Esposizione dei Salmi |
Sapete bene, fratelli carissimi, che i Cantici dei gradini sono i cantici della nostra ascesa e che questa ascesa non si fa con i piedi del corpo ma con gli affetti del cuore.
Sono cose che vi abbiamo inculcate molto spesso, né è il caso di ripetere sempre gli stessi concetti, ma occorre lasciare spazio per parlare di ciò che non è stato mai detto.
Ebbene, anche il salmo che vi siete sentiti cantare reca nell'intestazione: Cantico dei gradini. Tale è il suo titolo.
Cantatelo dunque ascendendo, e, se talora chi canta sembra essere un solo individuo mentre altre volte sembrano molti, è perché, pur essendo molti, noi siamo uno.
Uno infatti è Cristo, e le membra di Cristo in Cristo formano insieme con Cristo una unità.
Il Capo di tutte queste membra è in cielo, e il corpo, sebbene stia tribolando in terra, non è avulso dal suo Capo; anzi questo Capo vigila sul corpo e provvede al suo bene.
Se non se ne interessasse, non avrebbe detto a quell'accanito persecutore che era Saulo, non ancora cambiato in Paolo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )
Sono, queste, cose che conoscete benissimo e che avete familiari.
Sia però lecito ricordarle un istante, senza tedio per coloro che ne conservano la memoria, affinché mediante la loro pazienza tornino in mente anche a chi se n'era dimenticato.
Si tratta infatti di verità salutari che occorre ripetere spesso.
Canti pure uno solo, dunque, ovvero cantino in molti.
Anche quando sono molti a cantare è un uomo solo, poiché i molti formano l'unità, e Cristo - come abbiamo detto - è un solo uomo e tutti i cristiani ne sono le membra.
Cosa cantano dunque costoro? cosa cantano queste membra di Cristo?
Sono persone che amano, e cantano d'amore, cantano di desiderio.
Talvolta cantano provati dalle tribolazioni, talvolta cantano di gioia ed è quando a cantare li muove la speranza.
La tribolazione infatti è normale nella vita presente, la speranza invece riguarda il mondo avvenire; e se nella tribolazione che ci riserva la vita quaggiù non fossimo consolati dalla speranza del mondo avvenire saremmo finiti.
Il nostro godere pertanto, o fratelli, non è una realtà attualmente posseduta ma solo sperata.
Tuttavia la nostra speranza è talmente certa che potremmo quasi chiamarla fatto compiuto.
Non c'è infatti [ in essa ] alcun timore essendo autore della promessa la [ stessa ] Verità: la quale Verità non può né ingannarsi né ingannare.
Buon per noi quindi se restiamo uniti a lei!
Sarà infatti lei a liberarci, a patto però che prestiamo fede alla sua parola.
Adesso è il tempo della fede, mentre in seguito verrà la visione.
Finché dura la fede, siamo in questo mondo ed ha luogo la speranza; quando nel mondo avvenire saremo ammessi alla visione avremo il possesso della realtà.
E vedremo [ Dio ] faccia a faccia, ( 1 Cor 13,12 ) e in tanto potremo vederlo in quella maniera in quanto avremo gli occhi [ totalmente ] purificati.
Beati, infatti, i puri di cuore perché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )
Ma come potranno diventar puri i cuori se non mediante la fede, della quale diceva Pietro negli Atti degli Apostoli: Mediante la fede egli purifica i loro cuori? ( At 15,9 )
Attraverso la fede i cuori diventano puri e quindi capaci di fruire della visione facciale.
Adesso infatti camminiamo nella fede e non nella visione.
Lo dice l'Apostolo: Finché siamo nel corpo, siamo pellegrini lontani dal Signore.
E che significa: Siamo pellegrini? Dice: Camminiamo infatti nella fede e non nella visione. ( 2 Cor 5,7 )
Se uno dunque è pellegrino e cammina nella fede non è ancora in patria, anche se è sulla via [ che reca alla patria ].
Il contrario è di colui che non crede: egli non è né in patria né sulla via [ che vi conduce ].
Camminiamo dunque come chi è sulla via, poiché lo stesso Re della patria si è fatto per noi via.
Re della nostra patria è il Signore Gesù Cristo, il quale lassù è la verità, qui è la via.
Dove andiamo? Alla verità. Per quale strada vi andiamo? Per la fede.
Dove andiamo? A Cristo. Per quale via? Per quella via che è Cristo.
Egli stesso infatti disse: Io sono la via, la verità, la vita. ( Gv 14,6 )
E un'altra volta aveva detto a coloro che credevano in lui: Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi.
Conoscerete - dice - la verità, ma se rimarrete nella mia parola. ( Gv 8,31-32 )
Quale parola? Quella di cui dice l'Apostolo: Tale è la parola della fede che noi annunziamo. ( Rm 10,8 )
Si comincia dunque con la parola della fede; che se persevereremo in quella parola della fede conosceremo la verità e la verità ci farà liberi.
La verità è immortale e immutabile; la verità è quel Verbo di cui sta scritto: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
E chi potrà vederlo se prima non ha purificato il cuore? Ma come si purifica il cuore?
E il Verbo si è fatto carne e ha abitato fra noi. ( Gv 1,1.14 )
Pertanto, il Verbo immutabile, il Verbo in se stesso, è la verità a cui dobbiamo pervenire e che ci rende liberi.
Il Verbo che si è fatto carne ed ha abitato fra noi è la parola della fede che ci viene annunziata e nella quale il Signore vuole che noi siamo stabili, al fine di conoscere la verità.
Se crederai in Cristo nato nella carne, giungerai a Cristo nato da Dio, e lui stesso Dio presso Dio.
Cantano pieni di esultanza costoro di cui leggiamo [ le parole ].
Sono membra di Cristo che hanno conseguito la felicità coloro che cantano il presente salmo.
Ma chi può esultare quaggiù se non è animato dalla speranza, come ho detto?
Siamo anche noi animati da sicura speranza e canteremo nell'esultanza.
Non sono infatti estranei a noi i cantori di questo salmo, né la voce che vi risuona è di altri che non noi.
Ascoltatela dunque come se ascoltaste voi stessi; ascoltatela come mirando voi stessi nello specchio delle Scritture.
Difatti, se, per così dire, ti specchi nella Scrittura, la tua faccia si rischiara: gioisci nella speranza e, trovandoti simile alle membra di Cristo che prima di te hanno cantato questi inni, sarai anche tu annoverato fra le stesse membra e potrai cantare le stesse parole.
Ma perché sono nell'esultanza coloro che cantano così? Perché sono scampati [ dall'esilio ].
È quindi speranza [ per noi ] se essi cantano in quanto noi, finché siamo pellegrini quaggiù, non siamo ancora fuori [ dall'esilio ].
Tuttavia alcune membra di quello stesso corpo a cui noi apparteniamo ci hanno preceduto [ nella patria ], ed esse possono cantare [ il salmo ] con ogni verità.
Lo hanno cantato i santi martiri, i quali, usciti da questo mondo, sono con Cristo nella gioia, pronti a riprendere incorrotti quegli stessi corpi che prima erano corruttibili.
In vita subirono tormenti nel corpo, ma nell'eternità questi tormenti si cambieranno in ornamenti di giustizia.
Pertanto, cantiamo tutti in unità di cuore [ il nostro salmo ]: tanto i santi che posseggono già la corona quanto noi che con l'affetto ci uniamo nella speranza alla loro corona.
Insieme desideriamo quella vita che quaggiù non abbiamo ma che non potremo mai avere se prima non l'abbiamo desiderata.
Cantiamo e diciamo: Se il Signore non fosse stato con noi.
Ripensano [ qui i santi ] alle sofferenze che hanno incontrate, e dal luogo di beatitudine e di tranquillità dove ora si trovano guardano al cammino percorso per arrivarvi; e, siccome sarebbe stato difficile conseguire la liberazione se non fosse intervenuta a soccorrerli la mano del Liberatore, pieni di gioia esclamano: Se il Signore non fosse stato, con noi.
Così inizia il loro canto. Non hanno detto nemmeno da che cosa siano scampati, tanto grande è la loro esultanza.
Se il Signore non fosse stato con noi.
Dica ora Israele: Se il Signore non fosse stato con noi …
Lo dica adesso che ormai è fuori [ pericolo ].
Il presente salmo infatti presenta al nostro sguardo della gente in atto di sfuggire, o meglio, gente che è già scampata.
Rappresentiamoci interiormente questi nostri fratelli ormai trionfanti, e, come se anche noi fossimo insieme con loro, ripetiamo quel che ci si faceva dire nel salmo precedente: I nostri piedi stavano negli atri di Gerusalemme. ( Sal 122,2 )
Non erano lassù, ma vi erano incamminati, e nell'affrettarsi alla meta tanta era la gioia e tanta la fiducia di arrivarvi che, sebbene in via e fra i travagli, tuttavia sembravano essere già pervenuti.
Così anche noi. Consideriamoci già partecipi di questo trionfo che si avrà nel mondo avvenire, quando potremo irridere alla morte, ormai debellata e svigorita, quando potremo dire: Dov'è, o morte, la tua resistenza? dov'è, o morte, il tuo pungiglione? ( 1 Cor 15,55 )
Consideriamoci associati agli angeli e pregustiamo la gioia che ci darà la presenza del nostro Re, il quale, sebbene non sia voluto essere il primo a morire, ha tuttavia voluto essere il primo a risorgere.
Molti infatti erano morti prima di lui ma nessuno è risorto prima di lui per vivere in eterno.
Esultando con lui mentre ci eleviamo verso la meta mediante la speranza e il desiderio del cuore, persuasi d'essere degli scampati ripensiamo ai mali da cui siamo stati liberati: agli scandali, alle prove della vita, alle persecuzioni di tanti pagani, alle insidie di tanti eretici, alle suggestioni diaboliche, alle guerre che ci muovono le nostre passioni.
Chi potrebbe scampare da tutti questi mali, se il Signore non fosse stato con noi?
Lo dica ora Israele, e difatti Israele lo dice pieno di sicurezza.
Se il Signore non fosse stato con noi. Quando? Quando gli uomini insorgevano contro di noi.
Non meravigliarti se sono stati vinti. Erano uomini, mentre dalla parte nostra c'era non l'uomo ma il Signore.
Degli uomini insorsero contro di noi, e, pur essendo uomini, avrebbero schiacciato quegli altri uomini [ che saremmo stati noi ] se dalla parte di coloro che non fu possibile opprimere non ci fosse stato il Signore, ma solo altri uomini.
Quindi, se il Signore non fosse stato con noi allorché gli uomini insorgevano contro di noi …
Cosa infatti avrebbero potuto farvi gli uomini, se voi già vi foste trovati nella gioia e nel canto di chi ha conseguito la beatitudine eterna e non ha timore [ di perderla ]?
Finché, al contrario, gli uomini possono insorgere contro di voi, cosa avrebbero potuto farvi se il Signore non fosse stato con voi? Che cosa?
Probabilmente ci avrebbero inghiottiti vivi. Inghiottiti vivi!
Non ci avrebbero prima uccisi e poi inghiottiti. Oh, gente feroce e crudele!
Non è così che inghiotte la Chiesa, ma come fu detto a Pietro: Uccidi e mangia; ( At 10,13 ) non: Inghiottili vivi.
In che senso, dunque, Pietro ( cioè la Chiesa ) prima uccide e poi mangia?
E in che senso questi tali che insorgono da tempo contro di noi probabilmente ci avrebbero inghiottiti vivi se il Signore non fosse stato con noi?
Si riferisce al fatto che nessuno entra in quel corpo che è la Chiesa se prima non viene ucciso.
Deve, cioè, morire in lui ciò che era prima per diventare ciò che prima non era.
Diversamente, cioè se uno non si lascia uccidere e mangiare dalla Chiesa, potrà, sì, far parte del popolo [ cristiano ] quale esso appare agli occhi della gente, ma non potrà mai rientrare nel numero di coloro che Dio riconosce come suo popolo e di cui l'Apostolo dice: Il Signore sa chi sono i suoi. ( 2 Tm 2,19 )
Questo è impossibile, se non ci si lascia mangiare, né alcuno può essere mangiato se prima non viene ucciso.
Ecco venire a noi un pagano, in cui vive l'idolatria, chiedendo d'essere annoverato fra le membra di Cristo.
Perché venga accolto deve per forza essere mangiato dalla Chiesa, né questa manducazione può effettuarsi se prima non lo si uccide.
Egli deve rinunciare al mondo, e quando fa questo egli viene ucciso.
E deve credere in Dio, e ciò facendo egli viene mangiato.
In che senso, allora, si dice che essi ci avrebbero inghiottiti vivi se il Signore non fosse stato con noi?
Ci fu un tempo in cui si sollevarono contro di noi molti persecutori, i quali peraltro non mancano nemmeno adesso.
Ci assaltano alla spicciolata e talora ci inghiottono vivi: limitatamente però a quei tali che non hanno con sé il Signore.
Se quindi quegli altri si sono premurati di dire all'inizio: Se il Signore non fosse stato con noi, è perché molti si lasciano inghiottire, e si tratta proprio di coloro che non hanno con sé il Signore.
Si lasciano inghiottire vivi coloro che sanno essere male una qualche cosa e vi consentono approvandola.
Si levarono in passato dei persecutori che dicevano alla gente: Offrite l'incenso; e se non lo farete, noi vi uccideremo.
Orbene, c'erano cristiani che amavano la vita presente, e quindi si lasciarono accalappiare dalle sue attrattive.
Non amarono le promesse fatte da Dio più dei beni terreni che si vedevano a portata di mano.
Si comandava loro di credere a cose invisibili, mentre ben visibili erano le cose che amavano; ed essi, attaccandosi a ciò che vedevano più che non a quel che era invisibile, scacciarono dal loro cuore il Signore.
Rimasti privi del Signore, furono inghiottiti vivi. Che significa: Furono inghiottiti vivi?
Pur sapendo che l'idolo è una nullità, essi gli offrirono l'incenso.
Se avessero creduto che l'idolo fosse una qualsiasi realtà [ positiva ], sarebbero stati inghiottiti morti.
Credendo invece che l'idolo è un nulla e sapendo che tutti i simulacri del paganesimo sono vanità, si dimostrano vivi: per cui, quando fanno ciò che loro impongono i persecutori, vengono inghiottiti vivi.
Se poi, pur essendo vivi, vengono assorbiti, ciò dipende dal fatto che in essi non c'è il Signore, poiché coloro nei quali c'è il Signore possono, sì, essere uccisi ma non muoiono: a differenza degli altri, di coloro cioè che pur vivendo acconsentono [ al volere dei persecutori ], i quali vengono inghiottiti da vivi e col farsi inghiottire muoiono.
Quanto poi a coloro che subirono persecuzioni e non cedettero di fronte alla prova, costoro dicono esultando: Dica ora Israele.
Sì, lo dica esultando, lo dica senza timore: Se il Signore non fosse stato con noi, allorché gli uomini insorgevano contro di noi, probabilmente ci avrebbero inghiottiti vivi.
Mentre divampava contro di noi la loro ira furibonda.
Voi dovreste ricordare, fratelli, quanto è stato detto in uno dei salmi precedenti, anzi proprio nel primo fra quelli che chiamiamo Cantici dei gradini.
C'era un tale che cominciava ad ascendere e, volendo chiedere aiuto contro la lingua ingannatrice, diceva: Signore, libera la mia anima dalle labbra ingiuste e dalla lingua menzognera. ( Sal 120,2-4 )
Basta infatti che un uomo cominci ad ascendere e a progredire, e già fin dall'inizio delle sue ascensioni ha da sopportare la molestia di lingue menzognere, lingue suadenti blandamente la rovina, suadenti il male.
"Ma cosa fai? Ma perché fai così? Forse che non si può vivere anche seguendo altri sistemi [ di vita ]?
Ovvero non ci sono altre maniere di servire Dio? Tu sei il solo a pretendere di diventare ciò che altri non sono!
" Che se invece incontri altri della tua stessa professione, cosa viene ad insinuarti quella lingua bugiardamente suadente? "
Sì, veramente, gli altri ci sono riusciti, ma forse tu non ce la farai.
Inizi ma ti stancherai: quindi sarebbe meglio non cominciare affatto anziché cominciare e doverla smettere ".
È la lingua menzognera ancora in fase di lusingare.
Che se tu persisterai nel tuo proposito, la lingua menzognera, vinta nelle sue arti lusinghiere, comincerà ad infierire apertamente.
Dopo averti lusingato per sedurti, comincerà a minacciarti allo scopo di incuterti spavento.
Occorre in tal caso, che sia in te il Signore e che tu con il tuo cuore non tradisca Cristo.
Con questo sistema, ricorrendo cioè alle frecce acute e ai carboni apportatori di desolazione tu superasti da principio le lingue lusinghiere: voglio dire, in altre parole, che ci riuscisti in quanto il tuo cuore era stato trafitto dalle parole di Dio e dagli esempi dei giusti che da morti tornarono in vita, da peccatori divennero giusti, simili a quei carboni che erano spenti e si ravvivano.
Ebbene, come servendoti delle frecce e dei carboni apportatori di desolazione vincesti i nemici che dolosamente ti lusingavano e con le loro lusinghe volevano traviarti, così devi vincerli ora che, furibondi per l'ira, ti opprimono con minacce, non avendoti potuto sedurre con le lusinghe.
Furono vinti quando ti lusingavano: vincili anche ora che ti minacciano!
Ma come vincerli se non perché il Signore è stato con noi?
È ovvio: non sei stato tu a vincerli ma li ha vinti colui che abita in te.
Rechi [ dentro di te ] un imperatore così potente: chi ti vincerà?
Non è forse colui che tu rechi lo stesso che disse: Io ho vinto il mondo? ( Gv 16,33 )
Affrontando per primo la morte, non vinse forse il diavolo, lui che esisteva da sempre e dominava tutte le creature, essendo il Verbo, Dio presso Dio?
E perché avrebbe vinto, se non per insegnarti come si combatte contro il diavolo?
Eppure, sebbene così ammaestrato, tu sarai vinto se non avrai dalla tua colui che per primo lo vinse per te.
Se il Signore non fosse stato con noi, allorché gli uomini insorgevano contro di noi, probabilmente ci avrebbero inghiottiti vivi.
Mentre divampava contro di noi la loro ira furibonda ( eccoli in preda all'ira, eccoli infuriare manifestamente ), forse l'acqua ci avrebbe sommersi.
Chiama acqua i popoli peccatori, e nelle righe seguenti vedremo di che acqua si tratti.
Sta di fatto che, chiunque avesse acconsentito ai loro voleri, l'acqua lo avrebbe sommerso.
Sarebbe morto come morirono gli egiziani; non avrebbe attraversato il mare come gli, israeliti.
Ricordate infatti, o fratelli, come il popolo israelita riuscì a passare le acque, mentre dalle stesse acque fu sommerso il popolo egiziano. ( Es 14,22-29 )
L'acqua - dice - ci avrebbe sommersi.
Ma com'è quest'acqua? È un torrente: scorre impetuosa ma presto si esaurisce.
Si chiamano infatti torrenti quei corsi d'acqua che, gonfiati da piogge improvvise, scorrono con grande impeto, sicché chiunque vi si cacci dentro viene travolto.
Questo, però, se uno non ha con sé il Signore; se invece uno possiede il Signore, la sua anima attraversa il torrente.
Il torrente continua a scorrere, ma l'anima dei martiri l'ha già attraversato.
Chiunque invece ha da percorrere il tempo presente, cioè dalla nascita alla morte, [ sappia che ] esso è un torrente e che da questo torrente provengono le persecuzioni.
Dal medesimo torrente bevve per primo quel nostro Capo di cui era stato detto nel salmo: Durante la via egli bevve dal torrente. ( Sal 110,7 )
Dal torrente, cioè da quell'acqua che rappresenta il popolo persecutore, ecco da dove ha bevuto quel tale che diceva ai suoi discepoli: Potete bere al calice da cui io berrò? ( Mt 20,22 )
Egli bevve dal torrente lungo la via. Che significa: Bere lungo la via?
Che egli vi bevve di passaggio, non vi rimase attaccato.
Bevve lungo la via: difatti nei suoi riguardi era stato, probabilmente, detto: Egli non si soffermò nella via dei peccatori. ( Sal 1,1 )
Bevve dunque di passaggio. E cosa se ne dice? Per questo solleverà il capo.
Dice: Egli bevve dal torrente lungo la via, per questo solleverà il capo. ( Sal 110,7 )
Il nostro Capo è già stato esaltato, in quanto lungo la via aveva bevuto dal torrente.
In altre parole il nostro Signore aveva subito la Passione.
Se pertanto il nostro Capo è stato esaltato, che motivo ha il corpo di temere il torrente?
Senza dubbio, è perché il Capo è stato esaltato che il corpo può aggiungere: Un torrente ebbe a guadare l'anima nostra; forse avrebbe dovuto l'anima nostra traversare un'acqua senza consistenza.
Ecco qual è l'acqua di cui diceva: Forse l'acqua ci avrebbe sommersi.
Ma come sarà quest'acqua che è detta senza consistenza? Che significa: Senza consistenza?
8 - In primo luogo, cosa significa: Forse la nostra anima ha attraversato?
Il termine greco άρα è stato tradotto dai latini come meglio hanno potuto.
I codici greci infatti recano άρα, e, siccome si tratta di una parola indicante dubbio, è stata tradotta con una parola che a sua volta esprime dubbio, e cioè con forse.
Ma non è affatto questo il senso. Per esprimerlo bene, potremmo usare una parola che lega poco col comune parlare latino ma è alla portata delle vostre menti.
Il termine greco ara corrisponde al punico iar, non nel senso di " legno " ma come particella dubitativa.
La stessa idea si può e si suole esprimere in latino con: "Ma davvero?"
Così, ad esempio, quando si dice: Ma che davvero io ho sfuggito questo [ pericolo ]?
Se si dicesse: Forse ho sfuggito, vedete che il significato non sarebbe identico.
Quanto all'espressione: Ma davvero, essa viene usata nel gergo comune, mentre nel [ buon ] latino non si dice; e io mi sono permesso d'usarla adesso che mi intrattengo con voi.
Mi capita infatti di frequente d'usare parole non latine pur di farvi capire.
Nella Scrittura, al contrario, non era possibile metterci una parola non latina, per cui, mancando il corrispondente latino, vi si è posto [ il forse ] in luogo del termine greco che non aveva lo stesso significato.
Voi però lo intenderete in questa maniera: Ma ha davvero la nostra anima attraversato l'acqua senza consistenza?
E perché dicono: Ma davvero? Perché la grandezza del pericolo rende sì e no credibile il fatto di essersene scampati.
Subirono un grande massacro; si trovarono in mezzo a pericoli mortali.
Fu esercitata su di loro una tale oppressione che furono al limite di consentire da vivi o d'essere inghiottiti vivi.
Eccoli invece adesso scampati ed esenti da ogni pericolo.
Ricordando la gravità del pericolo [ superato ], dicono: Ma che davvero l'anima nostra ha attraversato l'acqua senza consistenza?
Cos'è l'acqua senza consistenza, se non l'acqua del peccato, che è proprio senza consistenza?
Il peccato, in effetti, non ha consistenza: racchiude miseria, non abbondanza; povertà, non ricchezza.
In mezzo a quest'acqua, priva di consistenza, sciupò tutte le sue sostanze quel figlio minore.
Voi lo ricordate certamente. Il figlio minore si mise in viaggio dopo aver detto al padre: Dammi la parte di patrimonio che mi appartiene. ( Lc 15,12-17 )
Ma cosa vuoi mai? Quanto meglio ti si conserverebbe presso il padre!
Ma è tua, e tu la vuoi scialacquare: tu vuoi partire per terre remote.
Dammi. Certo, dammi. E gliela diede.
Partito per una regione lontana, cominciò a vivere da prodigo in compagnia di prostitute, fino a consumarsi tutte le sue sostanze.
Si ridusse in miseria e si mise a pascere i porci; ma fu nella miseria che si ricordò delle ricchezze di suo padre.
Se non l'avesse svegliato la miseria, non avrebbe desiderato la sazietà goduta in casa.
Consideri dunque ciascuno i propri peccati e veda se abbiano un qualche valore positivo.
Per qual motivo infatti il peccatore provoca l'ira di Dio? ( Sal 9,13 )
Se non t'è dato vedere il tuo peccato prima di compierlo, riflettici almeno dopo che l'hai compiuto.
Le attrattive di questo mondo, se ti addolciscono per un istante il palato, successivamente ti si cambieranno in profonda amarezza.
Ecco, tu hai peccato e peccando hai guadagnato qualcosa. In che consiste questo tuo guadagno?
Intanto per conseguire quel guadagno hai offeso Dio; per aumentare le tue ricchezze hai permesso ti si affievolisse la fede, man mano che aumentava l'oro.
Cosa hai perduto e cosa hai guadagnato? Hai guadagnato dell'oro, ma hai perso la fede.
Confronta la fede con l'oro. Se fosse una merce commerciabile, la fede, avrebbe forse un prezzo?
Calcoli i tuoi guadagni e non pensi ai tuoi danni? Godi per aver riempito il tuo forziere, e non piangi per la sorte del tuo cuore?
Nel tuo forziere c'è abbondanza di non so quale valuta, ma osserva cosa sia diminuito nel tuo cuore.
Apri il forziere e vi trovi delle monete che prima non c'erano.
Bene! Godi pure per trovarvi delle cose che prima non c'erano.
Ma osserva anche l'altro forziere, quello del cuore. Là c'era la fede, e ora non c'è più.
Se da un lato gioisci, perché non piangi dall'altro? È più grave la tua perdita che non il tuo guadagno.
Vuoi renderti conto di cosa hai perduto? È un bene che nemmeno in un naufragio si perde.
Capita infatti a volte che si perda tutto in mare fino a uscirne nudi.
Così di coloro che fecero naufragio insieme con Paolo. ( At 27,41 )
Erano attaccati al mondo presente quei naufraghi, e ne uscirono tutti spogli di tutto: persero quanto avevano di beni materiali e si ritrovarono con la casa del cuore anch'essa vuota.
Il contrario fu di Paolo, il quale nell'intimo del cuore portava il patrimonio della sua fede: patrimonio che né i flutti, né le tempeste poterono strappargli. Uscì spoglio di tutto ma insieme ricco di tutto.
Ecco le ricchezze che dobbiamo cercare. Ma io, queste ricchezze, non le vedo, mi dici tu.
Anima insipiente! non le vedi con gli occhi del corpo; abbi però l'occhio del cuore e le vedrai.
Mi dici di non vedere la fede; ma come fai, allora, a vederla negli altri?
Se non la vedi, perché ti metti a sbraitare quando qualcuno non tiene fede a te?
Poni che qualcuno manchi di fede verso di te: come strilli!
Esigi quindi che si rispetti la fede verso di te, e così dimostri di saperla vedere; e non la vedrai quando ti si chiede d'usarla agli altri?
Come protesti quando qualcuno non la osserva verso di te, così piangi quando sei tu a non osservarla con gli altri.
E osserva come il peccato che tu commetti sia privo di ogni consistenza.
Sembrerebbe essere sostanza ciò che acquisti col peccato; ma in realtà non si tratta nemmeno di un acquisto.
È infatti ricco d'oro colui che dell'oro sa fare buon uso; chi invece non sa usare rettamente dell'oro non è padrone ma servo dell'oro: viene posseduto dall'oro, non ne è possessore.
Siate padroni dell'oro, non servi! Poiché Dio, che fece l'oro, fece te superiore all'oro: fece l'oro perché ne traessi vantaggio e sostegno, mentre fece te a sua stessa immagine.
Mira a ciò che ti sta al di sopra, e calpesta ciò che ti sta al di sotto.
Cos'è, di' un po', ciò che hai acquistato? Vuoi convincerti che si tratta di acqua senza consistenza?
Portati nell'oltretomba i tuoi averi! Come farai? Hai ammassato dell'oro perdendo la fede.
Fra pochi giorni lascerai questa vita, né ti sarà consentito portarti l'oro acquistato a prezzo della tua fede.
Il tuo cuore, vuoto di fede, se ne andrà fra le pene, mentre se fosse stato colmo di fede, se ne sarebbe andato a ricevere la corona.
Ecco, è un nulla quello che tu hai conseguito, e per questo nulla tu hai offeso Dio.
Ti ha sommerso l'acqua priva di consistenza. Perché mai ha provocato il peccatore l'ira di Dio? ( Sal 9,13 )
Siano confusi tutti coloro che nella loro malizia commettono azioni vane. ( Sal 25,4 )
Non c'è infatti alcuno che, quando agisce male, sia esente da vacuità; ma a questo non ci si pensa.
La gente passa e, pur lasciando dormire nel suo intimo le massime di Dio, dà retta al noto proverbio popolare.
Quale? Meglio l'uovo oggi che la gallina domani. O sciagurato, cos'è quel che hai oggi?
Tu dici: Meglio quel che ho oggi. Certo, se non c'è possibilità di perderlo, puoi senz'altro dire: Meglio ciò che ho oggi.
Se invece è roba che ti sfugge, perché non ambire al possesso di cose che non si debbano lasciare?
Cos'è, poi, quel che stringi in mano? L'oro. Va bene! Conservalo per sempre!
Fa' che, tenendolo ben stretto, nessuno te lo porti via a tuo dispetto.
Mal per te, invece, se per causa dell'oro ti vedessi trascinato dove non vorresti, se ti desse la caccia un ladro più grande intenzionato di derubarti avendoti scoperto come ladro più piccolo.
Guai a te se volesse rapinarti un'aquila, uccello più robusto di te, perché tu ti sei permesso di derubare una lepre.
Tu depredasti chi di te era più piccolo, ma sarai preda di chi ti è più grande.
Sono cose che capitano in questo mondo, ma gli uomini non se ne accorgono: tanta è la mania [ che hanno di possedere ] che diventano ciechi.
È una cosa sbalorditiva, fratelli, e chi ci pensa ne prova spavento.
Il potente va a caccia del più debole e cerca di farlo fuori; e questo, non per altro motivo se non perché quel tale possiede cose che gli si potrebbero portar via.
Se lo vede tra le mani patire maltrattamenti, e questo per il solo fatto che ha qualcosa.
E lui, l'oppressore, smania di ammassare in casa propria quella stessa roba per la quale l'altro sta soffrendo!
Quando lo opprimeva non rifletteva a tutto questo.
Non avvertiva come egli volesse fuggire, come e quanto soffrisse, come in preda alla paura cercasse dove nascondersi.
Ma perché tanto soffrire se non a motivo delle cose che possedeva?
Impara almeno da lui cosa tu debba fuggire.
Ciò che tormentava il possessore di cui sopra, quando di fronte alla tua persecuzione temeva di perdere i suoi averi, ora incombe su di te e ti tormenta perché c'è un altro che ti perseguita.
Ti incanta il saperlo ben provvisto; ma, se è per questo che gli stai appresso, temi di diventare tu stesso troppo facoltoso, poiché potrebbe esserci qualche altro che a sua volta cerchi di depredarti.
Del resto sono, tutte queste, cose assolutamente insignificanti.
Guarda ai risultati: scopri solo tenebre. Guarda al perché: t'accorgi che è il nulla.
11 - [v 6.] Esultino, quindi, e gioiscano nel Signore coloro che possono affermare: La nostra anima ha attraversato l'acqua senza consistenza.
Essi riceveranno beni consistenti. Li avevano persi vivendo da prodighi, ma forse che il loro Padre è diventato povero?
Tornino [ a casa ] e lì troveranno ancora le ricchezze che durante il loro lungo vagabondare hanno sciupato con le prostitute.
Escano fuori dalla loro acqua inconsistente e dicano: Benedetto il Signore, che non ci dette in preda alle loro zanne.
I persecutori stavano a caccia di loro e avevano posto dell'esca nella trappola.
Qual è quest'esca? L'attrattiva della vita presente.
Chiunque attratto dalle dolcezze di questa vita caccia la testa nel male è preso dalla trappola e schiacciato.
Non così coloro che hanno in sé il Signore.
Non vengono presi dalla trappola coloro che dicono: Se il Signore non fosse stato con noi.
Sia con te il Signore e non sarai preso dalla trappola.
Grida: Benedetto il Signore, che non ci dette in preda alle loro zanne.
La nostra anima è scampata, come il passero, alla trappola dei cacciatori.
Essendo in quell'anima il Signore, è scampata come passero dalla trappola dei cacciatori.
Perché come passero? Perché vi era caduta incautamente, come un passero, illudendosi di poter dire più tardi: Dio mi perdonerà.
O passero vagabondo, rimani piuttosto con i piedi attaccati alla pietra e non avvicinarti alla trappola!
Ne saresti preso, consumato, stritolato.
Sia in te il Signore, il quale penserà a scamparti dai pericoli più gravi che ti minacciano, dalla trappola cioè dei cacciatori.
È come quando tu vedi un uccello nel punto di cadere in trappola: fai del rumore perché voli lontano dalla trappola.
Così è stato dei martiri. Forse qualcuno di loro era sul punto di volgersi ai piaceri della vita presente, ma il Signore, che era nel suo intimo, gli rintronò all'orecchio la minaccia dell'inferno, e così il passero scampò dalla trappola dei cacciatori.
La nostra anima è scampata, come il passero, alla trappola dei cacciatori.
E che dire? Resterà sempre efficiente quella trappola?
Se questa trappola era l'incanto della vita presente, loro non ci caddero; si lasciarono uccidere, la loro morte ridusse in frantumi la trappola.
L'attrattiva stessa della vita presente, cioè, non sussiste più e nessuno potrà esserne più intrappolato.
È stata spezzata; ma forse che con essa è stato schiacciato anche il passero? Certamente no.
Ma solo perché non si trovava dentro la trappola. La trappola è stata ridotta in frantumi, e noi ne siamo scampati.
13 - [v 8.] Gridino dunque che sono stati scampati.
Scampati, volino a Dio e in Dio celebrino il loro trionfo.
Se infatti non sono rimasti intrappolati, è stato perché in loro c'era il Signore.
Come, poi, s'è potuta spezzare la trappola e noi esserne liberati? Vuoi saperlo?
Il nostro aiuto è nel nome del Signore, creatore del cielo e della terra.
Senza un tale aiuto, non che la trappola sarebbe rimasta efficiente in eterno, ma il passero, una volta preso, vi sarebbe rimasto schiacciato.
Difatti, la vita presente è un passaggio, e quanti si lasciano irretire dai suoi piaceri e pur di gustarne la dolcezza offendono Dio, passano anche loro insieme con la vita.
È una trappola che verrà spezzata. Siatene certi!
La vita presente con i suoi piaceri non durerà per sempre: [ terminerà ] quando saranno giunte a compimento le vicende del suo luogo.
Occorre pertanto non attaccarsi [ alla vita che passa ], in modo che, quando la trappola andrà in frantumi, tu possa rallegrarti e dire: La trappola è stata ridotta in frantumi, e noi ne siamo scampati.
Ma non credere che con le sole tue forze tu possa realizzare tutto questo.
Bada bene di chi hai bisogno per essere liberato, poiché, se montassi in superbia, cadresti nella trappola.
Di': Il nostro aiuto è nel nome del Signore, creatore del cielo e della terra.
Ecco esaminato il salmo, e penso che ve l'abbia esposto come meglio ho potuto con l'aiuto del Signore.
Sapete benissimo che anche domani debbo parlare alla vostra Carità.
Intervenite e aiutatemi con le vostre orazioni.
Ricorderete infatti quanto vi ho promesso; né vi direi il tema sul quale vi intratterrò se non perché mi preme essere aiutato dal fervore della vostra fede e delle vostre preghiere.
Ora voi ricordate che v'ho promesso di esporvi quanto si legge nel Vangelo: Per mezzo di Mosè ci fu data la legge, per l'opera di Gesù Cristo sono venute a noi la grazia e la verità. ( Gv 1,17 )
Certi eretici, specialmente i manichei, sogliono - come sapete - deprezzare la legge, dicendo che non è stato Dio a darla.
Occorre pertanto esporre il brano in parola, e riportarne la convinzione che Dio ha dato la legge e l'ha data per mezzo di Mosè, anche se, per un ben preciso motivo, quella legge non era a salvezza.
Non salvava la legge, ma faceva sì che venisse desiderato lo stesso Sovrano, autore della legge, il quale avrebbe recato il perdono ai peccatori.
Venne dunque data la legge per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità si riversarono su noi per opera di Gesù Cristo.
Ho voluto richiamare su questi punti la vostra attenzione.
Che ci soccorra la misericordia del Signore; non per i nostri meriti ma, magari, in grazia del vostro desiderio; non per le nostre risorse personali, ma per l'abbondanza dei suoi doni.
Trattandosi di un tema veramente capitale per chi vive nel Nuovo Testamento, ci sia dato di esporlo in modo che il nemico non trovi nell'esposizione, assolutamente, alcuna piega dove potersi nascondere per ingannare i fedeli.
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