Esposizione dei Salmi |
Ascoltate, ascoltate, dilettissime membra del corpo di Cristo!
Voi che riponete la speranza nel Signore vostro Dio e non avete lo sguardo rivolto alle vanità e alle follie ingannevoli del mondo. ( Sal 40,5 )
Quanto poi a voi che ancora le guardate, ascoltate per non guardarle più.
Questo salmo, nella sua iscrizione, cioè nel suo titolo, reca: Sono finiti gli inni di David, figlio di Iesse; ( Sal 73,1 ) salmo, per Asaf stesso.
Conosciamo tanti salmi nel cui titolo è scritto il nome di David, ma solo in questo è aggiunto figlio di Iesse.
Dobbiamo, quindi, pensare che ciò non sia stato fatto invano né senza scopo, difatti, in ogni parola della Scrittura Dio si rivolge a noi e incita alla comprensione lo zelo devoto della nostra carità.
Che significano le parole: Sono finiti gli inni di David, figlio di Iesse?
Gli inni sono lodi a Dio unite al canto; sono poesie aventi per tema la lode di Dio.
Se c'è la lode ma non è in onore di Dio, non si ha l'inno.
Se c'è lode e la lode è in onore di Dio, ma non la si canta, non si ha ancora l'inno.
È necessario dunque, affinché si abbia un inno, che ci siano queste tre cose: la lode, che essa sia lode di Dio e che la si canti.
Che significano, dunque, le parole: Sono finiti gli inni? Sono finite le lodi che si cantano a Dio.
Sembra annunziare una cosa triste e quasi luttuosa.
Chi canta una lode, infatti, non soltanto loda ma loda con letizia.
Chi canta una lode, non soltanto canta ma ama colui che canta.
Nella lode c'è la voce esultante di chi elogia, nel canto c'è l'affetto di colui che ama.
Ebbene, Sono finiti gli inni di David, dice, e aggiunge: Figlio di Iesse.
David re di Israele era, infatti, figlio di Iesse, ( 1 Sam 16,18 ) e regnò in un certo periodo del Vecchio Testamento, quando, cioè, il Nuovo Testamento rimaneva celato nel Vecchio, come il frutto nella radice.
Se tu cerchi il frutto nella radice, non ve lo trovi; eppure, sui rami non troverai altro frutto se non quello che è passato per la radice.
Orbene, in quel tempo, a quel popolo primitivo che traeva origine da Abramo secondo la carne ( infatti anche il popolo del Nuovo Testamento deriva da Abramo, ma spiritualmente ); a quel primo popolo, dunque, ancora carnale, i profeti, pochi di numero ma spiritualmente illuminati circa il volere di Dio e sul tempo in cui lo si sarebbe dovuto rivelare agli uomini, preannunziarono i tempi in cui noi viviamo, come pure preannunziarono la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.
Questo Cristo, prima di nascere secondo la carne, era celato, come in una radice, nel succedersi dei patriarchi, per comparire a suo tempo qual frutto visibile.
Difatti sta scritto: Un virgulto è spuntato dalla radice di Iesse. ( Is 11,1 )
Non diversamente è accaduto per il Nuovo Testamento, che è l'età di Cristo.
Nelle epoche anteriori esso era celato e soltanto i profeti e pochissimi fedeli lo conoscevano.
Dico " conoscevano " non nel senso che le realtà erano già presenti dinanzi ai loro occhi, ma perché in anticipo erano loro rivelate le cose future.
Che vuol dire infatti, fratelli, ( tanto per ricordare un solo episodio ) il fatto che, Abramo, mandando un suo servo fedele dalla donna che doveva divenire sposa del suo unico figlio, lo fece giurare, e nel giuramento gli disse: Poni la tua mano sotto il mio fianco e giura? ( Gen 24,2 )
Che cosa si celava nel fianco di Abramo, dove il servo giurando pose la mano?
Che cosa c'era, se non ciò che allora gli era stato promesso: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti? ( Gen 22,18 )
Con il nome " fianco " si intende la carne.
E difatti dalla carne di Abramo, attraverso Isacco e Giacobbe e, per non parlare degli altri, attraverso Maria è venuto il Signore nostro Gesù Cristo.
Ma come possiamo dimostrare che la, radice era nei patriarchi? Consultiamo Paolo.
Egli sta parlando ai gentili divenuti credenti in Cristo, i quali, nella loro superbia, pensavano d'essere da più dei giudei che avevano crocifisso. Cristo.
Dal mondo giudaico, infatti, era formata una delle due pareti che nell'angolo, cioè in Cristo, s'era incontrata con l'altra parete, quella della incirconcisione, cioè col mondo pagano, che proveniva da direzione totalmente opposta.
Questi pagani, dunque, erano tentati di inorgoglirsi contro i giudei; ma Paolo così li reprime: Se tu, tagliato dall'olivo selvatico in cui eri nato, sei stato innestato in essi, non ti gloriare contro i rami.
Che se ti volessi gloriare, sappi che non tu porti la radice, ma la radice porta te. ( Rm 11,24 )
Dice, dunque, che certi rami spuntati dalla radice dei patriarchi, si ruppero per la loro infedeltà e che al loro posto è stato innestato l'olivo selvatico, affinché fosse partecipe della pinguedine dell'olivo, riferendosi ovviamente alla Chiesa proveniente dal paganesimo.
Ma, chi innesta l'olivo selvatico sull'olivo buono?
Di solito si innesta l'olivo nell'oleastro, né mai abbiamo visto innestare l'olivo selvatico nell'olivo buono.
Chi lo facesse non raccoglierebbe se non le bacche dell'olivo selvatico.
Difatti, la pianta che viene innestata è quella che cresce e della sua specie è il frutto che si raccoglie.
Si raccoglie, cioè, non il frutto della radice ma quello del germoglio.
Eppure, l'Apostolo dimostra che Dio, nella sua onnipotenza, ha fatto proprio questo innesto [ paradossale ]: ha preso l'olivo selvatico e l'ha inserito nella radice dell'olivo buono e gli ha fatto produrre non bacche silvestri, ma vere olive.
Attribuendo tutto questo all'onnipotenza di Dio, egli dice: Tu sei stato tagliato dall'olivo selvatico in cui eri nato e, contro natura, sei stato innestato nel buon olivo.
Orbene, non gloriarti contro i rami! Ma tu dirai ( continua ): Se sono stati spezzati certi rami, è accaduto affinché io vi fossi innestato. Giustissimo!
Essi si sono spezzati per la loro incredulità; ma tu sta' saldo nella fede! Non alzare la cresta, ma temi! ( Rm 11,18-20 )
Che vuoi dire: Non alzare la cresta? Vuol dire: non insuperbirti perché sei stato innestato!
Temi, piuttosto, affinché non ti succeda di essere spezzato per colpa dell'infedeltà come furono spezzati quei rami.
Dice: Essi furono spezzati a motivo dell'infedeltà.
Tu invece sta' saldo nella fede! Non inorgoglirti, ma temi!
Infatti, se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te.
Dopo le quali parole viene quel passo veramente notevole e quanto mai necessario, che dobbiamo ascoltare sino in fondo: Guarda dunque, dice, la bontà e la severità di Dio.
In coloro che sono stati spezzati la severità.
In te, invece, che sei stato innestato, la bontà: a patto però che tu resti nel bene.
Altrimenti, cioè se non resterai nella bontà, anche tu sarai tagliato via; mentre essi, se non persevereranno nella infedeltà, saranno innestati. ( Rm 11,21-23 )
Al tempo dunque del Vecchio Testamento, o fratelli, le promesse fatte dal nostro Dio a quel popolo carnale erano terrene e temporali.
Gli era stato promesso un regno terreno: quella terra nella quale poi furono introdotti dopo la liberazione dall'Egitto.
Difatti, essi vi poterono entrare sotto la guida di Gesù di Nave; e in quella terra, la terra promessa, fu poi costruita la città di Gerusalemme ( la Gerusalemme terrena ), e ivi regnò David.
Per conquistare quella terra, dovettero quindi essere liberati dall'Egitto passare attraverso il mar Rosso: finché, terminati gli andirivieni le peregrinazioni nel deserto, divennero padroni di quella terra vi instaurarono una monarchia.
Successivamente, dopo anni di regno, siccome erano terreni i doni che avevano ricevuti, per colpa dei loro peccati essi incominciarono ad essere osteggiati, sconfitti, tratti prigionieri; e infine la loro stessa città venne distrutta.
D'indole non diversa erano, allora, le promesse divine: in se stesse non erano permanenti, ma raffiguravano le promesse future che sarebbero durate per sempre.
Si può, anzi, dire che tutto quel succedersi di promesse temporali era un'immagine, una specie di profezia, delle realtà future.
La stessa cosa è da dirsi riguardo a quel regno di cui fu sovrano David, figlio di Iesse.
Mi riferisco qui a David in quanto uomo, il quale, pur essendo profeta e santo e quindi in grado di vedere, o prevedere, la venuta di Cristo, che secondo la carne doveva nascere dalla sua discendenza, tuttavia era un uomo, non era Cristo.
Di questo David, figlio di Iesse, re terreno, voglio parlare: non del nostro re divino, del Figlio di Dio.
Orbene, il regno di David-uomo doveva scomparire, anche se per un certo tempo Dio venne lodato proprio per l'instaurazione di un tal regno.
Ma chi si comportava così erano uomini carnali, i quali amavano Dio soltanto perché erano stati liberati da mali d'ordine temporale.
Erano stati, cioè, sottratti dalla mano dei loro oppressori; erano sfuggiti ai nemici che li inseguivano attraverso il mar Rosso; erano stati guidati nel deserto e avevano trovato la patria e il regno.
Essi solo per questo lodavano Dio, e non capivano che cosa prefigurava e prometteva Dio mediante quelle immagini.
Ebbene, tutte queste ragioni per cui lodava Dio quel popolo carnale su cui aveva regnato David a un certo punto cessarono; e per questo cessarono anche gli inni di David.
Non di David figlio di Dio, ma di David figlio di Iesse.
Come il Signore ha voluto, abbiamo superato il difficile scoglio del titolo di questo salmo.
Voi avete inteso perché sta scritto: Sono finiti gli inni di David, figlio di Iesse.
Di chi è la voce che parla nel salmo? Di Asaf.
Che cosa significa Asaf? Come abbiamo trovato nelle traduzioni dall'ebraico in greco e dal greco in latino, Asaf significa " sinagoga ".
È, dunque, la voce della sinagoga.
Quando però tu senti parlare di " sinagoga ", non voler subito maledirla, come se si trattasse di colei che uccise il Signore.
Era infatti, certamente, " sinagoga " anche quella che uccise il Signore; nessuno ne dubita.
Ma ricòrdati che in seno alla sinagoga sono nati quegli arieti, di cui noi siamo i figli.
Per questo sta scritto nel salmo: Offrite al Signore i figli degli arieti. ( Sal 29,1 )
Chi sono tali arieti? Pietro, Giovanni, Giacomo, Andrea, Bartolomeo e tutti gli altri apostoli.
Dalla sinagoga veniva anche colui che dapprima fu Saulo e poi Paolo: che, cioè, dapprima era stato superbo e poi divenne umile.
Sapete infatti che Saul, donde deriva il nome di Saulo, fu un re superbo e tracotante.
Non fu per vanteria che l'Apostolo mutò il suo nome; ma se da Saulo divenne Paolo, fu perché da superbo divenne piccino.
Paolo, infatti, significa " piccolo ".
Vuoi sapere che cosa era Saulo? Ascolta Paolo stesso, là dove ricorda che cosa fosse un tempo per la sua malizia, e che cosa sia diventato in seguito per grazia di Dio.
Ascolta come un tempo era Saulo e come poi sia divenuto Paolo.
Dice: Dapprima io fui bestemmiatore e persecutore e violento ( 1 Tm 1,13 )
Hai ascoltato Saulo. Ascolta anche Paolo: Io sono, dice, il più piccolo degli Apostoli.
Che vuol dire " il più piccolo ", se non: Io sono veramente " Paolo "?
E continua: Io non sono degno di essere chiamato apostolo.
Perché? Perché un tempo sono stato Saulo.
Che significa: Sono stato Saulo? Egli stesso ce lo dica: Ho perseguitato la Chiesa di Dio.
Adesso però, aggiunge, per grazia di Dio sono ciò che sono. ( 1 Cor 15,9.10 )
Ha gettato via da sé ogni sua grandezza: piccolo in sé, grande in Cristo.
E allora, che cosa dice questo Paolo riguardo al nostro tema?
Dice: Dio non ha rigettato il suo popolo, il popolo che deriva dai giudei, il suo popolo che ha preordinato fin da tempi remoti.
Infatti anche io sono israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. ( Rm 11,21 )
Dunque, anche Paolo viene a noi dalla sinagoga.
Così come Pietro e gli altri apostoli provengono dalla sinagoga.
Pertanto, quando ascolti la voce della " sinagoga ", non badare a ciò che ha combinato, ma ricorda i figli che ha generati.
In questo salmo, dunque, parla la sinagoga, e ciò in un tempo in cui sono cessati gli inni di David, figlio di Iesse: quando, cioè, non sussistono più quelle realtà temporali per le quali lodava Dio quel popolo carnale che erano i giudei.
Ma perché tali cose sono finite, se non perché se ne cercassero delle altre?
E quali altre cose si sarebbero dovute cercare? Quelle che ivi non erano affatto? No!
ma quelle che ivi erano nascoste dalle figure.
Non, quindi, cose che ivi non erano per niente, ma cose che allora erano celate, come nella radice, nei segreti del mistero.
Esse infatti, dice ancora l'Apostolo, erano figure di noi. ( 1 Cor 10,6 )
Osservate ora brevemente come costituiscano una figura di noi.
Il popolo d'Israele fu sotto la dominazione del faraone e degli egiziani; ( Es 1,10 ) il popolo cristiano, predestinato già prima della fede ad essere il popolo di Dio, è, nonostante questo, asservito ai demoni e al diavolo loro principe, Ecco: il popolo asservito agli egiziani rappresenta il popolo schiavo dei propri peccati.
Solo attraverso i nostri peccati, infatti, il diavolo ci può dominare.
Il popolo ebraico viene liberato dall'Egitto per opera di Mosè; il popolo cristiano è liberato dalla precedente vita di peccato ad opera del Signore nostro Gesù Cristo.
Passa quel popolo attraverso il mar Rosso; questo popolo passa attraverso il battesimo.
Nel mar Rosso muoiono tutti i nemici di quel popolo; ( Es 14,22.23 ) nel battesimo muoiono tutti i nostri peccati.
State attenti, fratelli! Dopo il passaggio del mar Rosso a quel popolo non è data subito la patria, e neppure passa di trionfo in trionfo o gode vita tranquilla, come se non vi fossero più nemici.
Gli resta da superare la solitudine del deserto; restano i nemici che lo insidiano lungo la via.
Allo stesso modo, anche dopo il battesimo, la vita cristiana rimane sottoposta alle tentazioni.
In quel deserto si sospirava alla patria promessa.
E che cos'altro sospirano i cristiani, già purificati dal battesimo?
Forse che essi già regnano insieme con Cristo?
Non si è ancora giunti alla terra promessa: anche se la promessa non verrà meno, né verranno meno a questo riguardo gli inni di David.
Ascoltino così tutti i fedeli! Sappiano dove sono.
Sono nel deserto; sospirano la patria.
Nel battesimo sono morti i nemici; quelli, almeno, che ci inseguivano alle spalle.
Che significano le parole: " Che ci inseguivano alle spalle "?
Dinanzi a noi abbiamo le cose future; a tergo abbiamo le cose passate.
Ebbene, tutti i peccati passati sono stati cancellati nel battesimo; e, se ora siamo tentati, lo siamo non da nemici che ci inseguono da tergo ma da quelli che ci insidiano nel cammino.
Per questo l'Apostolo, mentre ancora si trovava sulla via di questo deserto, dice: Dimenticando le cose che stanno dietro, proteso verso quelle che stanno avanti, nel mio zelo corro alla palma della sublime vocazione di Dio. ( Fil 3,13.14 )
È come se dicesse: Corro verso la patria che Dio dal cielo mi ha promessa.
Ebbene, fratelli, tutto quello che il popolo eletto ebbe a soffrire nel deserto, tutti i doni che Dio gli elargì ( di qualunque genere siano stati tanto i castighi quanto i doni ), tutto questo è immagine delle cose che nella solitudine di questa vita ( mentre camminiamo in Cristo alla ricerca della patria ) o ci vengono donate per nostra consolazione o abbiamo da soffrirle come prova della nostra fedeltà.
Non ci si deve, dunque, stupire se è cessato ciò che raffigurava il futuro.
Dico del popolo d'Israele.
Il quale venne condotto alla terra promessa; ma, forse che tale patria sarebbe durata per sempre?
Se così fosse stato, non sarebbe stata un'immagine ma la realtà.
Ma, poiché era un'immagine, quel popolo venne introdotto in qualcosa di temporaneo.
E, se fu introdotto in qualcosa di temporaneo, era necessario che questo avesse a finire e, col suo stesso venir meno, il popolo fosse costretto a cercare ciò che non avrebbe avuto mai fine.
La sinagoga era dunque costituita da persone che adoravano piamente Dio, ma lo adoravano per i beni della terra, per dei vantaggi immediati.
Difatti, a differenza degli empi che cercano le cose terrene dai demoni, il popolo ebraico, anche se cercava delle cose temporali, tuttavia le chiedeva all'unico Dio, che è il creatore di ogni cosa, sia spirituale che corporale.
E in questo era superiore ai pagani.
Quella sinagoga, dunque, era costituita da gente religiosa che, però, valutava le cose secondo la carne; era costituita da persone buone, buone secondo quel tempo, non da uomini spirituali, quali erano allora i profeti e quei pochi che ebbero una comprensione esauriente del regno celeste ed eterno.
Il popolo minuto era consapevole di ciò che aveva ricevuto da Dio e di ciò che Dio gli aveva promesso, cioè l'abbondanza dei beni terreni, la patria, la pace, la felicità terrestre.
Ma tutte queste cose erano figure; mentre la sinagoga, non comprendendo che cosa si nascondesse dietro le immagini, ritenne che tutto ciò fosse il più grande tra i doni di Dio e che Dio non avesse niente di meglio da dare a coloro che lo amavano e servivano.
Quando però si accorse che anche molti peccatori, empi, bestemmiatori, servi dei demoni, figli del diavolo, gente immersa nella depravazione e nella superbia, abbondavano di tali cose terrene e temporali, per ottenere le quali essa serviva Dio, allora nacque un dubbio atroce nel cuore di molti zelanti ebrei, un dubbio che fece loro vacillare i piedi e li fece, quasi, allontanare dalla via di Dio.
Ecco! Era questo un dubbio che serpeggiava nel popolo del Vecchio Testamento.
Voglia il cielo che non sia anche il dubbio di certi nostri fratelli carnali mentre è apertamente annunziata la felicità del Nuovo Testamento!
Che disse, allora, quella sinagoga? Che cosa dissero i giudei? Noi serviamo Dio, e siamo castigati, flagellati.
Ci sono sottratte le cose che amiamo e che avevamo ricevute da Dio come suo dono prezioso.
E invece, ecco gli altri! Sono uomini scellerati, malvagi, superbi, bestemmiatori, inquieti; eppure vivono nell'abbondanza di tutte le cose per le quali noi serviamo Dio.
Credo che veramente non valga a nulla servire Dio!
Questo è il contenuto del nostro salmo, in cui s'introduce a parlare un popolo che viene meno e vacilla.
Vedendo che i beni terreni, a cagione dei quali serviva Dio, abbondano nelle mani di coloro che non servono Dio, esso vacilla e quasi cade.
Viene meno insieme con i suoi inni, in quanto gli inni venivano a cessare in cuori così disposti.
In che senso venivano a cessare gli inni nel cuore di costoro?
Pensando tali cose, essi non lodavano più Dio.
E come potevano lodare Dio coloro ai quali Dio sembrava quasi ingiusto, in quanto donava agli empi tanta felicità, e la toglieva ai suoi servi?
Ad essi Dio non sembrava buono; e, se non sembrava buono, certamente non lo lodavano; e così cessavano gli inni sulla bocca di coloro che più non lodavano.
Più tardi, però, questo popolo comprese che cosa Dio lo esortava a cercare proprio col sottrarre ai suoi servi i beni temporali e donandoli ai suoi nemici, ai bestemmiatori, agli empi.
Istruito da Dio, capì che, al di sopra di tutte le cose che Dio dà ai buoni e ai cattivi e che talvolta toglie sia ai buoni come ai cattivi, al di sopra di tutto questo Dio riserba qualcosa per i buoni soltanto.
Che vuol dire: Riserba qualcosa per i soli buoni? E che cosa serba loro? Se stesso.
Ormai, a quanto credo, si potrà andare più spediti nell'esposizione del salmo.
Nel nome del Signore noi lo abbiamo compreso.
Ascolta, quindi, uno che ricorda e che si pente: è colui che ha sbagliato credendo che Dio non fosse buono per il fatto che accorda i beni terreni ai malvagi e li toglie ai suoi servi.
Egli ha compreso, finalmente, che cosa Dio riserba ai suoi fedeli; e, riflettendo su ciò e quasi volendo punire se stesso, prorompe in questa esclamazione.
Quanto è buono il Dio d'Israele! Ma con chi? Con i retti di cuore.
E com'è con i perversi? Appare perverso.
Sta scritto, infatti, in un altro salmo: Con il santo sarai santo, con l'uomo innocente sarai innocente, e con il perverso sarai perverso. ( Sal 16,6.7 )
Che vuol dire: Sarai perverso con il perverso? Vuol dire che l'uomo perverso ti considererà perverso.
In sé, infatti, Dio non può assolutamente pervertirsi.
Mancherebbe altro! Ciò che è, è e rimane.
Tuttavia, succede di lui quel che succede del sole.
Appare giocondo a chi ha occhi puri, sani, vigorosi, forti; mentre sembra quasi scagliare dardi acuti contro chi ha gli occhi ammalati.
Rinvigorisce l'uno, tormenta l'altro; e questo non perché si muti lui ma perché è mutato l'osservatore.
Allo stesso modo, se tu comincerai ad essere perverso, anche Dio ti sembrerà perverso.
Mutato sei tu, non lui! Comunque, ecco che per te diviene motivo di pena ciò che per i buoni è motivo di gioia.
Ricordando tutto questo, il salmista dice: Quanto è buono il Dio d'Israele con i retti di cuore!
8 - [v 2.] Ma a te che accade? I miei piedi hanno quasi vacillato.
Quand'è che i piedi hanno vacillato, se non quando il cuore non era retto?
E perché non era retto il cuore? Ascolta: I miei passi per poco non hanno inciampato.
Dove prima ha detto: Quasi, ora dice per poco; e dove diceva: Hanno quasi vacillato i piedi, ora dice: Stavano per inciampare i miei passi.
Quasi hanno vacillato i piedi, quasi hanno inciampato i passi.
I piedi hanno vacillato; ma come hanno vacillato i piedi e inciampato i passi?
I piedi hanno vacillato, dirigendosi verso l'errore; i passi hanno inciampato, cominciando a scivolare.
Non che fosse arrivato sino in fondo, ma quasi.
Che vuol dire questo? Cominciavo ormai a dirigermi verso l'errore, non c'ero ancora immerso.
Stavo cadendo, non ero caduto.
Perché tutto questo? Dice: Perché ero invidioso dei peccatori, vedendo la loro pace.
Guardavo i peccatori e notavo che essi erano in pace.
Quale pace? Essi godevano una pace temporale, instabile, caduca e terrena; tuttavia, era la stessa pace che anche io desideravo avere da Dio.
Mi accorsi così che quelli che non servivano Dio avevano ciò che io mi ripromettevo servendolo; e allora vacillarono i miei piedi e quasi inciamparono i miei passi.
Dice in breve perché i peccatori abbiano fortuna.
Godono ora perché non c'è scampo per la loro morte, ed è durevole il loro supplizio.
Non sono tra le pene degli uomini, e insieme con gli uomini non saranno flagellati.
Ormai ho capito - dice - perché essi hanno la pace e prosperano rigogliosi sulla terra.
Questo avviene perché non possono sottrarsi alla loro morte: cioè, perché li attende una morte inevitabile ed eterna, la quale non li risparmierà e dalla quale essi non potranno scampare.
Non c'è scampo, infatti, per la loro morte; ed è durevole il loro supplizio. È durevole il loro supplizio.
Non è, infatti, un castigo temporale e passeggero ma durerà in eterno.
In cambio dei tormenti eterni che essi soffriranno nel futuro, ora che cosa hanno?
Non sono tra le pene degli uomini, e insieme con gli uomini non saranno flagellati.
Ma, forse che insieme con gli uomini si risparmiano i flagelli anche al diavolo, per il quale ciononostante è preparato l'eterno supplizio?
Ma costoro, esentati per il momento dai flagelli e dalle sofferenze che incontrano gli uomini, a cosa approdano?
Dice: Per questa ragione li ha invasi la superbia.
Osserva questi superbi, questi indisciplinati.
Viene fatto di pensare al toro destinato al sacrificio, al quale si permette di andare in giro liberamente e di devastare tutto ciò che gli è possibile, fino al giorno in cui verrà ucciso.
È bene ormai, fratelli, che ascoltiamo, dalle parole stesse del profeta, la descrizione di questo toro, di cui vi dicevo sopra e del quale parla anche altrove la Scrittura.
Essa ci dice che i cattivi sono, per così dire, già pronti per il sacrificio e che li si risparmia affinché abusino ancora della loro libertà. ( Pr 7,22 )
Ha detto che li ha invasi la superbia.
Che cosa vuol dire: Li ha invasi la superbia? Si sono circondati di ingiustizia e di empietà.
Non dice: " Si sono coperti "; ma: Si sono circondati.
Cioè: si sono ammantati da ogni lato con la loro empietà.
Meritamente miseri, costoro non vedono né sono visti, così infagottati come sono.
E nemmeno il loro intimo si riesce a vederlo.
Infatti, se si riuscisse a vedere nell'intimo questi uomini malvagi, che pure appaiono così felici in questo mondo, se si potesse penetrare con lo sguardo nella loro coscienza tormentata e scrutarne l'animo lacerato e sconvolto da tanti desideri e paure, ci si accorgerebbe quanto essi siano miseri, anche quando li si chiama felici.
Ma, poiché sono circondati di ingiustizia e di empietà, costoro non vedono; non solo, ma neppure si riesce a vederli.
Li ha conosciuti però lo Spirito che, a proposito di costoro, pronunzia queste parole.
E noi dobbiamo guardarli con un occhio che sia capace di vedere rettamente, con occhio cioè dal quale sia stato rimosso il velo dell'empietà. Guardiamoli bene.
E anche se sono felici, fuggiamoli; e anche se sono felici, guardiamoci dall'imitarli!
Né desideriamo di avere dal Signore nostro Dio, quasi fossero grandi doni, le cose che riescono a conseguire anche coloro che non lo servono.
Ben altro egli ci riserba! Ben altro dobbiamo desiderare! Ascoltate che cosa.
Dapprima ci si descrivano i peccatori.
Uscirà come dal grasso la loro iniquità.
Guarda se non vi si riscontrino già i lineamenti di quel toro.
Ascoltate, fratelli! Non dobbiamo sorvolare incuranti le parole: Uscirà come dal grasso la loro iniquità.
Vi sono alcuni malvagi che sono malvagi per magrezza.
Sono cattivi perché smunti, cioè deboli, meschini, affetti, come da una tabe, dal bisogno.
Sono cattivi, certamente, anche costoro; e quindi meritevoli di condanna.
Il cristiano, infatti, deve sopportare ogni specie di strettezza piuttosto che commettere una qualsiasi colpa.
Tuttavia una cosa è peccare per necessità e un'altra peccare nell'abbondanza.
Un povero mendicante commette un furto.
È una colpa derivata da magrezza.
Ecco, invece, un ricco che abbonda di ogni cosa.
Perché dovrà rubare i beni altrui?
Se il peccato del primo deriva da magrezza, quello del secondo trae origine dal grasso.
Se chiederai a quel magro perché abbia fatto così, vergognoso e addolorato, nella sua umiltà te lo sentirai rispondere: " Mi vi ha costretto il bisogno ".
" Ma, perché non hai temuto Dio? " Ti risponde: " Mi vi ha spinto la miseria ".
Di' ora al ricco: " Perché ti comporti così, e come mai non temi Dio? "
Sempre che tu abbia il coraggio di andare a fargli delle rimostranze!
Guarda se almeno si degna di ascoltarti; e guarda se per caso non si sia comunicata anche a te l'iniquità che trasuda dal suo grasso.
Questa gente, infatti, minaccia rappresaglie a chiunque osi ammonirli e richiamarli al dovere.
Divengono nemici di chi loro dice il vero, ormai abituati ad essere lusingati dalle parole degli adulatori e forniti come sono di orecchie frivole e di cuore malato.
Chi oserà dire a un ricco: " Hai fatto male a rubare i beni altrui "?
Oppure, se qualcuno avrà di questo ardire e sarà di tanto superiore a lui che egli non possa opporgli resistenza, che cosa risponderà, allora, questo ricco?
La sua risposta altro non suonerà se non di disprezzo di Dio.
Perché? Perché è grasso. Perché? Perché è destinato al macello.
Uscirà come dal grasso la loro ingiustizia.
Sono andati al di là seguendo l'inclinazione del cuore.
Sono andati al di là interiormente.
Che significa: Sono andati al di là? Significa che hanno oltrepassato la via.
Che significa: Sono andati al di là? Hanno scavalcato i limiti normali del genere umano.
Non si considerano, infatti, uguali agli altri uomini.
Hanno oltrepassato, ripeto, i limiti assegnati al genere umano.
Pròvati a dire a un uomo siffatto: " Questo povero è tuo fratello; avete ambedue gli stessi progenitori: Adamo ed Eva.
Non considerare, quindi, soltanto la tua ambizione né la boria di cui sei rigonfio.
Anche se ti circonda una splendida famiglia, anche se sei ricco d'oro e di argento; anche se abiti in una casa rivestita di marmi, e ti coprono splendidi soffitti, ricorda che il tetto del mondo, il cielo, copre in comune te e il povero.
Se sei diverso dal povero, questo è per cose che non sono tue ma ti sono pervenute dal di fuori.
In mezzo a tali cose, guarda te stesso; non guardare le cose che ti circondano.
Guarda te stesso! Che cosa sei di più del povero? sempre che tu guardi te stesso, non ciò che possiedi …
Perché disprezzi, allora, il fratello?
Ambedue foste nudi nel seno delle vostre madri.
E poi, quando sarete usciti da questa vita e le vostre carni saranno putrefatte, spirata l'anima, allora sì che le ossa del ricco si riconosceranno da quelle del povero!
"Mi riferisco qui alla loro identica condizione, alla identica natura umana a cui tutti si appartiene.
E poi tanto il ricco quanto il povero non resteranno per sempre quaggiù; e, come il ricco non viene al mondo ricco, così neppure se ne partirà ricco.
Identico è per ambedue l'ingresso alla vita e identica l'uscita, la morte.
Aggiungo che, forse, vi si potranno cambiare le situazioni.
Ora che il Vangelo è annunziato ovunque, vi prego di ricordare quel povero coperto di piaghe che giaceva dinanzi alla porta del ricco e desiderava nutrirsi con le briciole che cadevano dalla mensa di costui.
E tu, ricco, prendi nota di quel tuo pari che era vestito di porpora e di bisso e banchettava ogni giorno splendidamente.
Accadde che il povero morì e fu trasportato dagli angeli nel seno di Abramo.
Morì poi anche il ricco e venne sepolto ( mentre forse nessuno si era preso cura di seppellire il povero ) …
Ebbene, quel ricco, mentre giaceva tra i supplizi dell'inferno, non elevò forse i suoi occhi, e non vide l'infinita felicità in cui si trovava colui che aveva disprezzato dinanzi alla sua porta?
E non desiderò, forse, che cadesse una goccia d'acqua dal dito di colui che aveva desiderato sfamarsi con le briciole cadute dalla sua tavola imbandita?
Fratelli, quanto fu lunga la sofferenza di quel povero? E quanto furono lunghe le delizie di quel ricco?
Ciò che ottennero in cambio è, invece, eterno.
Ebbene, colui che nella morte non doveva conoscere scampo e il cui supplizio sarebbe stato perpetuo non aveva sperimentato le pene degli uomini e non era stato flagellato come gli altri uomini.
L'altro, invece, era stato flagellato qui in terra, ma ottenne poi il riposo, poiché Dio flagella ogni figlio che gli è accetto. ( Eb 12,6 )
Ma a chi dici queste cose? A colui che banchetta splendidamente e che ogni giorno si veste di porpora e di bisso …
A chi dici tutto questo? A colui che è andato al di là seguendo l'inclinazione del cuore!
Con ragione, troppo tardi dirà: Manda Lazzaro; e che dica almeno ai miei fratelli ( Lc 16,19-31 ) … dato che per lui ormai non è più possibile una fruttuosa penitenza.
Non che egli non proverà pentimento: lo proverà ed eterno, ma non gli gioverà a salvezza.
Costoro, dunque, sono andati al di là seguendo l'inclinazione del cuore
14 - [v 8.] Hanno escogitato e proferito malignità.
In genere gli uomini dicono parole cattive, ma con timore; questi, invece, come lo fanno?
Hanno gridato l'iniquità a voce alta.
Non soltanto proferiscono cose ingiuste, ma le gridano a gran voce, senza ritegno e con superbia, e si fanno udire da tutti: " Io ci penserò! Io te lo farò vedere!
Sentirai con chi hai a che fare! Io ti leverò la pelle! "
Anche se pensi tali cose, almeno non le gridare ad alta voce!
Sia almeno chiusa nel segreto del pensiero la tua brama malvagia; sia almeno frenata nella tua mente!
Per quale motivo? È forse costui uno di quei macilenti?
Uscirà come dal grasso la loro iniquità. Hanno gridato l'iniquità ad alta voce.
Hanno drizzato al cielo la loro bocca, e la loro lingua è passata al di sopra della terra.
Che significano le parole: È passata al di sopra della terra?
Significano la stessa cosa che le precedenti: Hanno drizzato al cielo la loro bocca.
Infatti, passare al di sopra della terra significa che essi vanno al di là di tutte le cose terrene.
E che cosa significa " andare al di là di tutte le cose terrene "?
Significa non pensare che l'uomo può morire di colpo anche mentre parla.
Egli minaccia come se dovesse vivere sempre; e il suo pensiero non tieni conto della fragilità di tutto ciò che è terreno.
Non considera di quale creta sia rivestito né ricorda quanto altrove sta scritto di chi è uomo come lui: Uscirà il suo spirito e tornerà alla sua terra; e in quel giorno periranno tutti i suoi pensieri. ( Sal 146,4 )
Ma i ricchi superbi non pensano al loro ultimo giorno: parlano con alterigia, drizzano al cielo la loro bocca e passano al di sopra della terra.
Se un malfattore gettato in carcere non pensasse al suo ultimo giorno, cioè al giorno conclusivo del suo processo, nulla sarebbe più atroce della sua sorte.
Eppure egli ha la possibilità di fuggire.
Ma tu dove fuggirai per non morire? Quel giorno verrà sicuramente.
Quanto a lungo potrai vivere? Quanto potrà durare ciò che ha fine, anche se si trattasse di un tempo veramente lungo?
Ma poi, non è vero che sia così. Non è un tempo lungo e, anche se fosse davvero lungo, sarebbe ugualmente incerto.
Perché, dunque, non pensa a tutto questo il ricco?
Perché ha drizzato al cielo la sua bocca e la sua lingua è passata al di sopra della terra.
Qua, pertanto, si volgerà il mio popolo.
A tale direzione si volge ormai lo stesso Asaf.
Ha visto, infatti, che di questi beni terreni abbondano gli iniqui e i superbi.
Torna a Dio, e comincia a chiedere e a ragionare.
Ma quando? Quando saranno trovati in loro i giorni pieni.
Che vuol dire: Giorni pieni? Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio. ( Gal 4,4 )
Sono, tali giorni, la pienezza dei tempi, quando venne il Cristo a insegnarci il disprezzo delle cose temporali, a non attribuire grande importanza a ciò che desiderano i cattivi, a sopportare tutto ciò che questi cattivi paventano.
Egli si è fatto nostra via: ci ha richiamati alla riflessione interiore; ci ha insegnato che cosa si debba chiedere a Dio.
E osserva come da un pensiero esageratamente ripiegato su se stesso e, per così dire, in continuo risucchio dei propri slanci, si passi alla scelta di ciò che è vero.
Qua, pertanto, si volgerà il mio popolo; e in loro saranno trovati i giorni pieni.
17 - [v 11.] E hanno detto: Come farà Dio a conoscere queste cose?
E che davvero l'Altissimo ne abbia notizia? Osserva quali pensieri passino nella loro mente.
"Ecco! gli empi sono felici; né Dio si cura delle faccende umane.
Saprà veramente Dio che cosa noi facciamo? " Osservate quanto vanno dicendo.
Vi scongiuriamo, fratelli! I cristiani almeno non dicano: Conoscerà davvero Dio queste cose e l'Altissimo ne avrà notizia?
18 - [v 12.] Ma perché ti pare che Dio non le sappia e che l'Altissimo non ne sia a conoscenza?
Risponde: Ecco, i peccatori hanno ottenuto in questo mondo abbondanti ricchezze.
Sono peccatori e ottengono nel mondo abbondanti ricchezze.
Quanto a lui personalmente, ha confessato di non voler essere peccatore al fine di ammassare ricchezze.
Tuttavia la sua anima carnale aveva barattato la propria giustizia con cose visibili e terrene.
Ma quale giustizia è mai quella che si pratica per amore dell'oro?
Quasi che l'oro sia più prezioso della stessa giustizia!
O, nel caso di uno che ricusi di restituire i beni altrui, quasi che il danno subìto da colui al quale li si nega sia maggiore di quello che subisce chi rifiuta di cederli!
L'uno perderà la veste, ma l'altro perde la fede!
Ecco, i peccatori hanno ottenuto in questo mondo abbondanti ricchezze.
Per questo, dunque, Dio non sa e l'Altissimo non ha notizia di quello che accade nel mondo!
E ho detto: Dunque, senza motivo ho giustificato il mio cuore.
Io servo Dio e non posseggo ricchezze; essi non lo servono e ne abbondano.
Dunque, senza motivo ho giustificato il mio cuore e ho lavato tra gli innocenti le mie mani.
Tutto sprecato! Dov'è la ricompensa della mia buona vita? Dov'è il premio del mio servizio?
Vivo bene e sono in miseria; mentre l'ingiusto sta nell'abbondanza!
E ho lavato tra gli innocenti le mie mani.
E tutto il giorno sono stato flagellato. Da me non si allontanano i flagelli di Dio.
Io lo servo fedelmente e sono flagellato; costui non lo serve ed è favorito in tutto.
Si è posto così una grossa questione.
L'anima è scossa, va alla deriva: e questo proprio all'atto di passare al disprezzo delle cose terrene e al desiderio di quelle eterne.
In questa riflessione c'è come un viaggio della stessa anima, durante il quale essa è sconvolta, come in mezzo alla tempesta, prima di giungere al porto.
Capita normalmente agli ammalati che, quando la malattia è grave e sono giunti agli estremi, sentono meno il dolore, mentre, quando stanno per riacquistare la salute, il dolore diviene più acuto.
I medici chiamano "critico" questo accesso, in quanto per esso inizia il processo di guarigione: allora la febbre è più alta, ma prelude la salute; più forte è l'arsura, ma più vicina la convalescenza.
In maniera analoga arde spiritualmente il salmista.
Infatti, fratelli, sono pericolose, gravi, quasi blasfeme queste parole: Come farà Dio a conoscere?
Dico: " quasi blasfeme ", poiché egli non asserisce: " Dio non lo conosce ", né " l'Altissimo non ne ha cognizione ".
Parla in tono interrogativo, come uno che esiti o sia nel dubbio.
Stato d'animo di cui poco prima diceva: Quasi hanno inciampato i miei passi.
Come farà Dio a conoscere? e l'Altissimo ne avrà notizia?
Non asserisce, ma il dubbio stesso è pericoloso.
Egli però proprio attraverso il pericolo giunge alla salute.
Ascolta ormai la salute: Dunque, senza motivo ho giustificato il mio cuore, e ho lavato tra gli innocenti le mie mani.
E tutto il giorno sono stato flagellato, e il mio rimprovero è mattiniero.
Il rimprovero è un richiamo severo: colui che viene rimproverato è richiamato sulla buona via.
Che significa: Mattiniero? Significa che esso non è rimandato.
È differito il rimprovero degli empi; il mio non è rimandato.
Quello degli empi si compie tardi oppure non si compie affatto. Il mio è mattiniero.
Tutto il giorno sono stato flagellato, e il mio rimprovero è mattiniero.
Se dicevo: Io narrerò così …, cioè così insegnerò.
Che cosa insegnerai? Che non c'è scienza nell'Altissimo? Che Dio non conosce?
È questa l'affermazione che vuoi fare, cioè, che invano vivono coloro che vivono nella giustizia? che è inutile all'uomo giusto essere fedele a Dio e onorarlo? e che Dio, caso mai, favorisce i malvagi, oppure non si occupa di nessuno? Questo vuoi dire? questo vuoi narrare?
Ma si frena. Un'autorità lo costringe a tacere.
Quale autorità? L'uomo, talvolta, vorrebbe uscire in affermazioni di questo genere, ma ne è trattenuto dalle Scritture che ci invitano a vivere sempre nel bene e ci insegnano che Dio si occupa della vita dell'uomo e distingue tra il pio e l'empio.
Dunque, anche costui, mentre sta per proferire espressioni irriverenti, si trattiene.
E che cosa dice? Se mi fossi deciso a parlare così, ecco, avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
Avrei tradito la generazione dei tuoi figli, se così avessi parlato.
Avrei, cioè, tradito la generazione dei giusti.
Alcuni codici recano: Ecco, le generazione dei tuoi figli, insieme con la quale avevo cantato.
Cioè: con quale dei tuoi figli avrei cantato insieme? con chi sarei stato d'accordo? a chi mi sarei adeguato?
Avresti dissentito da tutti, se così avessi insegnato.
Canta insieme, infatti, chi si armonizza; chi invece non si armonizza neppure canta insieme.
E io avrei potuto proferire parole diverse da quelle che disse Abramo o Isacco o Giacobbe? da quelle che dissero i profeti?
Tutti costoro, infatti, hanno affermato che Dio si occupa dell'uomo e delle sue vicende, e io oserò dire che non se ne occupa?
C'è, forse, maggior saggezza in me che non in loro? C'è, forse, maggior intelligenza in me che non in loro?
Una salutare autorità gli ha distolto il pensiero dal cadere nell'empietà.
Che cosa segue? Se avessi detto: Io narrerò così, ecco avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
Dunque, per non tradirla, che cosa fa? E accettai di conoscere.
Accetta la scienza. Dio lo assista, affinché conosca per davvero!
Intanto, o fratelli, egli è sottratto alla grande caduta.
Non presume più d'essere sapiente, ma accetta che gli venga fornita la conoscenza di ciò che prima non conosceva.
Prima voleva apparire sapiente e andava blaterando che Dio non ha cura delle vicende umane.
È stata, infatti, realmente insegnata da uomini perversi questa malvagia ed empia dottrina.
Sappiate, fratelli, che sono in molti a discutere e ad affermare che Dio non si cura delle cose umane e tutto è guidato dal caso.
Dicono che le nostre volontà sono soggette alle stelle e che ciascuno di noi non si comporta liberamente ma è necessitato dalle sue proprie stelle.
Dottrina falsa! dottrina empia! Ad essa inclinava il salmista quando i suoi piedi stavano quasi per vacillare e i suoi passi per poco non hanno inciampato. ( Sal 73,2 )
In questo errore scivolava; ma, poiché si accorgeva di non concordare più con la generazione dei figli di Dio, cominciò ad accettar di conoscere e condannò quella scienza nella quale non si trovava d'accordo con i giusti di Dio.
Ascoltiamo che cosa dice.
Ha cominciato a conoscere, è stato aiutato, ha appreso qualcosa che vuol indicare a noi.
Dice: Cominciai a ricevere la scienza. Questo è per me una fatica.
Davvero è una grande fatica scandagliare come Dio si occupi delle cose umane e perché mai i cattivi stiano bene mentre i buoni soffrono.
Problema veramente difficile! Per questo dice: Questo è per me una fatica.
Mi sta innanzi come una muraglia, ma tu conosci le parole del salmo: Nel mio Dio valicherò il muro. ( Sal 18,30 )
Questo è per me una fatica.
Dici il vero! la fatica è dinanzi a te; ma dinanzi a Dio non c'è fatica.
Poniti dinanzi a Dio, là dove non esiste fatica, e non faticherai neppure tu.
E di fatti, egli si comporta proprio così. Eccolo, quindi, indicarci fino a quando ha dovuto faticare.
Finché non sia entrato, dice, nel santuario di Dio e non abbia rivolto la mente alle ultime cose.
Grande cosa ha detto, fratelli! Da tempo mi affatico - dice - e mi vedo dinanzi una difficoltà tremenda, un groviglio quasi inestricabile: conoscere, cioè, come Dio possa essere giusto e curarsi delle cose umane, e non essere, al contrario, ingiusto, quando consente che i peccatori e gli scellerati siano felici in questa terra, mentre i pii e i servi di Dio soffrono in mezzo a tentazioni e tribolazioni.
Veramente molto difficile è capire tutto questo.
Ma è difficile finché non entri nel santuario di Dio.
Entrato invece nel santuario di Dio, quale aiuto ricevi per poter risolvere la questione?
Dice: E non abbia rivolto la mente alle ultime cose. Non alle cose presenti.
Io, dice in sostanza, dal santuario di Dio volgo attento il mio occhio verso la fine; oltrepasso le realtà presenti.
Tutto quest'insieme di esseri che è chiamato genere umano, tutta questa massa di gente mortale verrà sottoposta ad un esame, verrà collocata sulla bilancia; ivi si peseranno le opere degli uomini.
Ora tutto è avvolto da nubi; ma a Dio sono noti i meriti di ciascuno.
Dice: Volgerò la mente alle ultime cose; ma un tal atteggiamento non lo prenderò da me stesso; infatti innanzi a me c'è la fatica.
Come farò a volgere la mente alle ultime cose? Occorre che entri nel santuario di Dio.
Là, dunque, comprese costui anche il motivo per cui i malvagi ora sono felici.
Per davvero hai messo l'inganno innanzi a loro, e questo perché sono ingannatori e tendono frodi.
Ma, poiché sono ingannatori, avranno da subire l'inganno.
Che significa: " Perché sono ingannatori li attende l'inganno "?
Vogliono ingannare gli uomini con tante loro iniquità, e ne rimangono ingannati loro stessi: scelgono i beni terreni e trascurano quelli eterni.
Sì veramente, o fratelli! Essi subiscono l'inganno proprio nel momento in cui l'ordiscono a danno degli altri.
Ve l'ho già detto poco fa, fratelli. Che testa ha, per esempio, colui che per guadagnare una veste perde la fede?
Chi subisce l'inganno? Colui al quale egli porta via la veste, oppure lui stesso che è colpito da una così grave sciagura?
Se la veste è più preziosa della fede, maggiore è il danno del derubato; ma, se la fede è incomparabilmente superiore a tutto il mondo, il primo ha, sì, subìto il danno di perdere la veste; ma l'altro! …
A lui sono rivolte le parole: Che cosa giova all'uomo guadagnare tutto il mondo, se perde l'anima? ( Mt 16,26 )
Che cosa capita, dunque, ai cattivi? Veramente hai messo l'inganno dinanzi a loro; li hai abbattuti mentre si inorgoglivano.
Non dice: Li hai abbattuti perché si erano inorgogliti, e neppure: Li hai abbattuti dopo che si erano inorgogliti.
Sono stati, invece, abbattuti nel momento stesso in cui si inorgoglivano.
Inorgoglirsi così è già cadere. Li hai abbattuti mentre si inorgoglivano.
25 - [v 19.] Come sono stati rovinati in un attimo.
È sorpreso per la loro sorte, questo [ convertito ] che mira ormai alle cose della fine.
Sono venuti meno. Come il fumo che svanisce mentre si leva in alto, così veramente vengono meno costoro.
Come fa a dire che vengono meno? Perché egli è ormai rivolto con la mente alle cose della fine.
Sono venuti meno, si sono perduti per la loro ingiustizia.
Come il sogno di chi si sveglia. Come svanirono? Come svanisce un sogno all'uomo che si desta.
Immagina un uomo che in sogno creda di aver trovato dei tesori.
Egli è ricco, ma finché non si svegli. Come il sogno di chi si sveglia.
Essi sono scomparsi come scompare un sogno da chi cessa di dormire.
Cercherà la roba sognata, ma questa non c'è più: niente nelle mani, niente nel letto.
Si era addormentato povero, e nel sogno era divenuto ricco.
Se non sì fosse svegliato, sarebbe ricco ancora.
Si è svegliato, e ha trovato la miseria che aveva dimenticata addormentandosi.
Così costoro. Essi troveranno la miseria che s'erano preparata.
Quando alla fine della vita si sveglieranno, troveranno che è passato tutto ciò che come in sogno possedevano.
È passato come il sogno di chi si sveglia.
Qualcuno però potrebbe obiettare: Ma come? Ti sembra roba da poco tutta la loro gloria, tutta la loro pompa?
Ti sembrano davvero insignificanti le epigrafi, le immagini, le statue, gli elogi, le schiere dei clienti?
Eccone la risposta: Signore, nella tua città tu annienterai la loro immagine.
Permettetemi qui, o miei fratelli, di parlare con franchezza, almeno per quanto è consentito ( poiché, quando dimentichiamo le distanze tra noi e voi, è più facile ferirvi che insegnarvi ).
Orbene, nel nome di Cristo e nel suo timore, vi esorto a non desiderare tutte queste cose qualora non le possediate.
Che se al contrario, le possedete, non riponete in esse le vostre speranze.
Ecco, ho parlato chiaro. Non vi dico che siete dannati se possedete [ delle ricchezze e degli agi ].
Vi dico, però, che vi dannerete se riporrete in esse la vostra speranza, se di esse vi inorgoglirete; se a cagione di esse vi darete delle arie, se per l'attaccamento a tali beni disprezzerete i poveri, e se, per la vostra alterigia e vanità, dimenticherete che siete degli uomini come tutti gli altri.
Se così fosse, Dio non potrebbe fare a meno di pagarvi nell'ultimo giorno e di cancellare dalla sua città le vostre immagini.
Ma, chi è ricco, lo sia nel modo che ordina l'Apostolo.
Comanda, dice, ai ricchi di questo mondo di non insuperbire e di non sperare nell'incertezza delle loro ricchezze.
Sperino invece nel Dio vivente, che ci dona ogni cosa con abbondanza perché ne godiamo. ( 1 Tm 6,17 )
Toglie ai ricchi ogni via alla superbia e porge loro un consiglio.
Come se gli avessero detto: Noi siamo ricchi e tu ci vieti di insuperbire, ci proibisci di vantare gli splendori delle nostre ricchezze.
Che cosa faremo, dunque, di queste ricchezze?
Ma che, davvero, non ci sia modo di impiegarle per qualcosa?
Siano ricchi, risponde l'Apostolo, in opere buone: diano agli altri con liberalità, ne rendano partecipi i fratelli.
E che giovamento ne avranno? Accumulino per sé un tesoro ben stabile per il futuro, in modo da accaparrarsi la vera vita. ( 1 Tm 6,18.19 )
E dove debbono spedire il tesoro che avranno accumulato?
Là dove il salmista ha volto il suo sguardo, entrando nel santuario di Dio.
Inorridiscano tutti i nostri fratelli ricchi, che abbondano di denaro, di oro, d'argento, di familiari e di titoli onorifici.
Inorridiscano di fronte alle parole che ora sono state recitate: Signore, nella tua città tu annienterai la loro immagine.
Non sono, forse, costoro degni di subire questa condanna, cioè che Dio nella sua città distrugga la loro immagine, se loro per primi nella loro città terrena hanno distrutto l'immagine di Dio?
Nella tua città annienterai la loro immagine.
27 - [v 21.] Perché si è allietato il mio cuore. Dice da quali cose sia tentato.
Si è allietato il mio cuore, e le mie viscere si sono mutate.
Quando trovavo piacere in queste cose temporali, le mie viscere si mutavano.
Si potrebbe intendere anche così: Siccome il mio cuore si è allietato in Dio, per questo anche le mie viscere si sono mutate.
Cioè: le mie passioni carnali si sono trasformate e io sono diventato perfettamente casto.
Le mie viscere si sono mutate. Ascolta in qual modo.
28 - [v 22.] Anche io sono stato ridotto a un niente e non ho conosciuto.
Anch'io, che ora sto dicendo tante cose a proposito dei ricchi, un tempo desideravo le ricchezze, ed è per questo che anch'io sono stato ridotto a un niente.
Era il tempo quando quasi stavano per inciampare i miei passi. ( Sal 73,2 )
Anche io sono stato ridotto a un niente e non ho conosciuto.
Non c'è, quindi, da disperare nemmeno di coloro contro i quali io parlavo severamente.
29 - [v 23.] Che significa: Non ho conosciuto?
Sono divenuto come una bestia dinanzi a te; e io sempre sono con te.
C'è molta differenza tra costui e gli altri.
Costui è divenuto come una bestia in quanto ha desiderato cose terrene, e, ridotto a un niente, non si curava più di conoscere le cose eterne.
Tuttavia, egli non si è allontanato dal suo Dio, perché non ha desiderato tali cose dai demoni o dal diavolo.
Già vi ho spiegato tutto questo. È la voce della sinagoga, cioè di quel popolo che mai ha adorato gli idoli.
È vero - dice - che io sono diventato come una bestia, desiderando dal mio Dio le cose terrene; ma mai mi sono allontanato dal mio Dio.
Poiché dunque, sebbene divenuto bestia, non mi sono allontanato dal mio Dio, continua: Hai tenuto la mano della mia destra.
Non dice: " La mia mano destra ", ma: La mano della mia destra.
Se c'è una mano della destra, la mano ha la sua mano! …
Hai tenuto la mano della mia destra, per guidarmi.
Che vuoi dire: La mano? Vuol dire " il potere ".
Diciamo, infatti, che uno ha qualcosa in mano quando l'ha in suo potere.
Così come il diavolo disse a Dio a proposito di Giobbe: Stendi la tua mano e togli ciò che ha. ( Gb 1,1 )
Che vuol dire: Stendi la tua mano? Vuol dire: " Dammi il potere ".
Chiama " mano di Dio " il potere di Dio.
Così sta scritto anche altrove: La morte e la vita nelle mani della lingua. ( Pr 18,21 )
Forse che la lingua ha le mani? Che vuol dire, allora: Nelle mani della lingua? Vuol dire: In potere della lingua.
E " In potere della lingua " che significa? Dalla tua bocca sarai giustificato e dalla tua bocca sarai condannato. ( Mt 12,37 )
Hai tenuto, pertanto, la mano della mia destra, cioè, il potere della mia destra.
Qual era la mia destra? L'essere io sempre con te.
Nella sinistra avevo l'essere divenuto bestia; cioè il fatto che in me c'erano desideri terreni, ma era la mia destra l'essere sempre con te.
Di questa mia destra tu hai tenuto la mano, cioè hai governato il potere.
Quale potere? Hai dato loro il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 )
Già ha cominciato ad essere tra i figli di Dio, appartenendo al Nuovo Testamento.
E osserva come è tenuta la mano della sua destra. Nella tua volontà mi hai condotto.
Che vuol dire: Nella tua volontà? Vuol dire: Non per i miei meriti.
Che vuol dire, ripeto: Nella tua volontà?
Ascolta l'Apostolo, che dapprima era stato anche lui una bestia, desiderando le cose terrene e vivendo secondo il Vecchio Testamento.
Cosa dice? Io dapprima fui bestemmiatore, e persecutore, e prepotente; ma ho ottenuto misericordia. ( 1 Tm 1,13 )
Che vuol dire, dunque: Nella tua volontà? Per grazia di Dio sono ciò che sono. ( 1 Cor 15,10 )
E con la gloria mi hai assunto.
Chi ci spiegherà, chi ci dirà dove sia stato assunto e in quale gloria?
Aspettiamolo con perseveranza, perché questo accadrà nella resurrezione.
Alla fine si compiranno le parole: Con la gloria mi hai assunto.
Comincia a pensare alla felicità celeste e a rimproverare se stesso per essere stato una bestia avendo desiderato le cose terrene.
Che c'è infatti per me in cielo? e da te che cosa ho voluto sulla terra?
Dalle vostre esclamazioni vedo che avete capito.
Paragona alle sue aspirazioni terrene il premio celeste che riceverà.
Vede che cosa è a lui serbato in cielo; e, pensando, anzi esilarato al pensiero di questa cosa ineffabile, che né occhio mai vide né orecchio udì né ascese nel cuore dell'uomo, ( Col 2,9 ) non afferma: " Questo o quello c'è per me in cielo ", ma si chiede: Che c'è per me in cielo? Che ho io in cielo? Che cosa è? Quanto è?
Di che cosa si tratta? E, siccome non passa ciò che ho in cielo, che cosa è mai ciò che io ho voluto da te sulla terra? Tu mi serbi te stesso.
Ve lo dirò come posso, e voi compatitemi e accogliete il mio tentativo, la mia buona volontà.
Non è possibile spiegarlo. Dice: Tu serbi per me in cielo ricchezze immortali, mi riservi te stesso; e io volevo avere da te qui in terra ciò che hanno anche gli empi, ciò che posseggono anche i malvagi, anche i facinorosi: il denaro, l'oro, l'argento, le gemme, una numerosa famiglia.
Tutte queste cose le hanno anche gli scellerati, anche molte donne disoneste e uomini turpi.
Invece, tutto questo, come fosse una gran cosa, io desideravo dal mio Dio sulla terra, non pensando che egli mi riserva se stesso nel cielo.
Che cosa c'è, intatti, per me in cielo? Mostrerà poi di che cosa si tratti.
E da te che cosa ho io voluto sulla terra?
È venuto meno il mio cuore e la mia carne, o Dio del mio cuore.
Questo, dunque, mi è serbato nel cielo: Il Dio del mio cuore; e la mia porzione è il mio Dio.
Che vuol dire, fratelli? Vediamo di trovare le nostre vere ricchezze.
Si scelgano pure gli uomini quello che vogliono.
Soffermiamoci a guardare come gli uomini siano dilaniati da desideri diversi: alcuni scelgono la milizia, altri l'avvocatura, altri le varie e molteplici attività culturali, altri il commercio, altri ancora l'agricoltura.
Lasciamoli dividere fra loro l'una o l'altra di queste cose umane; ma noi, popolo di Dio, gridiamo alto: Mia parte è il mio Dio.
La porzione non durerà solo qualche tempo. Dio sarà la mia parte nei secoli.
Anche se riuscissi ad avere per sempre il mio oro, che cosa avrei in fondo?
Invece, se avessi Dio anche per un tempo limitato, quale grande ricchezza possederei! Ma c'è di più.
Egli promette se stesso e me lo promette per sempre.
Ho un bene grandissimo e mai mi sarà tolto! Immensa felicità! Mia parte è Dio.
Fino a quando? Nei secoli.
Ecco: ora vedi come [ Dio ] lo abbia amato e come gli abbia reso casto il cuore.
Dio del mio cuore, e mia parte è Dio nei secoli.
Casto è divenuto il suo amore. Ora ama Dio gratuitamente né va a chiedergli altro premio.
Chi, chiede a Dio un altro premio all'infuori di lui e per questo vuol servire Dio, considera ciò che vuole ricevere più prezioso di colui dal quale vuol riceverlo.
Ma come? Non avremo nessun premio da Dio? Nessuno, all'infuori di lui stesso.
Il premio di Dio è Dio medesimo. Questo ama, questo predilige il salmista.
Se amasse qualche altra cosa, l'amore non sarebbe casto.
Se ti allontani dal fuoco immortale, ti raffreddi, ti corrompi.
Non allontanarti! Sarebbe una corruzione, sarebbe una profanazione la tua.
Questi, invece, già ritorna, già si pente, già sceglie il ravvedimento e dice: Mia parte è Dio.
E come si allieta in lui, che ha scelto per sua parte!
33 - [v 27.] Ecco, coloro che vanno lontani da te periranno.
Anche lui se ne era andato lontano da Dio, sia pure di poco.
Ero divenuto, confessa lui stesso, una bestia, sebbene voglia essere sempre con te. ( Sal 73,23 )
Quanto agli altri, invece, essi se ne sono andati lontano, perché non soltanto hanno desiderato le cose terrene ma le hanno chieste ai demoni e al diavolo.
Coloro che vanno lontano da te periranno.
E che vuol dire andarsene lontani da Dio?
Hai mandato in rovina chiunque, fornicando, si allontana da te.
Il contrario di questa fornicazione è l'amore casto.
E quando si ha l'amore casto? Quando l'anima ama il suo sposo.
E che cosa chiede a lui, allo sposo che ama? Si comporterà, forse, come certe donne quando hanno da scegliere il genero o il marito?
Guarderà, forse, alle ricchezze? Si innamorerà del suo oro, delle sue proprietà, del suo argento, del denaro, dei cavalli, della famiglia o di tutto il resto? Non sia mai!
Un'anima così elevata ama soltanto Dio e lo ama disinteressatamente, perché in lui ha ogni cosa, in quanto per suo mezzo tutte le cose sono state fatte. ( Gv 1,3 )
Dice: Hai mandato in rovina chiunque, fornicando, si allontana da te.
E tu che farai? Per me è bene star vicino a Dio.
Questo è tutto il mio bene. Volete qualcosa di più? Mi dispiace per chi lo vuole.
Fratelli, che cosa volete di più? Non c'è niente di meglio che stare uniti a Dio, quando lo vedremo faccia a faccia. ( 1 Cor 13,12 )
E ora? Siccome parlo ancora da esule, è ugualmente buon per me, dice, starmene unito a Dio; ma, siccome ora sono nell'esilio né è giunto il momento del possesso effettivo, è bene per me riporre in Dio la mia speranza.
Fintanto che non sarai perfettamente unito a lui, riponi in lui la tua speranza.
Ondeggi; ebbene, getta a terra l'ancora.
Non ancora sei unito per la presenza; unisciti a lui con la speranza.
Riporre in Dio la mia speranza! Ecco dunque che tu riponi in Dio la tua speranza, ma intanto che farai?
Di che cosa ti occuperai, se non di lodare colui che ami e di far sì che altri lo amino con te?
Poni il caso che tu provassi simpatia per un auriga.
Non indurresti anche altri ad amarlo con te?
Chi è tifoso di un auriga, ovunque vada parla di lui, in modo che con lui lo amino anche gli altri.
Si amano gratuitamente questi uomini scalmanati, e da Dio si pretende un premio per amarlo!
Ama Dio gratuitamente! Non invidiare Dio a nessuno.
Appropriatevi di lui, quanti potete farlo, quanti desiderate possederlo!
Egli non rimpicciolisce, né voi riuscirete a porgli dei limiti.
Ciascuno di voi lo possederà tutto intero; e tutto intero lo avrete tutti.
Questo devi fare mentre vivi qui in terra: finché, cioè, hai da riporre in Dio la tua speranza.
E che cosa segue? Per annunziare tutte le tue lodi negli atri della figlia di Sion.
Per annunziare tutte le tue lodi; ma dove? Negli atri della figlia di Sion.
Vana è, infatti, la predicazione di Dio se fatta al di fuori della Chiesa.
È poca cosa lodare Dio e annunziare tutte le sue lodi.
Annunziale negli atri della figlia di Sion.
Tendi all'unità, non dividere il popolo! Riuniscilo in uno, fanne uno solo.
Non mi sono accorto di quanto tempo abbia parlato.
Ormai però il salmo è finito; e poi sento un certo qual odore che mi fa pensare d'aver tenuto un lungo discorso.
Ma non si riuscirebbe mai a soddisfare i vostri desideri. Siete troppo prepotenti!
Oh, se almeno con codesta vostra violenza rubaste il regno dei cieli!
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