Esposizione dei Salmi |
Il titolo di questo salmo ottantasettesimo offre al commentatore un nuovo spunto.
In nessun altro salmo troviamo, infatti, ciò che qui si legge: Per melec, da cantarsi con risposta.
Abbiamo già detto quanto ci è sembrato opportuno dire a proposito del salmo del cantico o del cantico del salmo.
Del pari, spessissimo, abbiamo spiegato nei titoli dei salmi il significato delle parole: Per i figli di Core, o delle altre: Per la fine. ( Sal 84,1 )1
Mai, tuttavia, abbiamo trovato un titolo come questo: Per melec, da cantarsi con risposta.
Possiamo peraltro tradurre in latino: Per melec con " per il coro "; melec, infatti, in ebraico significa " coro ".
Che significa, dunque, dire: Per il coro, da cantarsi con risposta, se non che il coro deve rispondere armonizzandosi con colui che canta?
È da credere del resto, che non solo questo salmo sia stato cantato ma anche altri, sebbene portino titoli differenti: fenomeno che io ritengo doversi ascrivere al desiderio di variare il salterio, onde evitare la noia che darebbe l'uniformità.
Questo salmo non è il solo ad esigere una risposta da parte del coro, come non è l'unico scritto sulla passione del Signore.
Oppure, ci potrebbe essere un'altra ragione della grande varietà dei titoli, apposti nei diversi salmi: ragione che spieghi il perché ciascuno dei salmi sia stato intitolato a suo modo ( dato che ciascuno si intitola in modo diverso e nessun titolo concorda con gli altri ).
Quanto a me, debbo confessarvi che non sono riuscito a trovarla, malgrado i miei molteplici sforzi.
E debbo anche dire che quanto ho letto in trattatisti dei tempi passati su tale argomento non ha appagato la mia attesa o scarsa intelligenza.
Premesso questo, voglio precisare quale sia il mistero a proposito del quale mi sembrano dette le parole: " Per il coro, da cantarsi con risposta ", cioè in modo che il coro risponda a colui che intona.
Si annuncia, qui, la passione del Signore.
Ma l'apostolo Pietro dice: Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio affinché seguiamo le sue orme. ( 1 Pt 2,21 )
Ecco cos'è rispondere. Ugualmente l'apostolo Giovanni: Cristo ha immolato per noi la sua vita; e così anche noi dobbiamo immolarci per i fratelli. ( 1 Gv 3,16 )
Ecco cos'è rispondere! E il coro raffigura la concordia, frutto della carità.
Chiunque, quindi, voglia farsi imitatore della passione del Signore fino a dare il suo corpo alle fiamme, se non ha la carità, non risponde in coro; e perciò a nulla gli giova [ il suo sacrificio ]. ( 1 Cor 13,3 )
Viene fatto di ricordare qui che nell'arte musicale si parla di intonatore e di accompagnatore ( così li hanno chiamati in latino gli esperti ): l'intonatore è colui che inizia il canto, l'accompagnatore è colui che risponde cantando dietro all'altro.
Allo stesso modo, in questo cantico della passione, al Cristo che avanza per primo, tiene dietro cantando il coro dei martiri, che avanzano verso la fine, cioè verso la corona celeste.
È questo, infatti, un salmo che si canta per i figli di Core, cioè per quanti imitano la passione di Cristo.
Cristo, infatti, fu crocifisso nel luogo del Calvario, ( Mt 27,33 ) che in ebraico si dice " Core ", come appare dalla traduzione dei nomi ebraici.
Ma questo salmo è anche dell'intelligenza di Eman israelita, come leggiamo alla fine del suo titolo.
Ora, si dice che Eman significhi " fratello di lui ".
E, difatti, Cristo si è degnato di fare suoi fratelli coloro che intendono il sacramento della sua croce, e non solo non si vergognano di essa ma di essa religiosamente si gloriano.
Né s'inorgogliscono dei propri meriti, né restano ingrati alla grazia di lui.
A ciascuno di loro possono applicarsi le parole: Ecco un vero Israelita in cui non c'è inganno. ( Gv 1,47 )
La Scrittura dice, infatti, che Israele stesso fu esente da inganno. ( Gen 25,27 )
Ascoltiamo, dunque, la voce di Cristo che canta per primo nella profezia.
Signore, Dio della mia salute, di giorno e di notte ho gridato dinanzi a te.
Entri la mia preghiera al tuo cospetto! China il tuo orecchio alla mia supplica!
Ha pregato, infatti, anche il Signore; non nella natura di Dio, ma nella natura del servo, nella quale ha anche subìto la passione.
Egli pregava nella letizia, significata nel " giorno ", e nelle avversità, rappresentate, credo, nella " notte ".
L'ingresso della preghiera al cospetto di Dio significa che Dio l'accetta; che poi Dio porga l'orecchio significa il suo misericordioso esaudimento.
Dio, infatti, non ha le membra che noi abbiamo nel corpo.
Secondo il solito, c'è qui una ripetizione; e la stessa cosa è dire: Entri la mia preghiera al tuo cospetto, e l'altra: China il tuo orecchio alla mia supplica.
Perché la mia anima è ricolma di mali e la mia vita si è avvicinata all'inferno.
Oseremo dire che l'anima di Cristo fu ricolma di mali quando il tormento della passione con tutte le sue acerbità si riversò sulla carne di lui?
Ne parlava lui stesso, allorché, incitando i discepoli a sopportare le sofferenze ( come invitando il suo coro a rispondere al suo canto ) diceva: Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima. ( Mt 10,28 )
O, forse, l'anima non può essere uccisa dai persecutori, ma può essere colmata di mali?
Se è così, dobbiamo cercare quali siano questi mali.
Non possiamo, certo, affermare che una tale anima possa essere colmata di vizi, attraverso cui il peccato istaura il suo dominio sull'uomo.
Potrebbe, invece, essere colmata di dolori, che lei condivide con la sua carne quando questa ne è afflitta.
Non può, infatti, non toccare l'anima quel che si chiama dolore corporale, poiché, quando questo è inevitabile e sta per coglierci, lo precede la tristezza, la quale è soltanto un dolore dell'anima.
L'anima può, quindi, essere addolorata anche senza che il corpo soffra, mentre il corpo non può soffrire senza che soffra anche l'anima.
E allora, perché non dovremmo dire che l'anima di Cristo fu colma, non dei peccati dell'uomo, ma dei suoi mali?
Di lui un altro profeta dice che ha sofferto per noi, ( Is 53,4 ) e l'Evangelista aggiunge: Presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a rattristarsi e ad essere mesto.
Infine il Signore, parlando di se stesso, diceva loro: L'anima mia è triste da morire.
Ebbene, il profeta che ha scritto questo salmo, vedendo tutte queste vicende future, le preannunzia facendo dire a Cristo: La mia anima è ricolma di mali, e la mia vita si è avvicinata all'inferno.
Pur usando parole diverse, egli commentava quella parola [ del Signore ] che suona va: La mia anima è triste fino a morirne. ( Mt 26,37-38 )
Le parole: Triste è la mia anima equivalgono a: La mia anima è ricolma di mali; e quanto il Signore aggiunge, cioè, da morirne, era stato detto con le parole: E la mia vita si è avvicinata all'inferno.
Orbene, il Signore Gesù prese tutte queste conseguenze proprie della debolezza umana ( come ne prese la morte corporale ), non per una necessità impostagli, ma per una volontà di misericordia.
Volle in tal modo rappresentare nella sua persona quel suo corpo che è la Chiesa, di cui egli si era degnato essere capo.
Cioè volle trasfigurare in sé le sue membra, che sono i suoi santi e fedeli.
Per cui, se a qualcuno di essi fosse capitato di rattristarsi e di soffrire in mezzo alle tentazioni umane, non dovesse, perciò, ritenersi abbandonato dalla grazia di Cristo.
Queste sofferenze non le si sarebbero dovute reputare peccato, ma risultanze della fragilità umana.
E così, come coro che canta in armonia con la voce che lo precede, il suo corpo avrebbe imparato a soffrire nel suo stesso Capo.
Leggiamo ed ascoltiamo questo da uno dei principali membri di questo corpo, cioè dall'apostolo Paolo.
Egli confessa che la sua anima è colma di mali di tal genere, e dice che la sua tristezza è immensa, e senza tregua è il dolore del suo cuore a causa di chi gli è fratello secondo la carne, cioè degli Israeliti. ( Rm 9,2-4 )
Per costoro, credo che si sia rattristato ( né sarà fuori posto la supposizione ) anche il nostro Signore nell'imminenza della sua passione, nella quale essi si sarebbero macchiati di un così enorme delitto.
4 - [vv 5.6.] Infine, ciò che disse il Signore mentre era sulla croce: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno ( Lc 23,34 ) è detto anche in questo salmo con le parole: Sono annoverato con coloro che discendono nella fossa.
Così, infatti, ritenevano coloro che non sapevano quello che facevano, che credevano che egli morisse come muoiono gli altri uomini, soggetto alla necessità e dalla necessità schiacciato.
Con fossa, infatti, viene designato l'abisso, o della miseria o dell'inferno.
Sono divenuto, dice, come un uomo senza appoggio, libero in mezzo ai morti.
In queste parole risalta magnificamente la persona del Signore.
Chi altro, infatti, fu mai libero in mezzo ai morti, se non colui che, pur essendo tra i peccatori e in una carne simile a carne peccatrice, ( Rm 8,3 ) è stato l'unico a non commettere peccato?
Per questo, diceva a coloro che scioccamente si credevano liberi: Chiunque commette peccato è schiavo del peccato.
E aggiungeva, per dimostrare che per essere liberati dal peccato, è necessario l'intervento di colui che non ha commesso peccato: Se vi avrà liberati il Figlio, allora sarete veramente liberi. ( Gv 8,34.36 )
Costui dunque, libero in mezzo ai morti, aveva il potere di dare la propria vita e di prenderla di nuovo.
A lui nessuno la toglieva, ma egli stesso la dava di sua volontà; ( Gv 10,18 ) anzi, quando voleva, poteva anche risuscitare la sua carne, ( Gv 2,19 ) qual tempio abbattuto dai nemici.
Egli, mentre tutti lo abbandonavano, non rimase solo ad affrontare la passione, perché il Padre non lo abbandonava mai, come egli stesso ebbe ad attestare. ( Gv 8,29 )
Ebbene, costui è divenuto, ossia dai nemici fu considerato, come un uomo senza appoggio: da coloro, cioè, per i quali egli volle pregare, perché non sapevano quello che facevano.
Dicevano infatti: Ha salvato gli altri; non può salvare se stesso!
Se è Figlio di Dio, scenda ora dalla croce, e gli crederemo. Dio lo salvi, se lo vuole! ( Mt 27,40-43 )
Continua: Come i feriti che dormono nel sepolcro.
Aggiunge però: Dei quali non ti sei ancora ricordato, per sottolineare la differenza tra il Signore Gesù Cristo e gli altri morti.
Anche egli, infatti, fu coperto di piaghe, e, dopo morto, fu deposto nel sepolcro; ( Mt 27,50.60 ) ma coloro che non sapevano quello che facevano, che non sapevano cioè chi egli fosse, lo, ritennero simile agli altri morti di ferite e giacenti nel sepolcro, dei quali Dio ancora non si ricorda, cioè, per i quali non è ancora venuto il tempo della resurrezione.
La Scrittura è solita chiamare i morti col nome di " dormienti ", per fare intendere che si risveglieranno, cioè risorgeranno.
Ma, questo ferito che dormiva nel sepolcro si svegliò al terzo giorno e divenne come il passero solitario sul tetto. ( Sal 102,8 )
Cioè : ascese in cielo alla destra del Padre, e più non muore né la morte avrà più oltre potere su di lui. ( Rm 6,9 )
Ben diversa fu, dunque, la sua sorte da quella di coloro dei quali Dio non si ricorda ancora per farli risorgere.
In lui, capo, doveva necessariamente precedere ciò che al corpo è riservato per la fine.
Dire, pertanto, che Dio si ricorda, è dire che agisce; dire, invece, che si dimentica, è dire che non agisce: non perché in Dio ci sia dimenticanza ( dato che egli mai cambia ) o reminiscenza ( dato che egli mai dimentica ).
Ebbene, sono divenuto, per coloro che non sapevano quello che facevano, come uomo senza appoggio, mentre ero libero tra i morti.
E per coloro che non sapevano quello che facevano sono diventato come i feriti che dormono nel sepolcro.
Ed essi sono stati scacciati dalla tua mano.
Cioè: quando io venivo ridotto da loro in tali condizioni, essi sono stati scacciati dalla tua mano.
Mi credevano un uomo senza appoggio; invece sono stati loro ad essere privati dell'appoggio della tua mano.
Infatti, hanno scavato, come dice un altro salmo, una fossa dinanzi a me, ma vi sono caduti loro stessi. ( Sal 57,7 )
Credo che le parole: E sono stati scacciati dalla tua mano sia meglio interpretarle in questa maniera, anziché riferirle a coloro che dormono nel sepolcro, dei quali Dio ancora non si ricorda.
Tra costoro, infatti, vi sono dei giusti, dei quali è vero che egli non si ricorda ancora per risuscitarli, tuttavia di questi è detto altrove: Le anime dei giusti sono nella mano di Dio. ( Sap 3,1 )
Cioè: godono dell'appoggio dell'Altissimo e dimorano nella protezione del Dio del cielo. ( Sal 91,1 )
Quanto agli altri, invece, essi furono scacciati dalla mano di Dio, poiché credettero che il Signore Gesù Cristo fosse un rigettato dalla mano di lui, in quanto essi poterono annoverarlo tra i malfattori e ucciderlo.
6 - [v 7.] Mi hanno deposto, dice, in una fossa profonda, o piuttosto, in una fossa profondissima, come si legge in greco.
Ma, che cos'è la fossa profondissima, se non quell'abisso di miseria di cui non ne esiste uno più profondo?
Per questo altrove leggiamo: Mi hai tratto dalla fossa della miseria. ( Sal 40,3 )
Mi hanno gettato in luoghi tenebrosi e nell'ombra della morte.
Così, per lo meno, essi pensavano, quando agivano senza sapere quello che facevano e senza conoscere colui che nessun principe di questo mondo ha conosciuto. ( 1 Cor 2,8 )
Quanto all'ombra della morte, non so se si debba intendere qui la morte del corpo, o non piuttosto quella della quale sta scritto: La luce è sorta per coloro che sedevano nelle tenebre e nell'ombra della morte. ( Is 9,2 )
Credendo, infatti, nella luce e nella vita, essi sono stati sottratti alle tenebre e alla morte dell'empietà.
Così considerarono il Signore coloro che non sapevano quello che facevano.
Ignorando chi egli fosse, lo gettarono tra i morti, ma questi morti egli soccorse perché non fossero più morti.
Su di me si è rafforzata la tua indignazione; oppure, come recano alcuni codici, la tua ira, o, come altri ancora, il tuo furore.
Infatti, la parola greca θυμός è stata diversamente interpretata dai nostri traduttori.
Dove nei codici greci leggiamo όργή quasi nessun interprete esita a tradurre in latino " ira ", ma, dove leggiamo θυμός, molti hanno ritenuto che non si dovesse tradurre con " ira ", anche se grandi maestri dell'eloquenza latina hanno reso con " ira " questa parola, quando traducevano dai libri dei filosofi greci.
Non è il caso di discutere a lungo su tale questione; tuttavia, se anche noi dovessimo usare un altro vocabolo, preferiremmo dire " indignazione " piuttosto che " furore ".
Il furore, infatti, secondo il significato proprio della lingua latina, in genere non si riscontra nei sani [ di mente ].
Che significano, allora, le parole: Su di me si è rafforzata la tua ira, se non che tale fu la persuasione di coloro che non seppero riconoscere il Signore della gloria?
Costoro, infatti, erano convintissimi che l'ira di Dio non soltanto si fosse scatenata, ma anche rafforzata, contro colui che essi avevano potuto mandare a morte, e non a una morte qualsiasi, ma alla morte sulla croce, che essi ritenevano la più esecrabile di tutte.
Per questo dice l'Apostolo: Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, facendosi per noi maledizione.
Sta scritto, infatti, che è maledetto chiunque pende dalla croce. ( Gal 3,13; Dt 21,23 )
E, volendo poi elogiare la sua obbedienza fino all'estrema umiliazione, dice: Egli umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte; e, siccome questo gli sembrava ancora poco, aggiunge: Alla morte sulla croce. ( Fil 2,8 )
Per questo, a mio parere, il salmo continua con il versetto: E ogni tua procella ( oppure, come altri hanno tradotto: E ogni tua ondata, oppure: Ogni tuo maroso ) hai rovesciato su di me.
In un altro salmo leggiamo: Ogni tua procella ed ogni tua ondata è entrata su di me, ( Sal 42,8 ) o, come hanno tradotto con più esattezza altri: è passata su di me ( poiché in greco si legge διήλθον non είσήλθον ).
Orbene, là dove troviamo ambedue le parole " procella " e " ondata ", non possiamo sostituire l'una con l'altra.
Noi le abbiamo spiegate2 dicendo che le procelle sono le minacce, e le ondate le tribolazioni stesse, provenienti, ambedue, dal giudizio di Dio.
Ma, nel salmo che abbiamo citato, leggiamo: È passata su di me; mentre qui leggiamo: Hai rovesciato su di me.
Là, dunque, voleva dire che, anche se si erano verificati soltanto in parte, tuttavia i mali che indicavano le sue parole erano passati tutti sopra di lui.
Qui, invece, ricorda al Signore che egli li ha rovesciati su di lui.
Passano, infatti, sia le cose che non ci toccano, come le procelle, sia le cose che ci toccano, come le ondate.
Riferendosi peraltro alle varie procelle non dice che sono passate su di me, ma che le hai rovesciate su di me; il che significa che tutte le minacce si sono compiute.
Esse erano soltanto minacce finché in profezia si annunziavano come future le cose che si predicevano a proposito della sua passione.
Dice: Hai allontanato da me i miei conoscenti.
Se si intende per miei conoscenti coloro che egli conosceva, si tratta senza dubbio di tutti.
Chi, infatti, egli non conosceva? Chiama, però, conoscenti coloro ai quali egli era noto per quanto potevano allora conoscerlo: coloro che almeno sapevano che egli era un innocente, anche se lo ritenevano soltanto un uomo e non Dio.
Potrebbe anche chiamare conoscenti i buoni, che egli conosce e approva; così come chiama " sconosciuti " i malvagi, che egli condanna e ai quali alla fine dirà: Non vi ho conosciuti. ( Mt 7,23 )
Quanto poi alle parole: Mi hanno preso per loro oggetto di abominio, esse possono riferirsi anche a coloro che ha chiamato suoi conoscenti, perché anch'essi aborrivano il genere della sua morte.
Meglio si intendono, però, se si riferiscono a coloro di cui parlava prima come di suoi persecutori.
Ero tradito, dice, e non uscivo. Forse perché i suoi discepoli stavano fuori, mentre egli nell'interno era giudicato?
O piuttosto, dobbiamo intendere le parole: E non uscivo in un altro senso più sublime, cioè, stavo nascosto nel mio intimo, non mostravo chi ero, non mi dichiaravo, non mi facevo conoscere?
Per questo aggiunge: I miei occhi si sono estenuati per lo stento.
Di quali occhi dovremo intendere le sue parole?
Se si riferisce agli occhi esteriori, quelli del corpo in cui soffriva, non leggiamo che essi, durante la passione, si siano stancati per gli stenti, cioè che abbiano perso del loro vigore a causa della fame, come di solito accade.
Leggiamo, infatti, che egli fu catturato un dopo cena e che fu crocifisso in quello stesso giorno.
Se, invece, si riferisce agli occhi interiori, in qual modo potrebbero essersi estenuati negli stenti, se in essi c'era la luce che mai viene meno?
Non v'è dubbio, quindi, che chiama " suoi occhi " quelle membra del suo corpo di cui egli stesso è il capo, che egli amava come più insigni, più eccelse ed importanti.
L'Apostolo, parlando di questo corpo, prende l'immagine dal nostro corpo e dice: Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito?
Se fosse tutto udito, dove sarebbe l'olfatto? Se tutti i sensi fossero un solo membro, dove sarebbe il corpo?
Senza dubbio, ora vi sono molte membra, ma un solo corpo.
L'occhio non può dire alle mani: non ho bisogno della vostra opera.
E, se la mano dicesse: non appartengo al corpo perché non sono occhio, potrebbe forse per questo ritenersi estranea al corpo?
E cosa volesse intendere con tali parole, lo esprime più chiaramente con le altre: Voi siete il corpo e le membra di Cristo. ( 1 Cor 12,12-27 )
Ebbene, quegli occhi, ossia i santi Apostoli, cui la verità non era rivelata dalla carne e dal sangue ma dal Padre che è nei cieli ( come quando Pietro disse: Tu sei il Cristo, figlio del Dio vivente ), ( Mt 16,16 ) vedendo la sua cattura, vedendolo subire tante sofferenze e non vedendolo come volevano vederlo ( poiché egli non usciva, cioè, non si manifestava nella sua virtù e nella sua potenza, ma se ne stava celato nel suo intimo e sopportava ogni tribolazione come vinto e impotente ) si estenuarono negli stenti, come se fosse stato loro sottratto il cibo, cioè la luce.
Continua: E ho gridato a te, Signore. Lo fece, com'è a tutti noto, mentre era inchiodato alla croce.
A buon diritto ci chiediamo, però, come dobbiamo intendere le parole che seguono: Per tutto il giorno ho proteso le mie mani verso di te.
Se le parole: Ho proteso le mie mani le intendiamo riferite al supplizio della croce, in che senso dobbiamo intendere le altre: Per tutto il giorno?
Rimase, forse, il Cristo inchiodato alla croce per tutto un giorno, includendo in " tutto un giorno " anche la notte?
E, anche se in questo passo si dovesse intendere il giorno senza la notte, tuttavia è risaputo che, quando egli venne crocifisso, era già trascorsa la prima, e non trascurabile, parte di quel giorno.
Più ardua ancora si presenta la questione, se volessimo intendere " giorno " nel significato di " tempo ".
Veramente, in tal senso dovremmo orientarci poiché l'autore del salmo ha usato il vocabolo dies ( giorno ) al genere femminile, che in latino significa soltanto "tempo ".
In greco è diverso, poiché in questa lingua " giorno " è sempre di genere femminile, ed è per questo che, io credo, i nostri interpreti lo hanno tradotto così.
Ad ogni modo, come può dire " per tutto il tempo ", se Cristo non stese le mani sulla croce neppure per un intero giorno?
Infine, se diciamo doversi prendere il tutto per una parte ( forma letteraria comune nelle sante Scritture ), non mi viene in mente alcun esempio che mostri potersi prendere questo " tutto " per una parte quando alla parola è aggiunto l'aggettivo " intero ".
Così, ad esempio, nelle parole dette dal Signore nel Vangelo: Così anche il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra per tre giorni e tre notti ( Mt 12,40 ) non è azzardato prendere il tutto per la parte, non avendo egli detto " per tre giorni interi " né " per tre notti intere ".
E, veramente, solo un giorno, quello di mezzo, trascorse tutto intero [ mentre il Signore era nel sepolcro ]; degli altri due ne trascorse solo una parte: del primo l'ultima parte, e dell'ultimo la prima.
Se, poi, nelle parole di questo salmo profetico non si prefigura la crocifissione del Signore ma la preghiera che nella natura di servo egli rivolse a Dio Padre ( come apprendiamo dalla testimonianza del Vangelo ), riconosciamo che egli ha pregato sia molto tempo prima della passione, sia nell'imminenza della passione, sia mentre era sulla croce; mai, però, leggiamo che la sua preghiera si sia prolungata per un giorno intero.
Possiamo, perciò, convenientemente intendere nelle mani protese per tutto il giorno il suo ininterrotto operare il bene, da cui mai la sua volontà venne meno.
Siccome, però, le sue buone opere hanno giovato soltanto ai predestinati alla salvezza eterna, e non a tutti gli uomini ( neppure a tutti coloro in mezzo ai quali esse furono compiute ), per questo aggiunge: Farai forse miracoli per i morti?
Se riteniamo che queste parole si riferiscano a coloro la cui carne era divenuta esanime, è certo che per i morti sono stati fatti grandi miracoli, quando, ad esempio, alcuni di loro tornarono alla vita. ( Mt 27,52 )
E, quando il Signore entrò nell'inferno e ne risalì dopo aver vinto la morte, certamente si compì per i morti un grande miracolo.
Le parole: Farai forse miracoli per i morti? si riferiscono, quindi, agli uomini che nel cuore sono tanto morti da non essere spinti alla vita della fede neppure dagli strepitosi miracoli di Cristo.
Non dice, infatti, che per loro non avvengano miracoli in quanto essi non li vedono, ma in quanto loro non giovano.
Per questo, come nel nostro salmo si dice: Io ho proteso tutto il giorno le mie mani verso di te, nel senso che egli riferiva tutte le sue opere alla volontà del Padre ( spessissimo afferma di essere venuto per compiere la volontà del Padre ), ( Gv 6,38 ) allo stesso modo, volendo sostenere che il popolo incredulo aveva visto tali opere, un altro profeta diceva: Per tutto il giorno ho teso le mie mani a un popolo che non crede e contraddice. ( Is 65,2 )
Sono questi i morti per i quali non ha compiuto miracoli.
Non perché non li abbiano visti, ma perché, pur vedendoli, non ne abbiano profittato per rinascere.
Le parole che seguono: O che i medici opereranno delle resurrezioni e ti loderanno? vogliono dire che non saranno i medici a risuscitare la gente per lodarti.
Alcuni affermano che in ebraico il versetto è diverso, e che si legge "giganti", e non "medici".
Ma i Settanta, la cui autorità è tale che non senza ragione si dice abbiano tradotto ispirati dallo Spirito divino, data la loro straordinaria concordanza, rilevando che nella lingua ebraica le parole " giganti " e " medici " suonano quasi nello stesso modo ed è minima la differenza tra loro, hanno voluto precisarci, che non si tratta di errore ma di scelta intenzionale, per manifestarci in che senso si parli di " giganti " nel nostro passo.
Se, infatti, col nome di giganti intendiamo che si voglia alludere ai superbi dei quali l'Apostolo dice: Dov'è il sapiente?
Dov'è lo scriba? Dov'è l'investigatore di questo secolo? ( 1 Cor 1,20 ) non è errato chiamare medici questi tali giganti.
Essi, infatti, promettono la salvezza delle anime mediante l'esercizio della loro sapienza.
Contro costoro si dice: La salvezza è del Signore. ( Sal 3,9 )
Se intendiamo, invece, in senso buono la parola " giganti ", un gigante è proprio il Signore, dato che di lui si dice: Esultò come gigante nel percorrere la via. ( Sal 19,6 )
Anzi, egli è il gigante dei giganti, cioè, il più grande fra i grandi e i possenti che eccellano nella Chiesa per il loro vigore spirituale.
Allo stesso modo è il monte dei monti, dato che di lui sta scritto: Negli ultimi tempi si manifesterà il monte del Signore, collocato sulla vetta dei monti; ( Is 2,2 ) o si dice che è il santo dei santi.
Ebbene, anche in questa ipotesi, non è assurdo chiamare " medici " questi personaggi grandi e forti, ai quali si applicano le parole dell'apostolo Paolo: Se potrò, in qualche modo, rendere gelosa la mia carne, per salvare qualcuno di loro. ( Rm 11,14 )
Ma anche questi medici non curano per la loro virtù, come del resto non curano per la loro virtù nemmeno i medici del corpo, e, sebbene possano giovare molto a guarire la gente con le loro assidue cure, tuttavia possono curare i viventi, non risuscitare i morti ( dei quali è detto: Farai forse miracoli per i morti? ).
È, infatti, una grazia di Dio, e profondamente occulta, quella per mezzo della quale l'anima umana in qualche modo rivive e riesce ad ascoltare dal ministro del Signore i precetti della salute.
Il Signore nel Vangelo ricorda questa grazia, allorché dice: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato.
E poco più avanti ripete chiaramente lo stesso concetto, dicendo: Le parole che vi ho dette sono spirito e vita; ma vi sono alcuni tra voi che non credono.
A questo punto l'Evangelista aggiunge: Fin dall'inizio, infatti, Gesù conosceva coloro che credevano, e chi era quello che lo avrebbe tradito; poi, ricollegandosi sempre alle parole del Signore, continua: E diceva: per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli sarà stato concesso dal Padre mio.
Prima aveva detto: Ma vi sono alcuni di voi che non credono; poi, come per spiegare la causa di tale incredulità, aggiunge: Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli sarà stato concesso dal Padre mio. ( Gv 6,44.64-66 )
In tal maniera mostra chiaramente che è Dio che ci dà la stessa fede con la quale si crede, e con la quale l'anima rivive sottraendosi alla morte del suo cuore.
Siano, dunque, eccellenti quanto volete i predicatori della parola; rendano pure più persuasiva la verità con i miracoli; trattino pure con gli uomini da grandi medici!
Se questi uomini sono morti, e non vengono riportati alla vita dalla tua grazia, farai, forse, miracoli per i morti; oppure i medici li risusciteranno, e - coloro che saranno risuscitati - ti loderanno?
Questa lode indica che sono vivi.
Non sono più nella situazione di cui sta scritto: Dal morto, come da chi non è più, è impossibile che venga la confessione. ( Sir 17,26 )
11 - [v 12.] Forse narrerà qualcuno la tua misericordia nel sepolcro, e la tua verità nella perdizione?
Nella seconda parte di questo versetto è sottinteso il verbo della prima, come, cioè, se essa fosse così: Forse narrerà qualcuno la tua verità nella perdizione?
La Scrittura ama unire la misericordia e la verità, soprattutto nei salmi.
Che se dice: Nella perdizione, ripete con un'altra parola quanto aveva detto prima con: Nel sepolcro.
Dicendo poi: Nel sepolcro, si riferisce a coloro che sono nel sepolcro, che già prima aveva designati col nome di morti, là dove diceva: Farai forse miracoli per i morti?
Quando, infatti, un'anima è morta, il corpo ne costituisce il sepolcro.
Per cui, a tali morti il Signore diceva nel Vangelo: Voi siete simili a sepolcri imbiancati, che al di fuori appaiono belli agli uomini, ma di dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni immondizia.
Così anche voi dal di fuori sembrate giusti agli uomini, ma di dentro siete pieni di ipocrisia e di ingiustizia. ( Mt 13,1 )
I tuoi miracoli saranno, forse, conosciuti nelle tenebre, e la tua giustizia nella terra dimenticata?
Significano la stessa cosa le parole tenebre e terra dimenticata.
E con il nome di " tenebre " si indicano gli infedeli, come dice l'Apostolo: Un tempo voi foste tenebre. ( Ef 5,8 )
Del pari, la " terra dimenticata " è l'uomo che si è dimenticato di Dio.
Difatti, un'anima infedele può giungere a un buio [ spirituale ] così fitto che, divenuta stolta, dica nel suo cuore: Dio non c'è. ( Sal 14,1 )
Il pensiero di tutta la frase, dunque, si connette e corre in questo modo: Signore, io ho gridato a te, in mezzo alle mie sofferenze; per tutto il giorno ho proteso le mie mani a te; cioè, non ho mai cessato di presentarti le mie opere al fine di glorificarti.
E perché gli empi incrudeliscono contro di me, se non perché tu non farai miracoli per i morti?
In altre parole: per gli empi non ci sono mezzi che li spingano alla fede, ( né ci sono medici che possano risuscitarli al fine di lodarti ), se in essi non opera occultamente la tua grazia che li attragga ( Gv 6,44 ) a credere in te.
Nessuno, infatti, viene a me se non colui che tu avrai attirato.
Chi narrerà pertanto la tua misericordia nel sepolcro?, cioè all'anima morta, la cui morte è celata dietro l'involucro del corpo?
E chi narrerà la tua verità nella perdizione? ossia a chi, essendo nella morte, è totalmente incapace di sentire e di credere queste cose?
I tuoi miracoli e la tua giustizia saranno, forse, conosciuti nelle tenebre di questa morte? cioè dall'uomo che ha perduto la luce della vita dimenticando te?
Si presenterebbe qui un'altra questione, concernente l'impiego di questi morti: qual vantaggio, cioè, ne ricavi Iddio, a beneficio del corpo di Cristo, che è la Chiesa.
Attraverso di loro, infatti, si rende evidente quale sia la grazia di Dio nei predestinati, che sono chiamati secondo il disegno divino.
Per questo, il medesimo corpo di Cristo dice in un altro salmo: Il mio Dio! La sua misericordia mi preverrà.
Il mio Dio nei miei nemici mi farà comprendere. ( Sal 59,11-12 )
Lo stesso, proseguendo, dice nel nostro Salmo: Anche io, Signore, ho gridato a te.
In queste parole dobbiamo subito riconoscere che il Signore Gesù Cristo parla con la voce del suo corpo, cioè della Chiesa.
Che significa, infatti, anche io, se non che anche noi fummo un tempo per natura figli dell'ira, come tutti gli altri? ( Ef 2,3 )
Ma io ho gridato a te, per essere salvato.
Infatti, chi mi distingue dagli altri figli dell'ira, se - a quanto ascolto - l'Apostolo rimproverava in modo terribile gli ingrati e diceva loro: Chi ti distingue? Che cosa hai tu che non l'abbia ricevuto?
E, se l'hai ricevuto, perché ti glori come se non l'avessi ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )
La salvezza appartiene al Signore; ( Sal 3,9 ) non si salverà il gigante, pur con tutto il suo grande vigore. ( Sal 33,16 )
Invece, come sta scritto: Chi avrà invocato il nome del Signore sarà salvo.
Ma, come lo invocheranno, se non avranno creduto in lui? e in che modo crederanno se prima non l'hanno ascoltato? e come ascolteranno se nessuno lo annunzierà? e in qual modo l'annunzieranno, se non saranno mandati?
Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunziano i beni! ( Rm 10,13-15; Is 52,7 )
Questi sono i medici che curano il viandante ferito dai predoni; ma è il Signore che lo conduce all'albergo, ( Lc 10,34 ) poiché i medici sono soltanto operai nel campo del Signore, e non è niente colui che pianta né colui che irriga, ma tutto è Dio, che fa crescere. ( 1 Cor 3,7 )
Per questo, anch'io ho gridato al Signore, cioè, ho invocato il Signore per salvarmi.
E come avrei potuto invocarlo, se non avessi creduto in lui? E, come credere in lui se non lo avessi ascoltato?
Affinché, però, io potessi credere a ciò che avevo ascoltato, è stato lui che mi ha attratto.
Non è stato qualche medico che mi ha risvegliato in segreto dalla morte del cuore, ma è stato Dio stesso.
Molti, infatti, hanno ascoltato - poiché la loro voce è corsa per tutta la terra e le loro parole sono giunte sino ai confini del mondo ( Sal 19,5 ) - ma la fede non è di tutti, ( 2 Ts 3,2 ) e Dio conosce coloro che sono suoi. ( 2 Tm 2,19 )
Per questo, se non mi avesse prevenuto la misericordia di Dio, io non avrei neppure potuto credere.
È lui che risuscita i morti e chiama le cose che non sono come se fossero; ( 1 Cor 1,28 ) ed è stato lui che, chiamandomi in segreto, rianimandomi, attirandomi, mi ha tratto dalle tenebre e mi ha condotto alla luce della fede.
Per questo aggiunge: E al mattino la mia preghiera presto giungerà a te.
Al mattino, quando ormai sono passate le tenebre e la notte dell'incredulità.
Certamente mi ha prevenuto la tua misericordia, perché spuntasse per me un tale mattino, resta però da attendere quello splendore in cui saranno illuminati i segreti delle tenebre e manifestati i pensieri del cuore, quando ognuno otterrà da te la lode. ( 1 Cor 4,5 )
Ebbene, ora, in questa vita, in questo esilio, in questa luce della fede ( che è già giorno a paragone delle tenebre degli infedeli, ma è ancora notte in confronto del giorno in cui vedremo Dio faccia a faccia ) la mia preghiera giunga presto a te.
14 - [v 15.] Ma, affinché questa preghiera sia fervida e continua ( la qual cosa quanto sia utile, nessuno, a quanto io penso, può spiegarlo a parole ), i beni eterni ci sono rinviati, mentre si moltiplicano i mali temporali.
Per questo prosegue dicendo: Perché, Signore, hai rigettato la mia preghiera?
Questo concetto è espresso anche nelle parole: Dio, Dio mio, guardami; perché mi hai abbandonato? ( Sal 22,2 )
Si manifesta il desiderio di conoscere il perché, non si accusa la sapienza di Dio di aver fatto una tale cosa senza motivo.
Allo stesso modo quando qui si dice: Perché, Signore, hai rigettato la mia preghiera?
Se si esamina con diligenza il motivo di questa ripulsa, esso è già spiegato nelle parole precedenti.
Infatti la preghiera dei santi sembra quasi respinta quando loro si ritarda la beatitudine e li si lascia fra le avversità e le tribolazioni; ma ciò avviene affinché si infiammi più ardentemente, come il fuoco quando lo si ravviva soffiandovi.
Si parla, poi, brevemente anche delle sofferenze del corpo di Cristo.
Non le ha subite, infatti, soltanto il Capo, se è vero che Saulo ebbe a udire le parole: Perché mi perseguiti? ( At 9,4 )
E Saulo stesso divenuto ormai Paolo e assurto in quel corpo alla dignità di membro eletto, dice: Ho da compiere nella mia carne ciò che manca delle sofferenze di Cristo. ( Col 1,24 )
Ebbene, perché, Signore, hai rigettato la mia preghiera, hai distolto la tua faccia da me?
Io sono povero; e sono fin dalla mia giovinezza in mezzo alle sofferenze.
Dopo essere stato esaltato, sono stato umiliato e confuso.
Su di me sono passate le tue ire, e i tuoi terrori mi hanno sconvolto.
Mi hanno circondato come acqua per tutto il giorno; tutti insieme mi hanno circondato.
Hai allontanato da me l'amico; i miei conoscenti sono lungi dalla mia disgrazia.
Tutte queste cose sono accadute ed accadono nelle membra del corpo di Cristo.
Dio distoglie il suo volto da coloro che pregano e non li esaudisce in ciò che essi desiderano.
Fa così perché essi non sanno che non giova loro quanto chiedono.
E la Chiesa è povera, in quanto nell'esilio ha fame e sete di ciò che la sazierà in patria.
Fin dalla sua giovinezza essa è in mezzo alle sofferenze.
Lo dice in un altro salmo lo stesso corpo di Cristo: Spesso mi hanno assalito, fin dalla mia giovinezza. ( Sal 129,1 )
Che se alcune sue membra sono esaltate in questo mondo, è perché più grande ne sia l'umiltà.
Sopra questo stesso corpo, cioè sopra l'unità dei santi e dei fedeli il cui capo è Cristo, passano le ire di Dio; vi passano, ma non vi restano.
Le parole: L'ira di Dio resta su di lui, ( Gv 3,36 ) infatti, si riferiscono all'infedele, non al credente.
Le minacce di Dio sconvolgono la debolezza dei fedeli: perché saggiamente si teme tutto ciò che può accadere, anche se non accade.
Talvolta queste minacce sconvolgono profondamente l'animo di chi riflette sui mali che tutt'intorno lo sovrastano, sì da dargli l'impressione che siano come acque che premono da ogni lato e vogliano travolgere colui che teme.
E, siccome queste prove non mancheranno mai nella Chiesa esule in questo mondo, colpendo senza tregua ora questi ora quei suoi membri, giustamente può dire: Per tutto il giorno, sottolineando con ciò la continuità nel tempo, cioè che esse continueranno finché non avrà termine questo secolo.
Quanto agli amici e ai conoscenti, spesso per paura abbandonano i santi lasciandoli soli nei pericoli materiali.
Ne fa fede l'Apostolo: Tutti mi hanno abbandonato; non ne siano accusati! ( 2 Tm 4,16 )
Ma, perché accadono tutte queste cose? Accadono affinché al mattino giunga a Dio la preghiera di questo santo corpo.
Vi giunga, cioè, nella luce della fede dopo la notte dell'infedeltà.
Finché non venga poi quella salvezza già conseguita, non nella realtà ma solo nella speranza: salvezza che noi aspettiamo con fede e pazienza. ( Rm 8,24-25 )
Allora Dio non rigetterà più nessuna nostra preghiera, perché non ci sarà più nulla da chiedere, ma solo da ricevere quello che prima avevamo rettamente chiesto.
Allora egli non distoglierà da noi il suo volto, perché lo vedremo qual è. ( 1 Gv 3,2 )
Non saremo poveri, perché la nostra ricchezza sarà Dio, presente tutto in tutti. ( 1 Cor 15,28 )
Non soffriremo, perché non resterà alcuna nostra miseria.
Non saremo umiliati né confusi per esserci sollevati troppo in alto, né saremo molestati da avversità, poiché non ne incontreremo alcuna.
Non si riverserà su di noi l'ira di Dio, neppure in modo passeggero, perché resteremo nella sua immutabile benevolenza.
I suoi terrori non ci turberanno più, perché il mantenimento delle sue promesse ci renderà beati; e non si allontanerà da noi per paura né l'amico né il conoscente, là dove non ci sarà da temere alcun nemico.
Indice |
1 | Aug., En. in Sal 68,1 |
2 | Aug., En. in Sal 42,15 |