Il libero arbitrio

La mente come dominio

7.16 - Vivere ed esser coscienti di vivere

A. - Ed ora esaminiamo come l'individuo umano sia pienamente ordinato in se stesso poiché il popolo è composto di più individui uniti da una medesima legge.

E questa legge, come è stato detto, è temporale.

Dimmi se sei proprio certo di vivere.

E. - Che cosa dovrei rispondere di più certo?

A. - E puoi distinguere che altro è vivere ed altro essere coscienti di vivere?

E. - So che non si è coscienti di vivere se non si vive, ma non so se ogni vivente è cosciente di vivere.

A. - Tu ora ritieni opinabile che le bestie sono prive di ragione; vorrei proprio che ne avessi scienza.

La nostra discussione eliminerebbe subito questo problema.

Ma poiché affermi di non averne scienza, susciti un lungo discorso.

Non è un argomento che, sfuggito, ci consentirebbe di raggiungere i risultati propostici con quella logica conseguenzialità che giudico necessaria.

Abbiamo spesso visto le bestie domate dagli uomini, intendi che non soltanto il corpo della bestia, ma anche l'anima è talmente assoggettata all'uomo da divenire, per una certa sensitività e addestramento, strumento del suo volere.

Dimmi dunque se è possibile, secondo te, che una qualsiasi bestia enorme, o per forza ferina o per mole, oppure particolarmente sviluppata in qualche aspetto della sensitività, tenti ugualmente a sua volta di assoggettarsi l'uomo.

Eppure molte bestie sono capaci, o per forza o per insidia, ad uccidere il suo corpo.

E. - Ritengo che è assolutamente impossibile.

A. - Bene. Ma dimmi anche, giacché è chiaro che l'uomo è facilmente superato da molte bestie per forza o altre energie fisiche, qual è il potere per cui l'uomo è superiore, sicché nessuna bestia può dominarlo ed egli molte ne domina?

È quella che comunemente si chiama ragione o anche intelligenza?

E. - Non trovo altro perché è nell'animo la facoltà per cui siamo superiori alle bestie.

Se esse fossero inanimate, direi che siamo superiori perché abbiamo l'anima.

Ma anche esse sono animate.

Quindi quella facoltà che non esiste nella loro anima, la quale quindi ci può esser soggetta, esiste nella nostra e per questo siamo superiori.

E poiché è evidente a tutti che non è né un nulla né una piccola cosa, logicamente la chiamerai ragione.

A. - Osserva quanto è stato facile con l'aiuto di Dio ciò che gli uomini giudicano molto difficile.

Io avevo creduto, te lo confesso, che questo problema, il quale, secondo me, ha avuto la sua soluzione, ci avrebbe trattenuto tanto a lungo quanto forse i vari argomenti trattati dall'inizio della discussione.

Adesso ascolta perché in seguito la dimostrazione sia concludente.

Non ignori, suppongo, che il concetto di scienza non è altro che avere certa rappresentazione dell'oggetto mediante pensiero.

E. - Sì.

A. - Chi dunque è cosciente di vivere, non è privo di pensiero.

E. - È conseguente.

A. - Ora le bestie vivono e, come è emerso, sono prive di pensiero.

E. - È chiaro.

A. - Conosci dunque, e avevi detto di no, che non ogni vivente è cosciente di vivere, quantunque è necessariamente vivente l'essere che è cosciente di vivere.

7.17 - Pensare è vivere più elevato

E. - Per me non v'è più dubbio.

Continua verso il tuo obiettivo.

So con certezza che altro è vivere ed altro esser coscienti di vivere.

A. - Quale ti sembra più elevato?

E. - Certamente la coscienza di vivere.

A. - E ti sembra più elevata la coscienza della vita che la vita stessa?

Oppure pensi che la coscienza è una vita più elevata e pura poiché soltanto un soggetto che pensa ne può esser cosciente?

E che cos'è pensare se non vivere più consapevolmente e perfettamente nella luce dell'intelligenza?

Pertanto tu, salvo mio errore, non hai anteposto alla vita un altro concetto, ma ad una certa vita una vita più elevata.

E. - Proprio bene hai compreso ed esposto il mio pensiero, se tuttavia non è mai possibile che la coscienza sia un male.

A. - Assolutamente impossibile, salvo quando figuratamente si dice coscienza in luogo di esperienza.

Avere esperienza non sempre è un bene, come avere esperienza di tormenti.

Come potrebbe essere un male quella che, con termine adeguatamente proprio, si chiama coscienza?

Essa si attua appunto con atto di puro pensiero.

E. - Comprendo anche questa differenza; continua.

8.18 - La mente è dominio

A. - Questo voglio dire. V'è nell'uomo una determinata facoltà, per cui è superiore agli animali, si chiama mente o spirito o meglio l'uno e l'altro.

Nei Libri divini si trova appunto l'uno e l'altro.

Se essa domina pienamente su tutte le facoltà da cui è costituito l'uomo allora egli è pienamente razionale.

Si può constatare infatti che noi abbiamo molte proprietà in comune non solo con gli animali ma anche con le piante e le erbe.

Si constata appunto che nutrirsi, crescere, riprodursi e irrobustirsi è dato anche agli alberi che hanno il grado più basso di vita.

Si osserva inoltre e si deve ammettere che le bestie, e parecchie con maggiore acutezza di noi, possono vedere, udire e percepire i sensibili con l'olfatto, il gusto e il tatto.

Aggiungi la forza, l'energia e la robustezza delle membra, la celerità e gli agilissimi movimenti, nei quali alcune ne superiamo, con altre ci eguagliamo, da talune siamo perfino superati.

Noi tuttavia abbiamo in comune con le bestie certamente un determinato genere di fenomeni.

Ogni attività della vita del bruto consiste appunto nel tendere alle soddisfazioni fisiologiche e nell'eliminare il bisogno.

Vi sono altre manifestazioni che non sembrano spettare alle bestie, ma anche nell'uomo non sono le più elevate, come scherzare e ridere.

Sono cose umane, ma le giudica infime chi secondo ragione giudica la natura umana.

Vi sono poi l'amore della lode e della gloria e la frenesia di dominare.

Non appartengono alle bestie; eppure non si deve presumere di essere superiori alle bestie in base al desiderio immoderato di questi beni.

Tale inclinazione infatti, quando non è soggetta alla ragione, rende infelici.

E nessuno ha mai pensato di esser più perfetto di un altro perché infelice.

Quando dunque la ragione domina simili movimenti psicologici, l'uomo deve esser considerato nell'ordine razionale.

Infatti non si deve considerare razionalità piena, ma addirittura neanche razionalità, se le cose migliori sono soggette alle peggiori.

Non ti sembra?

E. - È chiaro.

A. - Quando dunque la ragione, oppure mente o spirito, guida i movimenti irrazionali, domina nell'uomo quel principio, al quale il dominio è dovuto per legge che abbiamo considerata eterna.

E. - Comprendo pienamente.

9.19 - La mente nell'individuo non sempre è dominio

A. - Dunque allorché l'individuo è così stabilito nell'ordine, secondo te, è sapiente?

E. - Non saprei quale altro individuo, secondo me, lo sia, se non lo è lui.

A. - Sai anche, suppongo, che parecchi uomini sono insipienti.

E. - Anche questo è abbastanza noto.

A. - Avendo noi già il concetto di sapiente, comprendi ormai chi sia l'insipiente se insipiente è opposto a sapiente.

E. - Ma a chi non è evidente che sarà colui, nel quale la mente non ha il dominio sovrano?

A. - Che dire, quando l'uomo si trova in simili condizioni?

Che gli manca la mente, oppure, sebbene sia in lui, che è priva di dominio?

E. - Ovvio, quel che hai detto per secondo.

A. - Vorrei proprio udire da te con quali prove dimostreresti con certezza che la mente è in un individuo senza esercitare il suo dominio.

E. - Vorresti difendere tu la tesi.

Per me non è facile provare il tuo assunto.

A. - Ti deve esser facile ricordare però quel che abbiamo detto dianzi, in che modo le bestie ammansite dagli uomini li servono facilmente.

Gli uomini a loro volta, come è stato provato, potrebbero subire questa condizione dalle bestie se non fossero superiori in qualche cosa.

Questo qualche cosa non l'abbiamo trovato nel corpo.

E siccome ci è sembrato evidente che è nello spirito, abbiamo trovato che si deve chiamare ragione.

In seguito abbiamo ricordato che si chiama anche mente e spirito.

Ma nell'ipotesi che altro sia la ragione, altro la mente, è assolutamente certo che la mente ha per funzione la ragione.

Se ne conclude che se si ha la ragione non si può esser privi di mente.

E. - Ricordo bene e sono d'accordo.

A. - Credi dunque che i domatori di bestie siano necessariamente sapienti?

Considero sapienti soltanto quelli che la verità consente, quelli cioè che con l'assoggettamento della passione hanno conseguito la serenità nel dominio della mente.

E. - È degno di scherno ritenere sapienti costoro che in gergo popolare si chiamano ammansatori, come pure i pastori, i mandriani e i cocchieri, sebbene sia possibile osservare che gli animali addestrati sono loro soggetti e che i non addestrati sono costretti alla soggezione dalla loro abilità.

A. - Ed ecco che hai una prova irrefutabile per dimostrare che si può dare nell'uomo la mente senza dominio.

In costoro essa c'è poiché compiono azioni che è impossibile compiere senza la mente.

Tuttavia non domina perché sono insipienti.

Ed è assiomatico che il dominio spirituale è soltanto dei sapienti.

E. - Mi stupisco che il tema era stato già chiarito da noi e che io non sono stato capace di ricordare cosa rispondere.

10.20 - Il dominio nello spirito sapiente …

Ma continuiamo nel sistemare altri concetti.

È stato già accertato che la sapienza umana è dominio della mente umana, ma che questa può anche non avere dominio.

A. - Pensi che la passione sia più imperante della mente, alla quale, come abbiamo accertato, il dominio sulle passioni è stato concesso dalla legge eterna?

Io dico di no, assolutamente.

Non sarebbe affatto razionale che le cose meno imperanti dominassero sulle più imperanti.

Penso che necessariamente abbia maggiore imperatività la mente che il desiderio immoderato per il fatto stesso che essa con perfetta giustizia domina sul desiderio.

E. - La penso così anche io.

A. - E si potrà dubitare di anteporre in senso assoluto la virtù al vizio sicché la virtù, quanto è più idealmente perfetta, tanto è più sicuramente invincibile?

E. - Che dubbio?

A. - Dunque lo spirito vizioso non può superare uno spirito armato di virtù.

E. - Verissimo.

A. - Non negherai, penso, che lo spirito sia assolutamente più perfetto e dominante del corpo.

E. - Non si può negare se si considera, ed è facile farlo, che la sostanza vivente è da giudicarsi più perfetta della non vivente, o meglio quella che dà la vita di quella che la riceve.

A. - Dunque a più forte ragione un corpo, quale sia, non può superare lo spirito dotato di virtù.

E. - Evidentissimo.

A. - E uno spirito giusto ed una mente che esercita la propria competenza al dominio possono forse gettare giù dalla fortificazione, per sottomettere alla passione, un'altra ragione che esercita il dominio con eguale giustizia e virtù?

E. - No, assolutamente, non solo a motivo della medesima superiorità in entrambe, ma anche perché la prima mente decadrebbe dalla giustizia.

Diviene viziosa una mente che volesse render tale un'altra e per ciò stesso sarebbe più debole.

10.21 - … non gli è tolto se non vuole …

A. - Bene. Ti rimane da rispondere, qualora tu ne sia in grado, se secondo te esiste un essere superiore a una ragione capace di pensiero sapienziale.

E. - No, salvo Dio, penso.

A. - Questa è anche la mia opinione.

Ma l'argomento è difficile e non è questo il momento adatto ad esaminarlo per averne pura conoscenza, sebbene sia fondato su una fede incrollabile.

Quindi rimanga in programma una discussione diligente e approfondita del problema.

11.21 - … quindi se il dominio va alla passione …

Per adesso ci è possibile sapere, qualunque sia l'essenza divina, che non può assolutamente essere ingiusta perché è superiore alla mente dotata di virtù.

Quindi neanche essa, sebbene ne abbia il potere, costringerà una mente ad essere schiava della passione.

E. - Questa verità si ammette universalmente senza esitazione.

A. - Rimane dunque che un essere eguale o superiore alla mente dotata d'imperatività e in possesso della virtù non la può rendere schiava della passione a causa della giustizia e che un essere inferiore non lo può a causa dell'insufficiente potere.

Lo provano i motivi emersi dal nostro dialogo.

Dunque nessuna altra cosa può rendere la mente compagna del desiderio disordinato se non la propria volontà e il libero arbitrio.

E. - È assolutamente logico.

11.22 - … responsabile libero arbitrio

A. - Ma ora devi anche ritenere, per logica conseguenza, che essa giustamente subisce la pena per tanto peccato.

E. - Mi è impossibile dir di no.

A. - E allora si deve stimare leggera la pena che la passione la domini e defraudatala della ricchezza della virtù la trascini estremamente povera in opposte direzioni.

Difatti ora accetta il falso in luogo del vero e talora ne tenta perfino la difesa, ora riprova quel che aveva accettato per finire tuttavia in altri errori, ora sospende il proprio assenso e spesso respinge dimostrazioni evidenti, ora dispera radicalmente di trovare il vero e s'immerge a fondo nelle tenebre dell'esperienza sensibile, ora si sforza verso la luce del puro pensare e di nuovo ripiega per stanchezza.

Contemporaneamente il dominio della passione furoreggia dispoticamente e perturba l'intera vita spirituale dell'uomo con tempeste contrarie, da una parte col timore, dall'altra col desiderio, da una parte con l'ansietà, dall'altra con una letizia vuota e ingannevole, da una parte con l'irritazione per una cosa perduta, dall'altra con l'orgasmo di averne una che non si aveva, da una parte con lo sdegno per una ingiustizia ricevuta, dall'altra con la brama bruciante di vendicarla.

E da ogni parte può renderla meschina l'avarizia, farla sperperare la prodigalità, asservirla l'ambizione, gonfiarla la superbia, tormentarla l'invidia, renderla inerte l'indolenza, eccitarla l'ostinazione, affliggerla la sconfitta e le altre innumerevoli perturbazioni che rendono vario e attuale il dominio della passione.

E possiamo noi infine considerare inesistente la pena che, come vedi, subiscono tutti coloro i quali non s'adeguano alla sapienza?

11.23 - Stato originario di sapienza?

E. - Penso che è una pena grave e assolutamente giusta se un individuo, già posto nelle altezze della sapienza, avesse scelto di discenderne e rendersi schiavo della passione.

Ma è soltanto opinabile che vi possa esser qualcuno che abbia voluto o voglia fare tale scelta.

Noi per fede accettiamo che l'uomo da Dio è stato creato e stabilito nella felicità con tale ordinamento al fine che l'uomo stesso per propria volontà è caduto nelle sofferenze della vita mortale.

Tuttavia, quantunque io accetti questa verità con fede assai ferma, non l'ho mai raggiunta con un atto di ragione.

E se tu pensi di rimandare per ora l'attento esame di questo argomento, lo fai contro il mio desiderio.

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