La Genesi alla lettera |
Ma se adesso il consorzio degli angeli e quell'unico giorno [ primordiale ] creato da Dio all'origine, porta in sé e possiede tutti quei tempi in un solo istante, li ebbe forse simultanei allorché furono creati gli esseri?
Durante i sei giorni, in cui furono creati gli esseri che a Dio piacque di creare in ciascuno di quei giorni, il coro degli angeli ne aveva certamente il concetto dapprima nel Verbo di Dio perché fossero creati prima nella sua conoscenza quando veniva detto: E così fu fatto, e in seguito, quando gli esseri furono costituiti nella loro propria natura, in virtù della quale esistono, e piacquero a Dio perché sono buoni, certamente la natura angelica li veniva a conoscere di nuovo allora con una conoscenza di grado inferiore indicata con il termine "sera"; infine, terminata la sera, sorgeva di certo il mattino, quando l'angelo lodava Dio per la sua opera e dal Verbo di Dio riceveva la conoscenza di un' "altra creatura", da farsi in seguito, prima ancora d'essere fatta.
Tutti questi spazi di tempo, dunque, cioè giorno, sera e mattina, non erano simultanei ma successivi, nell'ordine ricordato dalla Scrittura.
Si deve forse pensare invece che anche allora quei tre momenti erano simultanei, poiché non risultano gli spazi temporali simili a quelli di cui risultano i nostri giorni quando il sole sorge e tramonta e torna al suo punto di partenza, per poi sorgere di nuovo, ma erano relativi al potere spirituale dell'intelletto angelico che in un solo istante afferra tutto ciò che vuole e lo conosce senza alcuna difficoltà?
Non per questo tuttavia detta conoscenza avviene senza l'ordine dal quale appare la connessione delle cause antecedenti con le conseguenti.
In realtà non può darsi alcuna conoscenza se non ci sono già gli oggetti da conoscere e questi esistono nel Verbo, per mezzo del quale tutto è stato creato, prima di esistere in tutti gli esseri che sono stati fatti.
L'intelligenza umana percepisce quindi prima le creature con i sensi del corpo e se ne forma un concetto secondo la capacità dell'umana debolezza, e dopo ne ricerca le cause per quanto può arrivare ad esse che risiedono originariamente e immutabilmente nel Verbo di Dio e in tal modo arrivare a vedere con l'intelletto le invisibili perfezioni di Dio nelle opere da Lui compiute. ( Rm 1,20 )
Con quanta lentezza e difficoltà vi riesca e con quanto tempo a causa del corpo corruttibile che aggrava l'anima, ( Sap 9,15 ) anche se è trascinata dal più ardente desiderio a far ciò con insistenza e con perseveranza, chi l'ignora?
L'intelligenza angelica, al contrario, essendo unita al Verbo di Dio in virtù di pura carità, dopo essere stata creata secondo la gerarchia per cui doveva precedere tutte le altre creature, vide nel Verbo di Dio le cose, che dovevano essere create, prima che fossero create; in questo modo le cose furono fatte originariamente nella conoscenza angelica allorché Dio ordinò ch'esistessero, prima che fossero costituite nella loro propria natura; appena fatte l'angelo le conobbe ugualmente anche in se stesse, per mezzo d'una conoscenza certamente inferiore chiamata "sera".
Anteriori a questa conoscenza già esistevano sicuramente le cose già create, poiché tutto ciò che può esser conosciuto è anteriore alla conoscenza [ che se ne può avere ]; se infatti non esiste già l'oggetto da conoscersi, esso non può esser conosciuto.
Se però, dopo quella conoscenza, lo spirito angelico avesse provato piacere più in se stesso che nel Creatore, non vi sarebbe stato il mattino, cioè quello spirito non si sarebbe elevato dalla sua conoscenza a glorificare il Creatore.
Ma quando venne il mattino, doveva essere creata e conosciuta una nuova creatura allorché Dio disse: Vi sia … affinché di nuovo quella creatura fosse prodotta dapprima nella conoscenza dell'intelletto angelico e di nuovo potesse esser detto: E così fu fatto, e in seguito la creatura fosse costituita nella propria natura e l'angelo la conoscesse nella "sera" che seguì.
Ecco perché, sebbene non vi siano intervalli di tempo [ in quel processo ], tuttavia preesisteva già nel Verbo di Dio la ragione secondo la quale doveva esser fatta la creatura, allorché Dio disse: Vi sia la luce, e immediatamente apparve la luce mediante la quale fu formato e creato lo spirito angelico nella sua propria natura, ma l'essere di quella luce non fu l'effetto di qualche altra causa né fu creato altrove.
La Scrittura perciò non dice prima: E così avvenne, e poi aggiunge: "E Dio creò la luce", ma immediatamente dopo essere stata pronunciata la parola di Dio, fu creata la luce, e la luce creata aderì alla Luce creatrice, Dio, vedendo Lui e se stessa in Lui, vedendo cioè la ragione in virtù della quale essa fu creata.
Vide anche se stessa in se medesima cioè nella differenza esistente tra l'essere creato e il Creatore.
Quando perciò Dio vide la sua opera essere buona e se ne compiacque, e dopo che la luce fu divisa dalle tenebre e la luce fu chiamata "giorno" e le tenebre "notte", seguì anche la "sera", essendo anch'essa una conoscenza necessaria perché la creatura si distinguesse dal Creatore, conoscendosi in se stessa diversamente che in Lui.
Seguì poi il mattino perché avvenisse la conoscenza precedente di un'altra creatura che doveva esser creata dal Verbo di Dio, prima nella conoscenza dello spirito angelico e poi nella natura propria del firmamento.
Ecco perché disse Dio: Vi sia il firmamento. E così avvenne ( Gen 1,7 ) nella conoscenza della creatura spirituale che lo conobbe prima che fosse creato in se stesso.
Di poi Dio fece il firmamento, cioè fece la natura del firmamento, la cui conoscenza meno perfetta fu - diciamo così - vespertina.
E così avvenne sino alla fine di tutte le opere e fino al riposo di Dio, che non ha sera poiché non fu fatto come una creatura da poter essere oggetto d'una duplice conoscenza, e cioè una, per così dire, anteriore e più perfetta nel Verbo di Dio, paragonabile alla conoscenza nel giorno, e una conoscenza successiva e meno perfetta dello stesso riposo, paragonabile alla conoscenza nella sera.
Ma se l'intelletto può afferrare simultaneamente tutte le cose che la Scrittura narra separatamente ad una ad una in base all'ordine delle cause connesse tra loro, possiamo chiederci: furono forse fatte simultaneamente anche tutte le cose, come il firmamento, l'ammassarsi delle acque in un sol luogo, l'apparire della terraferma, il germinare degli alberi e dei frutti, la formazione dei luminari del cielo e delle stelle, gli animali acquatici e terrestri?
Tutte le cose non furono piuttosto create a intervalli di tempo ciascuna in un giorno fissato?
O dobbiamo forse immaginare che la costituzione delle cose nella loro origine primordiale sia avvenuta non secondo l'esperienza che noi abbiamo dei loro movimenti naturali, ma secondo il mirabile e ineffabile potere della Sapienza di Dio che si estende con forza da un'estremità all'altra del mondo e governa con bontà ogni cosa? ( Sap 8,1 )
Infatti l'estendersi della Sapienza non è graduale né arriva - diciamo così - per passi successivi.
Ecco perché quanto facile è per la Sapienza effettuare il suo movimento nella misura più efficace, altrettanto facile fu per Dio creare tutte le cose, poiché queste furono create per mezzo di essa; di conseguenza, se noi adesso vediamo le creature muoversi attraverso vari periodi di tempo per compiere le azioni proprie della natura di ciascuna di esse, ciò deriva dalle ragioni [ causali ] che Dio ha inserito in esse e che ha sparso a guida di semi nell'istante della creazione, quando disse e le cose furono fatte, comandò e le cose furono create. ( Sal 33,9 )
La creazione pertanto non avvenne lentamente affinché nelle creature, che sono lente per loro natura, potesse inserirsi un lento sviluppo né i secoli furono creati nello spazio di tempo con cui essi trascorrono.
I tempi infatti conducono a termine le potenzialità relative allo sviluppo degli esseri in loro inserite quando furono creati in un attimo senza tempo.
In caso contrario, se pensassimo che quando le cose furono create all'origine dal Verbo di Dio, i loro movimenti naturali e l'abituale durata dei giorni fossero come quelli che noi conosciamo, ci sarebbe stato bisogno non d'un solo giorno, ma di più giorni perché le piante, che si sviluppano dalle radici e rivestono la terra, germogliassero prima sotterra e poi spuntassero verso l'alto dopo un determinato numero di giorni, ciascuna secondo la sua specie.
Dovremmo inoltre supporre che ciò fosse un processo continuo anche se la Scrittura narra la creazione della loro natura come avvenuta in un sol giorno, cioè nel terzo giorno.
E poi quanti giorni sarebbero occorsi perché gli uccelli volassero se, venendo alla luce da un proprio germe primordiale, arrivarono a rivestirsi di piume e di penne seguendo i ritmi propri della loro natura?
Si può forse dire ch'erano state create solo le uova quando la Scrittura dice che al quinto giorno le acque produssero ogni volatile alato secondo la sua specie?
Oppure, se ciò potesse esser detto ragionevolmente, poiché nella sostanza liquida delle uova c'erano già tutti gli elementi che in un determinato numero di giorni si organizzano e si sviluppano in un certo modo - dato che v'erano già le stesse ragioni [ seminali ] determinanti il ritmo di sviluppo intimamente inserite in modo incorporeo negli esseri corporei -, perché non sarebbe giusto dire la stessa cosa anche prima che esistessero le uova, poiché nell'elemento liquido sarebbero già state prodotte le stesse ragioni [ seminali ] grazie alle quali gli uccelli sarebbero potuti nascere e arrivare al completo sviluppo nello spazio di tempo richiesto per ciascuna specie?
La Scrittura infatti, a proposito del medesimo Creatore, del quale narra che terminò tutte le sue opere in sei giorni, in un altro passo, non contrastante con questo, dice che creò tutte le cose nello stesso tempo.
Per conseguenza Colui che tutte le cose creò nello stesso tempo ( Sir 18,1 ) anche simultaneamente fece questi sei o sette giorni o, per meglio dire, l'unico giorno ripetuto sei o sette volte.
Che bisogno c'era dunque d'enumerare questi sei giorni in modo tanto preciso e ordinato?
Sicuro: era necessario poiché quelli che non possono comprendere l'asserzione della Scrittura: [ Dio ] creò tutto nello stesso tempo, ( Sir 18,1 ) non potrebbero arrivare allo scopo a cui li conduce il racconto se questo non procedesse seguendo la lentezza dei loro passi.
Come mai, dunque, diciamo che la presenza di quella luce fu ripetuta sei volte dalla sera al mattino nella conoscenza angelica, dal momento che le sarebbe stato sufficiente avere una sola volta simultaneamente gli stessi tre momenti di conoscenza, cioè il giorno, la sera e il mattino?
Poiché, allo stesso modo che tutto l'universo fu creato nello stesso tempo, così anche all'angelo sarebbe bastato contemplarlo nello stesso tempo osservando il giorno nelle primordiali e immutabili ragioni causali, in base alle quali fu creato e osservando la sera conoscerlo nella sua propria natura e osservando il mattino elevarsi dalla stessa conoscenza inferiore e glorificare il Creatore.
Oppure in qual modo precedeva il mattino per mezzo del quale la natura angelica conosceva nel Verbo ciò che Dio doveva creare per conoscere la stessa cosa anche in seguito nella sera se nulla fu creato "prima" e "dopo", poiché ogni cosa fu creata nello stesso tempo?
Ma in realtà non solo le opere ricordate nel racconto [ della creazione ] furono fatte "prima" e "dopo" durante i sei giorni, ma ogni cosa fu creata anche simultaneamente, poiché è verace non solo il testo della Scrittura che narra le opere di Dio durante i suddetti giorni, ma anche quello che afferma che Dio creò tutte le cose nello stesso tempo e ambedue i passi sono l'unica e medesima Scrittura, poiché essa fu composta sotto l'ispirazione dell'unico e medesimo Spirito di verità.
Ma a proposito di questi avvenimenti, in cui il "prima" e il "poi" non ci vengono mostrati da intervalli di tempo, sebbene si possa parlare tanto di simultaneità che di "prima" e di "poi", tuttavia è più facile capirli parlando di simultaneità anziché di "prima" e di "poi".
Quando per esempio noi vediamo il sole che sorge, è senza dubbio evidente che la nostra vista non potrebbe arrivare fino ad esso senza attraversare tutto lo spazio interposto tra noi ed esso dall'atmosfera e dal cielo.
Ma chi sarebbe capace di calcolarne la distanza? Nemmeno la nostra vista o il raggio dei nostri occhi arriverebbe di certo ad attraversare l'atmosfera che sta al di sopra del mare, se prima non attraversasse quella che sta al di sopra della terra da un punto qualunque dell'entroterra in cui ci troviamo fino alla spiaggia del mare.
Se poi nella medesima linea della nostra vista vi sono altre terre di là dal mare, la nostra vista non può oltrepassare nemmeno l'aria che si estende su quelle terre situate di là dal mare senza percorrere prima tutta l'estensione dell'atmosfera che sta al di sopra del mare che s'incontra dapprima.
Supponiamo ora che, di là da quelle terre d'oltremare non ci sia altro che l'oceano; potrebbe la nostra vista attraversare anche l'atmosfera che si estende al di sopra dell'oceano senza prima attraversare tutta l'atmosfera che si trova al di sopra delle terre situate di qua dall'oceano?
L'oceano poi, a quanto si dice ha un'estensione immensa, ma per quanto grande possa essere, è necessario che il raggio dei nostri occhi attraversi prima tutta l'atmosfera, che si trova al di sopra dell'oceano, e poi tutta quell'altra, ch'è di là dall'oceano, e poi alla fine arrivi al sole che noi vediamo.
Orbene, per il fatto che abbiamo usato qui tante volte i termini "prima" e "dopo", non è forse vero che la nostra vista attraversa in un istante allo stesso tempo tutti quegli spazi?
Se infatti ci mettessimo a occhi chiusi in faccia al sole con l'intenzione di vederlo, non crederemmo forse, appena riapertili, d'aver trovato il nostro sguardo nel sole prima ancora d'averlo fatto arrivare fino ad esso?
In tal modo ci sembrerà che i nostri occhi non si siano ancora aperti che già lo sguardo è arrivato al punto cui tendeva! Ora è certo che questo raggio che si sprigiona dai nostri occhi è un raggio di luce fisica e raggiunge gli oggetti posti tanto lontani con tanta rapidità che non si può né calcolare né paragonare.
È dunque evidente che tutte quelle estensioni tanto vaste e immense sono attraversate simultaneamente in un istante, ma non è meno evidente che se ne attraversa prima uno e poi un altro.
Con ragione l'Apostolo, volendo esprimere la rapidità della nostra risurrezione, dice che avverrà in un batter d'occhio. ( 1 Cor 15,52 )
Nulla di più rapido può trovarsi tra i movimenti o gli impulsi dei corpi.
Ma se la vista dei nostri occhi carnali è capace d'una siffatta rapidità, di che cosa non è capace la vista dell'intelligenza, anche di quella umana?
A più forte ragione di che non è capace la vista dell'intelligenza angelica?
Che dire allora della rapidità della suprema Sapienza di Dio, che arriva dappertutto grazie alla sua purezza, poiché nulla di contaminato vi s'infiltra? ( Sap 7,24 )
Ecco perché, riguardo alle cose che furono create simultaneamente, nessuno vede che cosa si sarebbe dovuto fare "prima" o "poi" se non lo scopre nella Sapienza, per mezzo della quale sono state create tutte le cose simultaneamente nell'ordine prestabilito.
Se dunque il "giorno" creato da Dio all'origine è la creatura spirituale e razionale, cioè quella degli angeli dei cieli più alti e delle Potenze, esso fu fatto presente a tutte le opere di Dio [ perché le vedesse ] secondo un ordine di presenza uguale all'ordine della conoscenza.
Grazie a questa conoscenza l'angelo da una parte conobbe precedentemente nel Verbo di Dio le creature da fare e dall'altra conobbe in se stesse quelle già fatte, ma ciò non avvenne attraverso una successione d'intervalli di tempo, ma "prima" e "dopo", solo in relazione alle singole creature, sebbene tutto sia simultaneo nell'atto creativo dell'Onnipotente.
Poiché le creature destinate ad esistere nel futuro Dio le fece in modo da non essere lui stesso soggetto al tempo mentre faceva le cose temporali; ma egli fece i tempi che sarebbero dovuti scorrere.
Così dunque i sette giorni della nostra settimana, spiegati e ripiegati dalla luce d'un corpo celeste nel suo percorso, sono come un segno allegorico che ci esorta a indagare sui giorni in cui la luce spirituale creata poté esser fatta presente a tutte le opere di Dio ordinate secondo la perfezione del numero sei.
Che poi al settimo giorno il riposo di Dio ebbe il mattino ma non la sera, ciò non vuol dire che il riposo del settimo giorno significhi che Dio avesse bisogno del settimo giorno per riposarsi ma che Dio si riposò alla presenza degli angeli da tutte le sue opere solo nel proprio essere increato.
Ciò vuol dire che la sua creatura angelica - la quale conoscendo le opere di Dio in Lui stesso e in se stesse, fu resa presente ad esse come un giorno seguito dalla sera - dopo tutte le opere molto buone di Lui non conobbe nulla di meglio di Lui che si riposa in se stesso da tutte le sue opere, non avendo bisogno di nessuna di esse per essere più felice.
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