Discorsi sui Santi |
1 - Perpetua e Felicita hanno conseguito il premio di un glorioso martirio
2 - La gloria dei martiri
3 - Per quale motivo le ricompense dei martiri sono incomparabili. L'amore di questa vita piena di travagli
4 - Per amore di Cristo i martiri disprezzarono la morte e i patimenti
5 - La felicità dei martiri non è la stessa prima e dopo la risurrezione
6 - Con quali disposizioni di spirito si devono celebrare le solennità dei martiri. I martiri hanno pietà di noi e pregano per noi
Questa data, quale ricorrenza annuale, ci fa ricordare e, in certo modo, ci pone davanti il giorno in cui le sante serve di Dio Perpetua e Felicita, ornate delle corone del martirio, raggiunsero gloriosamente la felicità eterna, costanti nella fedeltà al nome di Cristo nel combattimento e, nello stesso tempo, assumendo il proprio nome nel premio.
Poiché ne veniva data lettura, abbiamo ascoltato come veniva loro infuso coraggio nelle divine rivelazioni e i trionfi della loro passione, abbiamo inteso, contemplato interiormente, onorato con devozione, lodato apertamente tutto il senso delle parole spiegato e commentato da chiarimenti.
Tuttavia, anche noi siamo debitori del discorso consueto in una celebrazione tanto sacra; se parlerò in modo inadeguato ai loro meriti, rivelo tuttavia lo slancio del cuore con la gioia per una festa così grande.
Che di più nobile di queste donne che gli uomini sono più disposti ad ammirare che ad imitare?
Ma questo torna soprattutto a lode di Colui nel quale credettero e nel cui nome, con fedele zelo, mossero sollecite insieme e si rivelarono secondo l'uomo interiore non per il sesso maschile o femminile; al punto che, persino in coloro che fisicamente sono donne, la virtù dello spirito riesce a celare il sesso della carne e si ha ritegno a pensare nelle membra quel che non si è potuto notare nel comportamento.
Perciò il dragone fu calpestato da un piede innocente e da un passo di vittoria mentre comparivano scale ascendenti per le quali la beata Perpetua potesse raggiungere Dio.
In tal modo il capo dell'antico serpente, che fu abisso per la donna che si lasciava cadere, divenne gradino per quella che si volgeva alle altezze.
Che più attraente di questo spettacolo?
Che più intrepido di questa lotta?
Che più glorioso di questa vittoria?
Allora, mentre i santi corpi venivano esposti alle fiere, in tutto l'anfiteatro le genti tempestavano urlando e i popoli tramavano a vuoto.
Ma Colui che dimora nei cieli si burlava di loro e il Signore li scherniva. ( Sal 2,1.4 )
Al presente e all'opposto, celebrano i meriti dei martiri i discendenti di coloro il cui vociare scomposto era un sacrilego infierire sul corpo dei martiri.
Tanta affluenza di persone intenzionate a dar loro la morte non gremì allora la gradinata della crudeltà quanto, ora, è gremita la chiesa dell'amore che desidera celebrarli.
Ogni anno la carità contempla con sentimenti religiosi quel che in un giorno solo l'odio fu capace di compiere a profanazione.
Anche quelli stettero a contemplare ma con tutt'altre intenzioni.
Essi attendevano a completare a furia di grida quel che sfuggiva al morso delle belve.
Da parte nostra, però, deploriamo quello che fu l'operato degli empi e siamo presi da venerazione per quanto soffrirono i santi.
Essi videro con gli occhi del corpo ciò che con cuore disumano riversavano, noi vediamo con gli occhi del cuore ciò che a loro è stato sottratto perché non lo vedessero.
I corpi esanimi dei martiri furono motivo di gioia per quelli i quali, perché morti nello spirito, sono motivo di dolore per noi.
Essi, privi del lume della fede, credettero i martiri definitivamente scomparsi e noi, con infallibile certezza, li vediamo in possesso del premio.
Alla fine, il loro oltraggio è diventato in noi un esultare di gioia.
Anzi, questa, veramente religiosa e perenne: ma quella che fu empia, ora, non esiste più addirittura.
Carissimi, noi crediamo che i premi dei martiri siano più eccelsi.
E lo crediamo con piena ragione.
Ma in nessun modo ci sorprenderà che siano così grandi se siamo attenti a considerare quelle che sono le lotte.
Infatti, benché questa vita sia travagliata e destinata a finire, pure è di tanta dolcezza che non potendo gli uomini sfuggire alla morte, fanno molti e gravi sforzi per non affrettarla.
Niente si può fare per evitare la morte e si fa tutto ciò che è possibile per differirla.
Certamente è penoso per ogni anima trovarsi in angustie; nondimeno anche coloro che dopo questa vita nulla si attendono di bene o di male, si danno da fare a tutti i costi perché non abbia termine con la morte ogni fatica.
Che dire di coloro che o suppongono, per errore, falsi e carnali piaceri dopo la morte o, nella retta fede, hanno la speranza di una certa qual pace di indicibile pienezza di tranquillità e beatitudine?
Non si danno da fare anche a loro volta e con grande ansietà si preoccupano di evitare una morte prematura?
Che vogliono dire infatti tante fatiche per il cibo necessario, tanto bisogno sia di rimedio che di altri servizi, per quanto lo esigono gli ammalati o vengono loro offerti, se non volere evitare di trovarsi subito in punto di morte?
Al confronto, quanto è da valutare, nella vita futura, l'immunità da ogni conseguenza foriera di morte se è cosa tanto preziosa in questa vita solo differirla?
In realtà, tanto è la non so quale dolcezza di questa vita piena di angustie e tanto l'orrore della morte nella natura di qualsiasi essere vivente che non sono disposti a morire neppure coloro che, attraverso la morte, passano alla vita nella quale non possono morire.
I martiri di Cristo, dalla virtù eminente, disprezzano un tale e così grande piacere del vivere e il timore della morte con carità sincera, ferma speranza e fede autentica.
Per esse, lasciandosi alle spalle il mondo che lusinga e minaccia, si volgono a ciò che sta loro innanzi.
Si elevano al di sopra di queste cose calpestando la testa del serpente dalle multiformi e sottili insinuazioni.
In realtà, è vittorioso di tutte le passioni chi assoggetta l'amore di questa vita, i cui satelliti sono tutte le passioni.
Chi non è preso dall'amore di questa vita, mentre vive, non si lasci assolutamente impedire dai loro legami.
D'altra parte, al timore della morte si uniscono, abitualmente e in qualsiasi modo, i dolori fisici.
Infatti, nell'uomo, si avvicendano nel prevalere.
Chi è sotto la tortura mentisce per non morire; per evitare la tortura mentisce anche chi è in fin di vita.
Non tollerando i tormenti, dichiara il vero per non subire la tortura col mentire a proprio favore.
Ma è uno di essi ad avere il sopravvento su qualsiasi dei sensi interiori.
Per il nome e la giustizia di Cristo, i suoi martiri furono vittoriosi di entrambi: non temettero né la morte né i patimenti.
Vinse in loro Colui che visse in loro; di conseguenza, neppure defunti morirono quelli che non per sé ma per lui erano vissuti.
Egli stesso offriva loro gioie spirituali perché non avvertissero i tormenti del corpo che nella misura valida per la prova, non per lo scoraggiamento.
Dove si trovava infatti quella donna quando non avvertì di essere nella lotta presso una vacca estremamente inferocita e domandò quando si sarebbe verificato ciò che era già avvenuto?
Dov'era? Che altro vedeva, questa, quando non aveva veduto?
Di che godeva, questa, quando mancava di sensibilità?
Per quale amore dimentica di sé, da quale spettacolo attirata, da quale bevanda inebriata?
Eppure era ancora presente nel corpo, in fin di vita, ancora animava le membra, ancora era sotto il peso del corpo corruttibile.
Che dire quando le anime dei martiri, sciolte da questi legami dopo le fatiche di un rischioso combattimento, furono accolte e ristorate dagli angeli trionfanti dove non si dice loro: Fate quello che ho comandato, ma: Ricevete quanto ho promesso?
Con quale letizia partecipano ora al banchetto spirituale?
Chi è capace di far comprendere con un paragone terreno quanto si trovino sicuri nel Signore e quale eccelso onore sia la loro gloria?
E, in realtà, una tale vita che ora godono i beati martiri, benché non si possa appunto paragonare alle gioie ed ai piaceri di questa vita, consiste in una particella esigua della promessa, anzi, è un compenso della dilazione.
Deve ancora venire il giorno della ricompensa, quando, per essere stati restituiti i corpi, sia l'uomo intero a ricevere ciò che merita.
Allora le membra di quel ricco, che un tempo si fregiavano della porpora terrena, stiano a bruciare nel fuoco eterno e la carne del povero coperto di piaghe, trasfigurata, emani splendore in mezzo agli angeli; sebbene fin d'ora, quello, nell'inferno, abbia sete di una stilla d'acqua dal dito del povero, e questi trovi riposo con piacere in seno al giusto. ( Lc 16,19-24 )
Come, infatti, è grandissima la differenza tra le gioie o le sventure provate in sogno e quelle proprie di chi è sveglio, così differiscono molto i tormenti o le gioie delle anime separate dal corpo da quelle dei risorti.
Non perché l'anima dei defunti s'inganni, come avviene di necessità in chi dorme, ma per il fatto che altro è il riposo delle anime prive di corpo e altra, con i corpi spirituali, la luce e la felicità degli angeli ai quali sarà resa uguale la moltitudine dei fedeli risorti.
In essa i gloriosissimi martiri risplenderanno per la luce straordinaria della loro ricompensa e i propri corpi, nei quali patirono umilianti tormenti, sì convertiranno per loro in segni di magnificenza.
Perciò, come facciamo, si celebrino con la massima devozione le solennità dei martiri, in allegria moderata, in adunanza onesta, in riflessione pia, in coraggioso annunzio.
Non costituisce una forma di imitazione di poco conto felicitarsi insieme delle virtù dei migliori.
Questi grandeggiano, noi siamo piccoli: però il Signore ha benedetto i grandi insieme ai piccoli. ( Sal 115,13 )
Prima di noi, quelli, e più in alto di noi.
Seguiamoli nella dilezione se siamo incapaci nella pratica, certo in letizia se non in gloria, certo nei desideri se non nei meriti, per la compassione se non nella passione, per vincolo di unione se non in preminenza.
Non ci sembri poca cosa essere membra di quel corpo del quale sono membra anche coloro ai quali non ci possiamo paragonare.
Per cui, se un solo membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; così pure, quando un solo membro viene onorato, tutte le membra godono con lui. ( 1 Cor 12,26 )
La gloria al capo, dal quale si provvede sia agli arti superiori che agli arti inferiori.
E come quell'Uno ha dato la sua vita per noi così i martiri hanno seguito il suo esempio e hanno dato la loro vita per i fratelli; anche allo scopo di suscitare un'abbondantissima messe di popoli, quasi germogli, irrigarono la terra con il loro sangue.
Pertanto anche noi siamo i frutti della loro fatica.
Noi li ammiriamo, essi hanno compassione di noi.
Noi ci rallegriamo con loro, essi pregano per noi.
Stesero a terra, quasi mantelli, i loro corpi mentre il puledro che portava il Signore veniva condotto a Gerusalemme; da parte nostra, come staccando rami dagli alberi, almeno cogliamo dalle Sacre Scritture inni e cantici che innalziamo in festosità corale. ( Mt 21,7-9 )
Tuttavia, noi tutti siamo obbedienti allo stesso Signore, seguiamo lo stesso maestro, siamo al fianco dello stesso principe, uniti e sottoposti allo stesso capo, siamo diretti proprio a Gerusalemme, animati dalla stessa carità e tenendoci stretti a quella medesima unità.
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