Esposizione dei Salmi |
Con fondata speranza vogliamo pensarvi desti non solo con gli occhi del corpo ma anche con quelli del cuore.
Dobbiamo infatti cantare da persone consapevoli: Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce.
È, questa, la voce di uno che ascende: essa echeggia da un cantico dei gradini.
Occorre pertanto che ciascuno di noi comprenda quale sia l'abisso in cui si trova e da cui grida al Signore.
Giona fu uno che gridò al Signore dall'abisso, dal ventre del mostro marino. ( Gn 2,2 )
Egli si trovava non solo nelle profondità del mare ma anche nelle viscere di una bestia; eppure né il corpo [ del mostro ] né i flutti del mare impedirono alla sua preghiera di arrivare a Dio.
La voce dell'orante non poté essere trattenuta nemmeno dal ventre dell'animale: superò tutto, squarciò tutto, finché non giunse all'orecchio di Dio.
O, meglio, non bisognerebbe dire che per giungere all'orecchio di Dio dovette squarciare tante cose, se è vero che l'orecchio di Dio stava nel cuore stesso dell'orante.
Qual è infatti quel fedele che leva a Dio la voce senza averlo presente?
Venendo dunque a noi, dobbiamo renderci conto di quale sia l'abisso dal quale gridiamo al Signore.
Questo baratro è la nostra stessa vita mortale; e chiunque vi si sente immerso, grida, geme, sospira, finché non ne venga tratto fuori e raggiunga colui che risiede al di sopra degli abissi, anzi al di sopra dei cherubini e di tutte le creature, non solo materiali ma anche spirituali.
L'anima fedele continuerà a gemere finché non raggiunga colui che l'ha creata e da lui venga liberata l'immagine divina che è l'uomo stesso, immagine che, trovandosi nell'abisso di questo mondo, ormai si è logorata per essere stata sbattuta dai continui marosi.
Se a rinnovarla e ad aggiustarla non interviene Dio che l'ha scolpita nell'uomo al momento della creazione, essa rimarrà per sempre nell'abisso.
Se infatti l'uomo fu capace di precipitare in basso, non sarà mai capace di risollevarsi: per cui - come ho detto - se l'uomo non troverà chi lo liberi, rimarrà per sempre nell'abisso.
È comunque un fatto che, se nell'abisso riesce a gridare, già si sta sollevando dall'abisso e lo stesso suo gridare gli impedisce di rimanere proprio sul fondo.
Sono invece nelle profondità estreme dell'abisso coloro che nell'abisso non provano nemmeno a gridare.
Dice la Scrittura: Il peccatore, giunto al fondo della malvagità, diviene sprezzante. ( Pr 18,3 )
A questo punto voi stessi, fratelli, vedete in quale abisso sia caduto chi disprezza Dio.
Ecco, ad esempio, uno che da se stesso s'accorge d'essere sommerso dai peccati di ogni giorno, i quali lo schiacciano quasi fossero massi o macigni di colpevolezza.
Se gli vai a dire di raccomandarsi a Dio, ti deride.
Come? In primo luogo ti dirà: Se a Dio dispiacesse davvero la delinquenza, potrei io essere in vita?
Se Dio si prendesse cura delle vicende umane, potrei io non dico vivere ma anche passarmela così bene?
È infatti questo un caso assai frequente: coloro che hanno toccato il fondo [ del male ], nonostante le loro malefatte godono di una notevole prosperità; quanto più però sembrano essere fortunati, altrettanto sono immersi nel profondo [ dell'abisso ].
La loro prosperità è illusoria, anzi è un aumento di infelicità.
Quanto a loro, tuttavia, giungono al punto di dire, e con una certa frequenza: Siccome ne ho combinate tante e mi attende la dannazione, è tutto a mio scapito se non ne faccio di ogni erba fascio.
E ancora: Se è vero che finirò col dannarmi, perché non mi prendo tutte le libertà che posso?
È, su per giù, il ragionamento degli assassini quando è loro preclusa ogni via di scampo.
Se il giudice mi condannerà a morte per dieci omicidi come mi ci condannerà per cinque o per uno, perché non dovrei commettere tutti quelli che mi capitano?
Ecco cosa significa: Il peccatore, giunto al fondo della malvagità, diviene sprezzante.
Il Signore Gesù Cristo però non ha disdegnato di guardare all'abisso dove noi eravamo, ma si è degnato venire in questa nostra vita e ci ha promesso la remissione di tutti i peccati.
Egli ha destato l'uomo dall'abisso: lo ha esortato a gridare, sebbene sceso alla più grande profondità e schiacciato dal peso dei peccati, e gli ha assicurato che la sua voce, sebbene voce di peccatore, sarebbe giunta agli orecchi di Dio.
Da dove infatti avrebbe dovuto gridare se non dall'abisso del male?
Notate ora la voce del peccatore che grida dall'abisso: Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore, ascolta la mia voce.
I tuoi orecchi siano attenti alla voce della mia supplica. Da dove grida? Dall'abisso.
Chi grida? Il peccatore. Quale speranza lo induce a gridare?
Grida perché colui che venne a rimettere i peccati non lasciò senza speranza nemmeno il peccatore che avesse toccato il fondo [ del male ].
In questa fiducia, dopo le parole precedenti cosa aggiunge? Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?
Ecco indicato chiaramente l'abisso da dove gridava. Gridava da sotto il cumulo delle sue colpe, sommerso dai loro marosi.
Aveva esaminato se stesso e tutti i risvolti della sua vita, e l'aveva trovata ovunque coperta di atrocità e delitti.
In nessuna parte dove aveva posato lo sguardo era riuscito a trovare del bene: nemmeno il più piccolo squarcio di quel sereno che è frutto di giustizia gli si era offerto [ allo sguardo ].
Vedendo quindi per ogni dove i suoi innumerevoli e gravissimi peccati, o meglio le montagne dei suoi misfatti, come in preda al terrore esclamava: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?
Non ha detto: Io non resisterò, ma: Chi potrà resistere?
Ha notato come attorno alla vita di ciascun uomo, o quasi, si leva come un latrare causato dai peccati commessi; ha compreso che ogni coscienza è sotto accusa per i pensieri che l'attraversano e che non c'è [ sulla terra ] un cuore casto che possa sentirsi sicuro sulla base della propria giustizia.
Se pertanto non c'è cuore casto che possa nutrire fiducia basandosi sulla propria giustizia, che ci si fidi tutti della misericordia di Dio e si dica: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?
Eppure egli ha fiducia. Perché? Perché presso di te c'è propiziazione.
Ora, questa propiziazione cos'è se non un sacrificio? E qual è questo sacrificio se non quello che venne offerto per noi?
Venne sparso un sangue innocente e con esso vennero cancellate tutte le colpe dei peccatori; venne sborsato un prezzo talmente grande che valse a redimere tutti i prigionieri dalle mani del nemico che li teneva imprigionati.
Veramente presso di te c'è propiziazione. Se infatti non ci fosse propiziazione, se cioè tu volessi essere soltanto giudice rifiutando ogni misericordia e scrutassi con severità tutte le nostre colpe esigendone l'espiazione, chi potrebbe resistere? chi potrebbe sostenere la tua presenza e dirti: Io sono innocente? ovvero chi potrebbe affrontare il tuo giudizio?
Una sola è quindi la nostra speranza: il fatto che presso di te c'è propiziazione.
Per amore della tua legge io ti ho atteso, Signore. Qual è questa legge? Forse quella che rende peccatori?
Ai giudei infatti fu data una legge che, sebbene fosse santa, giusta e buona, non poteva renderli se non peccatori. ( Rm 7,12 )
Non fu [loro] data una legge capace di portarli alla vita ma solo di mostrare i peccati che l'uomo peccatore effettivamente aveva. ( Gal 3,21 )
Egli infatti s'era dimenticato d'essere peccatore né era in grado di capire il suo stato.
Affinché se ne rendesse conto gli fu data la legge.
Questa legge lo rese più colpevole, ma il Legislatore venne poi a liberarlo, poiché a dare quella legge era stato lo stesso Imperatore.
Comunque, la legge che gli era stata data mirava a incutere timore e ad accrescere la schiavitù della colpa.
Non scioglieva, quella legge, i vincoli del peccato ma metteva a nudo i peccati.
Asservito forse a questa legge, il salmista, nell'abisso in cui giace, si rende conto delle trasgressioni che ha commesse contro la legge, e per questo esclama: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?
Significa con questo che c'è un'altra legge, quella della misericordia divina: la legge di Dio divenuto propizio.
Se l'antica legge fu legge di timore, quest'altra è legge di carità: la quale legge di carità ottiene il perdono dei peccati, cancella le colpe del passato e consiglia per quanto concerne il futuro.
Non abbandona quanti le si accompagnano nella via si offre anzi ad accompagnare quanti la scelgono per guida.
Occorre però che tu ti metta d'accordo con il tuo avversario mentre sei ancora in viaggio con lui. ( Mt 5,25 )
Tuo avversario è, in questo caso, la parola di Dio, finché tu vivi in contrasto con essa.
Quando invece comincerai a provar gusto nell'eseguire quel che ti ordina la parola di Dio, allora sei d'accordo, ed essa da avversaria ti diventa amica, per cui al termine del viaggio non ci sarà alcuno che ti consegni in mano al giudice.
In questo senso dunque per amore della tua legge ti ho atteso, Signore: perché tu ti sei degnato d'impormi una legge di misericordia, di perdonarmi tutti i peccati e di darmi delle direttive per non offenderti ulteriormente.
E se in qualcuna di queste tue prescrizioni mi capitasse di vacillare, tu mi hai dato il rimedio anche per questo: poterti cioè pregare e dirti: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
Questa è la legge che mi hai imposta: che sia perdonato a me come io perdono agli altri.
Per amore di questa legge io ti ho atteso, Signore.
Ho aspettato la tua venuta, in cui sarei stato liberato da ogni angustia, poiché nel tempo stesso dell'angustia tu non mi avevi privato della legge della misericordia.
Ascolta quale sia la legge di cui parla, se non hai ancora compreso trattarsi della legge della carità.
Ascolta l'Apostolo: Portate a vicenda ciascuno i pesi dell'altro e così adempirete la legge di Cristo. ( Gal 6,2 )
Chi è in grado di portare i pesi dell'altro, se non chi ha la carità?
Coloro che mancano di carità sono pesanti l'uno per l'altro; coloro che hanno la carità portano vicendevolmente i loro pesi.
Ecco uno che ti ha danneggiato ma viene a chiederti perdono.
Se tu non gli perdoni, non porti il peso di quel tuo fratello; se lo perdoni, ne sostieni la debolezza.
E se tu, in quanto sei uomo, sarai caduto in qualche debolezza, l'altro ti deve sorreggere come tu devi sorreggere lui.
Ascolta il testo che precede [ le parole citate ].
Dice: Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che siete gli spirituali correggetelo in spirito di dolcezza.
L'avvertimento è rivolto agli spirituali, che forse si sarebbero potuti considerare sicuri.
Per metterli però in guardia aggiunge immediatamente: Badando a te stesso per non essere anche tu tentato.
Poi seguono le parole che riferivo sopra: Portate a vicenda ciascuno i pesi dell'altro e così adempirete la legge di Cristo. ( Gal 6,1 )
Al riguardo dice [il salmo]: Per amore della tua legge io ti ho atteso, Signore.
Si racconta che i cervi, quando vogliono recarsi a pascolo in certe isole lontane dalla costa, per attraversare la lingua di mare [ che ne li separa ] poggiano la testa sulla schiena altrui.
Succede così che uno soltanto, quello che apre la fila, tiene alta la propria testa senza appoggiarla sugli altri; quando però egli si è stancato, si toglie dal davanti e si mette per ultimo, sicché anche lui può appoggiarsi sul compagno.
In questo modo tutti insieme portano i loro pesi e giungono alla meta desiderata: non affondano perché la carità fa loro come da nave.
Sì, veramente la carità sopporta i pesi [ degli altri ]; né c'è da temere che per questo venga compressa.
Ciascuno stia all'erta per non essere schiacciato dai propri peccati, poiché, quando ti carichi della fragilità del tuo fratello, i peccati da lui commessi non graveranno su di te, a meno che tu non vi consenta.
Ma in questo caso a schiacciarti non sono più i peccati altrui ma i tuoi, poiché quando si consente alla cattiva condotta di un peccatore, non ci si carica dei peccati altrui ma dei propri.
Il consenso al peccato del prossimo lo trasforma in peccato tuo, sicché non puoi per nulla lamentarti che ti opprimano i peccati degli altri.
Questo ti si vuol dire in una parola: È vero che ti opprimono, ma sono roba tua.
Hai visto un ladro e di corsa sei andato insieme con lui. ( Sal 50,18 )
Che significa questo? Che ti sei mosso anche tu per recarti a rubare?
No, ma semplicemente che con la tua intenzione ti sei fatto tutt'uno col ladro per cui la colpa, che altrimenti sarebbe stata soltanto del ladro, è diventata anche tua: tua perché ci hai provato gusto.
Se viceversa la condotta del tuo prossimo non ti fosse piaciuta, se tu avessi pregato per lui, se richiesto del perdono glielo avessi accordato prontamente ( al fine di poter dire a fronte alta la preghiera composta per te dal tuo celeste Legislatore: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori ), ( Mt 6,12 ) allora dimostreresti d'aver imparato a portare i pesi degli altri.
Di rimando anche il tuo fratello porterebbe più agevolmente i tuoi, se ne hai, e in voi si realizzerebbe il comando dell'Apostolo: Portate a vicenda ciascuno i pesi dell'altro, e così adempirete la legge di Cristo. ( Gal 6,2 )
Inoltre, stando così le cose, potrai cantare con animo tranquillo le parole or ora recitate: Per amore della tua legge ti ho atteso, Signore.
Chi non si conserva fedele a questa legge non attende il Signore, o, se pur volesse vivere nella sua attesa, lo farebbe invano, non avendone alcuna ragione.
Venendo infatti il Signore, troverebbe i tuoi peccati, non la giustizia perfetta in conformità della quale tu sia vissuto.
Forse non troverà in te colpe gravi ed enormi: non troverà omicidi, adulteri, furti, rapine, malefizi o idolatrie, nulla di tutto questo.
Allora non troverà niente [ di male ]? Ascolta la parola del Vangelo: Chi avrà dato dello stupido al proprio fratello …
Da simili peccati di lingua, siano pur piccoli, chi è esente? Ma tu forse dici: Sono roba da poco.
Ti replica [ il Vangelo ]: Costui merita il fuoco dell'inferno. ( Mt 5,22 )
Se dare dello stupido al tuo fratello ti sembra cosa da poco o addirittura insignificante, ti sembri grave almeno la pena del fuoco eterno.
Se non calcoli il peccato, ritenuto leggero, spaventati almeno per la gravità del castigo.
Ma vorrai insistere: Sono coserelle, sono minuzie, dalle quali non può andare esente la vita quaggiù.
Orbene, raccogli tutte queste minuzie e vedrai se non formino una massa enorme.
Come i chicchi di grano: sono tanto piccoli, eppure formano un grosso mucchio; o come le goccioline d'acqua: le quali, pur essendo tanto piccole, formano i fiumi e trascinano persino i macigni.
Il salmista medita sugli innumerevoli peccati, piccoli se si vuole, che l'uomo commette ogni giorno, non foss'altro col pensiero e con la lingua.
Ne considera il numero e, pur consapevole che si tratta di colpe leggere, tuttavia non gli sfugge che mettendo insieme molti peccati leggeri si fa un mucchio grande.
Pare voglia pensare non tanto alle colpe personali commesse in passato quanto piuttosto alla fragilità umana in se stessa, e avviato ormai alle sue ascese grida: Dal profondo ho gridato a te, Signore; Signore ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica.
Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?
Potrò, sì, evitare gli omicidi, gli adulteri, le rapine, gli spergiuri, i malefizi, l'idolatria; ma potrò evitare anche i peccati di lingua e di cuore?
E siccome sta scritto: Il peccato è un'iniquità, ( 1 Gv 3,4 ) per questo se tu ti metterai a scrutare le iniquità, chi potrà resistere?
Se deciderai di trattarci da giudice severo e non da padre misericordioso, chi potrà sostenere il tuo sguardo?
Ma presso di te c'è propiziazione [ e ] per amore della tua legge ti ho atteso, Signore.
Qual è questa legge? Portate a vicenda ciascuno i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo. ( Gal 6,4 )
Chi sono coloro che portano vicendevolmente i propri pesi?
Coloro che con verità dicono: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
La mia anima è rimasta salda nella tua parola.
Nessuno rimane saldo nell'attesa se non colui che ancora non ha ricevuto quel che gli è stato promesso.
Se infatti lo si è già ricevuto, come aspettarlo ancora?
Ebbene, noi abbiamo ricevuto la remissione dei peccati ma ci è stato promesso il Regno dei cieli.
Sono stati annullati i nostri debiti, ma non è giunta ancora la ricompensa.
Abbiamo il perdono, non ancora la vita eterna.
Tuttavia lo stesso che ci ha dato il perdono ci ha promesso la vita eterna.
Se si trattasse d'una parola nostra, dovremmo temere; trattandosi di una parola di Dio, non ci deluderà: con ogni sicurezza anzi noi speriamo nella parola di colui che non può ingannare.
L'anima mia ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino a notte.
Cosa vuol dire con queste parole? Forse che ha sperato nel Signore per la durata di un giorno e poi tutta la sua speranza è finita?
Dalla veglia del mattino fino a notte ha sperato nel Signore.
La veglia del mattino [ di cui il salmo ] rappresenta la fine della notte: da allora fino a notte l'anima mia ha sperato nel Signore.
Occorre però intendere il senso esatto della frase, per evitare la conclusione che la nostra speranza nel Signore debba durare un giorno soltanto.
Dalla veglia del mattino fino a notte. Che ve ne pare, fratelli?
La mia anima ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino a notte, è un'espressione da riferirsi al fatto che il nostro Signore, per i cui meriti ci sono stati rimessi i peccati, risuscitò da morte durante la veglia del mattino, e su questa base anche noi possiamo attendere per noi stessi quel che in anticipo è avvenuto nella persona del Signore.
Sono stati, quindi, rimessi i nostri peccati, ma non siamo ancora risorti.
Se non siamo risorti, non s'è avverato in noi ciò che invece si è avverato nel nostro Capo.
Cos'è accaduto nel nostro Capo? Nel nostro Capo è risorta anche la carne, poiché, quanto all'anima, forse che essa incorse nella morte?
Risorse ciò che in lui era morto e risorse il terzo giorno.
Con questo il nostro Signore ci ha come detto: Quel che avete visto in me, speratelo anche per voi.
Cioè: Essendo io risuscitato, risorgerete anche voi.
Potrebbe tuttavia dire qualcuno: È vero che il Signore è risorto, ma è proprio per questo motivo che io posso sperare di risorgere?
Sì, proprio per questo. Il Signore infatti è risorto in ciò che aveva preso da te.
Non sarebbe risorto se prima non fosse morto, né sarebbe morto se non si fosse rivestito di carne.
Cosa aveva assunto da te il Signore? La carne.
Cos'era invece lui che venne [ a incarnarsi ]? Il Verbo di Dio, esistente prima di tutte le cose e per opera del quale tutte le cose furono create.
Per assumere qualcosa di tuo, il Verbo si fece carne ed abitò fra noi. ( Gv 1,3-14 )
Prese del tuo e l'offrì per te, come fa adesso il sacerdote, il quale, quando tu vuoi placare Dio dei tuoi peccati, prende da te l'offerta e la presenta [ a Dio ] in tuo nome.
È quel che accadde [ in Cristo ]: esattamente così.
Egli, nostro sacerdote, prese del nostro e l'offrì per noi: prese la nostra carne e in questa carne divenne vittima, olocausto, sacrificio.
Nella passione divenne nostro sacrificio, nella resurrezione portò a vita nuova ciò che era stato ucciso e lo presentò a Dio come una tua primizia; e disse a te: Essendo stata offerta a Dio una primizia di te stesso nella mia carne, tutte le cose tue sono ormai consacrate al Signore.
Abbi dunque fiducia che quanto s'è realizzato in anticipo nella tua primizia si realizzerà in te.
Siccome dunque egli risuscitò durante la veglia del mattino, da quello stesso momento la nostra anima cominciò a sperare.
E fino a quando spererà? Fino alla notte, cioè fino alla morte.
È infatti, la nostra morte corporale, una specie di sonno; e, se tu da quando il Signore è risuscitato hai cominciato a sperare, non venir meno in questa tua speranza finché non sia l'ora di uscire da questa vita.
Se infatti non spererai fino alla notte, si vanificherà ogni tua speranza nutrita antecedentemente.
Ci sono in effetti certuni che, concepita una speranza, non vi perseverano fino alla notte.
Cominciano a rovesciarsi su di loro tribolazioni e prove, e vedendo i cattivi e i disonesti godere di prosperità temporali vacillano i loro piedi, e perdono ogni speranza.
Anch'essi infatti avevano sperato dal Signore le stesse cose, essere cioè fortunati in questo mondo; e si smarriscono al vedere che anche gli scellerati posseggono quei beni che essi ambivano possedere.
Come mai? Perché non avevano cominciato a sperare fin dalla veglia del mattino.
E che significa questo? Non s'erano decisi a sperare dal Signore ciò che nella persona stessa del Signore s'era anticipatamente realizzato in quella [ ben nota ] veglia del mattino, ma dal Signore speravano che,
facendosi cristiani, avrebbero ottenuto una casa piena di frumento, di vino, di olio, d'argento e d'oro;
che nessuno di loro sarebbe morto di morte prematura;
che avrebbero avuto figli anche se prima non ne avevano avuti;
che, se prima non erano riusciti a sistemarsi, poi si sarebbero sistemati;
che nella loro casa non sarebbero successi aborti non solo quanto a persone ma nemmeno quanto a bestiame;
che il vino delle loro botti non si sarebbe inacidito né le loro vigne sarebbero state colpite dalla grandine.
Sperando queste cose dal Signore, si sono subito accorti che ne hanno in abbondanza anche coloro che non servono il Signore, ed ecco allora vacillare il loro piede. ( Sal 73,2-3 )
Non hanno saputo sperare fino alla notte poiché la loro speranza non era cominciata dalla veglia del mattino.
Chi dunque comincia a sperare fin dalla veglia del mattino? Colui che dal Signore si attende le realtà che egli iniziò a mostrare la mattina della sua resurrezione.
Nessuno infatti prima di quel giorno era risorto a una vita immortale.
Mi voglia comprendere la vostra Carità. Prima della venuta del Signore c'erano stati dei morti che risuscitarono.
Uno, ad esempio, ne risuscitò Elia ( 1 Re 17,21 ) e un altro Eliseo, ( 2 Re 4,31 ) ma risorsero per morire di nuovo.
E così quelli che risuscitò il Signore: risorsero per morire di nuovo.
Si tratti di quel giovane figlio della vedova, ( Lc 7,15 ) o di quella ragazza dodicenne, figlia dell'archisinagogo ( Lc 8,55 ) o di Lazzaro. ( Gv 11,44 )
Risorsero in condizioni diverse l'uno dall'altro, ma tutti per morire di nuovo.
Nacquero una sola volta, morirono due.
Nessuno mai risuscitò per non più morire all'infuori del Signore.
E quando risuscitò il Signore per non morire mai più? Durante la veglia del mattino.
Questo devi sperare anche tu dal Signore, cioè di risorgere non come Lazzaro o come il figlio della vedova o come la figlia del capo della sinagoga e nemmeno come quei tali che furono risuscitati dagli antichi profeti.
Spera di risorgere come risorse il Signore, vale a dire in modo che, una volta risorto, non debba più temere la morte.
Se così farai, avrai cominciato a sperare fin dalla veglia del mattino.
Continua poi a sperare fino alla notte, cioè finché non termini la tua vita [ terrena ], finché per tutto il genere umano non giunga la notte, al tramonto del tempo presente.
Perché fino a quell'ora? Perché dopo tale notte non vi sarà più luogo per la speranza, essendosi raggiunta la realtà in se stessa.
Lo dice l'Apostolo: La speranza di cose che si vedono non è più speranza.
Ciò che infatti uno vede, come fa a sperarlo? Se viceversa speriamo cose che non vediamo, attendiamole con pazienza. ( Rm 8,24-25 )
Se quindi è nostro dovere aspettare pazientemente le cose che non vediamo, attendiamole fiduciosi fino alla notte, finché cioè non giunga la fine della nostra vita o del mondo intero.
Quando questa notte sarà passata, arriverà ciò che avevamo sperato e quindi non lo spereremo più.
Non per questo tuttavia saremo nella disperazione.
È vero che il nome " disperato " contiene ingiuria e a volte, per esprimere l'abominazione che abbiamo per una persona, diciamo: È un disperato.
Tuttavia non sempre è un male essere senza speranza.
Finché siamo in questa vita è certo un male essere senza speranza, in quanto nessuno che ora sia privo di speranza otterrà in futuro la realtà [ promessa ]; quindi al presente dobbiamo avere la speranza.
Ma quando saremo giunti al possesso della realtà, forse che ci sarà ancora posto per la speranza?
Ciò infatti che uno vede, come fa a sperarlo?
Verrà il Signore nostro Dio e al genere umano mostrerà prima di tutto la natura nella quale fu crocifisso e risuscitò, in modo che la vedano e i fedeli e gli empi.
Vedendola, i primi si rallegreranno potendo toccare con mano quel che prima avevano creduto senza vedere, mentre gli altri si sentiranno confusi per non aver prima creduto a ciò che allora vedranno.
Questi che si sentiranno confusi saranno allora condannati; gli altri, quelli che si saranno allietati, riceveranno la corona.
A chi è nella vergogna sarà detto: Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli; a chi invece già pregusta la gioia: Venite, benedetti del Padre mio, possedete il regno che vi è stato preparato fin dall'origine del mondo. ( Mt 25,41 )
Ottenuto questo [ regno ], non ci sarà più posto per la speranza, poiché si è in possesso della realtà.
Finito allora il tempo della speranza, sarà finita la notte; ma finché non giungerà quel momento, la nostra anima speri nel Signore a cominciare dalla veglia del mattino.
Insiste sull'espressione: Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore.
Dalla veglia del mattino fino alla notte l'anima mia ha sperato nel Signore.
Cosa ha sperato? Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore.
Non solamente Israele speri nel Signore, ma dalla veglia del mattino Israele speri.
Sarà dunque cosa riprovevole la speranza di cose terrene quando le si spera da Dio? No, ma la speranza che distingue Israele è diversa.
Che Israele non si riprometta come suo bene supremo le ricchezze o la salute fisica o l'abbondanza dei beni terreni!
Gli toccherà anzi sostenere tribolazioni o già, forse, ha esperimentato molestie a causa della verità. Speravano in Dio i martiri, eppure ebbero in sorte gli stessi tormenti degli assassini e dei malfattori: furono gettati in pasto alle belve, bruciati, decapitati, scarnificati, incatenati e uccisi in prigione.
Mentre subivano questi mali, forse che non speravano nel Signore? ovvero vi speravano per essere esentati dalle sofferenze e potersi godere la vita presente?
Certo no. Essi speravano [ in Dio ] fin dalla veglia del mattino.
Che significa questo? Significa che essi non perdevano di vista quella veglia mattutina in cui il loro Signore era risorto e si ricordavano come anche lui, prima di risorgere, aveva affrontato le stesse sofferenze che ora essi subivano. In tal modo erano fiduciosi che, passati tutti i tormenti, sarebbero anche loro risorti per la vita eterna.
Israele ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino alla notte.
Perché presso il Signore [ c'è ] la misericordia e abbondante [ è ] presso di lui la redenzione.
Splendido! Nulla di meglio si sarebbe potuto dire in riferimento a quanto detto sopra: Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore.
Perché? Perché il Signore risorse durante la veglia del mattino e il corpo deve ripromettersi la stessa sorte che l'ha preceduto nel Capo.
Tuttavia a questo punto potrebbe insinuarsi un'idea come questa: È vero che il Capo risorse, ma lui lo poté perché non era gravato di peccati, che anzi ne era completamente esente; ma di noi che ne sarà?
Noi siamo sotto il peso di tanti peccati; potremo ciononostante sperare la stessa resurrezione del Signore?
Osserva bene come continua: Presso il Signore c'è la misericordia e abbondante è presso di lui la redenzione.
Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.
Per quanto dunque l'uomo si senta gravato di colpe, c'è sempre la misericordia di Dio.
Anzi, se è andato innanzi a noi uno che era senza peccato, l'ha fatto proprio per eliminare i peccati di chi l'avrebbe seguito.
Non riponete in voi stessi la vostra fiducia ma volgetela a quella veglia del mattino.
Fissate lo sguardo sul vostro Capo, risorto e asceso al cielo.
In lui non c'era colpa, e per suo mezzo saranno cancellate anche le colpe vostre.
Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Israele poté vendersi e diventare schiavo del peccato, ma da solo non potrà redimersi dalle iniquità.
Lo potrà redimere solamente colui che [ al peccato ] non poté vendersi.
Colui che fu senza peccato è il Redentore [ che libera ] dal peccato.
Egli redimerà Israele. Da che cosa lo redimerà? Da questa colpa o da quella? Lo redimerà da tutte le sue colpe.
Chi pertanto vuole avvicinarsi a Dio non ha più da temere per alcuna sua iniquità; deve solo andare a lui con tutto il cuore e smetterla con le azioni [ cattive ] commesse in passato.
Non deve dire: Quella tal colpa non mi sarà rimessa.
Dicendo così infatti, e proprio per la convinzione che ha di non poter essere perdonato di quella colpa, dimostra di non essersi convertito, per cui, continuando nelle colpe [ precedenti ], gli succederà che non gli venga davvero perdonato nemmeno il male di cui non aveva timore.
Dice: Ho commesso un grave delitto, un delitto irremissibile; mi abbandonerò anche ad altri delitti, poiché tanto perdo quanto ometto di fare.
Non temere! Sei nell'abisso; non sottovalutare l'occasione che hai di gridare al Signore da codesto abisso e di dirgli: Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere?
Fissa su di lui lo sguardo, aspettalo, sta' saldo nell'amore della sua legge.
Qual è la legge che egli ti ha data? Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
Spera nella tua resurrezione, quando finalmente sarai senza peccato come fu senza peccato colui che per primo risuscitò.
Spera a cominciare dalla veglia del mattino, e non dire: Io non ne sono degno a causa dei miei peccati.
È vero che tu non ne sei degno, ma abbondante è presso di lui la redenzione: egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.
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