La Genesi alla lettera |
Ma possiamo porci senza dubbio - anche per l'imbarazzo causato da una doverosa riflessione - il quesito in qual senso intendere che Dio si riposò in se stesso da tutte le opere che aveva compiute, dal momento che sta scritto: E Dio si riposò nel settimo giorno. ( Gen 2,2 )
Poiché la Scrittura non dice: "in se stesso", ma solo: nel settimo giorno.
Che cos'è dunque questo settimo giorno? È una creatura o solo uno spazio di tempo?
Ma anche uno spazio di tempo è concreato insieme con la creatura temporale e perciò anch'esso è senza dubbio una creatura.
Poiché non c'è e non avrebbe potuto esserci stato né potrà esserci alcuno spazio di tempo del quale Dio non sia il creatore.
Se dunque anche questo settimo giorno è uno spazio di tempo, chi lo creò se non il Creatore di tutti i tempi?
D'altra parte il precedente testo della sacra Scrittura mostra chiaramente con quali o in rapporto a quali creature furono creati quei sei giorni.
Per quanto riguarda quindi questi sette giorni della nostra settimana, dei quali ci è familiare la natura, essi in realtà trascorrono ma in certo qual modo trasmettono i loro nomi agli altri giorni che loro succedono affinché quei sei giorni possano avere un nome; noi sappiamo - è vero - quando furono creati i primi sei di essi, ma il settimo giorno, chiamato con il nome di sabato, noi non vediamo quando Dio lo creò.
Nel settimo giorno infatti Dio non creò nulla, anzi in quel medesimo giorno si riposò dalle opere ch'egli aveva compiute nei sei giorni precedenti.
In qual modo si riposò, dunque, in un giorno ch'egli non aveva creato?
Oppure, in qual modo lo creò subito dopo quei sei giorni, dal momento che nel sesto giorno terminò tutto ciò che aveva creato e nel settimo giorno non creò nulla, ma al contrario in quel giorno si riposò da tutte le opere che aveva fatte?
Creò forse Dio un solo giorno, la cui ripetizione producesse molti altri periodi di tempo chiamati giorni che passano e trascorrono, e non c'era bisogno che creasse il settimo giorno, dato che questo non era che la settima ripetizione del giorno che aveva creato?
In realtà la luce, di cui sta scritto: E Dio disse: Vi sia la luce. E la luce fu fatta, ( Gen 1,3 ) Dio la separò dalle tenebre e chiamò "giorno" la luce e "notte" le tenebre.
Fu dunque allora che Dio creò il giorno, la cui ripetizione è chiamata dalla Scrittura "secondo giorno", poi "terzo" e così di seguito fino al "sesto", in cui Dio terminò le sue opere, e così poi la settima ripetizione del giorno creato per primo fu chiamato il "settimo" giorno in cui Dio si riposò.
Per conseguenza il settimo giorno non è una creatura se non nel senso ch'esso è il settimo ritorno del medesimo giorno creato quando Dio chiamò "giorno" la luce e "notte" le tenebre.
Ricadiamo dunque nella difficoltà dalla quale ci sembrava d'essere usciti nel primo libro, e perciò dobbiamo domandarci ancora una volta in qual modo la luce potesse compiere i suoi percorsi circolari per produrre l'alternarsi del giorno e della notte non solo prima che fossero creati gli astri del cielo, ma anche prima che fosse creato lo stesso cielo chiamato firmamento, prima infine che apparisse alcuna forma visibile di terra o di mare che permettesse il ritorno circolare della luce con il succedere della notte là d'onde essa fosse sparita.
Pressati dalla difficoltà di questo problema c'eravamo arrischiati di concludere la nostra discussione - diciamo così - avanzando l'opinione che la luce creata all'origine sarebbe la formazione della creatura spirituale; la notte al contrario sarebbe la materia ancor da formare nelle restanti opere della creazione, materia già creata allorché Dio in principio fece il cielo e la terra prima di fare il giorno per mezzo del suo Verbo.
Ora però, considerate le riflessioni fatte riguardo al settimo giorno, è preferibile confessare che noi ignoriamo realtà molto lontane dai nostri sensi.
Se la luce, chiamata "giorno", è una luce materiale, in qual modo produce continuamente la successione dei giorni e delle notti?
Con il suo percorso circolare o con la sua contrazione ed emissione?
Se invece è spirituale, in qual modo è stata presentata alla creazione di tutti gli esseri in modo da produrre il giorno con la sua stessa presenza e al contrario la notte con la sua assenza, la sera con l'inizio della sua assenza e il mattino con l'inizio della sua presenza?
Noi preferiamo dunque confessare la nostra ignoranza su questo punto anziché pretendere d'andare contro le parole della sacra Scrittura in un punto manifesto dicendo che il settimo giorno è qualcosa di diverso dalla settima ripetizione del giorno creato da Dio.
In caso diverso dovremmo dire che Dio non creò il settimo giorno o creò qualcos'altro dopo quei sei giorni, e cioè proprio il settimo giorno; e allora sarebbe falso quanto dice la Scrittura, che cioè Dio terminò tutte le sue opere il sesto giorno e il settimo si riposò da tutte le sue opere.
Ma poiché ciò non può, certamente, essere falso, si deve concludere che la presenza di quella luce, che Dio fece "giorno", si ripeté nel caso della creazione ogni qual volta è nominato un "giorno" e anche nel settimo "giorno" nel quale Dio si riposò da tutte le sue opere.
Ma poiché noi non sappiamo con qual percorso circolare o con qual progresso e regresso la luce materiale poteva produrre l'alternarsi del giorno e della notte prima della creazione del cielo chiamato firmamento, nel quale furono creati anche gli astri, non dobbiamo abbandonare la questione senza esporre una nostra opinione.
Se quella luce, creata al principio [ della creazione ], non è materiale ma spirituale, essa allora fu creata dopo le tenebre, nel senso che da uno stato informe raggiunse la propria formazione essendosi volta verso il suo Creatore; così pure il mattino è fatto dopo la sera quando, dopo aver conosciuto la propria natura per cui una cosa è diversa da Dio, si riporta a glorificare la Luce, ch'è Dio in persona, nella cui contemplazione essa viene formata.
E poiché le altre creature, che sono ad essa inferiori, non sono create senza ch'essa ne abbia conoscenza, è certamente per questo che l'unico e medesimo giorno è ripetuto ogni volta; per conseguenza con la sua ripetizione ricorrono tanti giorni quante sono le diverse specie di creature, il cui compimento sarebbe simboleggiato dal numero sei.
La sera del primo giorno sarebbe la conoscenza che quella luce ha pure di sé, d'essere cioè un essere diverso da Dio; il mattino successivo alla sera, con cui si conclude il primo giorno ed inizia il secondo, sarebbe invece la conversione della creatura spirituale per riferire alla gloria del Creatore il dono d'essere stata fatta e ricevere dal Verbo di Dio la conoscenza della creatura che viene dopo di lei, cioè il firmamento.
Questo è fatto dapprima nella conoscenza di quella luce quando la Scrittura dice: E così avvenne e di poi è creato nella natura dello stesso firmamento prodotto quando la Scrittura, dopo aver già detto: E così avvenne, aggiunge: E Dio creò il firmamento. ( Gen 1,7 )
In seguito c'è la sera della luce spirituale, quando essa conosce il firmamento stesso non già nel Verbo di Dio come prima, bensì nella sua propria natura; questa natura, essendo inferiore, è giustamente denotata con il termine "sera".
Viene dopo il mattino che conclude il secondo giorno e comincia il terzo.
Anche in questo mattino la luce, ossia il giorno, si volge a lodare Dio per aver creato il firmamento e per ricevere dal Verbo la conoscenza della creatura che dev'essere creata dopo il firmamento.
Ecco perché quando Dio dice: L'acqua che è sotto il cielo si ammassi in un sol luogo e appaia l'asciutto, ( Gen 1,9 ) quella luce conosce questa creazione grazie al Verbo di Dio, dal quale è proferita quella frase e perciò la Scrittura aggiunge: E così avvenne, cioè nella conoscenza che quella luce ne ha dal Verbo di Dio.
In seguito, quando la Scrittura aggiunge: E l'acqua si ammassò ( Gen 1,10 ) ecc., dopo aver detto già: E così avvenne, è fatta la creatura stessa nella sua propria specie.
Ugualmente quando questa stessa creatura già fatta viene conosciuta da quella luce che ne aveva avuto conoscenza dal Verbo di Dio come un essere da creare, viene la sera per la terza volta, e così di seguito si susseguono le altre creazioni fino al mattino successivo alla sera del sesto giorno.
C'è senza dubbio una gran differenza tra la conoscenza di qualunque essere nel Verbo di Dio e la conoscenza dello stesso essere nella sua propria natura, al punto che l'una può esser paragonata giustamente al giorno e l'altra alla notte.
Poiché, a paragone della luce contemplata nel Verbo di Dio, ogni conoscenza, in virtù della quale conosciamo qualunque creatura in se stessa, può con ragione chiamarsi notte; questa conoscenza, d'altra parte, dall'errore o dall'ignoranza, di coloro che non conoscono neppure la creatura in se stessa, differisce tanto che, a paragone di quell'altra, non è illogico chiamarla giorno.
Allo stesso modo la vita che i fedeli conducono in questa nostra carne e in questo mondo, a paragone della vita degli infedeli e degli empi, non senza ragione è chiamata luce e giorno, conforme all'affermazione dell'Apostolo che dice: Un tempo voi eravate tenebre, ora invece siete luce nel Signore, ( Ef 5,8 ) e ancora: Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce in modo da comportarci onestamente come in pieno giorno. ( Rm 13,12-13 )
Tuttavia se questo giorno non fosse anch'esso come una notte a paragone del giorno in cui, divenuti uguali agli angeli, vedremo Dio com'è realmente, in questa vita non avremmo bisogno della lampada della profezia, di cui l'apostolo Pietro dice: Noi abbiamo la saldissima parola dei Profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione come a una lampada che illumina un luogo oscuro finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori. ( 2 Pt 1,19 )
Dalle precedenti considerazioni deriva quanto segue: gli angeli santi, ai quali saremo uguali dopo la risurrezione, ( Mt 22,30 ) se seguiremo fino alla fine la via - cioè il Cristo che s'è fatto via per noi - contemplano sempre il volto di Dio e godono del Verbo, suo unico Figlio in quanto è uguale al Padre; inoltre in essi fu creata, prima di tutte le creature, la sapienza; ecco perché senza dubbio conoscono tutto il mondo creato - in cui proprio essi sono i primi esseri creati - dapprima nel Verbo di Dio, in cui sono le ragioni eterne di tutte le cose create - anche di quelle temporali - come in Colui per mezzo del quale sono state create tutte le cose; essi poi hanno questa conoscenza nella stessa creazione, ch'essi conoscono guardandola nel Verbo, nella cui verità immutabile vedono, come esseri creati al principio, le ragioni in base alle quali è stata fatta una creatura.
Nel primo caso dunque gli angeli vedono la creazione - per così dire - nel giorno, per la qual cosa anche la loro perfetta unità, in virtù della loro partecipazione alla Verità stessa, è il giorno creato per primo; nel secondo caso invece la vedono - per così dire - nella sera; ma viene subito il mattino - cosa che si può osservare per ognuno dei sei giorni - poiché la conoscenza degli angeli non si ferma nell'essere creato ma lo riferisce subito alla gloria e all'amore soprannaturale di Colui nel quale la creatura è conosciuta non come fatta ma come avrebbe dovuto essere fatta.
Gli angeli sono il giorno rimanendo in questa Verità.
Poiché se la creatura angelica si volgesse anche verso se stessa e si compiacesse più di sé che di Colui, la partecipazione con il quale forma la sua beatitudine, gonfiandosi di superbia, cadrebbe come il diavolo, del quale dovrà parlarsi a suo tempo, allorché dovremo spiegare in qual modo il serpente sedusse l'uomo.
Gli angeli dunque conoscono - è vero - le creature nelle creature stesse, ma per loro libera scelta e predilezione preferiscono a siffatta conoscenza quella che hanno nella Verità, per mezzo della quale tutto è stato fatto e della quale sono partecipi.
Ecco perché durante tutti i sei giorni [ della creazione ] non si parla di notte ma del primo giorno dopo una sera e un mattino; ugualmente si parla del secondo giorno dopo una sera e un mattino; in seguito, dopo una sera e un mattino, si parla del terzo giorno e così di seguito fino al mattino del sesto giorno, dopo il quale viene il settimo, giorno del riposo di Dio.
Sebbene i giorni avessero le loro notti, tuttavia il racconto [ della Scrittura ] non parla delle notti, poiché la notte appartiene al giorno e non il giorno alla notte, quando i santi angeli del cielo riferiscono la conoscenza delle creature, da essi percepita nelle creature stesse, alla gloria e all'amore di Colui nel quale contemplano le ragioni eterne secondo le quali furono create; in virtù di questa contemplazione assolutamente unanime essi sono l'unico "giorno creato da Dio", al quale parteciperà anche la Chiesa una volta liberatasi dal peregrinare su questa terra, affinché possiamo esultare e rallegrarci in esso. ( Sal 118,24 )
Dopo che, dunque, questo giorno - la cui sera e mattino possono essere intesi nel senso già detto -, fu ripetuto sei volte, fu terminata tutta quanta la creazione e venne il mattino che compì il sesto giorno, dopo di che cominciò il settimo destinato a non aver sera perché il riposo di Dio non è una creatura.
Allorché, durante tutti gli altri giorni [ precedenti ] venivano fatte le creature, queste una volta fatte venivano conosciute [ dagli angeli ] in se stesse in modo diverso da come erano conosciute in Colui, nella Verità del quale erano viste come dovevano esser fatte; questa conoscenza essendo - se così posso esprimermi - uno sbiadito aspetto della loro natura, costituiva la sera.
Per conseguenza in questo racconto della creazione non si deve intendere più come "giorno" la formazione dell'opera stessa né come "sera" il suo compimento, né come "mattino" l'inizio d'un'opera nuova; altrimenti noi saremmo costretti ad affermare, contro la Scrittura, che oltre alle opere dei sei giorni fu fatta la creatura del settimo giorno oppure che lo stesso settimo giorno non è una creatura, mentre il giorno che fece Dio è lo stesso che si ripete in relazione alle opere create da Dio: questa ripetizione avviene non in base ad un percorso materiale ma alla conoscenza spirituale, quando il beato consorzio degli angeli contempla anzitutto la creatura nel Verbo di Dio, cioè nell'ordine espresso dalla Scrittura con la parola: Sia, e perciò la creatura è prodotta nella conoscenza degli angeli quando la Scrittura dice: E così fu fatto, e poi gli angeli conoscono lo stesso essere creato in se stesso - il che è simboleggiato dalla sera ch'era sopraggiunta -, e in seguito riferiscono la conoscenza dell'essere già creato a lode della Verità, in cui avevano visto la ragione dell'opera dal fare - cosa ch'è simboleggiata dal mattino sopravveniente.
Pertanto, nel succedersi di tutti quei giorni v'è un giorno solo, da non concepirsi come siamo soliti concepire i nostri giorni che vediamo calcolati e contati in base al percorso del sole ma secondo un certo altro modo d'essere, applicabile anche ai tre giorni menzionati prima della creazione degli astri del cielo.
Questa natura speciale del "giorno" si estese non solo fino al quarto "giorno" a partire dal quale potremmo immaginare gli altri come quelli attuali, ma si prolungò fino al sesto e al settimo giorno. Per conseguenza il "giorno" e la "notte" che Dio distinse tra loro bisogna intenderli in modo del tutto diverso dal nostro "giorno" e dalla nostra "notte" che, secondo la sua parola, dovevano essere distinti dagli astri del cielo ch'egli aveva creati allorché disse: Distinguano il giorno e la notte. ( Gen 1,14 )
Fu allora in realtà ch'Egli creò il giorno attuale, quando creò il sole, la cui presenza produce il giorno stesso, mentre il "giorno" creato all'origine delle cose si era già ripetuto tre altre volte quando, al suo quarto ripetersi, furono creati questi corpi luminosi del firmamento.
Data la nostra condizione di esseri mortali e terreni noi non possiamo avere né esperienza, né un concetto del [ l'unico ] giorno originario o di altri giorni [ della creazione ] contati in base al ripetersi di quello, anche se potessimo sforzarci di farcene un'idea.
Per questo non dobbiamo precipitarci ad avanzare un'opinione più conforme alla realtà e più plausibile.
Dobbiamo dunque credere che questi nostri sette giorni che, sul modello di quelli [ della creazione ], formano la settimana - attraverso il cui corso e ritorno trascorrono i tempi e nella quale ogni singolo giorno è formato dal percorso del sole dal suo sorgere a quello successivo - mostrano in un certo senso la successione dei giorni [ della creazione ], ma non dobbiamo avere il minimo dubbio ch'essi non sono simili a quelli, bensì molto diversi.
Quanto ho detto sia della luce spirituale, sia del giorno creato nella creatura spirituale e angelica, sia della contemplazione ch'essa ha nel Verbo di Dio, sia della conoscenza con cui conosce le creature in se stesse, sia infine del suo riferirle alla lode dell'immutabile Verità, in cui essa vedeva la ragione degli esseri da creare prima di conoscerli dopo essere stati creati, nessuno deve credere che sia applicabile a spiegare il "giorno" e la "sera" e il "mattino" in senso non già proprio ma solo in un senso - per così dire - figurato ed allegorico.
È vero ch'essi sono interpretati in un senso diverso da quello che siamo soliti osservare ogni giorno nell'avvicendarsi di questa nostra luce materiale, ma non è vero che quaggiù la luce sia intesa in un senso figurato.
Dove infatti la luce è più eccellente e più vera, ivi anche il giorno esiste in un senso più vero.
Perché dunque il giorno non dovrebbe avere anche una sera e un mattino più veri?
Se infatti nei giorni di quaggiù la luce ha un certo suo declino verso il tramonto, che noi chiamiamo sera e un suo ritorno a sorgere, che noi chiamiamo mattino, perché mai anche a proposito dei giorni della Genesi non dovremmo chiamare "sera" quando [ lo spirito ] dalla contemplazione del Creatore scende a guardare la creatura, e "mattino" quando dalla conoscenza della creatura s'innalza alla lode del Creatore?
Neppure Cristo, infatti, è chiamato "luce", ( Gv 8,12 ) allo stesso modo ch'è chiamato "pietra". ( At 4,11 )
Egli è "luce" nel senso proprio, "pietra" invece in un senso figurato.
Se dunque uno non accetta l'interpretazione che secondo la nostra capacità abbiamo potuto scoprire o congetturare ma, a proposito della successione ricorrente di quei "giorni", cerca un'altra interpretazione capace di far capire meglio ciò che attiene alla creazione degli esseri, non già nel senso profetico e figurato, ma in senso proprio, la cerchi pure e riesca a trovarla con l'aiuto di Dio.
Può darsi infatti che trovi anch'io un'altra spiegazione forse più appropriata a quelle parole della Scrittura.
Poiché questa mia interpretazione io non la difendo in modo talmente fermo da sostenere che non se ne possa trovare un'altra che si debba preferire, sebbene io sostenga fermamente che la sacra Scrittura non ha voluto rivelarci che il riposo di Dio fosse dovuto alla stanchezza o alla pena sofferta nell'occupazione.
Qualcuno quindi potrebbe forse sostenere un'opinione in contrasto con la mia con altri argomenti e così affermare che gli angeli dei cieli più alti non contemplano prima le ragioni delle creature esistenti immutabilmente nell'immutabile verità del Verbo di Dio e poi le creature nella loro esistenza e in un terzo momento riferiscono la loro conoscenza delle creature in se stesse a lode del Creatore, ma che il loro spirito può fare tutto ciò in un solo istante con una straordinaria facilità.
Potrà forse dire tuttavia - e se lo dirà, dovremo forse dargli ascolto? - che le migliaia di angeli della città celeste non contemplano l'eternità del Creatore o ignorano la mutabilità delle creature, oppure che dalla loro conoscenza di grado inferiore non si elevano a lodare il Creatore?
Tutto ciò gli angeli potrebbero farlo e lo farebbero attualmente, e in realtà lo possono fare e lo fanno.
Nello stesso istante dunque è per essi giorno, sera e mattina.
Non si deve infatti temere che uno, già capace di comprendere queste realtà, pensi per caso che questa simultaneità non possa aver luogo lassù, sotto il pretesto che ciò è impossibile si avveri nei giorni del mondo di quaggiù che sono effettuati dal percorso del sole che noi vediamo.
Questa simultaneità non è certamente possibile in uno stesso punto della terra; chi però, volendo riflettere attentamente, non vedrebbe che il mondo nel suo insieme ha simultaneamente il giorno là dov'è il sole e la notte dove il sole non c'è, la sera dove esso tramonta e il mattino ove si presenta?
D'accordo: sulla terra non possiamo di certo avere questi avvicendamenti simultanei ma non per questo dobbiamo tuttavia paragonare questa nostra condizione terrena e il percorso circolare della luce materiale nel tempo e nello spazio con quella della patria spirituale, dov'è sempre giorno per la contemplazione dell'immutabile verità, sempre sera per la conoscenza della creatura considerata in se stessa, e sempre mattina per il fatto di risalire da quella conoscenza al fine di glorificare il Creatore.
Lassù infatti a produrre la sera non è il ritirarsi della luce superiore ma la diversità che distingue la conoscenza inferiore [ da quella superiore ]; il mattino inoltre non viene perché la conoscenza mattinale succede alla notte dell'ignoranza ma perché anche la conoscenza vesperale s'innalza a glorificare il Creatore.
Infine anche il Salmista, senza menzionare la notte, dice: Alla sera, al mattino, a mezzogiorno io racconterò, annuncerò, e tu ascolterai la mia voce; ( Sal 55,18 ) forse in questo passo egli ha in mente le vicissitudini del tempo, ma tuttavia io penso che voglia anche indicare la vita che sarà immune dalle vicissitudini del tempo nella patria [celeste] a cui desiderava ardentemente d'arrivare dopo il pellegrinaggio terreno.
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