da donna.
Ma è consolante per uno spirito devoto essere intento a seguire una tale visione, quella che la beata Perpetua descrisse come rivelazione a suo riguardo; resa fisicamente virile, si trovava a lottare con il diavolo.
Senza dubbio attraverso quel combattimento anch'essa si affrettava a crescere fino all'uomo perfetto, secondo la misura della maturità di Cristo. ( Ef 4,13 )
Di conseguenza, nell'intento di non lasciarsi sfuggire insidia alcuna, quell'antico e scaltrito avversario - che aveva tratto in inganno l'uomo per via della donna - avvertendo che quella si comportava virilmente, provò a vincerla valendosi dell'uomo.
Non tirò in campo il marito per evitare che la donna, già dimorante nei cieli nell'elevazione dello spirito, arrossendo del sospetto di desiderio carnale, si facesse più intrepida nella fermezza.
Ammaestrò, invece, il padre a un dire insidioso perché l'animo pio, non disposto a cedere alla provocazione del piacere, si desse per vinto, sopraffatto dalla tenerezza.
Allora Perpetua rispose al padre con tanta discrezione da non trasgredire il precetto che impone di onorare i genitori e senza piegarsi agli inganni nei quali più abile si faceva l'avversario.
Questi, sconfitto in ogni senso, eccitò a far percuotere con la verga lo stesso padre, perché quella, che non aveva tenuto conto delle parole, ne soffrisse almeno le percosse.
Allora Perpetua provò veramente dolore per l'oltraggio al vecchio padre, ma riservò affetto per lui, al quale non fu sottomessa.
In realtà, nel padre aveva riprovato l'insipienza, non il sentimento naturale, la mancanza di fede, non i legami del sangue.
Di conseguenza, con maggior merito respinse impavida il padre tanto amato che la consigliava male e che non poté vedere percosso senza afflizione.
Perciò, anche quel dolore non indebolì affatto l'energia della resistenza, ma aggiunse ancora un titolo di gloria alle lodi della passione.
Infatti, tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. ( Rm 8,28 )
Felicita addirittura incinta si trovò in carcere.
Durante il parto rivelò la sua debolezza di donna e, come tale, tra i gemiti.
Non era esente dal castigo di Eva, ma era con lei la grazia di Maria.
Si esigeva ciò che, come donna, doveva subire, veniva in soccorso chi la Vergine aveva generato.
Infine, si compì il parto, prematuro di un mese.
La Provvidenza dispose infatti che la gravidanza non avesse corso regolare perché non si differisse l'onore del martirio fino al tempo maturato.
Avvenne - io dico - per disposizione divina, il parto prematuro, nel tempo che, nondimeno, la predestinata Felicita potesse essere ricongiunta a così degna compagnia; perché, nel caso non si fosse trovata quale compagna dei martiri, non figurasse venuto meno anche il premio degli stessi martiri.
Infatti, il nome dell'una e dell'altra rappresentava quella che è la ricompensa di tutti.
A che scopo, infatti, i martiri sono disposti a tutto patire se non per gloriarsi di una "perpetua felicità"?
Entrambe, dunque, si denominavano come viene denominato ciò a cui tutti sono chiamati.
E perché erano assai numerosi quelli che partecipavano al combattimento, i nomi di queste due donne venivano a significare l'eternità di tutti, a contrassegnare la solennità di tutti.
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