Lettere |
Scritta non dopo il 396.
Agostino dichiara al vescovo donatista d'Ippona, Proculiano, l'affetto cristiano che nutre per lui ( n. 1 ) invitandolo ad una discussione per comporre lo scisma ( n. 2 ) e pregandolo d'interpretare benevolmente una risposta un po' risentita avuta da Evodio, zelante fautore dell'unità ( n. 3 ).
Dopo aver posto le condizioni per un incontro fruttuoso invita a por fine alla divisione fra i Cristiani a motivo della carità che unisce ( n. 4-6 ).
Agostino a Proculiano, onorevole e dilettissimo Signore
A causa dei vani giudizi di persone ignoranti non debbo dilungarmi in una disputa sull'intestazione di questa mia lettera.
Infatti noi ci sforziamo di liberarci l'un l'altro dell'errore; e quantunque, prima di discutere a fondo la questione, possa ad alcuni apparire incerto chi di noi sia nel torto, noi tuttavia ci rendiamo servizio a vicenda se siamo mossi da retta intenzione di eliminare il gran male della discordia.
Che io sia realmente mosso ad agire con retta intenzione e con trepido sentimento di cristiana umiltà lo vede chi scruta le coscienze, anche se ciò non è manifesto ai più.
Non ti riesce poi difficile capire che cosa in te non esito ad onorare.
Certamente non reputo degno d'onore alcuno l'errore dello scisma, dal quale, per quanto mi riguarda, desidero che siano guariti tutti gli uomini.
Ma sei tu in modo particolare che io voglio onorare per il fatto che non solo ci sei legato col vincolo della stessa comune natura umana, ma perché in te vi sono, più evidenti che in altri, segni d'animo eminentemente pacifico; per questo non bisogna perder la speranza che tu possa facilmente abbracciare la verità appena ti sarà dimostrata; ecco quello che io credo, senza la minima increspatura di dubbio, debba essere onorato nella tua persona.
Debbo poi portarti tanto amore, quanto ne comanda Chi ci ha amato fino a subire l'obbrobrio della Croce.
Non ti meravigliare però del mio lungo silenzio con la tua Benignità; non credevo alla intenzione riferitami con tanta gioia dal fratello Evodio, al quale non posso non prestar fede.
Egli infatti mi riferì che essendovi per caso incontrati insieme in una stessa casa ed essendo caduto tra voi il discorso su la nostra comune speranza, cioè sull'eredità di Cristo, la tua Benignità gli aveva manifestato il desiderio di conferire con me in una riunione di persone degne di stima.
Godo assai che ti sia degnato d'indirizzarti alla mia modesta persona; d'altra parte non potrei lasciarmi sfuggire un'occasione sì propizia, offertami con tanta bontà, per cercare e discutere con te, nei limiti delle forze che il Signore vorrà concedermi, la causa, l'origine e il motivo per cui è sorta una così dolorosa e deplorevole scissione effettuatasi nella Chiesa, alla quale Cristo ha pure detto: A voi do la mia pace, a voi lascio la mia pace. ( Gv 14,27 )
Dal suddetto fratello ho sentito dire che ti sei lamentato con lui per non so quale risposta offensiva che ti avrebbe rivolto.
Ti prego di non credere che ti abbia voluto offendere, poiché sono certo che le sue parole non erano espressione d'un animo superbo, in quanto conosco bene questo mio fratello.
Se in una discussione in difesa della propria fede e nel suo amore verso la Chiesa espresse forse con troppo ardore un giudizio non gradito alla tua dignità, non lo fece, dico, per arroganza ma per baldanza.
Voleva, infatti, sostenere una discussione mediante argomenti e non esser soltanto compiacente adulatore.
L'adulazione è appunto l'olio del peccatore, di cui il profeta non desidera avere impinguato il suo capo quando dice: Mi correggerà il giusto con misericordia e mi sgriderà; ma l'olio del peccatore non impingui la mia testa. ( Sal 141,5 )
Preferisco infatti d'essere emendato dalla severità misericordiosa del giusto anziché essere lodato dal delicato unguento dell'adulatore.
La stessa cosa insinua il profeta col dire: V'ingannano e v'inducono in errore [ proprio ] quelli che vi chiamano felici. ( Is 3,12 )
Per questo, di chi è divenuto arrogante per le adulazioni suole dirsi a ragione: "S'è montato la testa", perché fu impinguato dall'olio del peccatore, cioè non dall'amara verità di chi redarguisce, ma dalla falsa dolcezza di chi blandisce.
Non prendere però le mie parole in senso cattivo, come se io volessi dire che sei stato ripreso da Evodio, come da un giusto.
Temo infatti che tu attribuisca pure a me l'intenzione di offenderti con le mie parole, mentre io cerco d'evitare ciò con tutte le mie forze.
Giusto è infatti Colui che ha detto: Sono io la verità. ( Gv 14,16 )
Quando perciò sentiamo direi da uno qualche verità in tono alquanto pungente, noi veniamo corretti non già da quel tale, che forse è peccatore anche lui, ma dalla stessa Verità, cioè da Cristo, ch'è il Giusto, affinché il nostro capo non resti impinguato dall'olio della delicata ma dannosa adulazione, qual è l'olio del peccatore.
Se però il fratello Evodio, un po' eccitato nel difendere la propria comunione, avesse alzato un po' troppo la voce per causa dell'interna agitazione, bisognerebbe che tu lo scusassi, tenuto conto dell'età e di una questione così essenziale.
Ti prego intanto di ricordarti di quanto hai voluto promettere, di trattare cioè pienamente d'accordo un affare così importante e riguardante la salvezza di tutti, discutendolo alla presenza di persone da te scelte, a patto che le nostre parole non siano gettate al vento senza alcun risultato, ma siano fissate per iscritto.
In tal modo potremo discutere con più calma e ordine, e richiamare alla mente quanto ci potesse sfuggire dalla memoria.
Oppure, se ciò più ti garba, senza ricorrere ad interposte persone, potremo avere prima un incontro tra noi, o per corrispondenza epistolare o mediante conversazioni e letture, come ci parrà più opportuno.
In tal modo potremmo pure evitare che persone piuttosto sfacciate vengano ad ascoltarci più per il gusto di assistere ad una specie di nostro duello oratorio, che pensare alla loro salvezza durante la nostra conversazione.
Noi stessi potremmo, in seguito, portare a conoscenza del popolo le conclusioni del nostro incontro.
Qualora invece tu preferissi trattare mediante uno scambio di lettere, se ne dovrebbe dare in seguito lettura alle rispettive comunità cristiane, augurandoci che si parli una buona volta non di due ma di una sola comunità cristiana.
In una parola, accetto ben volentieri quanto tu deciderai, comanderai o preferirai che si faccia in proposito.
Circa la disposizione d'animo del beatissimo e mio venerando padre Valerio, ora assente, posso assicurarti che apprenderà la cosa con molta gioia: so infatti quanto gli stia a cuore la pace e quanto rifugga dalla vanagloria e dalla futile brama di mettersi in mostra.
Io poi ti domando: che colpa abbiamo noi delle vecchie discordie perché debbano durare fino ad ora le ferite inflitte alle nostre membra dall'animosità di persone gonfie di superbia?
Essendosi le piaghe incancrenite, abbiamo perduto perfino il dolore che di solito spinge ad implorare il soccorso del medico.
Vedi di quanta vergognosa sozzura sono state imbrattate le case e le famiglie cristiane!
Mariti e mogli vivono d'accordo nell'intimità coniugale, eppure sono in discordia quando si tratta dell'altare di Cristo.
Nel nome di Lui giurano di mantenere la pace nei rapporti vicendevoli, eppure non possono averla nei rapporti con Lui.
I figli hanno un'unica casa coi genitori, eppure non hanno un'unica casa di Dio; desiderano entrare in possesso dell'eredità dei genitori, mentre sono in contrasto con essi sull'eredità di Cristo.
Servi e padroni dividono il comune Signore, che prese la forma di servo, ( Fil 2,7 ) per liberare tutti gli uomini col servirli.
Noi siamo trattati con rispetto dai vostri, come voi dai nostri. I vostri ci scongiurano per la nostra dignità sacerdotale, per la vostra vi scongiurano i nostri.
A tutti diamo ascolto, non vogliamo offendere nessuno.
È forse soltanto Cristo a farci torto, perché ne lacerassimo le membra?
La gente, inoltre, quando desidera far dirimere da noi le sue liti riguardanti gli affari temporali, in qualunque modo le fossimo necessari, si rivolge a noi chiamandoci santi e servi di Dio, per concludere i suoi affari terreni; occupiamoci dunque noi pure una buona volta dell'affare comune della nostra e loro salvezza, non già dell'oro e dell'argento, dei poderi e del bestiame; per tutte queste cose tutti i giorni veniamo salutati con profondi inchini del capo, affinché dirimiamo controversie riguardanti uomini, mentre esiste tra noi un dissenso vergognoso e pernicioso riguardo allo stesso nostro Capo.
Per quanto umilmente essi abbassino il capo per salutarci perché li rendiamo concordi sulla terra, non l'abbasseranno mai quanto s'è abbassato il nostro Capo, riguardo al quale non siamo affatto d'accordo; Egli è infatti disceso dal cielo fin sulla Croce!
Se hai un po' di quella umanità, di cui molti parlano, ti prego e ti scongiuro che la tua bontà si dimostri in quest'occasione, salvo che la tua non sia una finzione per raggiungere onori transitori: làsciati commuovere dai più intimi sentimenti di carità e deciditi a discutere quest'affare, insistendo con noi nella preghiera e mettendo a confronto ogni motivo di divergenza con pacatezza d'animo, affinché i poveri fedeli, che rendono omaggio alla nostra dignità con le loro manifestazioni d'ossequio, non ce ne facciano carico al giudizio di Dio, ma al contrario, distolti dagli errori e dalle discordie mediante la nostra sincera vicendevole carità, vengano guidati nella via della verità e della pace.
T'auguro ogni felicità sotto lo sguardo di Dio, o mio onorato e amatissimo signore.
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