Lettere |
Scritta dopo il 414.
Alipio e Agostino al medico Massimo, congratulandosi della sua recente conversione dall'eresia ariana alla fede cattolica, dolenti che non lo abbiano imitato i suoi ( n. 1 ); istruendolo contro coloro che empiamente discutono sull'unica e medesima essenza delle tre Persone ( n. 2-5 ), spiegando come i termini Padre, Figlio, Spirito Santo generato, spirante, procedente sono termini relativi, indicanti non tre sostanze, ma i rapporti tra le Persone ( n. 6-9 ); ed esortandolo infine a condurre altri alla medesima fede, soprattutto per avere indotto alcuni nell'errore con la propria autorità ( n. 10 ).
Alipio e Agostino inviano cristiani saluti a Massimo, esimio signore, fratello meritatamente degno di onore e pio.
Abbiamo chiesto notizie sulla salute non tanto fisica quanto piuttosto spirituale tua e dei tuoi al santo fratello Peregrino, nostro collega nell'episcopato: la sua risposta ci ha rallegrati per quanto riguarda te, ma ci ha rattristati per quanto riguarda i tuoi poiché non si sono ravveduti e tornati in seno alla Chiesa Cattolica.
Siccome speravamo che questo ravvedimento si sarebbe realizzato subito, siamo assai addolorati che fino ad ora non si sia realizzato, o signore esimio e fratello meritamente degno di onore e pio.
Salutando la tua Carità nella pace del Signore, ti raccomandiamo e scongiuriamo di non soprassedere più oltre per insegnare ai tuoi ciò che hai appreso: che cioè esiste un Dio solo a cui si deve il culto chiamato con termine greco " latria " ( λατρεία )
È la stessa parola che ricorre anche nella Legge, dove sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e presterai culto a lui solo. ( Dt 6,13 )
Se diremo che è Dio solo il Padre, ci si risponderà che per conseguenza non si deve il culto al Figlio, ma una tale affermazione è empia.
Se gli si deve il culto, come mai è dovuto a un Dio solo, se lo si deve tributare al Padre e al Figlio, se non perché l'unico Dio, al quale solo ci si comanda di prestare il culto di latria, si dice ch'è un solo Dio in modo che s'intenda anche il Padre e il Figlio, anzi anche lo Spirito Santo?
Di lui infatti dice l'Apostolo: Non sapete che i vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, ch'è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete più a voi stessi?
Siete stati infatti riscattati a caro prezzo.
Glorificate Dio nel vostro corpo. ( 1 Cor 6,19 )
Quale Dio dobbiamo glorificare se non lo Spirito Santo, di cui aveva detto che sono suo tempio i nostri corpi?
Per conseguenza il culto di adorazione è dovuto pure allo Spirito Santo.
Mi spiego: se ci venisse comandato di costruire un tempio in suo onore, come lo costruì Salomone di legno e di pietra, certo per il fatto che si edifica un tempio avremmo la prova irrefutabile che gli rendiamo il culto d'adorazione.
Con quanto maggior ragione dobbiamo quindi rendere culto a Colui, per il quale non edifichiamo un tempio, ma di cui siamo tempio noi stessi?
Se quindi dobbiamo rendere e rendiamo il culto di adorazione al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, culto a proposito del quale è stato detto: Adorerai il Signore Dio tuo e a Lui solo presterai culto, senza dubbio il Signore Dio nostro, a cui solo dobbiamo servire per mezzo del culto, non è il Padre solo né il Figlio solo né lo Spirito Santo solo, ma è la stessa Trinità, che è un solo Dio, Padre Figlio e Spirito Santo.
Non si deve supporre che il Padre sia la stessa persona del Figlio né lo Spirito Santo la persona del Padre o del Figlio, poiché nella Trinità il Padre è Padre solo del Figlio, il Figlio è Figlio solo del Padre, lo Spirito Santo è lo Spirito del Padre e del Figlio, ma a causa dell'unica e medesima natura e della vita inseparabile, l'uomo, per mezzo della fede che precede, intende per quanto è capace che la Trinità è l'unico Signore Dio nostro, di cui è stato detto: Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo renderai il culto, il Dio che l'Apostolo esalta dicendo: Poiché da lui in lui e per lui sono tutte le cose: a lui gloria nei secoli dei secoli! Amen. ( Rm 11,36 )
Il Figlio unigenito non ha l'essere da Dio Padre, come da lui lo hanno tutte le creature ch'egli creò dal nulla.
Generò il Figlio dalla propria sostanza, non dal nulla, né generò nel tempo il Figlio per mezzo del quale creò tutti i tempi.
Come la fiamma non precede nel tempo lo splendore ch'essa genera, così il Padre non è stato mai senza il Figlio.
Egli è la Sapienza di Dio Padre, della quale sta scritto: È splendore di luce eterna. ( Sap 7,26 )
Essa è dunque senza dubbio coeterna alla luce di cui è splendore, cioè a Dio Padre.
Perciò Dio non creò in principio il Verbo, come creò in principio il cielo e la terra, ma in principio era il Verbo. ( Gv 1,1 )
Neppure lo Spirito Santo fu creato dal nulla come una creatura, ma procede dal Padre e dal Figlio, senz'essere stato creato né dal Padre né dal Figlio.
Questa Trinità è di un'unica e medesima natura e sostanza: non è minore in ciascuna Persona che in, tutte e tre, né in tutte le Persone maggiore che nelle singole; ma nel solo Padre o nel solo Figlio è tanto grande quanto nel Padre e nel Figlio insieme, ed è tanto grande nel solo Spirito Santo quanto è grande nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo insieme.
Il Padre inoltre per generare da sé il Figlio, non diminuì se stesso, ma generò da sé un altro se stesso, in guisa da rimanere tutto intero in sé e da essere nel Figlio tanto grande quanto lo era da solo.
Allo stesso modo anche lo Spirito Santo, integro dal suo principio integro, non precede il principio, dal quale procede, ma è con lui tanto grande quanto lo è procedendo da lui, né diminuisce il suo principio procedendo da lui, né lo accresce restandogli unito.
Queste tre Persone formano un solo Dio senza confusione, e sono tre senza divisione ma, pur essendo una sola cosa, sono tre e, pur essendo tre, sono una sola cosa.
Pertanto Colui, che a tanti cuori dei suoi fedeli ha concesso d'essere un cuor solo, con quanto maggior ragione conserva in se stesso il poter far sì che queste tre e singole Persone siano Dio, e che, tutte insieme, costituiscano un Dio solo e non tre dèi.
Ecco qui l'unico Signore Dio nostro, a cui serviamo con universale amore e a cui solo dobbiamo, tributare il culto d'adorazione.
Se a proposito delle cose che nascono nel tempo Dio, nella sua bontà, ha fatto sì che ognuna generasse una prole della sostanza sua propria, come l'uomo genera l'uomo non di diversa natura ma della stessa natura a cui egli appartiene, considera quanto sia empio dire che Dio non ha generato ciò ch'è egli stesso.
Questi sono termini di parentela, non di natura, e perciò si riferiscono ad altra cosa e si chiamano " relativi ": talvolta sono identici, talvolta diversi.
Sono identici, quando fratello si rapporta a fratello, amico ad amico, vicino a vicino, cognato a cognato, e così via, poiché sarebbe interminabile volere enumerare tutte queste relazioni.
In esse il primo termine è in rapporto al secondo, come il secondo lo è al primo.
Sono nomi di parentela diversi invece questi altri, che indicano relazioni di padre a figlio; di figlio a padre, di suocero a genero, di genero a suocero, di signore a servo, di servo a signore.
In questi casi il primo non è in rapporto al secondo, come il secondo lo è al primo, ma nondimeno sono entrambi uomini; è la relazione ad esser diversa, non la natura.
Se consideri ciò che rappresenta l'uno per l'altro, il rapporto del primo rispetto al secondo non è lo stesso del secondo rispetto al primo, giacché l'uno è padre e l'altro è figlio, o l'uno è suocero e l'altro è genero, o l'uno è signore e l'altro è servo.
Se invece consideri ciò che è ciascuno rispetto a se stesso o in se stesso, troverai che l'uno e l'altro sono identici, poiché uomo è l'uno e uomo è l'altro.
Già la tua Prudenza intende che non parlano secondo ragione gli Ariani, dal cui errore il Signore ti ha liberato, quando affermano che la natura di Dio Padre e quella di Dio Figlio è diversa, perché l'uno è il Padre, l'altro il Figlio: e che Dio Padre non generò ciò che egli stesso non avendo generato il Padre del suo Figlio, come egli è rispetto al Figlio.
Chi non vede che questi termini non indicano le nature in se stesse, ma indicano le persone e la relazione dell'una con l'altra?
Un altro errore degli Ariani simile al precedente è quello per cui affermano che il Figlio è di natura e di sostanza diversa da quella del Padre, perché Dio Padre non procede da un altro Dio, mentre il Figlio, sebbene sia senza dubbio Dio, procede da Dio Padre.
Anche qui non si indica la sostanza, ma l'origine, cioè non quello che uno è, ma donde derivi o non derivi.
Non si può affermare che Abele e Adamo non fossero di un'unica naturale sostanza per il fatto che Abele nacque dal primo uomo, mentre Adamo non nacque da nessuno.
Se dunque si cerca la natura di entrambi, Abele fu uomo come Adamo; ma se si cerca l'origine, Abele nacque dal primo uomo, Adamo da nessuno.
Così riguardo a Dio Padre e a Dio Figlio, se si cerca la natura di entrambi, ognuno dei due è Dio, né l'uno è Dio più grande dell'altro; ma se si cerca l'origine, Dio Figlio è generato da Dio Padre, mentre non c'è alcun Dio da cui è generato il Padre.
Invano gli Ariani tentano di ribattere dicendo: " L'uomo genera spinto dalla passione, mentre Dio generò il Figlio senza passione ": ma questa obiezione non giova affatto ad essi, sì bene moltissimo a noi, poiché, se nelle cose temporali e soggette alla passione, Dio dà il potere di generare ciò che sono esse, tanto più egli, eterno e impassibile, ha generato ciò ch'è egli stesso, Dio unico, generando l'unico Dio; questo ci riempie d'ineffabile stupore, poiché lo ha generato senza passione e talmente uguale a sé stesso da non superarlo né per potere né per età.
Ma il Figlio non attribuisce a sé tutto ciò che ha e che può, bensì al Padre, poiché non procede da se stesso, ma dal Padre.
È uguale al Padre ma dal Padre ha ricevuto anche questa eguaglianza e l'ha ricevuta non già in modo da essere uguale come se prima fosse stato disuguale, ma al contrario è nato uguale al Padre da tutta l'eternità e uguale sarà per tutta l'eternità.
Il Padre non ha generato un Figlio disuguale né gli ha aggiunto l'eguaglianza dopo la sua nascita, ma gliel'ha data nell'atto di generarlo, poiché lo ha generato uguale e non già disuguale.
Perciò l'essere uguale a Dio nella natura di Dio non era per il Figlio un'usurpazione ( Fil 2,6 ) ma natura, giacché la prese nascendo, non la pretese insuperbendo.
Il Figlio dice che il Padre è maggiore, perché annientò se stesso assumendo la natura di schiavo, ( Fil 2,7; Mt 20,28 ) senza perdere quella di Dio.
Per questa natura di schiavo si fece inferiore non solo al Padre ma anche a se stesso e allo Spirito Santo, e non diventò solo inferiore alla eccelsa Trinità ma anche un po' inferiore agli Angeli: ( Sal 8,6; Eb 2,9 ) fu inferiore anche agli uomini quando rimase sottomesso ai suoi genitori. ( Lc 2,51 )
Proprio a causa di questa natura di schiavo assunta annientandosi, quando giunse la pienezza dei tempi, disse: Il Padre è maggiore di me. ( Gv 14,28 )
D'altra parte, a causa dell'altra natura che, pur annientandosi, non perdette, disse, - Io e il Padre siamo un solo essere, ( Gv 10,30 ) poiché facendosi uomo ha continuato ad essere Dio.
L'uomo è stato assunto da Dio, non Dio è stato consunto nell'uomo.
Perciò, assai ragionevolmente, come uomo Cristo è inferiore al Padre ma come Dio il medesimo Cristo è uguale al Padre.
Perché dunque, mentre godiamo che alla nostra presenza e tra la grande esultanza dei fedeli ti sei riunito, alla nostra vera fede cattolica, noi siamo ancora addolorati per la pigrizia dei tuoi ( a seguire il tuo esempio )?
Ti supplichiamo in nome di Dio misericordioso che tu, col tuo aiuto, liberi i nostri cuori da tanta afflizione.
Non si può credere che la tua autorità non valga nulla a far tornare sulla retta via i tuoi una volta che ha avuto un peso grandissimo nello sviarli.
Ti disprezzano forse perché sei entrato nella comunione della Chiesa cattolica in un'età così avanzata, mentre dovrebbero ammirarti e venerarti di più perché hai vinto un errore inveterato con una fermezza per così dire giovanile in un vecchio?
Dio non voglia che rifiutino di crederti, ora che dici la verità, mentre erano dello stesso tuo avviso, quando li sviavi dalla verità.
Dio non permetta che rifiutino di pensare con te rettamente, mentre erano d'accordo con te allorché eri fuori strada.
Tu non far altro che pregare per essi e insistere presso di loro.
Anzi conduci con te nella casa del Signore quelli che appartengono alla tua famiglia né ti rincresca di venire nella casa di Dio con quelli ch'erano soliti radunarsi in casa tua, soprattutto perché la Madre Chiesa te ne domanda alcuni ma te ne ridomanda altri: domanda quelli che trova in tua compagnia, ridomanda quelli che hai perduti per causa tua.
Essa non s'affligga delle perdite, ma si allieti piuttosto dei guadagni: acquisti figli che non aveva ma non pianga per quelli che erano suoi.
Noi innalziamo preghiere a Dio, acciocché tu adempia la nostra esortazione, e inoltre per la sua misericordia noi speriamo dalla sua misericordia che presto il nostro cuore si colmerà di gioia e la nostra lingua di canti d'esultanza ( Sal 126,2 ) ricevendo una lettera di Peregrino, nostro santo fratello e collega d'episcopato, e la risposta della tua Dilezione.
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