La Genesi difesa contro i Manichei |
La Scrittura prosegue dicendo: Dio allora infuse in lui il soffio vitale e l'uomo divenne un'anima vivente. ( Gen 2,7 )
Se il corpo era ancora solo, in questo passo dobbiamo intendere che l'anima fu unita al corpo.
Essa era forse già stata creata, ma era ancora nella bocca di Dio, cioè nella verità e sapienza di lui, da cui tuttavia non si allontanò come se fosse stata separata da un luogo, poiché Dio non è racchiuso in un luogo ma è presente dappertutto.
Si potrebbe anche supporre che l'anima fu creata allorché Dio infuse in quell'argilla plasmata da lui il soffio vitale, sicché quell'insufflazione indica la stessa operazione con cui Dio creò l'anima mediante lo spirito della propria potenza.
Se, al contrario, l'uomo ch'era stato fatto, era già corpo ed anima, con questa insufflazione fu aggiunta alla stessa anima la facoltà di pensare e conoscere, quando l'uomo divenne un'anima vivente, non perché quell'insufflazione si fosse cambiata in un'anima vivente, ma perché rese vivente l'anima.
Dobbiamo però intendere che l'uomo, il quale era diventato anima vivente, non era diventato ancora spirituale, ma era ancora animale.
Divenne infatti spirituale quando, collocato nel paradiso, cioè nella felicità, ricevette anche il precetto della perfezione, perché diventasse perfetto osservando la parola di Dio.
Per conseguenza dopo ch'ebbe peccato, allontanandosi dal precetto di Dio, fu espulso dal paradiso, e rimase nello stato animale.
Ecco perché portiamo in noi prima l'uomo animale tutti noi che siamo nati da lui dopo il peccato, fin quando non arriveremo a essere come l'Adamo spirituale, che è nostro Signore Gesù Cristo che non commise peccato ( 1 Pt 2,22 ) e, da lui rigenerati e vivificati, saremo ricollocati nel paradiso ove il ladrone meritò d'essere con lui il giorno in cui terminò questa vita. ( Lc 23,43 )
Così infatti dice l'Apostolo: Non ci fu prima il corpo spirituale, ma quello animale.
Come sta scritto: Il primo uomo, Adamo, divenne un'anima vivente, ma l'ultimo Adamo è costituito spirito vivificante. ( 1 Cor 15,46 )
In conseguenza questo passo della Scrittura che dice: Dio infuse in lui il soffio vitale e l'uomo divenne un'anima vivente, ( Gen 2,7 ) dobbiamo interpretarlo in modo da non credere che quella - chiamiamola così - parte della natura di Dio si fosse cambiata nell'anima umana e in modo da esser costretti a dire che la natura di Dio è mutevole, come affermano cotesti manichei i quali però riguardo al loro errore sono messi dalla verità con le spalle al muro.
La superbia infatti, poiché è la madre di tutti gli eretici, per questo costoro hanno osato affermare che l'anima è la natura di Dio.
Costoro però vengono messi da noi alle strette col seguente argomento, quando diciamo: "La natura di Dio allora sbaglia, è infelice e viene corrotta per il guasto causato dai vizi e pecca, oppure - come affermate voi - è macchiata dalle turpitudini della natura contraria ad essa, e tutte le altre affermazioni di tal genere sulla natura di Dio, ch'è un'empietà crederle".
È infatti evidente che è stata creata dall'onnipotente Dio e pertanto non è una parte di Dio né la natura di Dio, come attesta la Scrittura in un altro passo, là ove il Profeta dice: E colui che ha plasmato lo spirito per tutti. conosce ogni cosa. ( Sal 33,15 )
In un altro passo poi dice: Colui che ha formato lo spirito dell'uomo nel suo intimo. ( Zc 12,1 )
Da questi testi dunque si prova all'evidenza che lo spirito dell'uomo è stato creato.
Nelle Scritture poi viene chiamato "spirito dell'uomo" la facoltà razionale della stessa anima, grazie alla quale differisce dagli animali bruti e li domina per legge di natura.
Dello spirito così dice l'Apostolo: Nessuno conosce ciò che si trova nell'uomo se non lo spirito dell'uomo ch'è in lui. ( 1 Cor 2,11 )
Può darsi però che pur ammettendo, in base ai testi della Scrittura, che l'anima è stata creata, alcuni potrebbero affermare che lo spirito dell'uomo non è stato creato e credere ch'esso è della stessa natura di Dio e ritenere che una parte di Dio s'era cambiata in esso quando fu fatta quella insufflazione.
Questa opinione è rigettata allo stesso modo dalla sana dottrina, poiché lo stesso spirito dell'uomo fa intendere chiaramente d'essere mutevole, dato che talora sbaglia, tal'altra invece pensa ragionevolmente, cosa questa che non si può assolutamente credere della natura di Dio.
Non può inoltre esserci un segno più chiaro della superbia, del fatto cioè che l'anima affermi d'essere della stessa sostanza di Dio, dal momento che geme ancora, oppressa com'è da un così gran peso di difetti e di miserie.
Vediamo ormai adesso, che cos'è propriamente la felicità dell'uomo simboleggiata col nome di "paradiso".
Ora, siccome un riposo delizioso degli uomini si trova di solito in luoghi ombreggiati da alberi, e da Oriente si leva la luce per i nostri sensi corporei e si eleva il cielo ch'è un corpo superiore e più eccellente del nostro corpo, ecco perché con queste parole vengono esposte in senso allegorico anche le delizie spirituali che sono proprie della felicità, e il paradiso viene piantato a Oriente.
Dobbiamo poi intendere le nostre gioie spirituali come simboleggiate in ogni albero bello per la vista dell'intelligenza e buono per il cibo incorruttibile, di cui si nutrono le anime beate; il Signore infatti dice: Procuratevi il cibo che non si corrompe, ( Gv 6,27 ) com'è ogni riflessione, che è il cibo dell'anima.
A Oriente, luce di sapienza nell'Eden, cioè nelle delizie immortali assaporabili dall'intelligenza.
Si dice infatti che la parola "Eden", tradotta dall'ebraico in latino, significa "delizia" o "piacere", oppure "gioia".
Ma la Scrittura la usa senza tradurla in modo che sembra indicare un luogo e rende, così, più allegorica la parola.
Ogni specie poi di alberi spuntati dalla terra l'interpretiamo nel senso di gioia spirituale, che si eleva cioè al di sopra della terra e non è ricoperta e soffocata dai grovigli delle passioni terrene.
L'albero della vita piantato in mezzo al paradiso è invece simbolo della sapienza, grazie alla quale l'anima deve capire d'essere stata stabilita, per così dire, al centro delle cose perché, sebbene abbia sotto di sé tutta la natura corporea, comprenda tuttavia che al di sopra di sé c'è la natura di Dio, e non si volga né a destra arrogandosi ciò ch'essa non è, né a sinistra avendo sconsideratamente scarsa stima di ciò ch'essa è; ecco ciò che simboleggia l'albero della vita piantato nel mezzo del paradiso.
L'albero della conoscenza del bene e del male è invece simbolo della natura intermedia e dell'ordinata integrità dell'anima.
In realtà anche quell'albero era piantato in mezzo al paradiso e perciò è chiamato albero della conoscenza del bene e del male.
Mi spiego: l'anima deve protendersi verso le realtà che stanno davanti a lei, cioè verso Dio, e dimenticare quelle che stanno dietro di lei, ( Fil 3,13 ) cioè verso i piaceri corporali; se invece si volgerà verso se stessa abbandonando Dio e vorrà godere del proprio potere, come se Dio non esistesse, si gonfierà di superbia che è l'inizio di ogni peccato.
Quando poi a questo peccato tiene dietro il castigo, l'anima impara per propria esperienza quale differenza corre tra il bene da essa abbandonato e il male in cui è caduta.
E ciò sarà per essa l'aver gustato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male.
Le viene dunque ingiunto di mangiare d'ogni albero del paradiso, ma di astenersi dall'albero in cui è il discernimento del bene e del male, cioè di non goderne mangiandone, per così dire, in modo da non violare e corrompere l'ordinata integrità della propria natura.
Ora, un fiume scaturiva dall'Eden, cioè dalle delizie, dai piaceri e dai pasti; questo fiume viene indicato dal Profeta nei Salmi allorché dice: Li disseti al torrente delle tue delizie; ( Sal 36,9 ) poiché questo è l'Eden che in latino si chiama voluptas cioè "piacere".
Esso si divide in quattro bracci e simboleggia le quattro virtù cardinali, cioè la prudenza, la fortezza, la temperanza e la giustizia.
Si dice poi che il Fison sia il Gange, il Geon invece sia il Nilo, come si può riscontrare anche nel profeta Geremia; ora però sono chiamati con altri nomi, allo stesso modo che ora si chiama Tevere il fiume che prima si chiamava Albula.
Il Tigri e l'Eufrate, al contrario, conservano ancora adesso lo stesso nome; tuttavia, come ho detto, questi nomi simboleggiano virtù dello spirito; ciò è indicato anche dal significato degli stessi nomi se si considera la lingua ebraica o siriaca.
In questo modo Gerusalemme, sebbene sia una località visibile della terra, tuttavia, in senso mistico, significa "città della pace", e Sion, sebbene sia un colle sulla terra, tuttavia significa "contemplazione".
Questo nome per altro nelle allegorie delle Scritture è spesso usato in senso metaforico per indicare delle realtà spirituali.
Così, quando il Signore parla di quel tale che scendeva da Gerusalemme a Gerico e fu lasciato dai briganti sulla strada ferito, malconcio e mezzo morto, ( Lc 10,30 ) ci costringe a intendere queste località terrene proprio in senso spirituale, sebbene nel senso letterale si trovino sulla terra.
La prudenza significa dunque la stessa contemplazione della verità che non può essere espressa da nessun linguaggio umano, perché è inesprimibile e, se uno volesse spiegarla a parole, potrebbe concepirla nella mente anziché esprimerla a parole; nel paradiso infatti anche l'Apostolo udì parole indicibili che a nessuno è possibile ripetere. ( 2 Cor 12,4 )
Questa prudenza percorre dunque la terra che possiede l'oro, il rubino e lo smeraldo, cioè la regola del vivere che, purificata - per così dire - coi fuoco da tutte le immondezze terrene, diventa splendente come l'oro più fine.
Questa prudenza possiede anche la verità, la quale non è offuscata da nessuna falsità, come lo splendore del rubino non è offuscato dalla notte; essa possiede ancora la vita eterna simboleggiata dal verde vivo dello smeraldo per il vivido splendore che non diminuisce giammai.
Il fiume poi che gira intorno all'Etiopia, regione assai calda, anzi torrida, è simbolo della fortezza ardente e operosa per lo zelo dell'attività.
Il terzo fiume, il Tigri, scorre in direzione dell'Assiria ed è simbolo della temperanza che lotta contro il piacere che si oppone assai fortemente ai suggerimenti della prudenza; per questo motivo nelle Scritture gli Assiri sono nominati di solito come gli avversari.
Quanto al quarto fiume la Scrittura non dice in direzione di quale regione scorre o quale terra percorre, poiché la giustizia si estende a tutte le facoltà dell'anima in quanto essa è l'ordine e l'equilibrio dell'anima, per il quale si uniscono in perfetta armonia queste tre virtù; la prima è la prudenza, seconda la fortezza, terza la temperanza: in tutta questa unione e disposizione consiste la giustizia.
Riguardo al fatto che l'uomo fu messo nel paradiso perché lo lavorasse e lo custodisse, quel lavoro era più onorevole che faticoso poiché ben diverso è il lavoro ch'era svolto nel paradiso da quello che si svolge sulla terra, lavoro questo al quale l'uomo fu condannato dopo il peccato.
Che specie di lavoro fosse quello è indicato dalle parole seguenti: per custodirlo.
Infatti nella condizione tranquilla della felicità, in cui non c'è la morte, tutta l'attività consiste nel mantenere ciò che si possiede.
L'uomo ricevette anche il precetto del quale abbiamo parlato già in precedenza.3
Dato che questo precetto si conclude con una frase che non si riferisce a una sola persona - la Scrittura infatti dice: Ma il giorno che ne mangerete, morrete di certo ( Gen 3,4 ) - la stessa Scrittura espone come fu fatta la donna e dice che fu fatta per aiuto dell'uomo, perché grazie all'unione spirituale producesse frutti spirituali, vale a dire le opere buone compiute a gloria di Dio quando l'uomo dirige e la donna ubbidisce, l'uomo è guidato dalla sapienza e la donna dall'uomo.
Capo dell'uomo è infatti Cristo e capo della donna è l'uomo. ( 1 Cor 11,3 )
Per questo motivo Dio dice: Non sta bene che l'uomo sia da solo. ( Gen 2,18 )
Poiché restava ancora da fare non solo che l'anima avesse il dominio sul corpo, in quanto il corpo tiene il posto di servo, ma anche che la ragione dell'uomo tenesse soggetta a se stessa la propria parte animale, con l'aiuto della quale potesse comandare al corpo.
Come immagine di ciò fu fatta la donna, che l'ordine della natura pone sotto il dominio dell'uomo, affinché quanto appare più evidente nei due esseri umani, cioè nel maschio e nella femmina, si possa considerare anche riguardo a un solo uomo: affinché cioè lo spirito interiore, come facoltà razionale dell'uomo, tenga soggiogato l'appetito sensibile dell'anima, grazie al quale noi operiamo con le membra del corpo, e con giusta legge imponga una norma al suo appetito che è solo un suo aiuto, allo stesso modo che l'uomo deve guidare la donna e non permettere ch'essa abbia il dominio sull'uomo, poiché quando ciò succede, la famiglia è sconvolta e infelice.
11.16 Dapprima dunque Dio mostrò all'uomo quanto fosse più eccellente delle bestie e di tutti gli animali irrazionali e questo è indicato dalla frase della Scrittura secondo cui Dio gli condusse tutti gli animali per vedere come li avrebbe chiamati e imponesse loro il nome.
Da questo appare effettivamente chiaro che l'uomo è superiore agli animali bruti proprio in virtù della ragione per il fatto che soltanto la ragione, che giudica intorno ad essi, li può distinguere e conoscerli distintamente per nome.
Questa considerazione però è ovvia; poiché uno comprende subito di essere superiore alle bestie, mentre è difficile la considerazione per cui uno comprende che in lui una cosa è la facoltà razionale che governa, e un'altra cosa è la facoltà animale ch'è governata.
Poiché dunque l'uomo vede ciò grazie a un discernimento interiore, io penso che questa visione interiore sia indicata col nome del sonno profondo fatto cadere da Dio in Adamo allorché fu fatta la donna per lui. Per vedere ciò non c'è bisogno dei nostri occhi corporei, ma quanto più uno si allontanerà dalle realtà visibili terrene per ritirarsi nell'intimo dell'intelligenza - questo significa per così dire addormentarsi - tanto meglio e più chiaramente lo vede.
La stessa conoscenza con cui si comprende che in noi esiste una facoltà che deve dominare con la ragione e una cosa diversa è quella che deve ubbidire alla ragione; la stessa conoscenza dunque è, per così dire, l'atto con cui fu creata la donna tratta dalla costola dell'uomo per simboleggiare il legame esistente tra quei due elementi.
Affinché però uno tenga ben soggetta a sé la propria parte e diventi, per così dire, una persona coniugata in se stesso, di modo che la carne non abbia desideri passionali contro lo spirito ma sia soggetta allo spirito, in modo cioè che la concupiscenza carnale non contrasti con la ragione, ma cessi piuttosto d'esser carnale con l'ubbidire, ha bisogno della sapienza perfetta.
Per il fatto che la contemplazione della sapienza è interiore e occulta, lontanissima da ogni sensazione corporea, può essere anch'essa indicata a ragione sotto il nome di "sonno".
L'uomo infatti è capo della donna nel modo più ordinato allorquando capo dell'uomo è Cristo, il quale è la Sapienza di Dio. ( 1 Cor 1,24 )
Certamente al posto della costola Dio rinchiuse della carne per farci intendere, con questo termine, il sentimento dell'amore con cui ciascuno ama la propria vita e non è talmente insensibile da disprezzarla, poiché ciascuno ama ciò che protegge.
In questo passo infatti il termine "carne" non è usato per significare la concupiscenza carnale, ma piuttosto nel senso in cui un Profeta dice che Dio toglierà dal suo popolo il cuore di pietra e gli darà un cuore di carne. ( Ez 11,19 )
In questo senso anche l'Apostolo dice: Non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori. ( 2 Cor 3,3 )
Poiché una cosa è un'espressione in senso proprio e una cosa diversa è un'espressione allegorica, qual è quella che stiamo spiegando adesso.
Perciò, sebbene la donna visibile fosse stata fatta dapprima dal Signore Iddio traendola, secondo il senso letterario-storico, dal corpo dell'uomo, certamente fu fatta in questo modo non senza un motivo, ma per farci intendere un qualche significato mistico.
Mancava forse del fango con cui potesse esser formata la donna?
Oppure, se Dio avesse voluto, non avrebbe potuto togliere all'uomo la costola mentre dormiva, senza produrgli dolore?
Sia dunque che queste parole siano dette in senso allegorico, o che siano state fatte con un senso allegorico, non senza motivo sono state dette o fatte in questo senso; esse dunque sono certamente allegorie e azioni simboliche da interpretare e intendere sia in questo senso in cui si sforza [ di farlo ] la nostra pochezza, sia in un altro senso migliore alla stregua però della retta fede.
L'uomo dunque chiamò la sua donna come uno, che è superiore, chiama un inferiore, e disse: Ora costei è osso delle mie ossa e carne della mia carne. ( Gen 2,23 )
Ossa delle ossa per farci intendere, forse, la fortezza; carne della carne per farci intendere la temperanza.
S'insegna infatti che queste due virtù appartengono alla parte inferiore dell'anima governata dalla prudenza della ragione.
Quanto alla frase seguente: Costei sarà chiamata donna perché è stata tratta dall'uomo, ( Gen 2,22 ) nella lingua latina non risulta affatto chiara questa derivazione e spiegazione del nome, poiché non si riesce a scoprire quale somiglianza abbia il termine "donna" col nome "uomo".
Si dice che invece nella lingua ebraica quel nome ha questo significato, come se si dicesse: Costei sarà chiamata "virago" poiché è stata tratta dal proprio uomo.
Difatti è piuttosto "virago" o virgo che ha una somiglianza col nome vir, mentre il nome mulier non ha alcuna somiglianza; ma ciò deriva - come ho già detto - dalla differenza delle lingue.
Quanto alla frase che Adamo soggiunse, e cioè: L'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e saranno due in una sola carne, ( Ef 5,31 ) io non trovo in qual modo possa riferirsi alla storia, salvo che queste vicende succedono comunemente nel genere umano; ma la frase è tutta una profezia, ricordata dall'Apostolo che dice: [ La Scrittura dice: ] Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una cosa sola.
Questa è una verità grande e misteriosa e io dico ch'essa è in relazione a Cristo e alla Chiesa. ( Ef 5,32 )
Se i manichei, che ingannano molta gente servendosi delle lettere dell'Apostolo, leggessero ciò senz'essere ciechi, capirebbero in qual senso debbono essere intese le Scritture dell'Antico Testamento e non oserebbero biasimare con parole sacrileghe ciò che non sanno.
Quanto al fatto che Adamo e sua moglie erano nudi e non ne provavano vergogna, è simbolo della semplicità e purezza dell'anima.
L'Apostolo infatti dice: Io vi ho chiamati per presentarvi a Cristo come una vergine casta,- temo infatti che, come il serpente ingannò Eva con la sua scaltrezza, così i vostri pensieri si siano corrotti allontanandosi dalla semplicità e purezza che conduce a Cristo. ( 2 Cor 11,2-3 )
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3 | Cap. 9 |