Esposizione dei Salmi

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Salmo 119 (118)

Discorso 14

1 - [vv 45-48.] Sezione narrativa del salmo

I precedenti versetti di questo lungo salmo sono in forma di preghiera; gli altri, a cominciare da quello che dobbiamo esporre adesso, sono invece in forma narrativa.

Antecedentemente l'uomo di Dio implorava l'ausilio della grazia divina, come quando diceva: Nella tua giustizia fammi vivere; e venga su di me la tua misericordia, o Signore, ( Sal 119,40-41 ) e così nelle altre espressioni da lui pronunciate prima o dopo di questa.

Ecco invece come suonano le sue parole d'ora in avanti: E camminavo nella spaziosità, perché i tuoi comandamenti io ricercai.

E parlavo delle tue testimonianze al cospetto dei re, e non avevo rossore.

E meditavo sui tuoi precetti che io ho amati.

E tenevo levate le mie mani ai tuoi precetti che ho amati, e mi esercitavo nelle vie della tua giustizia.

Sono parole di uno che racconta, non di chi implora.

Sembra quasi che il salmista, ottenuto da Dio quel che chiedeva, voglia celebrare, a lode di Dio, cosa sia divenuto per i doni della misericordia divina antecedentemente invocata.

Egli non ricollega le sue parole al contesto di prima, dicendo ad esempio: E non togliere dalla mia bocca la parola della verità fino, all'estremo, poiché nei tuoi giudizi ho arcisperato; e custodirò per sempre la tua legge, nel secolo e nel secolo del secolo; e camminerò nella spaziosità, perché i tuoi comandamenti io ricercai; e parlerò delle tue testimonianze al cospetto dei re, e non avrò rossore. ( Sal 119,43-46 )

E via di seguito. In effetti sarebbe stato logico, a quanto sembra, connettere in questa maniera le due parti.

Contrariamente a ciò, il salmista dice: E io camminavo nella spaziosità, dove la congiunzione copulativa e è una incongruenza logica, in quanto non dice: " E io camminerò ", com'era da attendersi dopo le parole: E custodirò per sempre la tua legge.

Che se queste parole avessero senso ottativo ( Possa io custodire la tua legge ), avrebbe dovuto dire: " E possa io camminare nella spaziosità ", come se due fossero le cose desiderate e richieste.

Egli viceversa dice: E io camminavo nella spaziosità.

Se non ci fosse stata la congiunzione e, e la frase: Io camminavo fosse stata aggiunta senza legami col contesto precedente, come un asserto a sé stante, sarebbe stato un modo d'esprimersi tutt'altro che insolito e il lettore non avrebbe dovuto affatto stupirsene, né ci sarebbe stato alcun bisogno d'andare a cercare significati occulti.

Viceversa il salmista vuol farci comprendere come a questo punto siano da inserirsi cose che egli omette di narrare ( ci indica cioè che egli è stato esaudito da Dio ) e poi passa a descrivere il livello di vita raggiunto.

È come se avesse detto: " Quando io pregavo così, tu mi esaudisti, e io camminavo nella spaziosità ", e tutto il resto del discorso che si sviluppa in questo tono [narrativo].

2 - Lo Spirito ci fa chiedere doni spirituali

Che significano dunque le parole: E io camminavo nella spaziosità?

Non forse che io camminavo nella carità, diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato donato? ( Rm 5,5 )

In questa spaziosità camminava quel tale che diceva: La nostra parola è a voi manifesta, o Corinzi; il nostro cuore è dilatato. ( 2 Cor 6,11 )

Ora la carità piena e totale è racchiusa nei due precetti d'amare Dio e il prossimo: precetti che compendiano tutta la Legge e i Profeti. ( Mt 22,40 )

In relazione a questo il salmista, dopo aver detto: E io camminavo nella spaziosità, come per indicarne la causa soggiunge: Poiché ho ricercato i tuoi comandamenti.

Alcuni codici non recano comandamenti ma testimonianze, ma la lezione comandamenti è la più attestata, specialmente dai codici greci, lingua alla quale ( come tutti concordano ) occorre dare la preferenza, essendo quella che soggiace alla nostra e dalla quale i nostri testi sono stati tradotti.

Se vogliamo poi sapere in che maniera egli abbia ricercato i comandamenti di Dio ( che poi è la maniera in cui occorre ricercarli sempre ), dobbiamo riflettere sulle parole del Maestro buono, rivelatore e autore [ della nostra salvezza ].

Chiedete e riceverete, - diceva - cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.

E poco dopo: Se dunque voi, pur essendo cattivi, sapete donare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli donerà cose buone a chi gliele chiederà? ( Mt 7,7-11 )

Sono parole che esprimono all'evidenza il senso delle altre: Chiedete, cercate, bussate, da riferirsi quindi esclusivamente alla insistenza nel chiedere, cioè nel pregare.

L'altro Evangelista al riguardo non dice: Donerà cose buone a chi gliele chiederà, parole che potrebbero intendersi in più maniere, cioè tanto dei beni materiali quanto di quelli spirituali.

Escludendo con un taglio netto ogni altra cosa, nel suo dire accurato Luca determina quale, a detta del Signore, debba essere l'oggetto delle nostre suppliche più fervide e insistenti.

Dice: Quanto più il Padre vostro celeste donerà lo Spirito buono a chi glielo chiederà? ( Lc 11,13 )

È questo lo Spirito ad opera del quale è diffusa nei nostri cuori la carità ( Rm 5,5 ) per la quale amiamo Dio e il prossimo, osservando così i precetti del Signore.

È questo lo Spirito in virtù del quale gridiamo: Abba, Padre. ( Rm 8,15 )

È dunque lo Spirito che ci dà la facoltà di chiedere, ed è lo stesso Spirito ciò che noi desideriamo ricevere.

È lui che ci fa cercare, ed è lui che desideriamo trovare.

Per lui ancora ci è dato bussare, ed è lui la meta a cui ci sforziamo di pervenire.

Lo insegna l'Apostolo.

In un passo scrive che noi gridiamo: Abba, Padre, in virtù dello Spirito Santo, mentre in un altro asserisce: Dio inviò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: Abba, Padre. ( Gal 4,6 )

Se è lui che grida in noi, come sì dice che siamo noi stessi a gridare?

Non sarà forse per il fatto che, da quando ha cominciato ad abitare in noi, è lo Spirito che ci dà la facoltà di gridare? Sì.

Una volta ricevuto, egli opera in noi e ci conferisce il potere d'invocarlo al fine di riceverlo più abbondantemente: cosa che avviene mediante il nostro chiedere, cercare e bussare.

Insomma, tanto se lo si invoca mediante la vita buona [ già vissuta ] quanto se lo si fa per vivere bene, è lo Spirito di Dio che muove quanti sono figli di Dio. ( Rm 8,14 )

Per questo dice: Io camminavo nella spaziosità, perché i tuoi comandamenti ho ricercato.

Li aveva ricercati premurosamente e li aveva trovati poiché aveva chiesto e ricevuto lo Spirito Santo, che l'aveva reso buono e capace di compiere in modo degno il bene mediante la fede che opera attraverso l'amore. ( Gal 5,6 )

3 - Dice: E parlavo delle tue testimonianze al cospetto dei re, e non avevo rossore.

Lo aveva chiesto e ricevuto.

Così poteva rispondere a coloro che gli rinfacciavano la Parola né gli veniva tolta dalla bocca la Parola di verità.

Deciso a combattere fino alla morte in difesa di questa Parola, non arrossiva di parlarne alla presenza degli stessi re.

Parlava infatti delle testimonianze divine che in greco si dicono μαρτύρια, nome ormai d'uso comune anche in latino.

Da questo nome deriva anche il sostantivo " martire ", con cui si indicano quelle persone alle quali Gesù predisse che l'avrebbero confessato anche dinanzi ai re. ( Mt 10,18 )

4 - La carità, fine della Legge

Dice: E meditavo sui tuoi precetti che ho amati.

E tenevo levate le mie mani ai tuoi precetti che ho amati.

Alcuni codici, tanto nel primo che nel secondo versetto leggono: Ho amato molto, ovvero assai, o anche intensamente, rendendo liberamente, come a ciascuno garbava, l'unica parola greca che è  σφόδρα.

Amava dunque i comandamenti di Dio sfruttando quelle risorse che gli consentivano di camminare nella spaziosità, mediante cioè l'azione dello Spirito Santo che diffonde nei fedeli la carità e così ne dilata il cuore. ( Rm 5,5 )

Questo suo amore poi si esplicava e nel pensare e nell'agire, per cui, in riferimento al pensiero, dice: E io meditavo sui tuoi precetti, mentre in riferimento alle azioni dice: E tenevo levate le mie mani ai tuoi precetti.

Completa le due frasi aggiungendo: Che io ho amato, poiché fine della legge è la carità che procede da cuore puro. ( 1 Tm 1,5 )

Quando i comandamenti di Dio vengono osservati con questa finalità, cioè in vista dell'amore, allora l'opera che si compie è veramente buona e le mani vengono veramente elevate, poiché alta è la meta verso la quale si elevano.

Non per altro infatti l'Apostolo, prima di iniziare il discorso sulla carità, diceva: Voglio mostrarvi una via più alta; ( 1 Cor 12,31 ) e in un altro luogo: [ Possiate ] comprendere anche l'amore di Cristo che sovrasta ogni scienza. ( Ef 3,19 )

Se quindi dalla pratica dei comandamenti di Dio ci si ripromette in premio la felicità terrena, le mani si abbassano, non si sollevano, in quanto i beni che con tali opere si intendono conseguire, per essere terreni, non sono in alto ma in basso.

Al pensare e all'agire si riferiscono le altre parole: E mi esercitavo nelle vie della tua giustizia.

È questa la lezione preferita dalla maggior parte dei traduttori, mentre alcuni hanno reso il vocabolo greco ( che è ήδολέσχουν  ) o con: Mi rallegravo o con: Ero loquace.

Si esercita infatti nelle vie della giustizia di Dio, divenendoci anche lieto o, se si vuole, loquace, colui che ama i comandamenti del Signore e li osserva con quel gusto che lo porta a pensarli e a praticarli.

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