Lettere |
Scritta nello stesso tempo.
Agostino a Onorato spiega quando a un vescovo e ad ecclesiastici è lecito fuggire nell'imminenza d'un assedio o nel pericolo di sterminio ( n. 1-5; 10-14 ), purché non si abbandoni il gregge al lupo che viene a rapirlo ( n. 6-9 ).
Agostino saluta nel Signore il santo fratello e collega di episcopato onorato
Avendo inviato alla tua Carità una copia della lettera che ho scritto al fratello Quodvultdeus, nostro collega di episcopato,1 pensavo d'essermi liberato dal peso che mi hai addossato, chiedendomi consiglio riguardo a quanto dovete fare in questi pericoli che incombono ai nostri tempi.
Poiché, per quanto breve fosse la lettera che ho scritta, credo tuttavia di non aver tralasciato nulla di quanto era sufficiente non solo dire nella risposta, ma anche a soddisfare colui che m'aveva interrogato.
Dicevo infatti che da una parte non si deve proibire, a chi lo desideri, di trasferirsi in qualche località sicura, se gli è possibile; e d'altra parte che non si devono rompere i legami del nostro ministero, con cui ci ha legati la carità di Cristo, e non abbandonare le chiese che dobbiamo servire.
Ecco le parole scritte da me in quella lettera: " Se dunque dove siamo noi rimane anche una quanto si voglia piccola porzione del popolo di Dio, a noi, il cui ministero è tanto necessario ch'esso non deve rimanerne privo, non resta da far altro che dire al Signore: Sii tu il nostro Dio protettore e la nostra salvezza ". ( Sal 31,3 )
Tu però, a quanto scrivi, non sei soddisfatto di questo consiglio, poiché temi che contravveniamo al precetto e all'esempio del Signore, quando ammonisce di fuggire da una città in un'altra; noi infatti ricordiamo le parole di lui che dice: Quando poi vi perseguiteranno in questa città, fuggite in un'altra. ( Mt 10,23 )
Ma chi mai potrebbe credere che il Signore intendesse con ciò che il gregge, comprato col suo sangue, rimanesse privo dell'assistenza necessaria senza la quale non può vivere?
Fece forse così lui quando, bambino, fuggì nell'Egitto sulle braccia dei genitori? ( Mt 2,14 )
Potremmo forse dire che allora egli abbandonasse le chiese, che non aveva ancora riunite?
E quando l'apostolo Paolo, per non lasciarsi prendere dal nemico, si fece calare da una finestra in una cesta e sfuggì alle sue mani, ( 2 Cor 11,33; At 9,25 ) rimase forse priva della necessaria assistenza la chiesa locale, o non provvidero a quanto bisognava gli altri fratelli residenti nello stesso luogo?
Proprio per volere di quelli agì in tal modo Paolo, per conservare alla Chiesa se stesso, preso particolarmente di mira da quel persecutore.
Facciano dunque i servi di Cristo, ministri della sua parola e del suo sacramento, come egli ordinò o permise.
Fuggano pure da una città in un'altra allorché uno di loro è fatto personalmente bersaglio di persecutori, purché gli altri, che non sono fatti bersaglio a questo modo, non abbandonino la Chiesa, ma somministrino gli alimenti ai propri conservi, i quali altrimenti - come essi sanno - non potrebbero vivere.
Ma quando il pericolo è comune per tutti, cioè per vescovi, chierici e laici, quelli che hanno bisogno degli altri non siano abbandonati da quelli di cui hanno bisogno.
In questo caso si trasferiscano pure tutti in luoghi sicuri; ma se alcuni hanno bisogno di rimanere, non siano abbandonati da quelli che hanno il dovere d'assisterli col sacro ministero, di modo che o si salvino insieme o insieme sopportino le calamità che il Padre di famiglia vorrà che soffrano.
Può capitare però il caso che abbiano a soffrire chi più chi meno, oppure tutti in egual misura; allora si vedrà chi di loro soffre per gli altri: evidentemente coloro i quali, pur potendo sottrarsi a tali sciagure con la fuga, hanno preferito restare per non abbandonare gli altri nei momenti critici.
Questa è la prova suprema della carità raccomandata dall'apostolo Giovanni allorché dice: Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. ( 1 Gv 3,16 )
Chi infatti fugge oppure, non potendo fuggire perché trattenuto dalle proprie necessità, è preso e soffre, soffre per sé, evidentemente, non per i fratelli.
Chi invece soffre per non aver voluto abbandonare i fratelli, che avevano bisogno di lui per la salvezza dell'anima, egli sì, di certo, dà la propria vita per i fratelli.
A proposito di ciò abbiamo sentito riferire queste parole di un vescovo: " Se il Signore ci ha comandato di fuggire nelle persecuzioni allorché si può meritare la gloria del martirio, tanto più dobbiamo fuggire i patimenti inutili, quando capita un'ostile invasione di barbari ".
Questa massima è bensì vera e accettabile, ma solo per chi non è vincolato da un ufficio ecclesiastico.
Chi infatti, pur potendolo, di fronte alle stragi compiute dal nemico, non fugge per non abbandonare il ministero affidatogli da Cristo, senza il quale gli uomini non possono né diventare né vivere da Cristiani, compie un'opera di carità più meritoria di chi fugge, pensando non già ai fratelli ma a se stesso e poi, arrestato, subisce il martirio per non rinnegare Cristo.
Che vuol dire dunque ciò che hai scritto nella tua prima lettera?
Tu infatti dici: " Io non capisco in che cosa noi possiamo giovare a noi o ai fedeli, se dobbiamo restare nelle chiese solo per vedere sotto i nostri occhi gli uomini uccisi, le donne violate, le chiese incendiate, per venir meno noi stessi sotto le torture, quando si cerca da noi quello che non abbiamo ".
Ciononostante è pur vero che Dio può ascoltare le preghiere della sua famiglia e allontanare le sciagure temute; noi comunque non dobbiamo, per paura di queste sciagure, che sono incerte, commettere una colpa certa abbandonando il nostro ministero, senza il quale i fedeli subirebbero un danno certo, non tanto nelle cose di questa vita quanto in quelle dell'altra che merita d'essere curata con diligenza e premura senza confronto maggiore.
Se infatti queste sciagure, che si teme possano sopraggiungere nei luoghi in cui ci troviamo, fossero certe, prima fuggirebbero di lì tutti coloro ai quali è necessaria la nostra permanenza e ci esimerebbero dall'obbligo di rimanere.
Nessuno infatti afferma che debbono restare i ministri dove non c'è più chi ha bisogno del loro ministero.
Così per esempio alcuni santi vescovi fuggirono dalla Spagna, quando già i fedeli erano in parte fuggiti, in parte uccisi, in parte periti nell'assedio, in parte dispersi dopo essere caduti in schiavitù: ma molto più numerosi furono quelli che vi restarono, perché restavano coloro cui era necessaria la loro presenza, esposti con loro ai medesimi e numerosi rischi.
E se alcuni abbandonarono i loro fedeli, è proprio questo che noi affermiamo non doversi fare.
Costoro infatti non seguirono gl'insegnamenti del Vangelo, ma si lasciarono ingannare da un errore umano o vincere da un umano timore.
Perché mai credono che al precetto si deve obbedire alla lettera, quando leggono che si deve fuggire da una città in un'altra ( Mt 10,23 ) e poi non hanno orrore del mercenario, il quale vede venire il lupo e scappa perché a lui non importa nulla delle pecore? ( Gv 10,12-13 )
Perché mai, queste due massime del Signore che sono vere, l'una cioè ove la fuga è permessa o comandata, l'altra ov'è rimproverata e condannata, non cercano d'intenderle in modo da non metterle in contrasto tra loro, come realmente non lo sono?
E ciò si comprende solo se si considerano attentamente le osservazioni da me fatte più sopra, che, cioè, i ministri di Cristo, come noi, allora debbono fuggire dai luoghi ove risediamo quando sotto l'incalzare della persecuzione non ci fossero più i fedeli di Cristo ai quali prestare il nostro ministero o potesse essere prestato il necessario ministero da altri che non hanno la medesima ragione di fuggire.
Così, come più sopra ho ricordato, fuggì l'Apostolo, calato giù in una cesta quando era ricercato personalmente dal persecutore, mentre gli altri evidentemente non si trovavano in una simile condizione critica, ai quali non venne neppure lontanamente l'idea di abbandonare il servizio spirituale di quella chiesa.
Così fuggì Atanasio, il santo vescovo d'Alessandria, quando l'imperatore Costanzo voleva fare arrestare proprio lui; ma gli altri ministri non abbandonarono certamente la popolazione cattolica che rimaneva in Alessandria.
Quando però i fedeli rimangono e i ministri fuggono e li lasciano privi dell'assistenza spirituale, che cosa sarà mai ciò se non una biasimevole fuga di mercenari, ai quali non importa nulla delle pecore?
Verrà allora il lupo; non un uomo, bensì il diavolo che spesso persuase ad apostatare i fedeli, ai quali venne a mancare l'amministrazione quotidiana del Corpo del Signore; e perirà, non per colpa della tua scienza, ma della tua ignoranza, il fratello debole, per il quale è morto Cristo. ( 1 Cor 8,11 )
Per quanto poi riguarda coloro che in questa materia non cadono in errore, ma si lasciano sopraffare dalla paura, perché non combattono piuttosto coraggiosamente, con l'aiuto del Signore misericordioso, contro la propria paura affinché non piombino su di loro sciagure senza confronto più gravi, che molto più sono da temere?
Ciò si avvera ove fiammeggia la carità di Dio e non spande fumo la cupidigia del mondo.
La carità dice: Chi è infermo senza che lo sia anch'io?
Chi viene scandalizzato senza che io non mi crucci? ( 2 Cor 11,29 )
Ma la carità viene da Dio.
Preghiamo dunque perché ci venga data da colui dal quale ci viene comandata e, inoltre, in virtù di questa carità, temiamo per le pecore di Cristo, più del ferro che uccide il corpo, la spada dello spirito del male che colpisce il cuore: poiché, rispetto al corpo, presto o tardi dovranno pur morire, qualunque sia il genere di morte.
Ancor più che la violenza e l'oltraggio che possono subire le donne nel corpo, dobbiamo temere che, corrompendosi il senso interiore, si perda la purezza della fede; la pudicizia infatti non può essere violata dalla violenza se essa è conservata nello spirito, poiché non è violata nemmeno nel corpo, quando la volontà della vittima non fa un uso turpe del proprio corpo, ma subisce l'atto compiuto da altri senza acconsentirvi.
Dobbiamo temere che vengano a spegnersi, abbandonate da noi, le pietre vive, ( 1 Pt 2,5 ) più che l'incendio, sotto i nostri occhi, delle pietre e del legname degli edifici terreni.
Dobbiamo temere la morte delle membra del corpo di Cristo, ( Ef 5,30 ) private del nutrimento spirituale più che le torture alle quali potrebbero essere sottoposte le membra del nostro corpo dal furore dei nemici.
Non che queste calamità non si debbano evitare quando è possibile, ma, quando non si possono evitare senza empietà, si debbono piuttosto sopportare.
Salvo che alcuno volesse sostenere che non è empio il ministro che sottrae il suo ministero, necessario alla pietà, quando esso è più necessario!
O forse non pensiamo a ciò che succede quando s'arriva a questi pericoli estremi e non c'è alcuna via di scampo?
Quanta gente d'ambo i sessi, d'ogni età, s'affolla in chiesa per chiedere chi il battesimo, chi la riconciliazione, chi la penitenza da fare, tutti poi un po' di conforto e l'amministrazione e la distribuzione dei Sacramenti?
E se in quei frangenti mancano i ministri, quale rovina per coloro che escono da questo mondo non rigenerati o non assolti!
Quanto grande motivo di dolore anche per i fratelli di fede che non potranno averli come compagni nel riposo della vita eterna!
Quanti gemiti infine da parte di tutti e quante bestemmie da parte di alcuni per l'assenza dei ministri e delle relative funzioni sacre!
Vedi quali effetti produce la paura dei mali temporali e di quali terribili mali è causa nell'eternità!
Se invece i ministri sono al loro posto, si provvede alle necessità di tutti nella misura delle forze loro somministrate dal Signore: alcuni vengono battezzati, altri riconciliati, nessuno viene privato della comunione del corpo del Signore, tutti vengono confortati, edificati, esortati a pregare Dio il quale può tener lontane tutte le sciagure che si temono: tutti sono preparati a tutto, in modo che, se questo calice non può essere allontanato da loro, si faccia la volontà di Colui, ( Mt 26,42 ) che non può volere nulla di male.
Ormai tu certamente comprendi quello che mi avevi scritto di non capire: quanto bene cioè conseguano i fedeli Cristiani se nelle calamità incombenti non manca loro la presenza dei ministri di Cristo; e comprendi anche quanto danno rechi la loro assenza mentre cercano il loro tornaconto, non quello di Gesù Cristo. ( Fil 2,21 )
Essi non hanno la carità di cui è detto: Non cerca il proprio tornaconto, ( 1 Cor 13,5 ) e neppure imitano colui che disse: Non cercando il mio tornaconto, ma quello di molti, perché siano salvi. ( 1 Cor 10,33 )
Così neppure lui si sarebbe sottratto agli agguati di quel principe persecutore, se non avesse voluto serbarsi per altri ai quali era necessario; ( 2 Cor 11,32-33; At 9,23-25 ) ecco perché disse: Sono stretto in questa alternativa: bramo di partire ed essere con Cristo, ch'è molto, molto meglio; ma restare in vita è necessario per voi. ( Fil 1,23-24 )
A questo punto forse qualcuno dirà che i ministri di Cristo devono fuggire nell'imminenza di simili sciagure, proprio al fine di serbarsi a vantaggio della Chiesa per tempi più tranquilli.
Così fanno alcuni e fanno bene, quando non mancano altri che li sostituiscano nel ministero ecclesiastico in modo ch'esso non venga abbandonato da tutti.
Così fece Atanasio, come abbiamo detto più sopra.
Quanto ciò fosse necessario alla Chiesa e quale utilità le arrecasse, conservandosi in vita, lo sa la fede cattolica difesa dalla sua parola e dal suo amore contro gli eretici ariani.
Ma quando il pericolo è comune ed è da temere che si pensi che uno compia una simile azione più per paura della morte che per volere provvedere ad altri, quando è più nocivo l'esempio della fuga, che non sia vantaggioso conservarsi in vita per dovere, allora ciò non si deve fare per alcun motivo.
Finalmente il santo David s'arrese bensì alle istanze dei suoi di non esporsi ai pericoli delle battaglie perché non si spegnesse, come è detto nel passo della S. Scrittura, la fiaccola d'Israele, ( 2 Sam 21,17 ) ma non prese questa decisione di testa sua; altrimenti avrebbe spinto a imitarlo per codardia molti, i quali avrebbero creduto che l'avesse fatto non in considerazione del bene degli altri, ma solo nella commozione della paura per il pericolo personale.
Ci si presenta poi un'altra questione che non dobbiamo prendere alla leggera.
Se non è da trascurare questa utilità per cui alcuni ministri ( della Chiesa ) possono fuggire, quando sia imminente qualche devastazione, per conservarsi al servizio religioso di coloro che potranno trovare superstiti a quelle stragi, che cosa dovrà farsi quando si può pensare che tutti sono destinati a perire, a meno che alcuni non fuggano?
Che cosa fare se la persecuzione si accanisce a perseguitare solo i ministri della Chiesa?
Che diremo? Dovranno forse i ministri abbandonare la Chiesa, con la fuga, per non abbandonarla, in modo più miserando, con la morte?
Ma se i laici non vengono ricercati a morte, possono in una maniera qualunque tenere nascosti i loro vescovi, o gli altri appartenenti al clero, con l'aiuto che darà Colui che ha ogni cosa in suo potere, che può con la sua mirabile potenza salvare perfino coloro che non si danno alla fuga.
Noi però stiamo cercando di sapere che cosa dobbiamo fare per non parere di tentare il Signore con l'aspettare continuamente i miracoli di Dio.
Ora, una tale tempesta, quando il pericolo coinvolge sia i laici che il clero, non può essere paragonato al pericolo che in una nave incombe sia sui mercanti che sui marinai.
Noi tuttavia non vogliamo assolutamente stimare così poco questa nostra nave, da pensare che i marinai e soprattutto il pilota la debbano abbandonare nel pericolo anche se possono scampare o saltando entro una scialuppa o gettandosi a nuoto.
Poiché, se temiamo che alcuni periscano per il nostro abbandono, noi temiamo per essi non già la morte temporale, che un giorno dovrà pur venire, ma la morte eterna la quale può venire se non si sta in guardia, mentre, se si sta in guardia, può anche non venire.
Nel comune pericolo poi di questa vita, perché mai dovremmo pensare che, quando ci fosse un'invasione nemica, tutto il clero debba morire e non anche tutti i laici, in modo che finiscano insieme questa vita coloro ai quali il clero è necessario?
O se dei laici sopravviveranno, perché mai non dovremo sperare che sopravvivano anche i membri del clero i quali possano prestar loro il ministero necessario?
Sarebbe però meraviglioso se tra i ministri di Dio ci fosse una gara per stabilire chi di loro debba restare, affinché la Chiesa non si trovi abbandonata per la fuga di tutti, e chi debba fuggire, perché non si trovi abbandonata per la morte di tutti.
Una tale gara tra loro ci sarà certamente nel caso che gli uni e gli altri ardano d'amore e gli uni e gli altri piacciano all'Amore.
Se però tale questione non potrà risolversi diversamente, bisognerà - per quanto a me pare - tirare a sorte chi debba rimanere e chi fuggire.
Coloro infatti i quali diranno che tocca piuttosto a loro di fuggire, daranno a vedere o di essere paurosi perché non hanno alcuna voglia d'affrontare il pericolo che sovrasta, o presuntuosi perché pensano d'essere necessari alla Chiesa e perciò doversi mettere in salvo a preferenza degli altri.
I migliori, inoltre, sceglieranno probabilmente di sacrificare la vita per i fratelli, ( 1 Gv 3,16 ) mentre si salveranno con la fuga coloro la cui vita è meno utile perché sono meno bravi a consigliare e a governare; eppure proprio questi, se avessero sentimenti cristiani, dovrebbero opporsi ai primi vedendoli preferire la morte alla fuga mentre avrebbero il dovere di conservarsi in vita.
Per questo motivo, come sta scritto, la sorte porrà fine alle contestazioni e decide tra i potenti. ( Pr 18,18 )
In tali perplessità infatti è Dio che giudica meglio degli uomini, sia che si degni di chiamare i migliori alla palma del martirio, e risparmiare i più deboli, sia che voglia dare a questi la forza di sopportare le sofferenze e sottrarli a questa vita, non potendo la loro esistenza giovare alla Chiesa quanto quella dei primi.
Veramente, se si farà un simile sorteggio, si farà una cosa insolita: ma una volta che sarà stato fatto, chi oserà criticarlo?
Chi anzi, salvo che sia ignorante o malevolo, non lo loderà come si merita?
Se invece non si vuol ricorrere a questo espediente, perché non se ne trovano altri esempi in proposito, nessuno faccia in modo che venga a mancare, con la sua fuga, il ministero della Chiesa, necessario e doveroso specialmente in sì gravi frangenti.
Nessuno abbia preferenze per se stesso dicendo d'avere maggior diritto alla vita e perciò alla fuga per il fatto di reputarsi superiore agli altri per qualche dote.
Chi pensa così, troppo si compiace di se stesso; chi poi anche parla così, a tutti dispiace.
Ci sono però alcuni i quali pensano che i vescovi e il clero, che in tali frangenti non fuggono ma rimangono, siano causa d'inganno per i fedeli che non fuggono appunto perché vedono rimanere i loro pastori.
Ma è facile evitare quest'accusa o cattiva impressione parlando ai fedeli stessi, dicendo loro: " Non lasciatevi ingannare dal fatto che noi non fuggiamo da questo luogo; non è per noi che restiamo qui, ma piuttosto per voi, per non lasciarvi privi di qualsiasi ministero che sappiamo necessario alla vostra salvezza che si trova in Cristo.
Se quindi vorrete fuggire, voi scioglierete anche noi da questi vincoli che ci legano ".
Questo mi pare si debba dire quando sembra veramente utile rifugiarsi in luoghi più sicuri.
Potrebbe darsi che, all'udire ciò, tutti o almeno alcuni dicessero: " Siamo nelle mani di Colui alla collera del quale nessuno sfugge, dovunque egli fugga; la cui misericordia, dovunque egli sia, potrà trovarla colui che non vuole andare altrove o perché impedito da reali necessità o perché non vuole andare all'affannosa ricerca d'un rifugio incerto, non superando, ma solo mutando i pericoli ".
Chi pensasse così, senza dubbio non dovrebbe essere abbandonato dai ministri di Cristo.
Se invece, all'udire così, preferiranno andarsene, non sono obbligati a restare neppure coloro che avevano intenzione di restare per loro, non essendoci più coloro per i quali dovrebbero ancora restare.
In conclusione, chi fugge senza che per la sua fuga venga a mancare il ministero necessario alla Chiesa, agisce secondo il comando o almeno secondo il permesso del Signore.
Chi invece con la sua fuga fa in modo che il gregge di Cristo resti privo degli alimenti necessari alla vita spirituale, è quel mercenario che vede venire il lupo e scappa, perché non gl'importa nulla delle pecore. ( Gv 10,12-13 )
Eccoti, fratello dilettissimo, la mia risposta alla tua richiesta di consiglio, risposta dettata secondo quella che giudico la verità e da sincera carità; se però trovi un parere migliore e lo vorrai seguire, io non ho nulla da eccepire.
Tuttavia in simili frangenti non possiamo far nulla di meglio che innalzare preghiere al Signore Dio nostro perché si muova a pietà di noi.
Questa grazia appunto hanno ottenuta da Dio alcuni uomini prudenti e santi, cioè la volontà e la forza di non abbandonare le chiese di Dio, senza che le critiche più aspre riuscissero a smuoverli dal loro fermo proposito.
Indice |
1 | Possid., Aug. Vita 30 |