Lettere |
Scritta tra il 413 e il 414.
Macedonio informa Agostino di aver fatto quanto gli aveva chiesto con rispettosa discrezione ( n. 1 ) e d'aver letto i suoi libri con gran piacere e ammirazione ( n. 2 ). Convenevoli e saluti ( n. 3 ).
Macedonio saluta il Vescovo Agostino, meritatamente suo venerando signore e padre veramente degno d'ogni rispetto
Sono preso da grande ammirazione per la tua sapienza che risplende sia nelle opere che hai pubblicate, sia nello scritto che hai la bontà di inviarmi per intercedere a favore di coloro che sono in angustie.
Infatti le prime rivelano tanto, acume, tanta scienza e santità che non vi potrebbe essere nulla di superiore, mentre il secondo mostra tale rispettosa discrezione che, se non eseguissi quanto tu mi comandi, reputerei di doverne dare la colpa non all'affare ma a me stesso, o signore meritamente venerabile e onoratissimo padre.
Tu infatti non insisti, come fa la maggior parte della gente di codeste parti, per strappare per forza quello che desideri con ansia, ma suggerisci ciò che ti pare ragionevole chiedere a un giudice, oppresso da tante preoccupazioni, e lo fai con quella discrezione che tra gente per bene è il mezzo più efficace per ottenere cose difficili.
Ho quindi esaudito subito il desiderio dei tuoi raccomandati, poiché già da tempo avevo aperto loro la via alla speranza.
Ho letto da capo a fondo i tuoi libri, poiché non erano tanto freddi o insulsi da lasciarmi pensare ad altra cosa: mi hanno afferrato e strappato a qualunque altra causa di preoccupazione e mi hanno talmente avvinto - è vero come è vero Dio - che non so cosa ammirare di più in essi, se la scienza perfetta propria di un vescovo, la dottrina filosofica, la profonda conoscenza della storia, o il fascino dell'eloquenza, la quale può adescare talmente anche gli ignoranti da tenerli avvinti finché non arrivano all'ultima pagina e dopo averli letti tornano a leggerli ancora.
Le persone più sfacciatamente ostinate vi vengono convinte che fin dalle età, da essi chiamate felici, sono capitati i peggiori mali a causa dell'oscurità dei fenomeni naturali e tutti furono ingannati da un'apparente dolcezza derivante dai loro felici successi, dai quali sono stati condotti non alla felicità, ma sono stati precipitati nell'abisso, mentre al contrario i precetti della nostra religione e i misteri dell'unico vero Dio, oltre a promettere la vita eterna alle persone prive di alcuna macchia morale e adorne d'ogni virtù, mitigano i mali del tempo e le altre eventuali disgrazie, che sono inevitabili in quanto siamo nati.
Ti sei inoltre servito della recente sciagura come d'un esempio ben calzante ma, benché con esso tu abbia difeso molto efficacemente il tuo assunto, se mi fosse stato lecito scegliere tra le due cose, avrei preferito che tu non ne parlassi.
Siccome però il motivo di lagnanza dei pagani, che dovevano essere convinti della loro stoltezza, era derivato proprio da quella sciagura, dalla medesima fosti obbligato ad attingere gli argomenti comprovanti la verità.
Eccoti che cosa ho potuto risponderti per il momento, essendo occupato in altre faccende, le quali sono bensì inutili se consideriamo la fine d'ogni cosa, ma anche quasi necessarie data la condizione della nostra natura.
Se avrò tempo e vita, ti scriverò anche dall'Italia, per ricambiare con gli onori dovuti, ma per nulla sufficienti un'opera di si profonda dottrina.
L'onnipotente Dio conservi a lungo salva e felice la Santità tua, mio amatissimo signore e padre onoratissimo.
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