Esposizione dei Salmi |
Nel presente salmo ci si inculca l'umiltà di quel fedele servo di Dio dalla cui voce esso è cantato e che è l'intero corpo di Cristo.
Spesse volte infatti abbiamo richiamato alla vostra attenzione che la voce di chi canta [ nel salmo ] non deve intendersi come voce di un singolo individuo ma come voce di tutti i componenti il corpo di Cristo.
E siccome questi " tutti " sono compaginati nel suo corpo, possono parlare come un solo uomo: in effetti i molti e l'uno sono una stessa entità.
In se stessi sono molti, nell'unità dell'unico [ Cristo ] sono uno solo.
E questo corpo di Cristo è anche tempio di Dio, secondo le parole dell'Apostolo: Santo è il tempio di Dio e questo siete voi, ( 1 Cor 3,17 ) voi cioè che credete in Cristo con quella fede che comporta l'amore.
Credere in Cristo è infatti la stessa cosa che amare Cristo.
Non come credevano i demoni, ( Gc 2,19 ) senza amore cioè, sicché pur credendo dicevano: Che c'è in comune fra noi e te, o figlio di Dio? ( Mt 8,29 )
Noi dobbiamo credere in modo tale che la nostra fede in Cristo sia un tratto di amore.
La nostra parola non deve essere: Cosa c'è in comune fra noi e te? ma: Noi siamo tuoi, avendoci tu riscattati.
Quanti credono in questa maniera sono, per così dire, le pietre vive con le quali è costruito il tempio di Dio; ( 1 Pt 2,5 ) sono il legno incorruttibile con cui fu formata l'arca che le acque del diluvio non riuscirono a sommergere. ( Gen 6,14 )
Essi sono ancora il tempio di Dio - si tratta ovviamente sempre di uomini! - nel quale Dio viene pregato e dal quale egli esaudisce.
Chi prega Dio al di fuori di questo tempio non viene esaudito col conseguimento della pace propria della Gerusalemme celeste, sebbene venga esaudito quanto a certe richieste di beni temporali che Dio elargisce anche ai pagani.
In tal senso una volta furono esauditi anche i demoni, quando fu loro concesso di entrare nei porci. ( Mt 8,31-32 )
Ben altra cosa è l'essere esaudito in ordine alla vita eterna, e questo non è concesso se non a chi prega nel tempio di Dio.
Ora nel tempio di Dio prega soltanto colui che prega nella pace della Chiesa, nell'unità del corpo di Cristo.
Questo corpo di Cristo consta di molti credenti sparsi su tutta la terra, ed è per questo che chi prega nel tempio viene esaudito.
Chi prega nella pace della Chiesa prega in spirito e verità, ( Gv 4,21-24 ) né la sua preghiera è fatta in quel tempio che era solamente una figura.
Aveva valore figurativo il gesto del Signore quando cacciò dal tempio quella gente intenta ai loro affari, che cioè era andata al tempio per vendere e comprare. ( Gv 2,15 )
Se pertanto quel tempio era un simbolo, ne segue chiaramente che anche nel corpo di Cristo - che è il vero tempio, mentre l'altro ne era una figura - c'è tutto un miscuglio di compratori e di venditori, di gente cioè che cerca i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo. ( Fil 2,21 )
Essi però vengono scacciati con flagelli di corda.
La corda infatti rappresenta i peccati, come è detto dal profeta: Guai a coloro che si trascinano appresso i loro peccati come una lunga fune. ( Is 5,18 )
A trascinarsi dietro i peccati come una lunga fune sono coloro che aggiungono peccati a peccati, coloro che per coprire un peccato ne fanno un altro.
Per fare una corda infatti si uniscono fili a fili, non disponendoli l'uno appresso l'altro ma attorcigliandoli insieme; così [ nell'uomo ] ogni cosa diviene tortuosa quando a peccato si aggiunge peccato, e dal peccato trae origine un nuovo peccato, che a sua volta si collega a un terzo sino a farne una lunga fune.
Gente siffatta cammina per vie tortuose e per nulla diritto è il suo procedere. ( Gb 6,18 )
Alla fine però a che cosa approderà una fune di questo tipo, se non a legare mani e piedi il colpevole e a cacciarlo nelle tenebre esteriori?
Ricordate infatti quel che si dice nel Vangelo nei riguardi di un certo peccatore: Legatelo per le mani e per i piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori: ivi sarà pianto e stridore di denti. ( Mt 22,13 )
Non gli si sarebbero potute legare le mani e i piedi se lui stesso non si fosse preparato la corda; come in un altro passo scritturale è detto nella maniera più esplicita: Ogni empio è legato con le funi dei propri peccati. ( Pr 5,22 )
In conclusione, gli uomini sono castigati dal loro stesso peccato, e fu per questo motivo che il Signore fece un flagello di corde e con esso scacciò dal tempio quanti cercavano il proprio interesse non gli interessi di Gesù Cristo. ( Fil 2,22 )
Nel salmo [ che stiamo trattando ] risuona la voce di questo tempio.
Come ho detto, infatti, è in questo tempio che si invoca Dio in spirito e verità e lì egli esaudisce: non nel tempio materiale [ del giudaismo ], dove c'era soltanto un'immagine rappresentativa di ciò che sarebbe avvenuto più tardi.
L'antico tempio è stato abbattuto; ma forse che per questo è rovinata anche la casa della nostra preghiera? Tutt'altro!
Non si può infatti chiamare casa della nostra preghiera il tempio che venne abbattuto, se di questa casa della preghiera dice la Scrittura: La mia casa sarà chiamata casa della preghiera per tutte le genti. ( Mt 21,12-13 )
E voi avete ascoltato le parole pronunciate a sua volta dal nostro Signore Gesù Cristo: Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa della preghiera per tutte le genti: ma voi l'avete fatta spelonca di ladri. ( Gv 2,14-16 )
Ma questi tali che vollero fare della casa di Dio una spelonca di ladri riuscirono forse a distruggere il tempio?
Lo stesso è da dirsi di quanti nella Chiesa cattolica menano una vita riprovevole: per quanto sta in loro vorrebbero ridurre la casa di Dio a una spelonca di ladri, ma non per questo riusciranno ad abbattere il tempio.
Verrà infatti il tempo quando saranno scacciati fuori mediante la fune dei loro peccati.
Quanto invece al tempio di Dio, cioè al corpo di Cristo, all'assemblea dei fedeli, una sola ne è la voce, e come un solo uomo così canta nel salmo.
Questa voce già l'abbiamo udita in parecchi salmi, ascoltiamola anche in questo.
Se lo vogliamo, sarà anche la nostra voce; se lo vogliamo, potremo insieme ascoltare il cantore ed essere noi stessi nel nostro cuore dei cantori.
Se al contrario non lo vogliamo, saremo dentro quel tempio come gente che compra e vende: saremo cioè persone che cercano se stesse.
Entreremo nella Chiesa ma non per compiervi ciò che piace agli occhi di Dio.
Ognuno di voi pertanto esamini con quali disposizioni ascolti [ il salmo ]: se l'ascolta per deriderlo, se l'ascolta per buttarselo dietro le spalle, ovvero se l'ascolta per sintonizzarsi con esso, se cioè vi riconosce la propria voce e agli accenti del salmo unisce gli accenti del proprio cuore.
Sta di fatto comunque che alla voce del salmo non si può imporre di tacere.
Chi può, o meglio chi vuole, si lasci istruire; chi non vuole non frapponga ostacoli.
Lasciamoci inculcare l'umiltà, poiché con tale raccomandazione comincia.
Signore, il mio cuore non s'è innalzato. Ha offerto un sacrificio.
Da che cosa ricaviamo che ha offerto un sacrificio? Perché è sacrificio l'umiltà del cuore.
Lo si dice in un altro salmo: Perché se tu avessi voluto un sacrificio certamente te lo avrei offerto. ( Sal 51,18 )
Voleva soddisfare Dio per i peccati, voleva propiziarselo al fine di ottenere il perdono dei peccati, e quasi chiedendosi il modo come poterselo propiziare dice: Se tu avessi voluto un sacrificio, certamente te lo avrei offerto.
Ma tu non gradisci gli olocausti. Inutilmente, quindi, per placare Dio andava in cerca d'arieti, di tori o di vittime consimili.
E allora? Se Dio non si compiace di olocausti, vorrà dire che non accetta alcun sacrificio o che lo si placa senza sacrificio?
Se non c'è sacrificio non c'è nemmeno sacerdozio.
Eppure è certo che abbiamo un sacerdote.
Lo abbiamo nel cielo, dove interpella il Padre a nostro favore. ( Eb 9,12 )
Egli entrò nel santo dei santi, al di là del velo, dove il pontefice-simbolo, non entrava se non una volta all'anno: come, del resto, anche il Signore nell'intero arco della sua vita fu immolato soltanto una volta.
Sacerdote e insieme vittima, egli offrì se stesso ed entrò una sola volta nel santo dei santi e da allora egli più non muore né la morte ha alcun potere su di lui.
Siamone certi: abbiamo un sacerdote. Pertanto dobbiamo offrire la nostra vittima. ( Rm 6,9 )
Ma vediamo subito quale sia l'offerta che dobbiamo presentare, dal momento che il nostro Dio - come avete udito nel salmo - non si compiace degli olocausti.
C'è però nel seguito [ del salmo ] la descrizione di ciò che offrirà: Sacrificio a Dio è lo spirito contrito; Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato. ( Sal 51,19 )
Ebbene, se sacrificio [ accetto ] a Dio è il cuore umiliato, ha offerto un sacrificio colui che diceva: Signore, non si è insuperbito il mio cuore.
In un altro brano osservalo fare la stessa offerta.
Dice a Dio: Vedi la mia umiltà e il mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati. ( Sal 25,18 )
Signore non si è insuperbito il mio cuore; né si sono levati alteri i miei occhi; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze.
Ripetiamolo in forma più semplice e comprensibile.
Non sono stato superbo, non ho voluto richiamare l'attenzione altrui, come chi è capace di cose strabilianti.
Non ho ambito cose superiori alle mie forze, per avere di che pavoneggiarmi presso gli indotti.
Mi presti attenzione la vostra Carità! Grande è la cosa che ci si inculca.
E voi ricorderete quel tal mago di nome Simone, che volendo spingersi sopra di sé e camminare fra cose straordinarie, si lasciò affascinare più dalla potenza degli Apostoli che non dalla santità dei cristiani.
Vide che per l'imposizione della mano degli Apostoli e per la loro preghiera Dio dava ai credenti lo Spirito Santo.
Che fosse lo Spirito Santo a scendere in quelle occasioni lo dimostrava il miracolo che tutti coloro sui quali scendeva lo Spirito Santo cominciavano a parlare lingue mai imparate.
Non che adesso non venga dato lo Spirito Santo perché i credenti non parlano le lingue [ come allora ], ma allora fu necessario che si parlasse in più lingue per dimostrare che genti di ogni lingua avrebbero creduto in Cristo, mentre adesso che il simbolo è divenuto realtà il miracolo è cessato.
Vedendo dunque Simone quanto accadeva, volle lui stesso compiere gli stessi miracoli, non diventare [ santo ] come gli altri, e voi sapete che egli immaginò potersi appropriare dello Spirito Santo sborsando del denaro.
Era insomma uno di quelli che entrano nel tempio per comprare e vendere: voleva comprare ciò che all'occorrenza avrebbe rivenduto.
È un fatto, miei fratelli, che egli era di questa tinta e con tali intenzioni s'era cacciato in mezzo a loro; ma il Signore cacciò dal tempio coloro che vendevano le colombe, dove la colomba raffigurava appunto lo Spirito Santo.
Ebbene, Simone voleva comprare la colomba e vendere la colomba; ma il Signore Gesù Cristo, che aveva dimora in Pietro, gli si avvicinò e col flagello fatto di corde cacciò via l'empio mercante. ( At 8,18-23 )
C'è dunque della gente che gode nel fare miracoli e da chi nella Chiesa ha compiuto progressi [ spirituali ] pretende il miracolo; anzi loro stessi vogliono compierne illudendosi d'essere avanti nella perfezione.
Se invece non ci riescono, concludono di non appartenere a Dio.
Ben diverso è il pensiero del Signore nostro Dio, il quale sa dare a ciascuno ciò che è opportuno.
Per mantenere ben compaginato e in pace il suo corpo, così apostrofa la Chiesa per bocca dell'Apostolo: Non può dire l'occhio alla mano: non ho bisogno di te; o similmente la testa ai piedi: non ho bisogno di voi.
Se il corpo fosse tutto occhio, dove l'udito? Se il corpo fosse tutto udito, dove l'odorato? ( 1 Cor 12,21-17 )
Osservate quindi, o fratelli, le nostre membra e come ciascun membro abbia la sua funzione.
L'occhio vede ma non ode; l'orecchio ode ma non vede; la mano lavora ma non ode né vede: il piede cammina ma non ode né vede né lavora come la mano.
Il corpo quindi forma una unità e, se è sano e le membra non sono in discordia fra loro, l'orecchio vede attraverso l'occhio e l'occhio ode attraverso l'orecchio; né alcuno può rinfacciare all'orecchio la carenza della facoltà visiva dicendogli: Tu non conti nulla, tu sei di rango inferiore! puoi forse, come l'occhio, vedere e distinguere i colori?
Sulla base della pace che regna nel corpo, ti risponderebbe l'orecchio: Io sono dov'è l'occhio; sono nello stesso corpo, e se in me stesso non ho la vista vedo ad opera di colui al quale sono unito.
Allo stesso modo, come l'orecchio dice: L'occhio vede per me, così l'occhio dice: L'orecchio ascolta per me; e gli occhi e le orecchie dicono: Le mani lavorano per noi, e le mani dicono: Gli occhi e le orecchie vedono e odono per noi; e gli occhi e le orecchie e le mani dicono: I piedi camminano per noi.
Quando le diverse membra esplicano la loro attività nell'ambito d'uno stesso corpo, se si tratta d'un corpo sano e le membra sono in armonia, godono tutte e ciascun membro gode dell'altro. ( 1 Cor 12,26 )
Che se qualche membro prova dolore, le altre membra non si disinteressano ma partecipano al dolore comune.
Eccovi, ad esempio, i piedi. Essi nel corpo sono, per così dire, distanti dagli occhi: questi infatti si trovano in alto, mentre i piedi sono nella estremità più bassa.
Ma se per caso un piede pesta uno spino, forse che gli occhi si disinteressano [ dell'accaduto ]?
O non piuttosto, come sempre osserviamo, tutto il corpo si contrae, e ci si siede e ci si curva per trovare lo spino conficcatosi nella pianta del piede?
Tutte le membra fanno del loro meglio perché venga estratto lo spino conficcatosi nell'infima e più insignificante parte del corpo.
Ne segue, fratelli, che se un membro del corpo di Cristo non ha il potere di risuscitare i morti, non deve aspirare a tanto; deve solo cercare di non dissentire dal [ resto del ] corpo, come dissentirebbe quell'orecchio che pretendesse di vedere.
In effetti non gli sarà mai possibile mettere in opera una facoltà che non ha ricevuta.
Si potrebbe anche supporre che qualcuno gli muova obiezioni di questo genere: Se tu fossi una persona giusta, risusciteresti i morti come ne risuscitò Pietro.
Si sa infatti che gli Apostoli, per virtù di Cristo, fecero opere maggiori che non lo stesso Signore. ( Gv 14,12 )
Ma come può essere che i tralci riescano a compiere cose più grandi che non la stessa radice?
E in che senso si possono dire più grandi le opere degli uni che non quelle dell'altro? Eccolo.
I morti risuscitarono alla chiamata del Signore; un morto risorse dinanzi all'ombra di Pietro che passava da quelle parti. ( At 5,15 )
Quest'ultimo evento si presenta come più grande del primo, ma Cristo poteva fare i miracoli senza l'intervento di Pietro, Pietro non lo poteva se non in virtù di Cristo.
Lo disse [ il Signore ]: Senza di me non potete far nulla. ( Gv 15,5 )
Ebbene, quando un cristiano maturo sente rivolgersi o dai pagani o da persone che non sanno quello che dicono una calunnia di questa sorta, se gli preme restare compaginato a Cristo risponderà: Tu mi rimproveri di non essere giusto perché non faccio miracoli.
Potresti dire all'orecchio che non appartiene al corpo perché non ha la facoltà di vedere! ( 1 Cor 12,15-16 )
Insiste: Tu dovresti compiere le stesse cose che compì Pietro.
Viceversa! È stato Pietro che l'ha compiute anche a nome mio, dal momento che io appartengo a quello stesso corpo nel quale agì Pietro.
Nell'unità dello stesso corpo, io posso ciò che può lui, dal quale io non sono separato, e se io ho meno possibilità, lui si abbassa alla mia piccolezza, come io viceversa mi congratulo per quanto di superiore è accordato a lui.
Lo stesso nostro Signore dal cielo gridò a vantaggio del suo corpo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )
Nessuno toccava lui personalmente ma il Capo gridava dal cielo a favore del corpo che soffriva sulla terra.
Occorre in una parola, fratelli, che ciascuno compia il bene che può e che, di fronte a un altro che abbia maggiori poteri, non nutra sentimenti di invidia ma se ne compiaccia, come chi, insieme con l'altro, costituisce uno stesso corpo.
D'un uomo siffatto sono le parole del salmo che suonano: Signore, non si è insuperbito il mio cuore, né si sono levati alteri i miei occhi; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze.
Dice: Non ho cercato cose superiori alle mie forze, non ho ambito possederle o farmici grande.
In realtà l'orgoglio per l'abbondanza delle grazie [ ricevute ] è cosa da temersi profondamente, e perché nessuno si insuperbisca dei doni divini ma piuttosto si mantenga nell'umiltà sta scritto: Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose, e troverai grazia davanti a Dio. ( Sir 3,20 )
Sì, veramente, occorre raccomandare con ogni insistenza alla vostra Carità quanto sia da paventarsi l'orgoglio proveniente dai doni ricevuti da Dio, e lo faremo con tanto maggior agio in quanto il salmo, brevissimo, ci permette di parlarne [ diffusamente ].
Ripensiamo all'apostolo Paolo. Da persecutore egli divenne predicatore [ del Vangelo ], e nel suo lavoro apostolico conseguì una grazia più copiosa che non gli altri Apostoli.
Questo, perché Dio voleva dimostrare all'evidenza che quanto egli dona è roba sua, non risorsa dell'uomo.
Così è dei medici la cui abilità professionale risulta veramente efficace quando affrontano un caso disperato; e così fu del Signore Gesù Cristo, nostro medico e salvatore.
Egli si trovava di fronte a un caso disperato: quello di un persecutore della Chiesa; e proprio lì dimostrò la grandezza della sua potenza, facendone non soltanto un cristiano ma un apostolo; né soltanto un apostolo, ma un apostolo che, com'egli stesso afferma, avrebbe lavorato più di tutti gli altri. ( 1 Cor 15,10 )
Fu favorito di una grazia incomparabile.
E voi, fratelli, conoscete come nella Chiesa le epistole dell'apostolo Paolo anche oggi hanno più influsso che non quelle dei suoi compagni d'apostolato.
Costoro infatti o non scrissero nulla ma si limitarono a svolgere nella Chiesa un ministero orale, e se ci sono lettere che dai falsari vengono attribuite a loro e portano il loro nome, non essendo opera loro vengono rifiutate dalla Chiesa e non approvate; ovvero, se lasciarono degli scritti, non sono per estensione e abbondanza di grazia paragonabili [ a quelli di Paolo ].
Orbene questo Apostolo, così ricco di grazia, così insignito di doni divini, cosa dice in un passo [ delle sue lettere ]?
Affinché non mi inorgoglisca per la grandezza delle mie rivelazioni.
Statemi attenti, vi dico una cosa tremenda.
Affinché - dice - per la grandezza delle mie rivelazioni non mi inorgoglisca, mi è stato dato lo stimolo della mia carne, un angelo di satana, che mi schiaffeggi. ( 2 Cor 12,7 )
Cos'è mai questo, fratelli? Perché non si inorgoglisse considerandosi [ baldo ] giovane, viene preso a schiaffi come un ragazzino.
E da chi? Da un angelo di satana. E cos'è quest'angelo?
Si dice che egli fosse martoriato da un atroce dolore fisico: uno di quei dolori che vengono inflitti dai messi di satana, i quali ovviamente non avrebbero un tale potere se loro non fosse stato concesso.
In maniera consimile venne messo alla prova il santo Giobbe.
Satana ricevette il permesso di tentarlo, e di fatto lo colpì con delle piaghe tali che ne scaturivano putredine e vermi. ( Gb 2,7 )
Lo spirito immondo veniva autorizzato, l'uomo santo veniva rafforzato.
Il diavolo, quando si accanisce contro qualcuno, non sa i beni che il suo accanimento produce.
Mosso da furore entrò nel cuore di Giuda, e per questa sua rabbia fece consegnare Cristo ai nemici, e, sempre per rabbia, lo fece crocifiggere.
Ecco però che, crocifisso Cristo, l'umanità è redenta: sicché il furore che animava il diavolo sì cambiò in danno per lui e in vantaggio per noi.
Col suo accanimento infatti egli perse l'uomo che teneva sotto di sé e che venne liberato mediante il sangue del Signore che egli fece versare spinto dalla sua propria rabbia.
Se avesse conosciuto il gravissimo danno che gliene derivava, non avrebbe certo fatto versare il prezzo con cui sarebbe stato redento il genere umano.
Analogamente fu data a un angelo di satana la facoltà di schiaffeggiare l'Apostolo, di farlo anzi con un certo gusto; in realtà era l'Apostolo che così veniva curato.
E siccome la medicina applicata dal medico era molesta all'infermo, ecco l'infermo supplicare il medico affinché gliela sospendesse.
Succedeva come quando il medico decide d'applicare al corpo d'un paziente non so quale infuso, che sebbene doloroso e caldissimo, sia indispensabile per la guarigione di colui che ha il gonfiore.
Il malato appena sente il dolore prodotto dal medicamento troppo caldo, si fa a pregare il medico perché glielo levi, ma il medico lo conforta, gli raccomanda la pazienza, ben sapendo l'utilità del medicamento applicato.
Così anche l'Apostolo. Continuando il discorso già avviato aveva detto: Mi è stato dato lo stimolo della mia carne, un angelo di satana, che mi schiaffeggi.
E ne aveva accennato anche la causa: Affinché non mi inorgoglisca per la grandezza delle mie rivelazioni.
Ora dice: Per questo motivo tre volte pregai il Signore perché lo allontanasse da me. ( 2 Cor 12,7-8 )
È come se dicesse: Tre volte pregai il medico di levarmi l'incomodo impiastro che mi aveva applicato.
Ma odi bene la voce del medico: E mi ha risposto: Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza trionfa nella debolezza. ( 2 Cor 12,9 )
Io so bene quale medicamento ti abbia applicato; io so quale sia la tua malattia e cosa ti occorra per essere guarito.
Se pertanto, carissimi, anche l'apostolo Paolo si sarebbe potuto insuperbire per le grandi rivelazioni avute se non fosse stato sottoposto agli schiaffi dell'angelo di satana, chi di noi potrà ritenersi sicuro?
Si ha l'impressione che proceda con più tranquillità colui che ha ricevuto di meno, a patto - si capisce - che non aspiri disordinatamente a ciò che a buon diritto non ha ricevuto.
Cerchi pure di conseguire quanto è indispensabile per essere nel corpo di Cristo e quanto occorre per starci bene.
In un corpo infatti è molto più avvantaggiato un dito sano che non un occhio cisposo.
Il dito è una robetta da poco, l'occhio invece è un membro stupendo e di grandissima utilità; eppure è meglio essere dito, ma esserlo sano, che non essere occhio ed essere un occhio guasto, cisposo e cieco.
Nel corpo di Cristo, quindi, nessuno cerchi altro all'infuori della salute.
In questa salute rientra la fede, con la quale si ottiene la purificazione del cuore, e una volta purificato il cuore si è in grado di vedere quel volto di cui fu detto: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )
Quando si è nel corpo di Cristo, chi avrà operato prodigi e chi non li avrà operati non dovranno godere d'altro che della visione del volto di Dio.
Un giorno gli Apostoli tornati dalla missione cui li aveva inviati il Signore gli dissero: Signore, ecco nel tuo nome perfino i demoni ci erano sottomessi. ( Lc 10,17 )
Il Signore li vide tentati da superbia per il potere taumaturgico [ ricevuto ] e, siccome era medico ed era venuto a curare i nostri gonfiori e a portare le nostre infermità, subito disse: Non vi rallegrate perché vi stanno soggetti i demoni, bensì perché i vostri nomi sono scritti nel cielo. ( Lc 10,20 )
Non tutti i cristiani, per quanto buoni, sono in grado di scacciare i demoni, tutti però hanno il nome scritto in cielo; e Cristo volle che godessero non per il privilegio personale che ciascuno aveva ma per la salvezza da loro conseguita insieme con tutti gli altri.
Così l'Apostolo: volle rallegrarsi d'una cosa di cui anche tu puoi godere.
Mi stia attenta la vostra Carità! Nessun fedele avrebbe speranza [ di salvezza ] se il suo nome non fosse scritto in cielo.
Ora nel cielo ci sono scritti i nomi di tutti i fedeli che amano Cristo, che con umiltà procedono nella via di Cristo, cioè insegnata da lui col farsi umile.
Prendi il più insignificante che ci sia nella Chiesa! Se crede in Cristo, se ama Cristo e la sua pace, costui ha il nome scritto in cielo.
Chiunque esso sia e per quanto tu lo lasci incalcolato.
Ma dunque c'è somiglianza fra costui e gli Apostoli che operarono tanti miracoli?
Anzi! gli Apostoli vengono rimproverati per aver goduto d'un favore che avevano in proprio e ricevono l'ordine di godere per un bene di cui può godere anche quel fratello insignificante.
Miei fratelli, non parla senza fondamento quando animato da questa umiltà dice: Signore, non si è insuperbito il mio cuore, né si sono levati alteri i miei occhi; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze.
Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima; se non mi diportai come un fanciullo divezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la mercede.
Sembrerebbe quasi augurarsi del male.
Come in quell'altro salmo è detto: Signore mio Dio, se questo ho fatto, se c'è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a coloro che così mi retribuivano, soccomba pure senza speranza sotto i miei nemici, ( Sal 7,4-5 ) con quel che segue; così anche qui sembra voler dire: Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima.
Ecco sta quasi per dirlo: Mi capiti tale e tale sventura.
Come nel salmo precedente diceva: Se ho ripagato con lo stesso male coloro che me ne causavano, mi capiti questo e questo, ( che cosa? ) d'essere cioè spogliato e di cadere meritatamente di fronte ai miei nemici, così anche qui dice: Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima; se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la ricompensa.
Statemi attenti! Di certi infermicci afferma - come ben ricordate - l'Apostolo: Vi nutrii con latte e non con cibo solido, perché non lo potevate ricevere, anzi non lo potete ricevere neppure ora. ( 1 Cor 3,2 )
Ci sono degli infermi che non sono in grado di nutrirsi con cibi solidi.
Essi vorrebbero raggiungere [ con la mente ] ciò che non sono in grado di comprendere e, se per caso riescono alla meno peggio a capire qualcosa o se immaginano d'averlo compreso, mentre in realtà non hanno compreso un bel niente, eccoteli gonfiarsi e montare in superbia.
Si illudono d'essere sapienti. E questo capita a tutti gli eretici.
Essendo gente che si muove a livello animale e carnale, difendono le proprie posizioni erronee né sono in grado di comprenderne la falsità; per questo si tagliano fuori dalla [ comunione ] cattolica.
Dirò alla vostra Carità quel che mi sarà possibile.
A proposito del nostro Signor Gesù Cristo voi sapete che egli è il Verbo di Dio, come è detto in Giovanni: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.
Questo era in principio presso Dio. Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto. ( Gv 1,1-3 )
Egli dunque è un pane; è il pane di cui vivono gli angeli.
Ma ecco questo pane è apparecchiato anche per te.
Tu però devi crescere nutrendoti di latte, finché non arrivi a cibarti di pane.
Ma come debbo fare - dirai - per crescere nutrendomi di latte?
Credi in primo luogo a ciò che Cristo è diventato per te, per adeguarsi alla tua fragilità.
Credilo e sta' saldo in questa fede. Osserva cosa fa la madre quando vede il suo figlio non ancora capace di nutrirsi da solo: s'incarica lei di dargli il cibo, ma facendolo passare per la sua stessa carne.
Il pane di cui si ciba il bambino è lo stesso di quello che prende sua madre, ma il bambino non è in grado di prenderlo dalla tavola mentre sa succhiarlo alla mammella.
Sicché il pane, rimanendo pur sempre lo stesso alimento, dalla tavola passa alla madre e dalla mammella di questa passa al bimbetto.
Questo vale anche per il nostro Signore Gesù Cristo.
Egli era il Verbo presso il Padre e per sua opera fu creato l'universo.
Egli era della stessa natura di Dio e non ritenne appropriazione indebita l'essere pari a Dio. ( Fil 2,6 )
A questo livello però lo avrebbero compreso, e limitatamente, soltanto gli angeli e di lui si sarebbero cibate [ esclusivamente ] le Potestà e le Virtù e gli altri spiriti intelligenti che dimorano in cielo.
Quanto all'uomo invece, essendo misero e rivestito di carne, sarebbe rimasto prostrato a terra né mai sarebbe pervenuto a lui il pane del cielo.
Affinché l'uomo potesse mangiare il pane degli angeli ( Sal 78,25 ) e la manna piovesse sull'autentico popolo d'Israele ( Es 16,14 ) il Verbo si fece carne e abitò fra noi. ( Gv 1,14 )
Tale è in effetti l'insegnamento che l'apostolo Paolo dà alle persone ancor deboli, quelle che egli chiama anche materiali e carnali. ( 1 Cor 3,1 )
Ho detto forse - così l'Apostolo - di conoscere tra di voi qualche altra cosa all'infuori di Gesù Cristo, e questi crocifisso? ( 1 Cor 2,2 )
Anche non crocifisso, Cristo aveva la sua esistenza.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. ( Gv 1,1 )
Il Verbo dunque si fece carne, ( Gv 1,14 ) e lo stesso Verbo venne crocifisso, senza che per questo si mutasse in uomo.
Fu l'uomo che si mutò in lui: e mutandosi in lui divenne superiore a quel che era [ per natura ], non si trasformò nella stessa sostanza del Verbo.
Dico dunque che, in quanto partecipe dell'umanità, Cristo-Dio morì; e per essere partecipe della divinità Cristo-uomo si destò da morte e risorse e ascese al cielo.
Tutto quello che in Cristo patì l'uomo, bisogna necessariamente dire che lo patì anche Dio, perché, assumendo l'umanità senza peraltro mutarsi in uomo, egli era Dio.
È, approssimativamente, lo stesso caso di quando qualcuno ti straccia le vesti: non si può dire che il danno non sia stato recato a te.
Tant'è vero che, quando vai a lamentartene presso gli amici o presso il giudice, gli dici: M'ha fatto uno strappo.
Non dici: Mi ha strappato il mantello, ma: Mi ha fatto uno strappo.
Se la tua veste poté con ragione identificarsi con te - lei che non è la stessa cosa che tu ma solo la tua veste - con quanto maggior ragione non dovrà dirsi la stessa cosa riguardo alla carne di Cristo, che era il tempio del Verbo, unito allo stesso Verbo?
Come, cioè, non dovrà dirsi avere lo stesso Dio sofferto quello che Cristo soffrì nella sua carne?
È vero che il Verbo non poteva né morire né corrompersi né mutarsi né venire ucciso; ma è anche vero che tutto quello che soffrì fu lui a soffrirlo, sia pure nella sua carne.
Né ti stupisca il fatto che il Verbo fu esente da ogni patimento.
Quando nell'uomo si uccide il corpo, la sua anima non può certo subire tormenti materiali, come dice lo stesso nostro Signore: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima. ( Mt 10,28 )
Ora, se l'anima non può essere uccisa, poteva essere ucciso il Verbo di Dio?
Eppure cosa dice? Mi ha flagellato, schiaffeggiato, percosso, martoriato.
Nessuno di questi maltrattamenti tocca l'anima, eppure non si parla se non dell'[ unico ] io.
È una conseguenza dell'unità del composto umano.
E torniamo al nostro Signore Gesù Cristo.
Era pane e si fece per noi latte incarnandosi e apparendo in sembianze mortali, affinché per suo mezzo cessasse il potere della morte e noi, credendo nella carne assunta dal Verbo, non vagassimo lontano dal Verbo.
Su questa base dobbiamo crescere, di questo latte dobbiamo nutrirci.
Finché non siamo diventati così robusti da comprendere il Verbo, non ci dobbiamo staccare dalla fede nel nostro latte.
In direzione opposta andarono quegli eretici che presunsero farla da maestri in cose che non erano in grado di comprendere.
Dissero che il Figlio è minore del Padre e che lo Spirito Santo è minore del Figlio, sicché stabilirono una graduatoria e introdussero nella Chiesa la dottrina di tre dèi.
Non possono infatti negare che il Padre è Dio, come non possono negare che siano Dio il Figlio e lo Spirito Santo.
Ma se Dio Padre e Dio Figlio e Dio Spirito Santo sono disuguali fra loro e non sono della stessa sostanza, Dio non è più uno solo ma ci sono tre dèi.
Discutendo quindi su argomenti che non potevano comprendere, costoro montarono in superbia e si avverò in essi quel che dice il nostro salmo: Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima; se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la ricompensa.
Questa madre è propriamente la Chiesa di Dio, dalla quale essi si separarono.
Invece avrebbero dovuto lasciarsi allattare e nutrire da lei, per crescere fino alla comprensione del Verbo, Dio presso Dio, uguale al Padre nella natura divina.
Certi commentatori che prima di noi si sono occupati di questo salmo hanno creduto di trovare nelle parole che esaminiamo una spiegazione e un significato differenti, che non voglio tacere alla vostra Carità.
Il superbo - dicevano - non può piacere a Dio; e l'anima umana, se non vuol dispiacere a Dio, deve umiliarsi e con tutto il cuore convincersi del detto: Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose e troverai grazia dinanzi a Dio. ( Sir 3,20 )
D'altro canto però c'è della gente che, ascoltando discorsi sull'obbligo dell'umiltà, si deprimono e rifiutano d'imparare anche le cose più elementari, convinti che, se progrediranno nella scienza diverranno per forza superbi: per cui rimangono sempre al livello del latte.
Per costoro c'è un rimprovero nella [ stessa ] Scrittura, là dove si dice: Vi siete costretti ad avere bisogno di latte invece del cibo solido. ( Eb 5,12 )
Difatti, se Dio vuole che ci nutriamo di latte, non è perché rimaniamo sempre bisognosi di latte ma perché, nutriti di latte, cresciamo fino a renderci capaci di cibo solido.
Quindi, da un lato è vero che non ci è lecito innalzare il cuore per orgoglio ma, dall'altro, è necessario che lo eleviamo nella conoscenza della Parola di Dio.
Se infatti fosse proibito [ in ogni caso ] elevare la propria anima, non si direbbe in un altro salmo: A te, Signore, ho elevato la mia anima. ( Sal 25,1 )
Inoltre, se l'anima non si protende al di sopra di se stessa, non potrà pervenire alla visione di Dio e alla conoscenza della sua sostanza immutabile.
Anzi, fin da adesso, sebbene sia unita alla carne, le si dice: Dov'è il tuo Dio? ( Sal 42,4 )
Ma il suo Dio le è dentro: dentro spiritualmente, anche se è altissimo per la sua spiritualità, non per l'interposizione di spazi in senso locale, come per fattori spaziali certi luoghi sono più elevati [ di altri ].
Se infatti si dovessero considerare altezze di questo genere, nell'avvicinarsi a Dio ci sarebbero superiori gli uccelli.
Invece Dio è alto nel [ nostro ] intimo e alto in senso spirituale: l'anima quindi non sarà in grado di raggiungerlo se non trascenderà se stessa.
Ne segue che, qualunque cosa tu volessi supporre in Dio a livello corporeo, sbaglieresti di grosso.
Anzi, saresti ancora bambino ( e come! ) se nei riguardi di Dio avessi anche delle idee commensurate sull'anima umana: se pensassi, per esempio, che Dio si dimentichi di qualcosa, o abbia una sapienza fallibile, o faccia una cosa e poi se ne penta.
È vero che tutte queste espressioni sono della Scrittura, ma vi sono state poste per inculcare l'idea di Dio a noi ancora bisognosi di latte.
Quindi, parlando di lui, non dobbiamo prendere queste espressioni in senso proprio, intendendo davvero che Dio si penta di una cosa, o che poi venga a conoscere una cosa che prima non conosceva, o penetri più a fondo ciò che prima non aveva capito, o si ricordi di ciò che aveva dimenticato.
Tutte queste cose succedono all'anima, non a Dio, per cui se non si trascendono anche i limiti dell'anima umana non si potrà vedere Dio, il quale è ciò che è, come disse lui stesso: Io sono colui che sono. ( Es 3,14 )
Cosa disse pertanto quel tale a cui si chiedeva: Dov'è il tuo Dio?
Le lacrime furono per me pane di giorno e di notte, mentre ad ogni istante mi si ripete: dov'è il tuo Dio?
Per trovare il suo Dio cosa fece? Dice: Su queste cose ho meditato, ed effondo al di sopra di me la mia anima. ( Sal 42,4-5 )
Per trovare Dio riversò la sua anima al di sopra di se stesso.
In conclusione dunque, se ti si dice d'essere umile, non è per impedirti d'essere sapiente.
" Sii umile " ti è detto perché eviti la superbia, mentre in fatto di sapienza devi essere alto.
Ascolta in proposito un'affermazione quanto mai esplicita: Non siate fanciulli quanto a intelligenza; siate, sì, fanciulli nella malizia ma uomini maturi nell'intelligenza. ( 1 Cor 14,20 )
Ormai, miei fratelli, è stato certamente spiegato a dovere dove Dio ci voglia umili e dove alti: umili evitando la superbia, alti accumulando la sapienza.
Làsciati allattare per poi assimilare il cibo; assimila il cibo per crescere; cresci per mangiare il pane.
E quando avrai incominciato a nutrirti di pane sarai svezzato: cioè non ti occorrerà più il latte ma il cibo solido.
È quanto sembra aver detto [ il salmista ]: Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima.
Cioè: Se fui bambino non per l'ingegno ma per la malizia.
Intendendo questo significato, antecedentemente aveva detto: Signore, non si è insuperbito il mio cuore, né si sono levati alteri i miei occhi; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze.
Ecco, sono stato veramente bambino quanto alla malizia.
Siccome però non sono stato bambino quanto a saggezza ( se cioè non ebbi sentimenti di umiltà - dice - ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima ) mi si conceda quel che si dà al bambino svezzato dal latte materno: che io sia in grado di mangiare il pane.
È questa, fratelli, un'interpretazione che non mi dispiace in quanto non è contraria alla fede.
Mi fa tuttavia non piccola impressione il fatto che non è stato detto solamente: Se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco, mi sia data la ricompensa, ma vi è stato aggiunto: Se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la ricompensa.
Mi colpisce a questo riguardo un particolare che mi fa scorgere in tali parole una [ specie di ] maledizione.
Quando avviene lo svezzamento, il bambino non è più propriamente bambino ma grandicello, mentre nella prima infanzia - che è la vera infanzia - essendo ancora fragilissimo è in braccio alla madre.
Se lo si slattasse durante quel periodo di vita morrebbe.
Quindi non senza motivo vi è stato aggiunto: In braccio a sua madre, poiché, se si fosse trattato dello svezzamento dovuto alla crescita, questo è normale per tutti.
Quando uno è svezzato perché ormai cresciuto è segno buono, quando invece si deve svezzare un bambino ancora in braccio a sua madre, è male.
Pertanto, o fratelli, si deve stare attenti e aver paura d'essere svezzati anzitempo.
Che infatti un bambino venga svezzato da grande, è un fatto normale, ma si deve badare che non ci si tolga il latte quando si è bambini in braccio ancora alla madre.
Il latte infatti è indispensabile al bambino che, portato di recente in grembo dalla madre, ha ancora bisogno d'essere portato da lei in braccio.
Lo portò in grembo finché non nacque, dopo deve portarlo in braccio finché non sia cresciuto: comunque deve essere sempre portato dalla madre.
Non s'innalzi, quindi, covando sentimenti d'orgoglio, mentre è ancora incapace d'assimilare cibo solido; pratichi piuttosto con cura i precetti dell'umiltà.
Ha infatti dove esercitarsi: creda in Cristo per riuscire a comprendere Cristo.
Non è in grado di scrutare il Verbo, di comprendere l'uguaglianza del Verbo col Padre né di penetrare l'uguaglianza dello Spirito Santo col Padre e col Verbo.
Lo creda tuttavia; succhi questa verità, sicuro che quando sarà cresciuto potrà nutrirsi di quel cibo che gli era impossibile mangiare prima che crescesse prendendo il latte.
Allora avrà spazi per dilatarsi. Non cercare quello che è sopra di te, e non voler indagare quelle cose che sorpassano le tue forze, cioè le cose che non sei in grado di assimilare.
Che dovrò fare allora? dirai. Restare sempre così? Ma pensa sempre a quello che ti ha comandato il Signore. ( Sir 3,22 )
Cos'è quello che il Signore ti ha comandato?
Compi le opere di misericordia, non separarti dalla pace della Chiesa, non confidare nell'uomo, non tentare Dio desiderando il potere dei miracoli.
Se è in te già maturo qualche frutto [ di santità ], convinciti che insieme con gli altri buoni devi sopportare la zizzania, ma ciò fino alla mietitura ( Mt 13,30 ) poiché la tua mescolanza con i cattivi potrà durare un certo tempo, non durerà in eterno.
La paglia sarà mescolata con te nel tempo presente, finché ti trovi nell'aia, non lo sarà quando ti troverai nel granaio.
Queste cose, che sono quelle che il Signore ti ha comandato, ecco cosa devi pensare sempre.
Non lasciarti indurre ad abbandonare il latte finché sei in braccio a tua madre, affinché non ti succeda che, essendo ancora incapace di nutrirti di pane, debba morire di fame.
Cresci! Si consolideranno le tue forze e vedrai ciò che prima non riuscivi a vedere e comprenderai ciò che prima non eri in grado di comprendere.
Che dire? Quando avrò visto ciò che prima non riuscivo a vedere e compreso ciò che non riuscivo a comprendere, forse che potrò dirmi sicuro [ del possesso ] o giunto a perfezione?
Finché vivi quaggiù, no. L'umiltà è [ quaggiù ] la nostra perfezione.
Avete ascoltato come si concludeva il brano apostolico or ora letto e, suppongo, rimasto nella vostra memoria.
Quante cose non gli erano state rivelate! E a causa di tali sublimi rivelazioni, perché non se ne inorgoglisse, era sottoposto a degli schiaffi.
Cioè: se ne sarebbe potuto insuperbire se non gli fosse stato dato quel messaggero di satana.
Ebbene, cosa dice quest'uomo a cui tante cose erano state rivelate?
Fratelli, quanto a me non penso d'aver conseguito [ la perfezione ]. ( Fil 3,13-14 )
Paolo dice: Fratelli, quanto a me non penso d'aver conseguito [ la perfezione ], quel Paolo che aveva ricevuto il messaggero di satana che lo schiaffeggiava perché non si inorgoglisse delle grandi rivelazioni avute. ( 2 Cor 12,7 )
Chi oserà dire d'aver già raggiunto [ la perfezione ]?
Ecco, non l'ha raggiunta Paolo il quale confessa: Non penso di esservi giunto.
E cosa aggiungi, o Paolo? Dice: Sto ancora correndo per raggiungerla.
Paolo, è ancora in via, e tu ti reputi in patria? Dice ancora: Questo solo [ mi propongo ]: dimenticando le cose lasciatemi alle spalle.
Fa' lo stesso anche tu: dimentica la vita cattiva menata antecedentemente.
Se in passato ti sei compiaciuto della vanità, non compiacertene ancora.
Dice: Dimenticando le cose lasciatemi alle spalle e proteso verso quelle che mi stanno davanti, corro verso la meta, in vista del premio della superna vocazione, opera di Dio in Cristo Gesù.
Odo la voce di Dio che mi parla dall'alto e corro per conseguire [ la meta ].
Non mi ha abbandonato, sicché io mi arresti per via, mentre continua ancora a parlarmi.
È vero, fratelli. Dio non cessa di parlarci. Se infatti non parlasse più, a cosa mirerebbe il nostro lavoro?
A cosa tenderebbero e la lettura divina e i canti sacri? Dimenticate dunque le cose passate e protendetevi verso le cose che vi si parano davanti.
Succhiate il latte per crescere e rendervi capaci del cibo solido.
Quando poi sarete giunti alla patria, allora godrete.
Intanto fissate lo sguardo sull'Apostolo che insegue la palma della sua vocazione celeste.
Dice infatti: Quanti siamo perfetti abbiamo questi sentimenti. ( Fil 3,15 )
Dice: Non parlo agli imperfetti ai quali non potrei parlare ancora di sapienza e che vengono dissetati col latte, non sono nutriti con cibo solido.
Mi rivolgo invece a quanti si nutrono di questo cibo solido.
Costoro sembrerebbero già perfetti, capaci come sono di comprendere l'uguaglianza del Verbo col Padre; tuttavia nemmeno costoro vedono [ la divinità ] come è da vedersi, cioè faccia a faccia, ma solo parzialmente e di riflesso. ( 1 Cor 13,12 )
Ebbene, insistano nel correre sino al termine della via, finché cioè non siamo rientrati in patria.
Continuino la corsa e si protendano [ alla meta ].
Noi tutti che siamo perfetti abbiamo questi sentimenti, e se in qualche cosa voi la pensate diversamente Dio vi illuminerà al riguardo.
Se per ipotesi sei incappato in qualche errore, perché non torni al latte materno?
Se infatti non v'inorgoglite, se non sollevate [ indebitamente ] il vostro cuore né presumete di penetrare nelle cose mirabili che stanno sopra di voi ma osservate l'umiltà, Dio vi rivelerà ciò che intendete in maniera sbagliata.
Se al contrario vorrete difendere la vostra falsa sapienza e ci insisterete con ostinazione anche a scapito della pace della Chiesa, s'adempirà in voi la maledizione minacciata dal presente salmo.
Ponendovi al di sopra della vostra madre e separandovi dal latte, vi staccherete dalle viscere materne e morrete di fame.
Se invece persevererete nella pace cattolica, anche se in qualche particolare avrete pensieri difformi da quelli che occorrerebbe avere, essendo umili Dio vi rivelerà [ la verità ].
Perché? Perché Dio resiste ai superbi, mentre dona la grazia agli umili. ( Gc 4,6; 1 Pt 5,5 )
15 - [v 3.] Per questo il presente salmo termina con questa esortazione: Israele speri nel Signore, ora e per i secoli.
Ciò che in greco è detto: ραάπό τοϋ νϋν χαί έως τοϋ αίώνος, è stato reso con: Ora e per i secoli.
Col termine secolo non sempre si intende la durata del tempo presente, ma qualche volta ci si indica l'eternità, come anche duplice è il significato di eterno.
Quando infatti si dice: In eterno, si può intendere per sempre, senza fine, o finché non si arrivi all'eternità.
Come dunque intenderemo l'espressione nel nostro caso?
Occorre sperare nel Signore Dio finché non giungiamo all'eternità, poiché, una volta entrati nell'eternità, non ci sarà più luogo per la speranza, ma avremo il possesso effettivo [ dei beni promessi ].
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