Esposizione dei Salmi |
1 - Fratelli, avete udito il salmo mentre lo si cantava.
È breve né presenta difficoltà. Questo per tranquillizzarvi e non temere lo sforzo.
Consideriamolo però con attenzione; e quanto maggiore è la libertà [ di cui disponiamo nel trattarlo ], tanto maggiore sia la cura nel penetrare il senso delle parole che ci appaiono manifeste.
Proviamo quindi a intenderle spiritualmente, per quanto il Signore si degnerà accordarci.
La voce di Dio, da qualunque strumento si faccia sentire, è sempre voce di Dio; e solo la sua voce torna gradita al suo orecchio, per cui, anche quando parliamo noi, in tanto riusciamo a piacergli in quanto è lui stesso che parla in noi.
2 - [v 1.] Salmo nella confessione. Così si intitola; tale è l'iscrizione che reca: Salmo nella confessione.
Sono pochi versetti, ma contengono cose grandi.
Germoglino questi semi nel vostro cuore, in modo da produrre grano per la messe del Signore.
Questo salmo, che s'intitola nella confessione, ci ordina di giubilare a Dio; a questo ci esorta.
E la sua esortazione non è rivolta a un solo angolo della terra o a una sola regione o raggruppamento di persone.
Ma, sapendo di avere sparso dovunque i semi della benedizione, da ogni parte esige il giubilo.
Ebbene, giubilate al Signore, o terra tutta! Forse che ora tutta la terra ode la mia voce?
Questa voce del salmo invece l'ha udita tutta la terra; e tutta la terra giubila al Signore.
Quella che ancora non giubila giubilerà in appresso.
Col diffondersi infatti della Chiesa, da Gerusalemme ( ove ebbe inizio ) in mezzo a tutti i popoli, si estende a tutti la benedizione: la quale, ovunque arriva, abbatte l'empietà e instaura la pietà. ( Lc 24,47 )
Dappertutto peraltro i buoni vivono tra i cattivi; e in tutta la terra ci sono dei buoni, come ci sono dei cattivi.
Nella persona dei cattivi mormora tutta la terra; nella persona dei buoni tutta la terra giubila.
Cos'è allora questo " giubilare "? Su questa parola richiama fortemente la nostra attenzione anche il titolo del salmo, che reca: Nella confessione.
Che vuol dire " giubilare nella confessione "? In un altro salmo c'è una massima che suona: Beato il popolo che comprende il giubilo. ( Sal 89,16 )
È veramente una cosa notevole, una cosa che, se la si comprende, rende beati.
Mi dia pertanto il Signore nostro Dio, lui che costituisce la beatitudine degli uomini, la grazia di capire quel che ho da dirvi; e a voi doni la grazia di capire le parole che ascolterete.
Beato il popolo che comprende il giubilo.
Corriamo a questa beatitudine; comprendiamo il giubilo! Non manifestiamolo senza averlo compreso!
Cosa rappresenterebbe infatti mettersi a giubilare ( obbedendo al salmo che dice: Giubilate a Dio, o terra tutta! ), se non si capisse il giubilo? se fosse solo la nostra voce a giubilare e non giubilasse il nostro cuore?
Voce del cuore è infatti la cognizione della mente.
Vi dirò cose risapute. Chi giubila non pronunzia parole ma emette dei suoni indicanti letizia, senza parole.
Il giubilo è la voce di un cuore inondato dalla gioia, d'un cuore che, per quanto gli riesce, vuol manifestare i suoi sentimenti, pur senza comprenderne il significato.
L'uomo che in preda alla gioia si mette ad esultare, da parole che non si riesce né a dire né a comprendere passa a delle grida di esultanza ove non ci sono più parole.
Dai suoni che emette si vede benissimo che egli è contento ma anche che, sopraffatto dalla gioia, non riesce a dire a parole ciò che lo fa godere.
Osservate tutto questo nei cantori, anche di canzoni disoneste.
Non che il nostro giubilo debba essere come il loro ( noi dobbiamo giubilare nella giustizia, loro giubilano nell'iniquità; noi nella confessione, loro nella confusione! ); tuttavia, per farvi capire ciò che intendo dirvi o, meglio, per ricordarvi ciò che già sapete, guardate come giubilano, fra gli altri, i lavoratori dei campi.
Soddisfatti per l'abbondanza del raccolto, i mietitori, i vendemmiatori, o qualsiasi altro raccoglitore di frutti, cantano e tripudiano, lieti della fertilità e fecondità della terra.
In tali canti, espressi a parole, inseriscono delle grida inarticolate, che palesano l'ebbrezza del loro animo in preda alla gioia.
E questo è ciò che si chiama giubilo. Se qualcuno di voi non capisce ancora di queste cose per non averci mai fatto caso, ci badi in avvenire.
E voglia il cielo che non trovi persone in cui osservare di tali cose!, cosicché Dio non abbia più alcuno da punire.
Ma siccome non cessano ancora di spuntare delle spine, osserviamo pure in coloro che esultano malamente il giubilo riprovevole, per offrire a Dio il giubilo che merita la ricompensa.
Quand'è dunque che noi giubiliamo? Quando lodiamo ciò che è ineffabile.
Noi ci soffermiamo a guardare l'universo: la terra, il mare, il cielo e tutti gli esseri che vi si trovano.
Notiamo come ogni essere ha una sua origine e le sue cause; notiamo la vigoria dei semi, l'ordine secondo cui gli esseri nascono, i mezzi con cui si conservano e i generi di morte con cui scompaiono.
Vediamo dispiegarsi uno dopo l'altro i secoli, senza che nulla ne turbi il succedersi; vediamo in certo qual modo gli astri girare da oriente ad occidente e tracciare il decorrere degli anni; vediamo la durata dei mesi e la lunghezza delle ore.
In mezzo alle altre creature noi distinguiamo gli esseri animati e vediamo che in tutti c'è un non so che di invisibile, chiamato spirito o anima, che li porta a ricercare il piacere e a fuggire il dolore: una non so quale traccia di unità che li porta a salvaguardare la propria incolumità.
Quanto poi all'uomo, vediamo che possiede un qualcosa che lo accomuna agli angeli di Dio.
Non è quello che hanno gli animali: il vivere, l'udire, il vedere, eccetera, ma il poter riconoscere Dio.
Un qualcosa che propriamente rimane nell'ambito dello spirito e che è in grado di distinguere il bene dal male, come l'occhio distingue il bianco dal nero.
Considerando tutta la serie di creature che in qualche modo abbiamo potuto elencare e descrivere, l'anima interroghi se stessa e dica: " Chi ha fatto tutte queste cose? Chi le ha create?
Chi ha creato te stessa, in mezzo a tanti altri esseri? Cosa sono gli esseri che vedi?
Cosa sei tu che li stai a guardare? Cosa sarà colui che ha creato le cose che vedi e te che le vedi?
Chi sarà mai costui? ". Dinne il nome! E, per dirne il nome, pensalo!
A volte infatti ti capita di pensare qualcosa che poi non riesci a descrivere a parole; che se invece una cosa non riesci a pensarla, certamente non saprai nemmeno parlarne.
Suvvia, dunque! Pensalo, prima di parlarne! E, per pensare a lui, avvicinati a lui!
Quando vuoi veder bene una cosa per parlarne [ con cognizione di causa ], ti avvicini ad essa per guardarla a dovere, affinché non ti succeda che ti sbagli per averla veduta solo da lontano.
Ma come le creature si veggono con gli occhi, così lui si vede con la mente: è col cuore che lo si mira e conosce.
Ma dov'è il cuore che riesce a vederlo? Beati, dice, i puri di cuore, poiché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )
Odo, credo e, per quanto posso, comprendo che Dio lo si vede con il cuore, e che non lo si può vedere se non si ha puro il cuore; ma mi risuona all'orecchio anche un altro testo della Scrittura: Chi potrà gloriarsi d'aver casto il cuore?
Ovvero, chi si vanterà d'essere esente da peccato? ( Pr 20,9 )
Quindi ho considerato, nei limiti del possibile, l'intero universo creato e ho visto realtà corporee esistere in cielo e sulla terra, e solo in me stesso ho trovato una natura spirituale per la quale parlo, vivifico le membra, odo le voci, muovo la lingua, pronunzio parole e ne distinguo i significati.
Ma quando comprenderò me in me stesso? E come allora potrò comprendere ciò che è superiore a me?
Eppure al cuore umano è promessa la visione di Dio, e ci si impone il compito di purificare questo cuore.
Sembra dirci la Scrittura: Prima di accostarti a vedere ciò che ami, procurati i mezzi per vederlo.
Udito infatti Dio e il suo nome, chi non sente la dolcezza di ciò che ascolta?
Sarebbe proprio un empio, allontanatosi completamente dalla giusta via, come sta scritto: Ecco, tutti quelli che si allontanano da te andranno in rovina; e poi: Tu disperdi ogni uomo che fornicando ti abbandona. ( Sal 73,27 )
Quanto a noi, cosa ci è riservato? Gli altri sono lontani da Dio e perciò giacciono nelle tenebre e hanno, nelle loro tenebre, gli occhi così guasti che non solo non desiderano la luce, ma ne hanno paura.
Ma a noi che eravamo lontani e siamo stati ritrovati, cosa si dice? Avvicinatevi a lui e sarete illuminati. ( Sal 34,6 )
Se però vuoi avvicinarti ed essere illuminato, occorre che ti dispiacciano le tenebre in cui ti trovi.
Disapprova ciò che sei, per meritare di essere ciò che non sei.
Sei peccatore e devi diventare giusto: ma non acquisterai mai la giustizia, finché provi gusto nel male.
Annienta la colpa nel tuo cuore e purificalo! Caccia il male dal tuo cuore, poiché lì ha da abitare colui che tu vuoi vedere.
È così dunque che in qualche modo si avvicina a Dio l'anima umana, l'uomo interiore riformato secondo l'immagine di Dio, secondo la quale era stato originariamente creato: l'uomo che si era allontanato [ da Dio ] in quanto ne aveva persa la somiglianza.
A Dio infatti non ci si avvicina o ci si allontana per distanze di luogo; ma, come ti eri allontanato perché divenuto da lui dissimile, così gli ti avvicini se gli diverrai somigliante.
Nota Come il Signore vuole che noi ci avviciniamo e come prima ci rende simili a lui affinché possiamo avvicinarci.
Siate simili al Padre vostro celeste, dice, il quale fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e manda la pioggia ai giusti e agli ingiusti. ( Mt 5,45 )
Impara ad amare il nemico, se vuoi essere al sicuro dal nemico.
Fa' crescere in te la carità, la quale ti plasmi e restauri secondo l'immagine di Dio.
Quando la tua carità si estenderà fino ai nemici, tu diverrai simile a colui che fa sorgere il suo sole, non sui buoni soltanto, ma sui buoni e sui cattivi, e che piove, non soltanto sul campo dei giusti, ma sul campo dei giusti e dei peccatori.
In questa maniera, quanto maggiori saranno i tuoi progressi nella carità, tanto più rassomiglierai a Dio e tanto più comincerai a sentirlo.
E chi sentirai? Uno che torna da te, o non piuttosto uno presso il quale tu ritorni?
Dio infatti mai si è allontanato da te. Se egli ti è lontano, è perché tu lo abbandoni.
Gli oggetti circostanti sono lì tanto per i ciechi come per quelli che vedono.
Ecco in uno stesso posto un cieco e uno che vede: le stesse cose attorniano l'uno e l'altro, ma a quelle cose l'uno è estraneo, l'altro presente.
Di due che si trovano in un medesimo luogo, l'uno è presente, l'altro assente: non perché gli oggetti ci siano per l'uno e non ci siano per l'altro, ma per la differenza degli occhi che ciascuno possiede.
Il cieco ha spento l'organo che gli permetterebbe la percezione della luce che tutto ammanta, e perciò inutilmente è presente alle cose che non vede; anzi, con più esattezza, si direbbe che egli è assente anziché presente.
Se infatti ad un qualcosa i suoi sensi non arrivano, è giusto dire che egli ne è assente, poiché essere assenti non vuol dire altro se non star lontani con le facoltà sensitive.
Così è anche di Dio. Egli è tutto presente in ogni luogo.
La sua sapienza si spinge da un estremo all'altro del mondo con forza, e ordina con dolcezza tutte le cose. ( Sap 8,1 )
E quello che vale di Dio Padre, vale anche di colui che è suo Verbo e sua Sapienza, luce da luce, Dio da Dio.
Che cosa dunque vuoi vedere? Quel che vuoi vedere non è lontano da te.
Dice infatti l'Apostolo che egli non sì trova lontano da ciascuno di noi.
In lui infatti viviamo e ci muoviamo e siamo. ( At 17,27-28 )
Che grande sciagura non è dunque quella d'essere lontani da colui che è presente in ogni luogo!
Sii simile a Dio mediante la pietà e amalo col tuo pensiero!
E, sapendo che i suoi attributi invisibili si comprendono e si vedono attraverso le cose create, ( Rm 1,20 ) osserva e ammira le creature, ricercandone il Creatore.
Se gli sei dissimile, sarai respinto; se gli sei simile, gioirai.
E quando nella tua somiglianza avrai cominciato ad avvicinarti a Dio e a provare la sensazione di Dio, quanto più aumenterà la carità ( poiché anche la carità è Dio ( 1 Gv 4,8 ) ) tanto più sentirai un qualcosa che tu dicevi e non dicevi.
Difatti, prima d'assaporare queste sensazioni, credevi di poter esprimere Dio a parole; quando cominci ad averne la sensazione, ti accorgi che non sei in grado di esprimere ciò che provi.
Che se ti accorgerai di non saper esprimere quanto intendi, dovrai per questo tacere e non lodare?
Te ne resterai muto, senza lodare Dio, senza ringraziare colui che ti si è voluto manifestare?
Lo lodavi quando ne eri in cerca; resterai muto quando lo hai trovato? Assolutamente no.
Non sarai così ingrato. A lui è dovuto l'onore, il rispetto, la lode più grande.
Rifletti a cosa tu sia: sei terra e cenere. Considera cosa ha meritato di vedere uno come te.
Nota gli estremi: colui che vede e l'oggetto che vede; un uomo che vede Dio.
Riconosco che tutto questo non è merito d'uomo ma benevolenza di Dio.
E allora loda chi ti ha usato tale misericordia! Ma come dovrò lodare? obietterai.
Non so esprimere nemmeno quel poco che ho potuto comprendere nella mia cognizione parziale, ottenuta per via d'immagini e con lo specchio! ( 1 Cor 13,12 )
Ebbene, ascolta il salmo! Terra tutta, giubilate al Signore!
Comprenderai il giubilo di tutta la terra, se tu stesso giubili al Signore.
Giubila al Signore! Non disperdere il tuo giubilo su questi o sii quegli oggetti.
E nota infine che le cose create più o meno possono essere tutte espresse a parole; Dio invece è l'unico ineffabile, lui che disse una parola e tutto fu creato.
Disse una parola e fummo creati noi; ( Sal 33,9 ) ma se noi proviamo a parlare di lui, ne siamo incapaci.
La Parola, mediante la quale noi fummo creati, è il suo Figlio: quel Figlio il quale si rese debole come noi, affinché noi deboli riuscissimo in qualche modo a parlarne.
Alla parola di Dio noi possiamo rispondere col giubilo; ma non abbiamo parola che corrisponda a quella Parola.
Pertanto giubilate al Signore, o terra tutta!
Servite il Signore con gioia. Ogni servitù comporta molte amarezze, e quanti per forza sì trovano nella condizione di servi servono e mormorano.
Non temete il servizio del Signore! Là non ci sono né gemiti né proteste né indignazione.
Là nessuno chiede d'essere posto in vendita poiché è dolce l'esser stati tutti riscattati.
Grande fortuna, miei fratelli, è l'essere schiavo in codesta casa così grande, e magari schiavo con ceppi.
Non temere dunque, o schiavo incatenato! Loda anzi il Signore!
Le catene che porti, attribuiscile alle tue colpe e in queste tue catene loda il Signore, se vuoi che esse si cambino in ornamenti.
Non a caso infatti né senza promessa d'esaudimento fu detto: Penetri dinanzi a te il gemito degli incatenati. ( Sal 79,11 )
Servite il Signore con gioia! Nella casa del Signore libera è la schiavitù.
Libera, poiché il servizio non l'impone la necessità ma la carità.
Dice l'Apostolo: Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà; non trasformate però la libertà in occasione per la carne, ma servitevi a vicenda mediante la carità dello Spirito. ( Gal 5,13 )
La carità ti renda servo, come la verità ti ha fatto libero.
Diceva il Signore: Se resterete nella mia parola, sarete davvero miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi. ( Gv 8,31-32 )
Allo stesso tempo tu dunque sei servo e libero: servo, perché ci diventasti, libero, perché sei amato da Dio, tuo, creatore; anzi, libero anche perché li è dato di amare il tuo creatore.
Non servire brontolando! Le tue proteste infatti non ti sottrarrebbero alla tua condizione di servo, ma ti farebbero servire da servo cattivo.
Sei servo del Signore e sei libero del Signore.
Non cercare una liberazione che ti porti lontano dalla casa del tuo liberatore!
Servite il Signore con gioia. Questa gioia sarà piena e perfetta quando il nostro corpo corruttibile si sarà rivestito di incorruttibilità e il nostro corpo mortale si sarà rivestito d'immortalità. ( 1 Cor 15,53 )
Allora la gioia sarà perfetta, come sarà perfetto il giubilo.
Allora la lode sarà incessante; l'amore non subirà scandalo; il raccolto sarà al sicuro; la vita non cederà alla morte.
E quaggiù? Non ci sarà alcun godimento? Se non ci saranno godimenti ne' motivi di giubilo, come ci si può dire: Giubilate al Signore, terra tutta?
Oh, sì, c'è anche quaggiù una gioia: è nella speranza della vita eterna.
Quaggiù si pregusta ciò che lassù ci sazierà.
Ma occorre che il buon frumento, finché vive tra la zizzania, sopporti molte molestie.
Ora infatti il buon grano è insieme alla paglia, ( Mt 3,12; Mt 13,30 ) i gigli sono tra le spine.
Cosa si dice infatti alla Chiesa? Come il giglio tra le spine così è la mia diletta in mezzo alle figlie. ( Ct 2,2 )
Non le si dice: " In mezzo alle estranee ", ma: In mezzo alle figlie.
O Signore, come sai consolare, sostenere, atterrire! Cosa significano le parole: Come giglio in mezzo alle spine?
E quali sono queste spine? Così la mia diletta in mezzo alle figlie.
Ma quali sono queste figlie? Chiami forse spine le stesse figlie?
Risponde: Sono spine per la loro condotta, sono figlie per i miei sacramenti.
Oh, si avesse a gemere soltanto in mezzo a degli estranei!
Sarebbe un dolore relativamente piccolo. L'altro invece è un dolore più grande.
Se mi avesse offeso un mio nemico, l'avrei tollerato, e se mi avesse rivolto parole ingiuriose uno che mi odiava, mi sarei nascosto da lui.
Sono espressioni del salmo, e chi conosce la Scrittura segue il discorso, mentre chi non la conosce, la impari, sicché possa seguire.
Se mi avesse rivolto parole ingiuriose colui che mi odiava, io mi sarei nascosto da lui; ma tu, mio amico, mia guida e mio familiare, tu che prendevi insieme a me il dolce cibo. ( Sal 55,13-15 )
Quali sono i cibi gustosi che insieme con noi ricevono anche coloro che non resteranno sempre con noi?
Quali sono questi cibi gustosi, se non quelli di cui ci si dice: Gustate e vedete quanto sia dolce il Signore? ( Sal 34,8 )
Tra questa gente noi dobbiamo gemere.
Dove potrà appartarsi il cristiano, per non gemere tra i falsi fratelli? Dove si rifugerà? Che farà?
Si ritirerà nel deserto? Gli scandali lo seguiranno.
Colui che ha fatto progressi [ nel bene ] si dovrà allora appartare in modo così assoluto da non aver noie da nessuno?
E se, quando non aveva fatto alcun progresso egli personalmente, nessuno avesse voluto sopportarlo?
Dico pertanto che qualora uno, per aver fatto dei progressi, si rifiuta d'incontrare chiunque gli rechi molestia, dal fatto stesso che si rifiuta di tollerare la gente si può arguire che non ha progredito.
Mi comprenda la vostra Carità! Dice l'Apostolo: Sopportatevi a vicenda con amore, sforzandovi di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace. ( Ef 4,2.3 )
Sopportatevi a vicenda. Forse che in te non c'è cosa che l'altro debba tollerare?
Me ne meraviglierei! Ma ammettiamo che non abbia veramente nulla: tanto più per questo devi essere coraggioso nel sopportare gli altri, perché non hai difetti che gli altri debbano sopportare.
Non c'è bisogno che altri sopportino te; ebbene sopporta tu gli altri.
Non posso, dirai. Ecco allora che hai dei difetti che gli altri debbono sopportare.
Sopportatevi a vicenda con amore! Tu vorresti abbandonare il mondo e appartarti in maniera che nessuno ti veda.
Ma a chi gioveresti? E saresti tu pervenuto a tanto, se nessuno ti avesse aiutato?
Ovvero, per aver tu dei piedi più veloci ( almeno così ti sembra! ) per passare prima il fiume, vorrai per questo tagliare il ponte?
Esorto tutti, anzi è la voce di Dio che esorta tutti: sopportatevi l'un l'altro con amore.
" Io - dirà qualcuno - mi apparterrò in compagnia di alcuni buoni: con loro starò bene.
Poiché veramente non essere di giovamento ad alcuno è cosa empia e crudele ".
Non è questo ciò che mi ha insegnato il Signore.
Egli infatti non condannò quel servo per aver sperperato il [ talento ] ricevuto, ma perché non vi aveva trafficato.
( Comunque dalla pena inflitta all'infingardo congetturate la pena che si sarebbe buscata uno scialacquatore ).
Gli disse il padrone nel condannarlo: Servo cattivo e neghittoso! ( Mt 25,14-30 )
Ma non proseguì: " Tu hai sperperato il mio denaro "; e nemmeno: " Io ti avevo dato un tanto e tu non mi hai restituito la somma per intero ".
Gli dice: " Ti castigo perché la somma non è aumentata, perché tu non l'hai messa a frutto ".
Dio è avaro quando ne va di mezzo la nostra salvezza.
Ma quel tale continuerà la sua obiezione: " Bene! Io mi apparterò in compagnia di pochi.
Che mi importa di avere rapporti con le masse? ". Sicuro.
Ma quei pochi buoni da quali masse non sono scaturiti? E bada che questi pochi siano davvero tutti buoni!
Comunque è buona e lodevole la decisione di un uomo che risolve di starsene con coloro che si sono scelti una vita di quiete, lontani dallo strepito mondano e dalle folle agitate.
Costoro, superate le burrasche del mondo, sono come in porto.
Ma nelle loro case ci sarà già la gioia e l'allegrezza che ci viene promessa? Non ancora.
C'è anche là da gemere e da stare in ansia per le tentazioni.
Anche i porti infatti hanno, da una qualche parte, l'entrata; se non ne avessero, nessuna nave vi potrebbe entrare.
Quindi debbono anche i porti essere da un qualche lato aperti; e da questo lato aperto entrano talora venti impetuosi, sicché anche là dove non ci sono scogli le navi si urtano a vicenda fino a sfasciarsi.
Dove sarà allora la tranquillità, se non è nemmeno nel porto?
Ad ogni modo, sono certamente più fortunati coloro che si trovano nel porto che non coloro che sono nel mare aperto.
Lo si deve riconoscere e ammettere, poiché è vero. Che si amino dunque costoro!
Nel loro porto, codeste navi siano bene accostate tra loro e non si urtino!
Vi regnino l'uguaglianza, frutto d'imparzialità, e una carità costante; e quando dal lato rimasto aperto vi penetreranno i venti, intervengano la vigilanza e l'autorità di chi dirige.
Un'obiezione potrebbe venirmi da chi è posto a capo di questi luoghi o, meglio, che è al servizio dei fratelli in uno di questi luoghi chiamati monasteri.
Che mi dirà? " Io sarò vigilante: non lascerò entrare alcun male".
Ma come farai a escludere ogni male? "Non accetterò persone cattive; non accetterò alcun fratello che chiede di entrare, se lo so cattivo. Starò bene con pochi e buoni! ".
Ma come farai a conoscere colui che intendi escludere?
Per conoscere che è cattivo devi sottoporlo alla prova, e questo dentro casa.
Come farai a non accettare un postulante che dovrai sottoporre alla prova, se questa prova non può farsi se non dopo l'ammissione?
Ricuserai d'accettare tutti i cattivi? Così infatti tu dici, e assicuri che li sai individuare.
Ma ti si presenteranno forse tutti col cuore in mano?
Certi postulanti non si conoscono neppure loro stessi; quanto meno li conoscerai tu!
Molti infatti si proponevano di vivere in pieno quella vita santa in cui si tiene tutto in comune e nessuno chiama suo proprio alcunché, la vita di coloro che hanno un'anima sola e un sol cuore protesi verso Dio. ( At 4,32-35 )
Furono cacciati nel fuoco e non ressero.
Come potrai dunque conoscere tu uno che non si conosce neppure lui?
Escludere i fratelli cattivi dalle comunità dei buoni?
Tu che ragioni così, pròvati, se ci riesci, a cacciare dal tuo cuore tutti i cattivi pensieri; fa' che non vi entri neppure il richiamo del male!
" Ma io non vi consento " ribatti. Comunque, se ne senti il richiamo, vuol dire che già vi è entrato.
Noi tutti vogliamo avere il cuore ben difeso in modo che nessuna cattiva suggestione possa entrarvi; come poi di fatto vi entri, chi lo sa?
Sta di fatto che noi ogni giorno abbiamo da lottare nell'intimo del cuore: un uomo solo, a lottare nel suo cuore contro delle moltitudini!
Richiami dell'avarizia, richiami della lussuria, richiami della gola.
Anche la gioia alla quale oggi si abbandona il popolo ti attrae. Tutto ti incita al male.
L'uomo di Dio si domina, resiste a tutte le tentazioni e le disapprova.
Eppure è difficile che non resti da alcuna ferito. Dove sarà allora la quiete?
Quaggiù da nessuna parte. Finché resteremo in questa vita, la troveremo solo nella speranza delle promesse divine.
Solo lassù - quando vi giungeremo - troveremo la quiete perfetta: quando le porte di Gerusalemme saranno chiuse e i loro chiavistelli saranno rafforzati. ( Sal 147,13 )
In quella patria vi sarà davvero la pienezza del giubilo e grande esultanza.
Per adesso intanto non decantare come sicuro alcun genere di vita.
Prima che muoia, non lodare nessuno. ( Sir 11,30 )
C'è della gente che, quando loda la vita monastica, la loda in una maniera così esagerata da passare sotto silenzio i mali che pur vi sono frammisti e, quando la biasima, la biasima con un animo così astioso e perfido da chiudere gli occhi sul bene che vi conoscono e ingigantire i mali che ci sono o che credono esserci.
Ne segue che chi li ascolta, ingannato dai loro discorsi, o rifiuta di abbracciare quella vita più santa oppure l'abbraccia con troppa faciloneria.
E si spiega: qualsiasi genere di vita, se elogiato malamente ( cioè senza criterio ), appunto perché elogiato attira la gente, ma ecco che, una volta entrati, quei che venivano al monastero vi trovano persone tali quali non pensavano dovessero esserci.
Disgustati per i cattivi, abbandonano anche i buoni.
Fratelli, rapportate la vita dei monasteri alla vostra propria vita, e ascoltateci in modo da conseguire la vita.
Parlando in generale, la Chiesa di Dio riscuote non poche lodi.
Grandi uomini, questi cristiani! E solo loro cristiani. Grande è la Chiesa cattolica!
Essi, tutti quanti, si amano tra loro; si distribuiscono fra loro gli averi secondo che possono; attendono alla preghiera, al digiuno, a cantare inni su tutta la superficie della terra; lodano Dio con unanime sentimento di pace.
Ascolta questi discorsi uno che non sa niente della mescolanza di bene e di male che c'è in seno alla Chiesa ( perché nulla gli è stato detto ); attratto dagli elogi dei cristiani, si fa cristiano; ma ecco che appena venuto, vi trova della gente cattiva, della quale, prima che si convertisse, non gli era stato detto nulla.
Disgustato dei falsi cristiani, abbandona i veri cristiani.
E ricominciano, questi tali, a odiare i cristiani e a parlarne male; e si sfogano in acide invettive.
" Come sono i cristiani! Quali sono! Avari, usurai.
Riempiono le chiese nei giorni di festa e poi, quando ci sono i giochi o gli spettacoli, affollano i teatri e gli anfiteatri.
Ubriaconi, mangioni, invidiosi, nemici l'uno dell'altro ". Ci sono di questi, è vero ma non sono tutti così.
Questo criticone tace i buoni, perché ha l'animo accecato; come l'altro, il panegirista, incautamente aveva taciuto i cattivi.
Ma la Chiesa di Dio ai nostri giorni dev'essere lodata come la lodano le sacre Scritture.
Come cioè vi riferivo poco fa: Un giglio in mezzo alle spine, ecco com'è la mia diletta in mezzo alle figlie. ( Ct 2,2 )
Chiunque ode queste parole, ci riflette sopra.
Gli piace il giglio: entra e, pur di tenersi stretto al giglio, sopporta le [ punture delle ] spine.
Chi opera così meriterà d'essere lodato e baciato dallo sposo, il quale dice: Come un giglio in mezzo alle spine, così la mia diletta in mezzo alle figlie.
Lo stesso vale per i chierici. I loro ammiratori si fermano a guardare i buoni ministri di Cristo, i fedeli dispensatori dei divini misteri: li vedono tolleranti con tutti, dediti senza riserve al bene di coloro che vogliono condurre a perfezione, gente che non cerca il proprio interesse ma quello di Gesù Cristo. ( Fil 2,21 )
Lodando i loro meriti, dimenticano che anche fra loro ci sono dei cattivi.
All'altro estremo ci sono i malevoli contro i chierici. Costoro ne biasimano l'avarizia, le trappole, le liti.
Dicono ai quattro venti che essi sono avidi dei beni altrui, beoni, insaziabili.
Tu sei maligno nel vituperare; tu all'opposto sei sconsiderato nell'elogiare.
Tu che li lodi di' che fra loro ci sono anche dei cattivi; tu che li screditi, nota come fra loro ci sono anche dei buoni.
E la stessa cosa è da dirsi ancora a proposito dei fratelli che professano la vita comune nel monastero.
Grandi uomini davvero, santi uomini! Sempre tra gli inni, nelle preghiere, nelle lodi di Dio! Vivono di questo.
Non fanno che leggere, e per rimediare il sostentamento si dànno al lavoro manuale.
Non chiedono nulla per avarizia e di quello che vienE loro donato dai devoti si servono con parsimonia e carità.
Nessuno pretende cose che il fratello non abbia.
Tutti si amano e si sorreggono a vicenda. Loda, loda!
Eccoti però uno che non sappia come in realtà vadano le cose là dentro: uno che non si renda conto come anche nel porto le navi si urtano l'una l'altra quando entra quel certo vento.
Egli entra, sperando di trovarvi la pace, sperando di non aver più nessuno da sopportare.
Entrato, vi trova dei fratelli cattivi: quei cattivi che certo non ci sarebbero se nessuno ve li avesse introdotti ( è però una necessità che per un po' di tempo li si tolleri per vedere se siano davvero incorreggibili: non li si può infatti cacciar via con tranquillità se prima non li si è tollerati ).
Deluso, l'aspirante diviene talmente irrequieto da essere insopportabile.
" Chi mi ci ha chiamato qui dentro? Io pensavo che qui ci fosse la carità ".
Irritato per il cattivo comportamento di pochi, non persevera nell'adempimento dei suoi impegni; diserta dal santo genere di vita intrapreso e si rendo responsabile di trasgressione del voto.
Una volta uscito dal monastero, si trasforma poi in criticone maldicente.
Non racconta se non le cose che egli afferma di non aver, quasi, potuto sopportare.
Sono talvolta colpe reali ma anche le colpe dei cattivi occorre sopportarle, se piace la convivenza con i buoni.
A un uomo del genere direbbe la Scrittura: Guai a coloro che perdono la pazienza! ( Sir 2,16 )
Ciò che è peggio poi è che il maldicente vomita su altri il lezzo del suo sdegno e dicendo che lui, pur essendo entrato, non è stato capace di perseverare, dissuade quelli che vorrebbero entrare.
" Come sono quelli là dentro? Invidiosi, attaccabrighe, intolleranti, avari. Quello vi ha combinato una cosa, e questo un'altra ".
O cattivo, perché non dici niente dei buoni? Ingrandisci le colpe di coloro che tu non riuscisti a sopportare, e taci di coloro che hanno sopportato la tua cattiveria?
È veramente stupenda, fratelli carissimi, la sentenza che troviamo nel Vangelo, e fu il Signore stesso a pronunziarla.
Due saranno nel campo: e l'uno sarà preso, mentre l'altro sarà lasciato.
Due saranno al mulino: l'una sarà presa, l'altra lasciata.
E due saranno nel letto: l'uno sarà preso, l'altro lasciato. ( Mt 24,40-41; Lc 17,34-35 )
Chi sono i due nel campo? Lo dice l'Apostolo: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dia ha fatto crescere.
Voi siete agricoltura di Dio. ( 1 Cor 3,6.9 ) Noi siamo i lavoratori del campo.
I due del campo sono i chierici; e di essi uno sarà preso, l'altro sarà lasciato.
Sarà preso il buono, lasciato il cattivo.
Le due donne attorno alla mola simboleggiano il popolo.
Perché attorno alla mola? Perché la gente comune è ancora invischiata col mondo e così è presa dal giro delle cose temporali come da una mola.
Tuttavia anche da lì una sarà presa e l'altra lasciata.
Chi sarà preso? Chi fa opere buone, chi ricorda le necessità dei servi di Dio e dei poveri, chi è costante nella professione della fede, chi è imperturbabile nella gioia derivatagli dalla speranza, chi vigila alla presenza di Dio, né augura il male ad alcuno, chi ama con tutte le sue forze non solo gli amici ma anche i nemici, chi non ha rapporti carnali con altre persone che non siano sua moglie e suo marito.
Ecco chi sarà preso d'attorno alla mola. Chi fa il contrario sarà lasciato.
C'è poi della gente che dice: " Noi amiamo la quiete; non vogliamo aver noie da nessuno; per questo ci sottraiamo alle masse.
Staremo bene in quella pace ". Se cerchi la quiete, cerchi, per così dire, un letto ove poter riposare senz'essere infastidito.
Tuttavia anche da lì uno sarà preso e un altro lasciato.
Non v'inganni nessuno, fratelli! Se non volete essere ingannati e intendete amare veramente i fratelli, mettetevi bene in mente che non c'è condizione di vita, nella Chiesa, in cui non ci siano dei finti.
Non dico che tutti siano dei finti, ma che in ogni ceto di persone ci sono dei finti.
Ci sono cristiani cattivi come ce ne sono di buoni.
Ti sembrerà che siano di più i cattivi: è perché essi sono la paglia che impedisce al buon grano di avvicinartisi.
Ci sono però anche i grani. Avvicinati, tocca, scuoti la paglia, pronunziati.
Incontrerai monache dalla vita sregolata; ma si dovrà per questo screditare tutto l'istituto monacale?
Ce ne sono molte che non sanno rimanere in casa loro e gironzolano per le case degli altri.
E sono curiose e parlano di cose sconvenienti: ( 1 Tm 5,13 ) superbe, linguacciute, ubriacone.
Supposto che vergini, cosa giova loro l'integrità fisica, se la loro anima è corrotta?
È molto più eccellente la vita di famiglia unita all'umiltà, che non una verginità superba. ( 1 Cor 7,34 )
Se infatti una tal monaca fosse sposata, non avrebbe il titolo che la fa andare superba e avrebbe un freno che la modererebbe.
Ma dovremmo forse condannare le vergini sante nel corpo e nello spirito, perché ce ne sono alcune cattive?
E viceversa dovremmo forse elogiare le vergini perverse, perché altre sono degne di lode?
Da ogni parte c'è chi viene preso e chi viene lasciato.
14 - Concludiamo dunque, fratelli, il nostro salmo, che è assai facile.
Servite il Signore con gioia! Lo dico a voi che, animati da carità, sopportate ogni male e godete nella speranza.
Servite il Signore, non nell'acidità della mormorazione ma nella gioia della carità.
Entrate alla sua presenza esultando! È facile esultare fuori; ma tu esulta dinanzi a Dio.
Non esulti tanto la lingua quanto la coscienza. Entrate alla presenza di Dio esultando!
Sappiate che il Signore è Dio. Chi non sa che il Signore è Dio?
Ma egli parla di quel Signore che gli uomini non credevano fosse Dio.
Sappiate che il Signore è Dio. Non prendete per un uomo spregevole quel Signore.
Voi lo avete crocifisso, flagellato, coperto di sputi, coronato di spine, vestito di una tunica ignominiosa, sospeso a un patibolo, trafitto con dei chiodi, squarciato con una lancia, e presso la sua tomba avete disposto delle guardie; ma lui è Dio.
Sappiate che il Signore è Dio. Egli è stato il nostro creatore, non noi stessi. ( Gv 1,3 )
Egli è stato il nostro creatore. Per lui tutte le cose sono state fatte, e senza di lui nulla è stato fatto.
Di che cosa esultate? Di che andate superbi? Il vostro creatore è un altro [ e non voi stessi ] e questo vostro Creatore soffre per colpa vostra.
Ma voi vi vantate e gloriate, e insuperbite, quasi che vi siate fatti da voi stessi!
E buon per voi che colui che vi ha plasmati voglia rendervi perfetti!
Egli è stato il nostro creatore, non noi stessi. Non dobbiamo inorgoglirci!
Ogni bene che abbiamo, lo abbiamo dal nostro Creatore.
Quello che abbiamo compiuto noi merita condanna; quello che ha compiuto lui merita la corona.
Egli ci ha fatti e non noi. Noi siamo il suo popolo e le pecore del suo pascolo.
Siamo molte pecore ed una sola pecora: tutto il gregge, una sola pecora!
E che pastore affezionato abbiamo! Abbandona le novantanove pecore per cercare quell'unica e, dopo averla ricomprata col suo sangue, la riporta all'ovile sulle spalle. ( Lc 15,4-5 )
Senza paura affrontò la morte per la sua pecora, quel pastore che risorgendo è diventato possessore della pecora.
Noi siamo il suo popolo e le pecore il suo pascolo.
Entrate per le sue porte nella confessione. Presso le porte si comincia: cominciate con la confessione!
Per questo il nostro salmo è un salmo di confessione. ( Sal 100,1 ) Lì giubilate!
Riconoscete che non vi siete fatti da voi, e lodate colui che vi ha fatti.
In lui sia la sorgente di ogni tuo bene, come allontanandoti da lui ti procurasti ogni male.
Entrate per, le sue porte nella confessione. ( Sal 147,7 )
Il gregge entri per le porte; non rimanga fuori alla mercé dei lupi.
Ma come entrerà? Nella confessione.
La tua porta, cioè l'inizio, sia la confessione, come si legge in un altro salmo: Iniziate [ a cantare ] al Signore nella confessione.
Qui si dice: Iniziate; nel nostro salmo si parla di porte e si dice: Entrate per le sue porte nella confessione.
Ma una volta entrati, non dovremo forse più confessare? Confessa sempre, poiché sempre avrai cose da confessare.
In questa vita è difficile che un uomo si trasformi così radicalmente da non trovarsi più in lui nulla di riprovevole.
Occorre che ti usi severità, se non vuoi che te ne usi colui che ti dovrebbe condannare.
Anche quando ti trovi nella casa [ del Signore ], occorre che tu confessi.
Quando allora non ci sarà più la confessione dei peccati?
Nella pace di Dio, quando gli uomini saranno uguali agli angeli.
Ma notate le mie parole! Ho detto che lassù non ci sarà la confessione dei peccati, non che lassù non ci sarà alcuna sorta di confessione.
Ci sarà infatti la confessione nel senso di lode.
Per sempre dovrai confessare che lui è tuo Dio e tu sua creatura; che lui è tuo protettore e tu suo protetto.
In lui tu sarai, per così dire, nascosto. Come è detto: Li nasconderai al riparo del tuo volto. ( Sal 31,21 )
Confessate a lui, entro i suoi atri, per mezzo di inni.
Confessate presso le porte e, quando sarete entrati nell'atrio, confessate con inni.
Gli inni sono delle lodi. Quando entri, disapprova il tuo agire; quando sarai in casa, loda il Signore.
In un altro salmo si dice: Apritemi le porte della giustizia! Entrando per esse confesserò al Signore. ( Sal 118,19 )
Dice forse: Una volta entrato, non lo confesserò più? Lo confesserà anche dopo entrato.
Che peccati aveva infatti da confessare il nostro Signore Gesù Cristo, quando diceva: Confesso a te, Padre, Signore del cielo e della terra? ( Mt 11,25 )
Lo confessava tributandogli lode, non accusando se stesso.
Lodate il suo nome, poiché dolce è il Signore. Non crediate che vi stancherete di lodare.
La vostra lode sarà come un pasto: quanto più lodate, tanto più cresceranno le vostre forze e vi diverrà dolce colui che lodate.
Lodate il nome del Signore, poiché dolce è il Signore. La sua misericordia dura in eterno.
Non cessa d'essere misericordioso, anche dopo che ti ha liberato: è sua misericordia se ti protegge continuamente finché non consegua la vita eterna.
La sua misericordia quindi dura in eterno, e la sua verità di generazione in generazione.
Questa frase, di generazione in generazione, la potrai intendere nel senso di " in tutte le generazioni " o anche nel senso che due sono le generazioni, quella terrena e quella celeste.
La prima si ha in questo mondo e per essa si nasce uomini mortali; la seconda è quella che ci fa nascere all'eternità.
La verità di Dio è nell'una e nell'altra. Non crediate, infatti, che in questo mondo non ci sia la verità del Signore.
Se davvero non ci fosse, non direbbe un altro salmo: La verità è spuntata fuori dalla terra, ( Sal 85,12 ) né, colui che è la verità in persona avrebbe detto: Ecco, io sono con voi sino alla fine dei secoli. ( Mt 28,20 )
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