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Promemoria. Agostino a Vittore, suo santo fratello
Dégnati di considerare quanto mi sia cara non solo la vita ma anche la reputazione della Santità tua.
Mi rattrista molto - se è vero - ciò di cui è venuto a lamentarsi con me il giudeo Licinio.
Egli veramente, per mezzo di contratti registrati, che portava con sé, mi ha dimostrato d'aver comprato non so quali campicelli da persone a cui li aveva venduti sua madre, una parte dei quali l'aveva regalata a sua moglie quando l'aveva sposata; ma è assai incredibile ciò che ha aggiunto nella sua denunzia, che cioè la Santità tua avrebbe comprato tutti quei beni dalla medesima vecchietta di sua madre e ne avrebbe escluso lui che li possedeva con pieno diritto.
Siccome poi egli si lamentava di te con te, tu gli avresti risposto: " Io li ho comprati; se tua madre me li ha venduti con l'inganno, litiga con lei! A me non devi chiedere nulla, perché non ti darò nulla! ".
Se però mi ha detto una bugia, non ti dispiaccia di rispondermi; se invece t'è parso opportuno rispondergli a quel modo per ignoranza del diritto, la Carità tua deve sapere quanto segue: il possessore non poteva essere escluso in alcun modo e la vecchia non ha agito giustamente nel vendere ciò che il figlio possedeva come proprietà sua personale, anche se, forse, le competeva una parte.
In tal caso essa avrebbe dovuto ottenerla prima con sentenza processuale e solo allora avrebbe potuto vendere ciò di cui sarebbe stata riconosciuta proprietaria dopo aver vinto la causa.
A lui infatti compete di diritto un'azione giudiziaria per entrare in possesso dei suoi beni, tuttavia non risulta affatto che egli intenti una causa a sua madre, ma a colui che s'è appropriato della sua roba; non vorrei che in questa faccenda sia implicata la Santità tua.
Questa è una cosa assai riprovevole e aliena dalla tua condotta.
Se dunque egli mi ha detto la verità, dégnati di restituirgli la sua proprietà e fatti rimborsare il prezzo da sua madre, qualora le sia stato versato.
Se per caso essa non vorrà rimborsarti, in questo caso non potrà perdere neppure lui la sua proprietà e sarà obbligato a ricuperarla con l'intervento della giustizia come reclamano le leggi.
Ti prego di considerare ciò che dice l'Apostolo: Non siate di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio. ( 1 Cor 10,32 )
È però meglio che, ammonito da un tuo fratello carissimo, tu faccia ciò ch'è giusto, anziché la faccenda arrivi davanti al tribunale dei vescovi.
Ma avendogli io chiesto se per caso avesse fatto qualche offesa verso sua madre, e se per questo suo modo di fare tu avessi voluto difenderla pur senza alcuna brama di possedere i suoi beni, ma piuttosto facendo ciò per incutergli paura, mi ha risposto che sua madre, è vero, s'era lamentata d'essere stata offesa da sua moglie e dalla serva di lei, ma ch'egli non le aveva arrecato alcuna offesa.
Per conseguenza - se la questione sta in questi termini - chiedo alla Santità tua di dargli il castigo della fustigazione alla presenza di sua madre, qualora tu riconoscessi ch'egli l'ha offesa, poiché ha affermato di subire volentieri questo castigo.
Se invece è forse colpevole sua moglie, venga punita lei, poiché anch'essa può, se così giudica la Venerabilità tua, ricevere dalle mani dello stesso marito, alla presenza della suocera, il castigo che si merita.
Quanto alla serva la cosa è facile poiché di essa la madre di lui può vendicarsi molto più facilmente [ castigandola ].
Se non ha inflitto questo castigo - dice Licinio - è stato perché non sapeva quale offesa avesse fatto la serva a sua madre.
Egli infatti afferma che sua madre si lamentò solo dopo che aveva già venduto i suoi beni.
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