La Genesi alla lettera |
Dio inoltre disse: Vi sia un firmamento in mezzo alle acque e tenga separate le acque dalle acque. E così avvenne.
E Dio fece il firmamento e separò le acque ch'erano al di sopra del firmamento.
E Dio chiamò "cielo" il firmamento. E Dio vide ch'essa è cosa buona.
E venne sera e poi mattina: secondo giorno. ( Gen 1,6-8 )
Riguardo alla parola di Dio che disse: Vi sia un firmamento ecc. e al compimento con cui vide ch'è una cosa buona e riguardo alla sera e alla mattina non è necessario ripetere le spiegazioni analoghe [ già date ].
Avvertiamo perciò che ogniqualvolta, in seguito, troviamo ripetute queste espressioni, devono essere intese frattanto alla stregua dell'esame fattone in precedenza.
Possiamo, al contrario, proporci con ragione il quesito se il cielo, di cui ora si tratta, è quello situato fuori dei limiti dell'atmosfera e al di sopra degli spazi più elevati, ove al quarto giorno vengono stabiliti anche i luminari e le stelle, oppure se è l'atmosfera stessa ad esser chiamata "firmamento".
Molti però sostengono che, per loro natura, queste acque non possono trovarsi al di sopra del cielo stellato poiché, a causa del loro peso, sono costrette a scorrere sulla terra oppure, evaporando, ad esser trasportate nell'atmosfera vicina alla terra.
Ma nessuno deve confutare questi tali, dicendo che, in considerazione dell'onnipotenza di Dio, al quale tutto è possibile, noi dovremmo credere che queste acque, tanto pesanti come noi sappiamo anche per esperienza, siano state sparse al di sopra del cielo fisico ove sono le stelle.
Adesso invece è bene che noi cerchiamo di sapere in qual modo Dio ha costituito la natura delle cose attenendoci alle sue Scritture e non che cosa in esse o per mezzo di esse Egli voglia compiere per mostrare miracolosamente la sua potenza.
Se infatti Dio volesse che l'olio restasse al di sotto dell'acqua, ciò avverrebbe senz'altro, ma tuttavia non per questo noi non conosceremmo la natura dell'olio la quale è fatta in modo che, se l'olio viene versato nel fondo d'un recipiente, tende verso il suo proprio posto e s'apre un varco attraverso l'acqua che è al di sopra, e si colloca sulla sua superficie.
Adesso dunque noi indaghiamo se il Creatore delle cose, il quale ha disposto ogni cosa con misura, numero e peso, ( Sap 11,21 ) ha assegnato come unico luogo proprio al peso delle acque non solo lo spazio attorno alla terra, ma anche quello al di sopra del cielo, che Egli ha steso attorno [ alla terra ] e ha stabilito saldamente oltre il limite dell'atmosfera.
Coloro che rigettano questa ipotesi, adducono la prova tratta dal peso degli elementi, affermando che il cielo al di sopra di noi non è stato per nulla stabilito tanto saldamente come una specie di soffitto da poter sostenere il peso delle acque, poiché, secondo loro, una siffatta compattezza non può averla se non la terra, e tutto ciò ch'è tale non è cielo ma terra.
Gli elementi infatti si distinguono non solo per il luogo loro proprio, ma anche per le loro proprietà, in modo da occupare anche i propri luoghi in ragione delle loro proprietà.
Così, naturalmente, l'acqua sta sulla terra; anche se si trova o scorre sotterra, come avviene nelle profondità delle grotte e delle caverne, non è tuttavia sostenuta dalla terra soprastante ma da quella sottostante.
Poiché, se dalla parte superiore [ d'una caverna ] si stacca un pezzo di terra, non rimane sulla superficie dell'acqua, ma passandovi attraverso vi si sommerge e va a finire nel fondo: arrivato là vi si posa come nel luogo suo proprio, restando l'acqua al di sopra e la terra al di sotto.
Da ciò si comprende che, anche quand'era al di sopra delle acque, quel pezzo di terra non era sostenuto dalle acque, ma dall'ammasso compatto della terra, come avviene per le volte delle caverne.
A questo punto mi si presenta alla mente di ricordare che bisogna evitare un errore che ho già ammonito di evitare nel primo libro.
Poiché sta scritto nei Salmi: [ Dio ] ha stabilito la terra sulle acque, ( Sal 136,6 ) nessuno di noi pensi di basarsi su questo testo delle Scritture per combattere coloro che ragionano con sottili disquisizioni sul peso degli elementi.
Quei tali infatti, non essendo trattenuti dall'autorevole testimonianza delle nostre Scritture e non sapendo intenderne il senso, più facilmente si prenderanno gioco dei Libri santi anziché respingere ciò che hanno compreso con sicure dimostrazioni o hanno conosciuto per via d'esperienze evidenti.
Quella frase dei Salmi può infatti essere intesa in due sensi.
Può intendersi cioè bene in senso figurato; poiché con il termine di "cielo e terra" vengono spesso denotati gli spirituali e i carnali nella Chiesa, il Salmista ha voluto mostrare che i cieli raffigurano la serena intelligenza della verità quando afferma: [ Dio ] ha creato i cieli con intelligenza; ( Sal 136,5 ) la terra invece raffigura la fede semplice dei piccoli, non quella incerta ed ingannatrice basata su opinioni menzognere, ma quella saldamente basata sull'insegnamento dei Profeti e del Vangelo e viene consolidata dal battesimo; ecco perché aggiunge: Ha stabilito la terra sull'acqua.
Oppure, se ci si vuol costringere a intendere quella frase in senso letterale, non è illogico intendere che denoti le regioni più elevate della terra - tanto dei continenti quanto delle isole che emergono al di sopra delle acque - o le stesse volte delle caverne rese stabili da una massa solida, sospesa sulle acque.
Per questo motivo nessuno può intender neppure nel senso letterale la frase: Ha stabilito la terra sulle acque, in modo da pensare che il peso delle acque sia stato posto come un basamento ordinato naturalmente a sopportare il peso della terra.
L'aria al contrario si trova al di sopra delle acque sebbene, per gli spazi più vasti da essa occupati, ricopra anche la terraferma.
Ciò si comprende considerando il fatto che un recipiente immerso [ nell'acqua ] con la bocca rivolta verso il basso non può riempirsi d'acqua: questa è una prova sufficiente che l'aria tende per sua natura verso l'alto.
Il recipiente sembra bensì vuoto ma si dimostra esser pieno d'aria quando lo s'immerge nell'acqua con la bocca rivolta verso il basso; in realtà poiché [ l'aria ] non trova una via d'uscita attraverso la parte rivolta verso l'alto e, data la sua natura, non può passare sotto l'acqua penetrandovi a forza, la respinge dal recipiente ch'è pieno e non ve la lascia entrare.
Quando invece il recipiente viene posto [ sull'acqua ] in modo d'aver l'apertura non rivolta verso il basso ma inclinata su un fianco, l'acqua entra dal di sotto mentre l'aria esce dal di sopra. Parimenti quando in un vaso diritto con la bocca rivolta verso l'alto si fa entrare l'acqua, l'aria esce verso l'alto dall'altra parte in cui non si fa entrare l'acqua e fa posto all'acqua di entrare verso il basso.
Se però il recipiente viene immerso con forza piuttosto grande in modo che le acque - entrando tutto ad un tratto di fianco a dal di sopra - coprano da ogni parte l'apertura del recipiente, l'aria che tende verso l'alto esce aprendosi un varco attraverso le acque per far loro posto nel fondo; ma nell'aprirsi il varco attraverso le acque, l'aria, uscendo da diverse parti, produce un gorgoglio nel vaso poiché non può uscire subito tutta insieme a causa della strettezza dell'apertura.
Se dunque l'aria è costretta a risalire al di sopra delle acque, riesce a fenderle anche se affluiscono in massa allorché - spinte dal suo urto - si precipitano fuori ribollendo e attraverso bolle gorgoglianti mandano fuori l'aria che si precipita verso il suo luogo naturale e dà alle acque la possibilità di cadere al fondo.
Se al contrario si pretendesse di far uscir l'aria dal recipiente sotto le acque in modo che, ritirandosi l'aria, si volesse riempire il recipiente, dalla parte della sua apertura immersa verso il basso, sarebbe più facile che il recipiente rovesciato venisse coperto da ogni parte dall'acqua anziché una gocciolina trovasse il posto per entrarvi attraverso l'apertura rivolta verso il basso.
Ora poi, chi non vede che il fuoco, lanciandosi in alto, tende ad oltrepassare perfino la stessa natura dell'aria?
Se infatti si tiene una torcia con la sua testa volta all'ingiù, la chioma della fiamma tende tuttavia verso l'alto.
A causa però della condensazione assai forte dell'aria che si stende intorno e al di sopra di essa, il fuoco spesso si spegne e, sotto la pressione d'una gran massa di questo elemento, si cambia spesso e si trasforma nella proprietà dell'aria; ecco perché non può sussistere a lungo per oltrepassare l'altezza di tutta la massa dell'aria.
Si dice perciò che il cielo è un puro fuoco al di sopra dell'aria; fuoco di cui si congettura siano costituite anche le stelle e i luminari risultanti costituiti da una massa di forma sferica e dalla natura della luce ignea distinta nelle forme che vediamo nel cielo.
Perciò, allo stesso modo che l'aria e l'acqua cedono al peso degli elementi terrestri perché possano arrivare fino alla terra, così anche l'aria cede al peso dell'acqua perché arrivi fino all'acqua o alla terra.
Da questa costatazione gli scienziati pretendono di dedurre che anche l'aria, qualora se ne potesse lanciare una particella nelle regioni più alte del cielo, ricadrebbe necessariamente a causa del suo peso fino ad arrivare alle regioni inferiori occupate dall'aria.
Concludono, per conseguenza, che tanto meno le acque possono avere un luogo al di sopra del cielo di fuoco dato che l'aria, molto più leggera dell'acqua, non può rimanere lassù.
Incalzato da siffatti argomenti, un esegeta lodevolmente s'è sforzato di dimostrare che vi sono acque al di sopra dei cieli, al fine di confermare la veridicità della Scrittura, basandosi sui fenomeni naturali visibili e manifesti.
Egli fa vedere innanzitutto - cosa ch'era assai facile - che anche l'aria della nostra atmosfera è chiamata cielo non solo nel linguaggio comune, secondo il quale chiamiamo sereno e nuvoloso il cielo, ma anche nel modo d'esprimersi ordinario delle stesse nostre Scritture come quando parlano degli uccelli del cielo, ( Mt 6,26; Sal 8,9 ) mentre è evidente che gli uccelli volano nell'aria; il Signore inoltre, parlando delle nuvole, dice: Voi siete in grado d'interpretare l'aspetto del cielo. ( Mt 16,3 )
Noi poi vediamo spesso che le nubi si addensano anche nell'aria in prossimità della terra quando esse si posano lungo i pendii dei monti in modo che spesso vengono superate dalle vette dei monti.
Dopo aver dunque dimostrato che quest'aria è chiamata cielo, egli sostiene l'opinione che è chiamata anche firmamento per la sola ragione che lo spazio occupato da essa divide alcuni vapori delle acque e le acque che scorrono più dense sulla terra.
Le nubi infatti, come sanno quanti le hanno attraversate camminando sui monti, presentano questo aspetto per il fatto di raccogliersi in massa e dell'agglomerarsi di gocce minutissime; se le nubi si condensano maggiormente in modo che più gocce assai piccole si riuniscano per formare una goccia grossa, l'aria non può trattenerla nel suo grembo ma cede al suo peso che la porta in basso: si ha così la pioggia.
Questo autore dunque, argomentando dall'aria che si trova fra i vapori umidi - con i quali si formano, al di sopra, le masse delle nubi - e i mari che si estendono al di sotto, ha voluto dimostrare che il cielo è situato tra acqua e acqua.
Questa acuta osservazione mi pare veramente degna di lode; poiché ciò ch'egli afferma non solo non è contrario alla fede, ma può esser creduto sulla base d'una prova evidente.
Si potrebbe per altro pensare che il peso naturale dei vari elementi non impedisca che anche al di sopra del cielo più alto possano esserci delle acque sotto forma di minutissime gocce, grazie alle quali esse possono stare sospese anche al di sopra dello spazio occupato dall'aria che avvolge la terra.
Quest'aria, sebbene più pesante e situata al di sotto del cielo superiore, è senza dubbio più leggera dell'acqua e tuttavia quei vapori si trovano al di sopra di quest'aria senza che il loro peso lo impedisca.
Può darsi dunque che anche al di sopra di quel cielo si stendano vapori di acqua più leggeri delle gocce più minute, il cui peso non le costringe a cadere.
Gli scienziati, infatti, mediante un sottilissimo ragionamento, dimostrano che non esiste alcun corpo, piccolo quanto si voglia, nella divisione del quale si possa mettere un limite, ma tutti i corpi sono divisibili illimitatamente, poiché ogni parte d'un corpo è anch'essa un corpo e ogni corpo è necessariamente divisibile nelle sue due metà.
Se perciò l'acqua, come noi vediamo, può ridursi in gocce tanto minute da potersi elevare in forma di vapore al di sopra dell'aria ch'è attorno a noi e che per natura è più leggera dell'acqua, perché mai non potrebbe rimanere anche al di sopra di quel cielo più leggero [ dell'aria ] trovandosi nello stato di gocce più minute e di vapori più leggeri?
Anche alcuni scrittori cristiani, in base alle proprietà e ai movimenti degli astri, si sforzano di confutare coloro i quali negano che, a causa del loro peso, le acque possano stare al di sopra del cielo stellato.
I medesimi affermano che il pianeta chiamato Saturno è assai freddo ed impiega trent'anni per compiere la sua rivoluzione percorrendo la fascia zodiacale, per il fatto che percorre un'orbita più lontana dal centro del mondo e perciò più ampia [ di quella degli altri pianeti ].
Il sole infatti compie il medesimo percorso in un anno e la luna in un mese, cioè - come affermano - in un tempo più breve quanto meno elevata è quella, in modo che lo spazio del tempo è proporzionato allo spazio percorso.
Quei nostri autori si domandano pertanto perché quel pianeta è freddo, mentre avrebbe dovuto esser tanto più caldo quanto più alto è il cielo in cui si muove.
Non v'è infatti dubbio che quando una massa sferica si muove con moto circolare, le sue parti più interne si muovono più lentamente, quelle esterne invece più velocemente in modo che ai medesimi giri il percorso delle distanze più grandi corrisponda contemporaneamente a quello delle distanze minori: ma le zone che si muovono più veloci si riscaldano, naturalmente, di più.
Ecco perché il suddetto pianeta dovrebbe essere piuttosto caldo anziché freddo.
È vero bensì ch'esso impiega trent'anni a compiere l'intera sua rivoluzione, dato il grande spazio che deve percorrere; tuttavia, poiché gira in senso contrario al moto del cielo e in modo più veloce, cosa che fa necessariamente ogni giorno - così, a quanto si dice, ogni rivoluzione del cielo corrisponde a un giorno - dovrebbe riscaldarsi di più a causa del moto celeste più rapido.
Ciò che dunque rende, senza dubbio, freddo quel pianeta è la sua vicinanza dalle acque che si trovano al di sopra del cielo, cosa questa che non vogliono riconoscere coloro dei quali ho esposto in breve le spiegazioni relative al moto del cielo e degli astri.
In base a tali congetture alcuni dei nostri studiosi s'ingegnano di controbattere coloro che rifiutano di ammettere l'esistenza di acque al di sopra del cielo e affermano che quel pianeta, il quale compie la sua rivoluzione vicino alla volta del cielo, è freddo, perché quelli siano costretti ad ammettere che le acque sono lì sospese non in virtù della leggerezza dei vapori, ma della solidità del ghiaccio.
Ad ogni modo, quale che sia la natura delle acque e la forma sotto cui esse stanno lassù, non dobbiamo dubitare affatto ch'esse ci stiano; poiché ha più valore l'autorità della sacra Scrittura che la capacità di qualsiasi ingegno umano.
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