Esposizione dei Salmi

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Salmo 119 (118)

Discorso 15

1 - [vv 49.50.] Locuzioni antropomorfiche nella Scrittura

Del presente lunghissimo salmo esaminiamo ed esponiamo, con l'aiuto del Signore, i versi che suonano: Ricordati, a vantaggio del tuo servo, della tua parola con la quale mi hai dato speranza.

Questa mi ha consolato nella mia umiliazione poiché la tua parola mi ha rimesso in vita.

Forse che Dio al pari dell'uomo può incorrere in dimenticanze? Perché allora dirgli: Ricordati?

Eppure tale parola ritorna inequivocabilmente in altri testi della Scrittura, fra cui questi: Perché mi hai dimenticato? ( Sal 42,10 )

E: Ti dimentichi forse della nostra miseria? ( Sal 44,24 )

E Dio stesso per mezzo del Profeta dice: Nulla ricorderò di tutte le sue iniquità. ( Ez 18,22 )

E così in altri numerosissimi testi: i quali tuttavia non sono da intendersi, se riferiti a Dio, come quando le cose accadono fra gli uomini.

È un caso identico al cosiddetto pentirsi di Dio.

Dio si pente quando, aldilà delle previsioni umane, cambia il corso delle cose, ovviamente senza che cambino le decisioni della sua volontà, poiché la volontà del Signore è stabile in eterno. ( Sal 33,11 )

Parimenti si dice che Dio dimentica quando sembra tardare a dare l'aiuto o a mantenere le promesse o a castigare come meriterebbero i malvagi, e così via.

Si ha l'impressione, allora, che quanto da noi sperato o temuto gli sia sfuggito di mente e perciò non accada.

Sono modi di dire consueti, desunti dai moti della sensibilità umana, poiché certamente Dio agisce sempre secondo un ordinamento infallibile, né gli falla la memoria o gli si oscura l'intelligenza o muta la volontà.

Quando dunque un orante dice a Dio di ricordarsi, mostra, ingrandendolo, il desiderio con cui reclama l'adempimento delle promesse; non intende suggerire la cosa a Dio quasi che se la sia dimenticata.

Dicendo quindi: Ricordati della tua parola a vantaggio del tuo servo, è come se dicesse: Adempi la tua promessa a vantaggio del tuo servo.

Con la quale mi hai dato speranza, cioè: con la quale parola.

È stato infatti per la tua promessa che mi hai fatto sperare.

2 - Umiliazione del perseguitato e soccorso divino

Questa mi ha consolato nella mia umiliazione.

Questa si riferisce alla speranza data agli umili, della quale dice la Scrittura: Dio resiste ai superbi e dà la grazia agli umili. ( Gc 4,6; 1 Pt 5,5 )

Di essa ebbe a dire un giorno il Signore di sua bocca: Chi si esatta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. ( Lc 14,11; Lc 18,14 )

L'umiltà di cui si parla nel versetto, se lo capiamo bene, non è tanto quella con cui ci si umilia confessando i peccati o non attribuendoci opere di giustizia, ma piuttosto quella per cui ci sentiamo abbattuti se ci incoglie una qualche tribolazione o smacco, tanto se meritati dalla nostra superbia quanto se mandatici per esercitare e provare la nostra pazienza.

È quell'umiltà di cui un po' più oltre dirà il nostro salmo: Prima d'essere umiliato io ero caduto in peccato.

E nel libro della Sapienza: Nel dolore soffri da forte, nell'umiliazione abbi pazienza.

Perché nel fuoco si saggiano l'oro e l'argento, e gli uomini accetti nel crogiolo dell'umiliazione. ( Sir 2,4-5 )

Chiamandoli accetti [ a Dio ], li invita alla speranza che nell'umiliazione dona conforto.

Predicendo ai discepoli questa umiltà, che li avrebbe raggiunti ad opera dei persecutori, il Signore Gesù non li lasciò senza speranza; anzi ne diede una veramente capace di consolarli, quando disse: Mediante la vostra pazienza salverete le vostre anime. ( Lc 21,19 )

E riguardo al corpo che i nemici avrebbero potuto uccidere e quasi annientare, disse: Non perirà nemmeno un capello della vostra testa. ( Lc 21,18 )

Ecco la speranza che viene data al corpo di Cristo, cioè alla Chiesa: speranza che la consola nella sua umiltà.

È la speranza di cui l'apostolo Paolo afferma: Se invece speriamo ciò che non vediamo, aspettiamolo con pazienza. ( Rm 8,25 )

È insomma la speranza del premio eterno.

Tuttavia c'è un'altra speranza data ai santi perché non vengano meno nella prova.

È una speranza che consola moltissimo nell'umiltà e nella tribolazione, e proviene dalla parola di Dio che garantisce l'ausilio della grazia.

Di questa speranza dice l'Apostolo: Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre quel che potete, ma con la tentazione vi procurerà anche la via d'uscita, onde possiate sopportarla. ( 1 Cor 10,13 )

E il Salvatore di sua bocca assicurava questa stessa speranza allorché diceva: Questa notte Satana va in cerca di voi per vagliarvi come si vaglia il grano.

Ma io ho pregato per te, Pietro, affinché la tua fede non venga meno. ( Lc 22,31 )

L'assicurava ancora nell'orazione da lui stesso insegnata quando ci esortava a dire: Non c'indurre in tentazione. ( Mt 6,13 )

Ciò che ordinava fosse chiesto nella preghiera, in certo qual modo prometteva di accordare ai suoi quando fossero stati nel pericolo.

Di questo secondo tipo di speranza sembra parlare il salmo ( e così è da intendersi ) quando dice: Questa mi ha consolato nella mia tribolazione, poiché la tua parola mi ha rimesso in vita in tal senso hanno marcato più vigorosamente quei traduttori che hanno preferito il termine sentenza a parola.

Il greco infatti legge λόγιον, cioè sentenza, e non  λόγος, che sarebbe parola.

3 - [v 51.] Empietà dei persecutori e fortezza dei Martiri

Continua il salmo: I superbi agivano iniquamente fino all'eccesso, ma io non ho deviato dalla tua legge.

Per superbi intende coloro che perseguitano i fedeli a Dio, e per questo aggiunge: Ma io non ho deviato dalla tua legge, cosa alla quale mi voleva costringere la loro persecuzione.

Dei persecutori egli dice che si comportavano iniquamente fino all'eccesso; e ciò perché non soltanto erano empi loro personalmente ma costringevano anche i pii a diventare altrettanto empi.

In tale umiliazione, cioè in mezzo a tale tribolazione, sopraggiunse a consolare i martiri la speranza, loro fornita dalla parola di Dio con cui si garantiva loro l'aiuto perché non ne venisse meno la fede.

Lo Spirito di Dio, presente in loro, somministrava ad essi la forza nel cimento, per cui sfuggendo al laccio dei cacciatori potevano affermare: Se il Signore non fosse stato con noi, forse ci avrebbero inghiottiti vivi. ( Sal 124,1.3 )

4 - Figli dell'ira salvati dall'unico Mediatore

Ma chi sa se nel dire: Questa mi ha consolato nella mia umiliazione, non intenda parlare di quella vicenda davvero umiliante per la quale l'uomo precipitò e fu scaraventato nella morte a seguito di quel peccato che infelicissimamente fu commesso nella felicità del paradiso? ( Gen 3,23 )

Per questa umiliazione l'uomo è divenuto simile alla vanità e i suoi giorni passano come ombra, ( Sal 144,4 ) e tutti si nasce figli dell'ira; e tali si resterebbe se non ci fosse stato il Mediatore che ha riconciliato con Dio tutti coloro che, prima della creazione del mondo, etano stati predestinati alla salvezza eterna. ( Ef9 1,4 )

In questo Mediatore sperarono anche gli antichi giusti, prevedendone con spirito profetico la futura venuta nella carne.

Queste antiche profezie sul Salvatore comunicate ai padri possono essere ben identificate ( se ne attribuiamo ad essi l'invocazione ) con quella " parola " di cui il nostro salmo, quando dice: A vantaggio del tuo servo, ricordati della tua parola con la quale mi hai dato speranza.

Questa mi ha consolato nella mia umiliazione, cioè in questa mia condizione mortale, poiché la tua parola mi ha rimesso in vita, cioè ha fatto sì che io, precipitato nella morte, avessi speranza di vita.

I superbi agivano iniquamente fino all'eccesso: infatti nemmeno l'infima bassezza della loro condizione mortale poté domare la loro superbia.

Ma io non ho deviato dalla tua legge, cosa che i superbi pretendevano da me.

5 - [v 52.] Fui memore dei tuoi giudizi, o Signore, dal principio dei secoli e ne fui consolato, ovvero, come riportano altri codici, mi ci sono esortato, cioè ne ho riportato esortazione.

Sono due interpretazioni che ugualmente possono ricavarsi dalla parola greca παρεχλήθην.

Dice in sostanza: Dal principio dei secoli, cioè da quando cominciò ad esistere il genere umano, io fui memore dei tuoi giudizi - quei giudizi che usavi con i vasi dell'ira ormai irrimediabilmente perduti - e ne fui consolato.

Anche con la loro punizione, infatti, tu hai mostrato i tesori della tua gloria che riversi sui vasi di misericordia. ( Rm 9,22-23 )

6 - [vv 53.54.] Il celeste Samaritano

Lo sgomento mi oppresse a causa dei peccatori che abbandonavano la tua legge.

Oggetto dei miei canti divennero per me le vie della tua giustizia nel luogo del mio esilio, ovvero, come leggono alcuni codici: Nel luogo della mia peregrinazione.

Ecco l'umiliazione in cui cadde l'uomo scacciato dal paradiso e dalla Gerusalemme celeste e costretto a peregrinare nel regno della mortalità, simile in questo a quel tale che, scendendo a Gerico, incappò negli assassini. ( Gen 3,23 )

Ma dal buon Samaritano gli venne usata misericordia ( Lc 10,30 ) e per questo nel luogo del suo peregrinare divennero oggetto dei suoi canti le vie della giustizia di Dio.

Ciononostante egli resta sempre oppresso dallo sgomento a causa dei peccatori che abbandonano la legge di Dio, perché in questo mondo è costretto a vivere con loro, anche se temporaneamente, finché cioè non ci sarà la pulitura dell'aia.

Si potrebbe tentare un avvicinamento di questi due versi con le due parti del verso precedente.

In questo modo le parole: Io fui memore dei tuoi giudizi, o Signore, dal principio dei secoli, sarebbero riprese nel verso con le parole: Lo sgomento mi oppresse a causa dei peccatori che abbandonavano la tua legge; mentre le altre: E io ne fui consolato, troverebbero un'eco in: Oggetto dei miei canti divennero per me le vie della tua giustizia nel luogo del mio esilio.

7 - [v 55.] La notte dello spirito

Dice: Io mi ricordai del tuo nome, o Signore, nella notte e osservai la tua legge.

Notte è quella umiliazione dove si trascina l'uomo mortale con il cumulo delle sue sventure; ed è notte per i superbi che fino all'eccesso agiscono con cattiveria.

È notte per lo sgomento causato dai peccatori che abbandonano la legge di Dio.

E finalmente è anche notte a motivo del luogo ove si protrae il presente esilio fino alla venuta del Signore, il quale illuminerà i recessi delle tenebre e paleserà i disegni del cuore, e allora ciascuno riceverà da Dio la sua lode.

Finché dura questa notte, l'uomo deve ricordarsi del nome di Dio, sicché chi sì gloria si glori nel Signore. ( 1 Cor 4,5; 1 Cor 1,31 )

Vi si riferisce anche quel testo scritturale: Non a noi, o Signore, non a noi ma al tuo nome dà gloria. ( Sal 114,1 )

Vuol dire che ognuno osserverà la legge di Dio non in vista della gloria propria ma a gloria di Dio, come del resto non lo fa per la propria giustizia ma per la giustizia di Dio, cioè data da Dio all'uomo.

Analogamente il salmista dice: Io mi ricordai del tuo nome, o Signore, nella notte e osservai la tua legge.

Non l'avrebbe certo osservata se non si fosse ricordato del nome di Dio ma avesse confidato in se stesso.

Poiché il nostro aiuto è nel nome dei Signore. ( Sal 124,8 )

8 - [v 56.] L'umile trae profitto da ogni prova

Proseguendo il discorso aggiunge: Questa mi è accaduta perché ricercavo le tue giustizie.

Sì, le tue giustizie, con le quali tu giustifichi l'empio; non le mie, che in nessun modo gli renderebbero pio ma solamente superbo.

Infatti il salmista non era uno di quei tali che ignorando la giustizia di Dio e volendo affermare la propria non sono soggetti alla giustizia di Dio. ( Rm 10,3 )

Trattandosi dunque delle giustizie con cui per un dono della grazia divina vengono giustificati gratuitamente coloro che da sé soli non possono diventare giusti, han reso con maggior precisione il senso quei traduttori che hanno usato il termine giustificazioni.

E difatti il testo greco non reca διχαιοσύνας ( che sarebbe giustizie ) ma διχαιώματα che significa appunto giustificazioni.

Che intende dire con: Questa mi è accaduta? Questa: che cosa?

Forse la legge, in quanto or ora diceva: E io osservai la tua legge?

Aggiungendo a tali parole la frase: Questa mi è accaduta, avrà quindi voluto dire: Questa legge mi è accaduta?

Non è il caso di indugiare neppure un istante a esporre in qual modo gli sia accaduta la legge di Dio poiché, leggendo la frase nel greco da dove è stata tradotta, appare con sufficiente chiarezza che l'espressione: Questa mi è accaduta non si riferisce alla legge.

Infatti in greco la parola " legge " è maschile, mentre nel nostro testo il greco ha il pronome femminile, essendovi scritto: Questa mi è accaduta.

Occorre pertanto investigare prima in che consista la cosa che gli è capitata e poi come gli sia capitata quella cosa, qualunque essa sia.

Dice: Questa mi è accaduta; né si può intendere " Questa legge ", poiché il greco esclude tale significato.

Proveremo quindi a intendere: " Questa notte ".

È un'interpretazione probabile, motivata dal fatto che il periodo precedente, nella sua interezza, recava: Io mi ricordai del tuo nome, o Signore, nella notte e osservai la tua legge.

E a tal periodo seguiva appunto la frase: Questa mi è accaduta.

Non essendo la legge, la cosa che gli è capitata sarà, ovviamente, la notte.

Ma allora qual è il significato dell'affermazione: Per aver io ricercato le vie della tua giustizia, mi è capitata la notte?

Se ha ricercato le vie della giustizia di Dio, dev'essergli brillata la luce, non capitata la notte!

Effettivamente è da capirsi bene anche quel: Mi è accaduta, intendendola nel senso di: " Si è volta a mio favore " o " Me n'è venuto del giovamento ".

Senza cadere nell'assurdo, per " notte " intenderemo quindi l'umiliante condizione della nostra mortalità per cui il cuore dei singoli mortali è celato al proprio simile.

Da queste tenebre nascono innumerevoli e gravi tentazioni; e in tale notte si mettono a circolare anche le belve della foresta, i leoncini ruggiscono cercando il cibo dal Signore, ( Sal 104,21 ) e lo stesso principe dei leoni ruggendo cerca chi poter divorare. ( 1 Pt 5,8 )

Parlando di lui il Signore disse le parole sopra ricordate: Questa notte Satana ha chiesto di vagliarvi come frumento; ( Lc 22,31 ) e voleva dire: Nella notte, quando vanno in giro le belve della foresta, il gran leone [ infernale ] ha chiesto di voi al Signore per farvi sua preda.

Ebbene, questa umiliazione che l'uomo incontra nel suo peregrinare sulla terra e che giustamente è figurata nella notte, torna a vantaggio di coloro che ne escono salutarmente provati e vi imparano a deporre la superbia, che è quel male per cui l'uomo fu cacciato nella notte. Infatti apostatare da Dio fu per l'uomo il tratto iniziale della sua superbia, ( Sir 10,14 ) ma poi venne giustificato gratuitamente e, se fu esposto alle varie tentazioni della presente notte, lo fu perché traesse profitto dalla sua umiliazione.

Divenuto intelligente, dica pure ciò che è detto in questo salmo poco dopo: Buon per me che tu mi hai umiliato, affinché io impari le vie della tua giustizia. ( Sal 119,71 )

Che significa infatti: Buon per me che tu mi hai umiliato, se non che questa, l'umiliazione che con altro nome chiamo "notte", mi è accaduta ( cioè le cose si sono messe ) in modo tale che io ne traessi profitto?

Ma tutto questo, perché? Eccolo. Perché io ricercai, non le mie, ma le tue vie di giustizia.

9 - Uso del neutro a posto del femminile nella S. Scrittura

L'espressione: Questa è accaduta a me, è suscettibile anche di un'altra spiegazione dove non occorre sottintendere né " legge " né " notte ".

Si potrebbe, cioè, intendere il pronome questa come lo si intende in quell'altro salmo dove si legge: Una sola chiesi al Signore, questa ricercherò. ( Sal 27,4 )

Non precisa in che consista o come sia fatta quell'unica [ cosa ] di cui dice: Questa ricercherò; ma è come se il femminile venga usato a posto del neutro.

È infatti fuori dell'uso corrente dire: Una sola ho chiesto al Signore, questa ricercherò, quando non si possa sottintendere in che [ cosa ] consista quell'unica che ricerca.

Normalmente in tali casi si dice: " Una sola cosa " ho chiesto al Signore e " questo " ricercherò, cioè abitare nella casa del Signore.

Si tratta in effetti di quei neutri che non esigono un sostantivo neutro sottinteso, come sarebbe " un bene ", " un dono " o simili; ma qualunque sia la cosa che si sottintenda e per quanto il nome proprio della medesima possa essere di genere maschile o femminile, o anche se la si accenni vagamente con espressioni indeterminate, senza nome di qualsivoglia genere, sempre in tali casi, nel parlare ordinario, si ricorre al neutro.

Così potrebbero intendersi anche le parole dette qui dal salmo.

Questa è accaduta a me corrisponderebbe a: Questa cosa mi è accaduta.

Che se poi ci domandiamo quale essa sia, subito la nostra mente va alle parole precedenti: Io mi sono ricordalo del tuo nome, o Signore, nella notte e osservai la tua legge.

Ecco cosa mi è accaduto: l'aver io osservato la tua legge non me lo sono procurato io stesso ma è stato operato da te ed è tornato a mio vantaggio, perché io ho ricercato non le mie ma le tue vie di giustizia.

Come dice l'Apostolo: È Dio che opera in voi e il volere e l'agire con buona Volontà. ( Fil 2,13 )

Ne parla il Signore stesso quando per mezzo del Profeta dice: E farò sì che camminiate nelle vie della mia giustizia e osserviate i miei statuti e li pratichiate. ( Ez 36,27 )

In conclusione, se Dio dice: Io farò sì che osserviate i Miei statuti e li pratichiate, con ogni ragione può il salmista concludere: Questo è stato compiuto in me.

Che se poi vai a chiedergli di cosa si tratti, ti risponderà quanto da lui detto in precedenza, e cioè: l'aver potuto osservare la legge di Dio.

Il nostro discorso però è andato ormai un po' per le lunghe, per cui il seguito sarà meglio trattarlo in un altro capitolo, se il Signore ce lo concederà.

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